giovedì 13 ottobre 2011

il castello di giovedì 13 ottobre



POSADA (NU) - Castello della Fava

Venne fatto erigere nel XII secolo dal Giudicato di Gallura su di un'altura che sovrasta il centro di Posada, a pochi passi dal mare. Da qui si gode un bel panorama della piana sottostante, percorsa dal rio Posada. Secondo una leggenda, un Giudice di Gallura mentre si aggirava per le strade di Posada incontrò un vecchio, vagabondo e bisognoso di aiuto. Il giudice lo caricò sul suo cavallo e fatta poca strada il vecchio si trasformò in un bel giovane aitante che gli disse di tornare indietro dove lo aveva caricato, disse anche che lo avrebbe premiato per la sua bontà facendogli trovare proprio lì un tesoro. Con quel denaro il Giudice di Gallura fece costruire un piccolo castello per difendersi dai Saraceni. Dal 1294 fu sotto il dominio pisano, nel 1324 fu ceduto da questi ultimi agli Aragonesi e in seguito passò ai Giudici di Arborea ai quali restò sino al 1409. Durante quest'ultima fase nel castello risiedette sporadicamente anche Eleonora d'Arborea. Con la caduta del Giudicato, Posada fu infeudata ai Carroz, conti di Mandas e Terranova, ed elevata al rango di baronia. Il castello, realizzato con conci poco lavorati di pietrame misto, si articola in una cinta muraria di forma quadrangolare non regolare all'interno della quale si trovano una torre a pianta quadrata con coronamento merlato, che ancora supera i 20 m. d'altezza, e una serie di cisterne. Non essendo un presidio militarmente ben difendibile (a paragone di altri castelli del tempo) e quindi "sicuro", molti studiosi convengono che potesse realmente trattarsi di una sorta di residenza turistica ante litteram. Il castello deve il suo strano nome ad un episodio, accaduto durante un' assedio dei Saraceni. L'assedio durò molto tempo, e gli assediati erano sul punto di arrendersi per fame, quando qualcuno ebbe l'idea di mandare un falso messaggio con un piccione viaggiatore (nel quale si diceva che stavano bene e potevano resistere senza bisogno di rinforzi), certi che il piccione sarebbe stato individuato e abbattuto, per rendere più verosimile il messaggio, diedero al piccione le ultime fave rimaste. I Saraceni abbatterono il piccione, trovarono le fave nel gozzo del piccione, e dedussero allora che, se la popolazione aveva così tanto cibo da poterne dare una enorme quantità a un animale, non c'era alcuna possibilità di concludere l'assedio. Essi decisero di andaresene e a Posada fu festa per giorni e giorni...

mercoledì 12 ottobre 2011

il castello di mercoledì 12 ottobre



SCARNAFIGI (CN) - Castello

Sul primo castello che venne eretto a Scarnafigi le notizie non sono molte, ma comunque sufficienti da trarne alcuni interessanti ragguagli. Ad esempio si sa con certezza che esisteva fin dal 1184, la notizia è ben descritta da E. Dao in "Storia di Scarnafigi dal 989 al 1508. Il castello costituì, nei secoli successivi, un punto di riferimento costante per la vita interna ed esterna del paese. I marchesi di Busca ebbero la signoria su Scarnafigi fin dal 1214; allorché, il 22 luglio 1214, Giacomo e Aicardo delle Frecce e Giuliano di Scarnafigi vendettero all'abbazia di Staffarda sei giornate di terreno sul territorio di Scarnafigi, vi comparve per il passaggio di proprietà e relativa investitura, assieme ad Amedeo Vercio e Guglielmo e ai suoi feudatari Pietro Viglione e Giacomo Bianco, il marchese di Busca Guglielmo. Gli anni che seguirono furono un susseguirsi di passaggi di proprietà e quindi di guerre tra il marchese di Saluzzo e il marchese di Busca. Il castello venne più volte gravemente danneggiato, fino a cadere in completa rovina. L'attuale castello fu costruito nel 1641 sulle rovine del precedente, da Alessandro Ponte, appartenente ad un'antica e nobile famiglia di Scarnafigi. Nella nuova costruzione vennero riciclati molti mattoni provenienti da diverse case del paese, ormai prive di padroni per la peste del 1630. Il Ponte, finita la costruzione, volle che il castello fosse completamente intonacato, ma la sua morte, avvenuta nel 1656, gli precluse tale intento, infatti il castello presenta solamente la facciata sud così rifinita. La facciata nord e quella a ponente appaiono invece ancora grezze. Subì qualche rovina nel 1793, quando venne occupato e saccheggiato dalle truppe napoleoniche. Il castello è da considerarsi come una delle più interessanti opere architettoniche del 1600; imponente la facciata, sobrio l'interno con il loggiato e il porticato costruito a colonne binate ad ampia struttura. Attualmente di proprietà privata, è adibito ad abitazione.

martedì 11 ottobre 2011

I castelli di martedì 11 ottobre





Vezzano Ligure (SP) - Castello e Torre Pentagonale

Citato per la prima volta nel 963 in un diploma di Ottone I, in cui l'imperatore ne concedeva il possesso al vescovo di Luni, Vezzano nel secolo successivo passò sotto il dominio di un'importante famiglia feudale, i Signori di Vezzano, grandi proprietari terrieri e signori di castello, che governarono abilmente fino al XIII secolo quando, col declino di tutte le piccole signorie lunigianesi, anch'essi iniziarono a perdere gradualmente potere e prestigio. Da un lato vi era la Repubblica di Genova che accresceva la propria influenza e dall’altro il Vescovo di Luni che rivendicava i diritti perduti. E così nella prima metà del Duecento i signori di Vezzano rinunciarono a molti loro diritti e il vescovo, a sua volta, cedette i suoi al genovese Nicolò Fieschi, nipote del Papa Innocenzo IV. Nel 1253 i Vezzano cedettero alla Repubblica di Genova ogni loro diritto residuo e le giurarono “fedeltà” e, quindi, quando nel 1276 il nobile fliscano vendette la sua parte alla Serenissima tutto il territorio vezzanese si ritrovò sotto il dominio genovese. Il paese è costituito da due insediamenti di origine medievale che, accentrati attorno alle loro strutture difensive o "castra", sono posti sulle sommità di due colline. Già in epoca basso medievale i due paesi erano distinti in "burgo castri superioris" ed "inferioris", da cui hanno preso l'attuale denominazione di Vezzano Alto e Basso. Anche se le fasi formative sono differenti, i due borghi si presentano simili, con forma allungata ed abbarbicata ai colli, dovuta sia alla necessità di adattarsi al pendio, sia alle prioritarie esigenze di difesa. Vezzano Basso ha mantenuto uno schema avvolgente, tipico del Medioevo, ed è percorso da numerose stradine interne, che mostrano antiche case, terrazze-aia, volte ed archivolti. Nel borgo inferiore spiccano il profilo della Torre Pentagonale del XIII secolo, alta circa quindici metri, e vistosi resti dell'antico castello con tratti di mura e torri rotonde, inglobati nel signorile Palazzo Giustiniani. I due edifici erano un tempo collegati tra loro tramite un ponte di legno di circa sette metri di altezza. La torre pentagonale di Vezzano Inferiore, che ha il vertice orientato verso la zona da sorvegliare e difendere, venne progettata con rigorosa simmetria geometrica. Divisa in più piani, raggiungibili con scale lignee retrattili, ha ingresso in quota, ed è munita di feritoie arciere a difesa. Per quanto oggi si levi isolata al margine di un piazzale, ancora nel XVIII secolo aveva strutture di difesa contigue. Come le coeve torri pentagonali di Lerici e Arcola, doveva essere la turris grossa del complesso fortificato medievale sul quale, nel settore orientale, è stato edificato il nobiliare palazzo Giustiniani, oggi in prevalenti forme sette-ottocentesche, con giardino. Vezzano Superiore conserva, invece, i resti dell'antico castello medioevale e la torre campanaria dell'antica chiesa di S. Siro e Prospero. Il torrione databile intorno al secolo XII, è stato trasformato in piezometro (struttura per misurare la compressibilità dei liquidi).

lunedì 10 ottobre 2011

il castello di lunedì 10 ottobre



CARSOLI (AQ) - Castello Savelli di Poggio Cinolfo

Venne costruito probabilmente attorno all'anno Mille come baluardo di confine della Contea dei Marsi e appartenne in seguito ai Mareri e nel 1297 agli Zambeccari, padroni di Collalto Sabino. Successivamente tra il 1500 e il 1600 fu acquistato dai Conti Savelli proprietari anch'essi di diversi castelli nei dintorni. In seguito l'intero edificio con tutti i possedimenti venne ceduto al dominio dei Marchesi Marcellini Marciani. Verso la fine della prima meta del XVIII secolo, il castello, divenuto un grande palazzo ormai molto simile a come si presenta oggi, venne donato da Carlo VI Imperatore III come Re d'Ungheria, VI di Napoli, al Marchese Ottieri, Patrizio romano. Gli ultimi "Signori" di Poggio Cinolfo furono i Baroni Coletti. L'edificio attuale, di forma quadrata, ha ormai perso il carattere difensivo e si presenta come residenza signorile dall' aspetto armonioso e possente, tanto da essere considerato dagli abitanti di Poggio Cinolfo il simbolo del loro paese, per la sua posizione dominante nel paese. La parte frontale è dominata dal grande portone contornato da grossi rilievi di pietra bugnata. Fino a pochi anni fa vi si accedeva su due lati: quello di sinistra riservato alle carrozze e quello di destra adibito a passaggio pedonale. All'interno vi è un piccolo cortile quadrato, ingentilito su due lati da alcuni pilastri in pietra, sorto verso il XVII secolo allorché il Palazzo fu ampliato in modo definitivo. Sotto il cortile vi sono degli ambienti una volta utilizzati per la raccolta di acqua e per il mantenimento di derrate alimentari. Sono ancora visibili delle feritoie e delle strutture murarie appartenenti alla primitiva costruzione. Il castello era completamente autonomo sotto assedio; oltre ai vari appartamenti, con qualche mobile del 1700, è dotato di: una farmacia dei baroni Coletti, un panificio, una scuderia, cisterne d'acqua. Il piano terra, rialzato notevolmente dal piano campagna, era adibito alle cucine e ai servizi. Il piano intermedio era invece il cosiddetto piano nobile. Degne di nota sono alcune parti del soffitto della sala di rappresentanza e di altre stanze, purtroppo in condizioni notevolmente deteriorate. L'ultimo piano veniva utilizzato in parte dalla servitù e in parte come soffitta.

sabato 8 ottobre 2011

Il castello di domenica 9 ottobre



ARTENA (RM) – Palazzo Borghese

Un primo edificio venne costruito nel XIII secolo dai Conti di Segni, successivamente passò ai Colonna che furono per secoli in conflitto con il papato. Di conseguenza, Montefortino (come si chiamò il paese fino al XIX secolo) si trovò ad essere più volte assalita dalle truppe pontificie, che la distrussero completamente nel 1527, nel 1542 ed infine nel 1557, quando papa Paolo IV, nemico acerrimo dei Colonna, ordinò addirittura di spargere sale sulle rovine. Quando il papa morì due anni dopo, i Colonna tornarono in possesso del feudo. La città ed il palazzo furono interamente ricostruiti, con quest’ultimo che fu diviso in due abitazioni, una spettante ai Colonnesi e l'altra ai signori Massimo. Le due dimore raggruppavano 147 stanze, oltre i corridoi, portici e logge, con tre distinte scale che introducevano ai diversi appartamenti. Il palazzo ha conquistato la sua forma attuale nella seconda e terza decade del 1600. Esso venne acquistato nel 1615 dal Cardinal Scipione Borghese, nipote di papa Paolo V, che ne apprezzava la strategica posizione di controllo sull'antica via Latina. Ancora oggi al calare del sole si rimane meravigliati dall'intensa luce rossa che invade tutta la casa. Il Borghese riunì le dimore dei Colonna e dei Massimo, aggiungendo altre costruzioni, avvalendosi dell'esperienza dell'architetto olandese Jan Van Santen, detto Vasanzio. Di notevole rilevanza, dal punto di vista artistico, è la galleria monumentale, progettata proprio da quest’ultimo, che unisce i due antichi palazzi, il cui soffitto è affrescato con dei motivi a grottesche ispirati agli affreschi presenti nella Domus Aurea di Nerone e studiati e riprodotti nel '500 da artisti come Raffaello. L'ingresso del palazzo, costituito dal pregevole portale realizzato da Martino Longhi, conduce negli ambienti interni dove si possono ammirare un'interessante scala circolare a due bracci, sempre del Vasanzio, e il grande camino del salone su cui è scolpita una testa di Medusa, attribuita al Bernini. Diverse sale furono affrescate, come quella da pranzo dal pittore Paul Brill e in alcune di esse, sono stati conservati alcuni reperti archeologici, un sarcofago e una collezione di armi antiche. Nella cappella papale è custodita la copia di un quadro di Caravaggio raffigurante Paolo V, originale ora scomparso; inoltre desta meraviglia una vasca in rame ed ottone appartenuta a Paolina Borghese, sorella di Napoleone Bonaparte, a cui venne donata dal marito Camillo Borghese. Le ante lignee in noce delle porte sono state eseguite nel 1618 dall'architetto romano Giovan Battista Soria. Il palazzo appartiene tuttora ai Borghese, tranne la zona est che è di proprietà del Comune.

Il castello di sabato 8 ottobre



ROCCALVECCE (VT) – Castello Costaguti

Situato al centro del paese, nella parte più alta, ha un nucleo più antico che risale certamente al Medioevo, come testimoniato dall'analisi dei documenti storici e delle murature, le quali lasciano intravedere, nella parte posteriore della facciata rispetto alla piazza del borgo ed anche in alcuni tratti interni, antiche fondamenta databili con probabilità al XI-XII secolo. Prime notizie certe si datano al 1119, quando Rinaldo del Vecchio venne ucciso durante la battaglia tra viterbesi e romani. Tuttavia il nome Roccalvecce proviene forse dal legume veccio o veccia molto diffuso in queste campagne (Rinaldo del Veccio potrebbe quindi essere il castellano del Veccio o della Rocca del Veccio). Nel 1210 le Cronache viterbesi ricordano che l'Imperatore Ottone IV occupò il castello della Rocca del Veccio; i viterbesi sconfissero l'imperatore e presero la rocca. Numerosi signori si susseguirono nel possesso di Roccalvecce: Ildebrando da Paregnano, Corrado ed Ugolino di Uffreduccio che posero, nel 1254, il castello sotto il dominio del Comune di Viterbo, un certo Ponzio che aiutò i Filippeschi a cacciare i Monaldeschi da Bagnorea (Bagnoregio) nel 1303, Andreuccio di Fuccio. Nel 1455 Papa Callisto III donò Roccalvecce a Guglielmo Gatti di Viterbo (si vedono ancora sulla facciata dell'attuale palazzo due stemmi di questa famiglia); è di quest'epoca la trasformazione della fortezza in castello. Nel 1496 Giovanni Gatti, Signore di Roccalvecce, venne ucciso con i suoi figli maschi dai viterbesi; le sue tre figlie femmine sposarono esponenti delle famiglie Baglioni (di Bologna), Chigi e Colonna (di Roma); il castello ed i feudi annessi vennero ereditati dai Baglioni e dai Chigi, con i primi che possedevano una parte ben più estesa del feudo. Nel 1642, la famiglia Baglioni vendette, grazie all'importante mediazione di papa Urbano VIII Barberini, il feudo di Roccalvecce a Prospero Costaguti. Nel 1685 Lorenzo Chigi vendette a Giovanni Giorgio Costaguti l'ultima parte ancora nelle mani della famiglia senese, ossia un sesto del castello. Passato dunque interamente alla famiglia Costaguti, l’edificio venne radicalmente trasformato in una sorta di castello-palazzo dalle forme aggraziate, con l’aggiunta di un secondo piano nel 1809 al tempo del Marchese Luigi e l’aggiunta di un terzo piano nel 1883 ad opera di suo nipote Ascanio. La stessa chiesa, anticamente cappella del castello ed oggi chiesa parrocchiale, venne ingrandita e trasformata con una nuova facciata. La facciata del maniero, che si apre maestosa sulla caratteristica piazza del paese, ristrutturata e completata nel 1700, si presenta intonacata, a tre piani culminanti con merlature su beccatelli in peperino, con sontuoso portale centrale ad arco con bugne sormontato da un elegante balcone. Sulla destra si imposta perpendicolare al castello la bella facciata dela chiesa. L'intero complesso è stato recentemente restaurato ed oggi è una prestigiosa location per matrimoni, ricevimenti e convegni. Il piano nobile è costituito da una bella sala, decorata con un grazioso camino in marmo e soffitti a cassettoni lignei a lacunari. Un'altra sala reca nel fregio una serie di stemmi nobiliari e il baldacchino della famiglia Costaguti. Un'ulteriore sala è completamente affrescata e sulle sue pareti sono raffigurate scene di paesaggi mentre sulla volta è dipinto un gazebo con altri stemmi nobiliari. Il piano sotterraneo, composto da ampie sale medievali, una parte del quale era utilizzato quale deposito e cantina, conserva le più antiche strutture murarie, un'armeria, ed oggetti antichi, straordinariamente recuperati con un'attenta opera di restauro. In questi spazi possono essere ospitate, oltre duecentocinquanta persone. Le antiche cisterne romane, collocate nelle vecchie segrete della struttura, offrono l'occasione per degustare i prodotti della fornitissima cantina. Le suites ai piani superiori del palazzo, appartamenti abilmente decorati ed arredati nel rispetto dello stile dell'epoca, possono accomodare oltre cinquanta persone. Al piano nobile, le camere da letto affrescate e lussuosamente arredate, oggetto di un attento recupero, rendono omaggio alla tradizione permettendo di rivivere l'atmosfera degli antichi castelli. Per la celebrazione di matrimoni è disponibile la chiesa settecentesca attigua al castello che accoglie duecento persone. Per approfondire visitate il seguente sito: http://www.castellocostaguti.it

venerdì 7 ottobre 2011

il castello di venerdì 7 ottobre



ROCCAVERANO (AT) - Castello

Di questa costruzione del XIII secolo, voluta dal marchese Bonifacio del Vasto e situata sulla collina che separa le due valli Bormida, rimangono una torre cilindrica e un tratto di cortina con tre eleganti bifore archiacute con colonnina centrale. La struttura originaria doveva essere a pianta rettangolare lunga e stretta, con probabile corte interna, mentre la torre, alta 30 metri con una circonferenza di 26,50 metri, venne realizzata con blocchi regolari di pietra arenaria disposti orizzontalmente. La funzione difensiva è chiaramente evidenziata dallo spessore dei muri in cui si apriva un passaggio sotterraneo che dall´interno conduceva fuori dall´edificio, nonchè dalle quattro feritoie per archi e frecce ancora visibili sulla parete superstite. Sulla sommità della torre si possono vedere tre ordini di archetti pensili, ciascuno dei quali è sormontato da un motivo ornamentale a denti di sega. A sette metri di altezza la torre presenta un vano, un tempo collegato a una galleria posta al secondo piano dell’edificio. A ponente c'è un'altra porta, piccola, che immetteva al primo piano, di più difficile interpretazione per l'assenza di casi analoghi in Piemonte. Altri proprietari del castello furono i marchesi Del Carretto, i Saluzzo e gli Scarampi. In adiacenza alla torre, è stato realizzato un parco aperto al pubblico, mentre recenti restauri hanno consentito una fruizione turistica globale dell'edificio, con la possibilità di salire sulla torre e la creazione di una balconata in legno in corrispondenza del primo piano del castello, che permette di affacciarsi alle bifore per una veduta d'insieme e sopraelevata della chiesa e della piazza. La torre di Roccaverano - inserita nel circuito dei "Castelli Aperti" del Basso Piemonte - è aperta al pubblico e visitabile tutto l'anno.