martedì 31 gennaio 2012

Il castello di martedì 31 gennaio



AQUARA (SA) – Castello o Palazzo Ducale

Probabilmente risalente al XII secolo, era cinto da mura e torri, che furono diroccate nel 1246 dall'esercito imperiale di Federico II in occasione della congiura di Capaccio. Durante il dominio aragonese le mura e le torri vennero rifatte ed ampliate. Nel 1251 il castello fu adibito dal barone Matteo Comite, signore di Aquara, a residenza personale e custodito da una compagnia di soldati aragonesi. Lo spazio antistante l'edificio recintato e qui i soldati baronali ed i giovani del paese si divertivano in giochi ed esercizi militari a cavallo e a piedi. Aquara fece parte del ducato longobardo di Benevento e poi di Salerno. Fu abitato dai signori di Aquara fino al 1894, anno in cui venne venduto dalla famiglia Spinelli a Giuseppe Martino, che ne fece sua residenza, ed attualmente è di proprietà degli eredi Russo. Vi è ancora un incantevole chiostro con portico, nella cui volta si vedono vari affreschi di grande valore artistico, e ai lati del cortile si aprono due grandi scalinate in pietra locale che conducono al piano superiore dove si può ammirare una fontana monumentale a ventaglio di pietra locale. Nel salone si può ammirare un pregevole caminetto intagliato in pietra locale e raffigurante due giovani con corpo femminile, teste di caprone e piedi di elefante. In un'altra stanza di rappresentanza vi è sulla parete nord una grande aquila in stucco riproducente lo stemma dei Fieramosca. Nella parte settentrionale si possono ancora vedere i resti di un monumentale acquedotto, che portava l'acqua al Castello. L'unica foto "decente" dell'edificio che sono riuscito a trovare in rete è presa dal sito ufficiale di Aquara.

lunedì 30 gennaio 2012

Il castello di lunedì 30 gennaio



SAN MARTINO IN BADIA (BZ) – Castello Tor

Da sempre rappresenta un fulcro per la popolazione delle valli ladine. Per quanto riguarda la sua posizione si presume che venne costruito al quadrivio delle due assi di un’insediamento tardo romano oppure del primo medioevo, chiamata Quadra. Una prima fortificazione venne eretta intorno all'anno 1230 quando per volere dei vescovi di Bressanone fu costruito un edificio a torre, disposto su tre piani. Una sua prima documentazione si ha nel 1290, sotto il nome Turris in Geder, che si può tradurre come Torre in Gadera. Fino al 1331 la struttura fu affidata ai signori di Rodank-Schöneck. Costoro lo vendettero, nella prima metá del '300 a Ranold di Theis. Nella seconda metá del '300 la giurisdizione passó nelle mani degli Stuck, poi di Ezelin di Wolkenstein e successivamente dei signori di Villanders. Successivamente si iniziò a costruire una cinta muraria merlata intorno al castello, con camminamento di ronda, si alzò la torre di due piani (usata in seguito come granaio) e si costruì un primo palazzotto. Il vescovo Berthold di Bückelsburg, nel 1426 vi fece insediare dei suoi funzionari, con le mansioni di amministratori e giudici. Da allora il castello non fu mai piú concesso in feudo ereditario, ma amministrato da un capitano destituibile. Dopo il 1580 furono apportate altre modifiche, tali da dare al maniero l'aspetto attuale, nella sua forma romanica: vennero quindi costruite altre due torri circolari attorno alla cinta muraria, e ampliato il palazzo. Nel 1803 i vescovi persero il dominio sulla torre, che fu acquistata da due famiglie di San Martin, i discendenti delle quali vi abitarono fino ai tempi nostri. Nel 1996 la Provincia di Bolzano acquistò il castello per trasformarlo nel 2001 nel Museo Ladino, che offre informazioni ed espone oggetti e documenti sulla storia, la lingua, la cultura, le leggende, l’archeologia, la geologia, il turismo e l’artigianato tipici del popolo dei ladini. Il museo è aperto tutto l'anno con orari diversificati a seconda della stagione. Inoltre, presso il cortile interno del castello si svolgono numerose manifestazioni culturali come concerti, seminari o anche mostre temporanee. Per approfondire si può visitare il seguente sito web: http://www.museumladin.it

sabato 28 gennaio 2012

Il castello di domenica 29 gennaio



CALDES (TN) – Castello Cagnò-Thun

La tipologia architettonica di questo castello è il frutto dell’incontro delle diverse culture veneta, tedesca e lombarda, tipico di questa zona al confine del Principato vescovile di Trento. La parte più antica del complesso, che sorge appena fuo¬ri dell'abitato di Caldés, sulla sponda sinistra del Noce, è la grande casa-torre a cinque piani eretta tra il 1230 ed il 1235, grazie alla concessione, da parte del vescovo Gerardo, a Rambaldo ed Arnoldo da Cagnò. Nel 1464 una serie di alleanze matrimoniali con il casato di Thun, portò all'investitura del castello al ramo dei Thun-Caldés, che fecero costruire un nuovo edificio a pianta quadrata e di un piano più basso, inglobando la torre e conferendo al castello l'attuale struttura. Un nuovo ampliamento fu fatto eseguire, all'inizio del Seicento, da Argobasto di Thun, e consiste nella torricella del lato nord dove, all'interno, si trova la scala a chioccola in pietra. Nel corso dell’Ottocento fu acquistato da una famiglia locale, mentre oggi è di proprietà della Provincia Autonoma di Trento, che lo ha restaurato e trasformato in una prestigiosa sede di esposizioni temporanee ed avvenimenti culturali. Il castello è aperto al pubblico solamente in occasione di eventi organizzati dal Comune. Castel Caldes si presenta come un massiccio fabbricato sovrastante le case che sono sorte accanto. La torre è quadrata rinforzata da solidissimi barbacani. Fa parte del gruppo monumentale del castello la piccola chiesetta dedicata alla Beata Vergine Maria, costruita alla fine del Cinquecento. Nella facciata verso il cortile della cappella, c'è il portale bugnato che funge da accesso all' atrio. L’interno del castello è affascinante e presenta soffitti a volte, rivestimenti lignei e sale affrescate. Notevoli sono la stanza del conte ed il salone da ballo. Sul castello aleggia una triste leggenda che trae origine da un episodio realmente accaduto: nel 1661, Marianna Elisa¬betta di Caldés, figlia di un castel¬lano, fuggì in Italia con un giovane non nobile di Cles, un certo Arunte menestrello di corte: braccata dai fra¬telli, la giovane fu catturata e rin¬chiusa in una stanzetta a Caldés dove morì per amore. Salendo la scala in legno della torre si entra proprio nella presunta prigione della sfortunata contessina, una stanza con un voltino a crociera e ricca di affreschi allegorici, forse realizzati da lei stessa.

Il castello di sabato 28 gennaio



BAGNOLI DEL TRIGNO (IS) – Castello Sanfelice

Poggia su un masso calcareo che domina la valle del torrente Vella e l’intero abitato, fornendo all’osservatore un’immagine di grande spettacolarità e imponenza. Il castello presenta la struttura tipica della fortezza medievale ben arroccata, inaccessibile su tre lati, con mura solide senza aperture per proteggersi dalle incursioni nemiche. Era un ottimo presidio strategico per il controllo del territorio, considerando la vicinanza dei tracciati Celano-Foggia e Castel di Sangro-Lucera. Di epoca longobarda, fu soggiorno di Beraldo e dei Conti di Isernia nel periodo normanno, dei Conti di Molise in quello svevo, di Riccardo di Montefuscolo in periodo angioino e dei Caldora sotto gli Aragonesi. Nel XVI secolo appartenne anche alla nobile famiglia spagnola dei D'Avalos. La famiglia Sanfelice, da cui prende il nome oggi il maniero, lo tenne dal 1548 al 1768, sino all’eversione della feudalità. Probabilmente la struttura originaria non subì molte trasformazioni durante i secoli fino all’avvento dei Sanfelice, i quali la modificarono più volte, ampliando i lati Nord e Ovest e ricavando, al piano nobile del lato Ovest, una loggetta di stile rinascimentale ancora oggi visibile. Con l’eversione della feudalità le sorti del castello caddero in disgrazia. La struttura pluricentenaria in meno di un secolo divenne quasi un rudere, fino alla donazione da parte dalla famiglia Vecchierelli nel 1985 al Ministero dei beni culturali, attuale proprietario, che tramite la Soprintendenza del Molise ne sta curando la ristrutturazione. La fortezza ha una struttura poligonale, necessaria per seguire l’andamento della roccia sottostante. Le sue massicce mura perimetrali, prive di aperture, sono in pietra con conci di forma lineare. Del complesso originario, dalla parte della torre antica, sono ancora visibili la cisterna, un pozzo ed una particolare fontana in pietra. Dal cortile si arriva alla parte superiore del castello, dove le inserzioni, ancora ben visibili, dividevano le varie stanze. Le stesse finestre, molto ampie, conservano ancora ai lati delle profonde buche nelle quali venivano inserite le sbarre per ostacolare l'entrata della luce.L’ingresso è posto lateralmente; ad esso si accede attraverso una rampa in acciottolato, che costeggia parte dell’edificio e conduce ad un portone con arco a tutto sesto. Con i lavori di restauro, iniziati nel 1997, si è cercato di restituire solidità alle mura portanti con la costruzione di nuovi solai, preservando la struttura da eventuali terremoti ondulatori. Nei locali di ingresso è stata restaurata e consolidata l’unica volta in pietra non crollata. Dalla parte opposta all’ingresso è stata recuperata la piccola loggetta di stile rinascimentale voluta dai Sanfelice, che stava per crollare. La parete ovest, meglio conservata, presenta nel livello più alto quattro finestre e delle piccole aperture ovoidali. La parete opposta, che poggia a strapiombo sulla roccia, presenta solo delle piccole aperture.

Foto: la prima è presa da http://www.lastminuteidee.com/data/images/users/large/225_insertion_145.jpg, la seconda è di Francesco Paolo di Tuccio su https://www.facebook.com/CASTELLI-ROCCHE-FORTEZZE-in-Italia-308856780344/?fref=photo

venerdì 27 gennaio 2012

Il castello di venerdì 27 gennaio



SAN FELICE DEL MOLISE (CB) - Palazzo Ducale e Castello

Diverse sono le famiglie nobiliari che si assicurarono il centro in epoca feudale: i Sant' Agapito, i Somma, i Posta, che videro la loro caduta nella lotta dinastica tra Durazzisti e Angioini, gli Orsini, come testimoniato da un diploma suggellato dalla regina Giovanna II in favore di Giovanni Orsini nel 1417. Si ipotizza che sotto il governo degli Orsini furono introdotti come coloni popolazioni slave, tanto da rinominare il centro in San Felice slavo dal 1863 al 1929, viste le fortissime influenze. Il Castello, posto su di una collina a 340 m. sul livello del mare, fu costruito intorno al VIII e IX sec. D.C. e vi dimorarono, tra gli altri, proprio gli Orsini di Larino. Una leggenda narra che nel castello visse una principessa di nome Cecilia, che mori a Roma in concetto di santità. Successivamente il castello andò in rovina e vi rimasero solo ruderi sui quali fu costruita nel 1910 l’attuale chiesa dedicata alla Madonna. Il Palazzo Ducale è un immenso edificio di pietra che risale al XVI secolo e spicca sulle case del villaggio. In origine era un antico palazzo feudale è oggi è abitato dalla famiglia Zara che lo ereditò da un conte dopo la soppressione del feudalesimo ad opera di Napoleone Bonaparte dal 1810 circa. E' circondato da mura di cinta collegate ad un ponte levatoio che negli anni sono andati in rovina. Gli elementi più antichi sono un portone ed alcune mura in pietra battuta. Al suo interno vi è un antico affresco raffigurante immagini di vita campestre. Purtroppo, nonostante prolungate ricerche in rete, non sono riuscito a trovare altre immagini del Palazzo. Anche sul castello non vi sono foto a disposizione. Magari qualcuno, leggendo il post, darà una mano ad integrarlo....chissà :)

giovedì 26 gennaio 2012

Il castello di giovedì 26 gennaio





RONCOFREDDO (FC) - Castello di Sorrivoli

Le prime notizie sul castello si hanno attorno all'anno mille. La prima citazione risale ad un atto datato 27 ottobre 971 riguardante la nomina a vicario del conte Rodolfo di Rimini da parte dell'arcivescovo ravennate Onesto II. Nel 1001 Aldebrando, figlio del conte Rodolfo, restituì il castello di Sorrivoli alla Chiesa di Ravenna, che ne difese il possesso dalle mire espansionistiche della città di Cesena, la quale proprio in quel periodo iniziò la lunga lotta per l'autonomia che la portò ad elevarsi a libero comune. Tale scontro si inasprì nei primi anni del XIII secolo, a tal punto che l'Imperatore Ottone IV dovette emanare un diploma (1203) che confermasse tutti i privilegi dell'Arcivescovo sul castello di Sorrivoli concessi dai suoi predecessori e così fecero anche l'Imperatore Federico II nel 1220, Papa Onorio III nel 1224 e Papa Gregorio IX nel 1228. Nel corso del XII secolo, con l'ascesa al potere dei Malatesta (di parte Guelfa), anche il castello di Sorrivoli come la maggior parte dei territori circostanti passò sotto il controllo di questa potente famiglia, e più precisamentge del ramo malatestiano di Sogliano. Nel 1290 passò alla Santa Sede, che lo affidò alla chiesa Ravennate nel 1302. Approfittando del caos scoppiato nello Stato Pontificio a causa della cosiddetta "cattività avignonese", la famiglia degli Articlini, esiliati da Cesena, sobillarono la popolazione di Sorrivoli a ribellarsi all'Arcivescovo e così, il 3 aprile 1318, il castello fu preso d'assalto ed il vicario Fantino da Milano fu imprigionato. La convulsa situazione del contado fu risolta nel 1357 dal legato papale il cardinale Egidio Albornoz, che sottomise Cesena e restituì Sorrivoli all'Arcivescovo. L'importanza raggiunta da Sorrivoli è sottolineata dal censimento ordinato dal cardinale Anglico de Grimoard nel 1371: con i suoi 40 focolari censiti (circa 200 abitanti) Sorrivoli era il castello più popoloso delle colline cesenati. Infeudato nel XV secolo ai Roverella di Cesena rimase sotto il loro controllo fino all'estinzione della casata. Nel 1500 Cesare Borgia, detto il Valentino, sottomise Cesena ed anche il castello di Sorrivoli si arrese, nonostante fosse stato eletto a residenza dall'Arcivescovo Filasio Roverella, che preferì ritornare nella più sicura Ravenna. Ma le velleità del Valentino si esaurirono in fretta e nel 1506 Roverella potè far ritorno a Sorrivoli, dando inizio a lavori di apliamento della rocca con l'obiettivo di trasformarla in una più confortevole residenza. Vi morì il 24 febbraio 1527 ed il suo successore, l'Arcivescovo Nicolò Fieschi, infeudò Sorrivoli a Giovanni Roverella, che divenne il primo conte di Sorrivoli. Coi Roverella, Sorrivoli conobbe un periodo di pace e il suo massimo splendore nel commercio e nelle arti., tanto che nel 1661 la famiglia Faberi avviò nel castello una stamperia, molto nota a livello regionale. Morto nel 1858 Pietro Roverella senza eredi, il castello fu messo all'asta ed acquistato dalla famiglia Allocatelli-Fabbri per 14000 lire. Quando i bombardamenti del 1944 resero inagibile la vecchia chiesa di San Lorenzo, i proprietari del Castello decisero di donarlo alla parrocchia così che si potesse costruire al suo interno la nuova chiesa intitolata a Sant'Aldebrando. Oggi il castello e' adibito a Chiesa e abitazione. Ospita anche l’Associazione Culturale di Sorrivoli e l’Università della Pace, ed è teatro di numerose iniziative, fra cui il Festival Internazionale dei Burattini (alla fine di Agosto). Al castello, di forma rettangolare, con ai lati quattro bastioni quadrati, vi si accede dalla strada principale del paese, attraverso una scalinata che conduce all'antico ingresso della rocca sopravanzato un piccolo ponte in muratura che ha sostituito l’originale ponte levatoio, del quale sono ancora visibili sopra l'ingresso a volta alcuni fori. Superato il breve voltone d'ingresso si esce nella corte interna e sulla sinistra si nota immediatamente la possente ed alta torre quadrata, priva sia di merlatura sia di cortine. Dall'ampia corte interna è possibile ammirare il vasto panorama di colline e coltivazioni circostanti. Ancora agibili sono i sotterranei, vasti cameroni con copertura a volta, che fino al XVI secolo venivano utilizzati come scuderie. La fiancata meridionale del Castello è crollata in seguito ad una frana il 19 novembre 1999, ed è stata reinnalzata solo nel 2005.

mercoledì 25 gennaio 2012

Il castello di mercoledì 25 gennaio





GALEATA (FC) - Castello in frazione Pianetto

Castrum Pianetti sorse probabilmente sull’antica città di Mevanivola, di cui ancora si possono trovare tracce negli scavi poco distanti. Il castello era sicuramente importantissimo dal punto di vista strategico perché era una tappa obbligata nel passaggio lungo la valle del Bidente, infatti la via castellare era un tratto di quella strada che congiungeva la via Emilia con Roma, per questo Pianetto può essere definita una fortezza dogana. Pianetto nacque probabilmente con l’espansione territoriale degli Abati di S. Ellero nella valle del Bidente tra IX e X sec. Il primo documento che ne parla è del 1209, quando la rocca fu data in dote a Gualdrada dall’imperatore Ottone IV in occasione delle sue nozze con Guido il Vecchio appartenente alla famiglia dei Guidi, probabilmente del ramo di Modigliana, che era già investita di questa contea dal 938. Nel 1276 Guido Selvatico la occupò per conto del comune di Firenze. Nel 1316 dipendeva nuovamente dall’abbazia di Sant’Ellero e più tardi passò alla Santa Sede, ma, nel 1371, faceva ancora parte del territorio di Sant’Ellero come riferisce il Cardinale Anglico. Nel 1411 Galeata era Potesteria con i suoi 18 comunelli e Pianetto era praticamente Fiorentina. Nel 1424 il potestà Zanobi del Pino consegnò la rocca ad Angelo della Pergola, uomo di fiducia dei Visconti di Milano in lotta con Firenze,sperando di ricevere un qualche dono da quest'ultimo; invece, come descritto dal Machiavelli, sappiamo che venne rinchiuso in una cella del castello dove morì tra stenti e torture. Le truppe viscontee si comportarono male con gli abitanti di Pianetto derubandoli e violentando le donne; in reazione il 12 dicembre 1424 Nicolò Piccinino con truppe fiorentine riconquistò il castello. Nel 1495 Pianetto fu conquistato da Federico da Montefeltro che però fu costretto a renderlo immediatamente al comune di Firenze. Nel 1527 i Lanzichenecchi diretti su Roma e comandati da Carlo di Borbone si fermarono per un paio di giorni a Galeata e Pianetto abbuffandosi e danneggiando gli edifici. Con l’avvento delle armi da fuoco Pianetto perse la sua importanza e nel XVIII secolo la rocca era già descritta come in rovina. Del castello restano imponenti ruderi sul poggio sovrastante l’attuale abitato, oltre alla cinta muraria di più di 300 metri, con salienti difensivi, troviamo il torrione con la cisterna, il rivellino (entrambi adibiti ad abitazione nel XIXsec.), l’ingresso a sud ed il maschio, a base quadrangolare di 5 metri di lato e alto circa 10 metri, che sovrasta l’intera costruzione. Da segnalare una piccola entrata sotto il torrione, forse l’accesso ai sotterranei (ora ostruiti). All’interno del castello vi era anche una chiesa che crollò nel XVIII secolo.

martedì 24 gennaio 2012

I castelli di martedì 24 gennaio







MONTEROSSO (SP) - Castello Obertenghi e Torre Aurora

La cittadina è citata per la prima volta intorno alla metà dell'anno Mille, in occasione di trasferimenti di proprietà. Il castello di Monterosso, sorge sul costone roccioso che, separando l'antico nucleo abitato dalla più lontana Fegina, domina dall'alto l'ampio specchio di mare. Sul promontorio fu costruita anche una chiesa, dedicata a S. Cristoforo ma di essa non rimangono tracce tali da poterne ricostruire le dimensioni. Il castello, all'interno del quale era collocato l'edificio sacro, fu sotto il dominio dei marchesi Obertenghi intorno al Mille. Monterosso fu assegnata alla Repubblica ligure insieme al castello nel 1254 e fu fortificata con diverse opere sia di difesa contro le incursioni barbaresche, sia di offesa nei confronti della Repubblica Pisana che aveva raggiunto il controllo del golfo. Dopo quasi due secoli, nel 1545 Monterosso venne saccheggiata da predoni turchi, che scesi da 10 navi, bruciarono case e portarono con sé donne e bambini. Del castello vero e proprio oggi sono osservabili alcune torri e la cinta muraria, i resti della cittadella, e nella parte a mare, le mura con alcune merlature che stanno significando che il castello conobbe il possesso d'alcuna nobile famiglia ghibellina. Nel XVI secolo, Monterosso era difesa da ben tredici torri, della quali restano tre torri nel castello, la torre medievale oggi campanile della duecentesca chiesa di San Giovanni, in marmo bianco e serpentino verde, e la torre Aurora, situata sull'estremità del promontorio del Colle di San Cristoforo e, di fatto, al centro del borgo nuovo (Fegina) e del borgo vecchio (Monterosso). L'area del castello è attualmente occupata in buona parte dal cimitero.

lunedì 23 gennaio 2012

Il castello di lunedì 23 gennaio



Torremaggiore (FG) - Castello Ducale De Sangro

E' un imponente struttura, oggi dotata di sei torri, quattro circolari e due quadrate, ampliata a più riprese nel corso dei secoli intorno a un'originaria torre normanna (caratterizzata da una meridiana sul lato che si affaccia sul cortile. L’epoca della sua costruzione non è riscontrabile in nessuna documentazione antica, né gli studiosi e gli storici locali si sono espressi al riguardo, tuttavia i restauri effettuati qualche decennio addietro, e quelli terminati da qualche anno, hanno convinto gli addetti della Soprintendenza ai Monumenti per la Puglia che il castello risalga all’epoca normanna, costituito inizialmente da una sola torre di avvistamento abbastanza imponente, e un recinto murario, tipico di altre fortificazioni presenti in Capitanata, con funzioni classiche di avvistamento e di controllo del territorio. La dominazione sveva non apportò modifiche al castello; per un fatto strategico-militare non si ritenne utile ampliare e utilizzare la fortezza, tanto da non aver traccia documentale e architettonica sulla stessa. L’imperatore preferì la costruzione di nuove residenze di caccia, secondo canoni moderni, ridisegnando la rete castellare, a difesa sia delle coste, che dell’entroterra. La morte di Federico II, e le successive rappresaglie delle truppe di papa Alessandro IV (1254-1261) nei confronti delle città fedeli allo Svevo, quali Dragonara e Fiorentino, portarono gli abitanti supersititi di queste località a rifugiarsi in terra abbaziale. Nel primo periodo angioino, il territorio di Torre Maggiore, annesso a quello del monasterium S. Petri, passò in sequenza ai Templari (1295), all’Ordine dei Cavalieri dell’Ospedale di Malta, alla regina Sancia di Maiorca (1312), a Giovanna di Altamura (1337), al conte di Vico Pietro Pipino (1339?), a Filippo principe di Taranto (1343), ai Gianvilla conti di Sant’Angelo fedelissimi di Luigi d’Angiò. Proprio questi ultimi feudatari fecero ristrutturare, ampliare e potenziare il castello di Torremaggiore, come provato da alcuni elementi venuti fuori dalle campagne di restauro, quali delle merlature poste quasi a metà delle torri di nord-est e la presenza di feritoie basse, ma soprattutto appartiene loro lo stemma lapideo posto sulla torre di nord-est, rimaneggiato dai successivi feudatari. I Gianvilla persero il feudo a favore di Niccolò De Sangro (1383), i De Sangro vennero privati a loro volta del feudo in seguito alle lotte tra Ladislao di Durazzo e Luigi II d’Angiò, e successivamente nella prima metà del XV fu feudatario di Torremaggiore Francesco Sforza, duca di Milano; con la fine degli Angioini e la conquista del regno di Napoli da parte di Alfonso d’Aragona il feudo ed altri territori, tra cui Fiorentino, vennero assegnati a Paolo de Sangro che fece iniziare i lavori di riconversione e ampliamento del castello di Torremaggiore, affidandogli la doppia funzione, difensiva e residenziale; i lavori residenziali interessarono l’ala sud del castello, come è testimoniato da una bifora gotica di epoca aragonese, venuta alla luce nei restauri già citati. Nel 1497 il feudo di Torremaggiore fu concesso a Consalvo Fernandez de Cordova, poiché Carlo de Sangro (figlio di Paolo) venne privato per fellonia nei confronti di re Ferrandino. Nel 1508 il feudo ritornò ai de Sangro in seguito alla vittoria dei Francesi sugli Aragonesi, e venne intestato a Paolo, figlio di Giovanfrancesco, sposo di donna Violanta de Sangro, la Duchessa, benemerita donna di casa de Sangro, che volle la costruzione di un nuovo edificio, di fronte al castello, dapprima adibito a taverna, e successivamente a teatro. I de Sangro continuarono ad effettuare lavori sul castello, facendo sopraelevare tutta l’ala nord, edificando la Sala del Trono ducale, e collegando il castello al Teatro con una passerella sopraelevata, poggiante sull’arco che chiudeva l’abitato a nord, con relativo ingresso riservato. Il maniero assunse però l’aspetto odierno con Paolo de Sangro titolare del feudo dal 1588, che concluse l’opera di modifica architettonica della struttura, e fece realizzare nei sotterranei delle cisterne, collegate a gallerie in muratura dove convogliavano le acque sorgive, di cui il sottosuolo circostante il castello era ricco. Nel pomeriggio del 30 luglio 1627, un violento terremoto rase al suolo Torremaggiore ma il castello resistette bene, non subendo oltre alla torre centrale altri rimaneggiamenti. Nei secoli venne eliminato il ponte levatoio, sostituito con quello fisso lastricato in pietra. La disastrosa situazione economica successiva dei de Sangro portò allo smantellamento del Teatro Ducale, spogliato delle scene e i cui portici sottostanti vennero murati ed adibiti ad abitazioni; inoltre l’arco denominato Porta del Principe nel 1834 venne incautamente e frettolosamente abbattuto, perché pericolante. Il castello ducale dopo la morte dell’ultimo feudatario visse una fase di degrado e di lento abbandono, conseguenza della frantumazione della proprietà dello stesso. L’ultimo Sansevero Michele de Sangro, dopo una parentesi trascorsa a Parigi, tra il 1870 e 1871 vi si trasferì definitivamente, ricavando la sua “parte” abitativa nella parte sud dell’area castrale, di due piani, che si affaccia su un ricco giardino, fuori dal vecchio muro di cinta del castello; anche il fossato, sempre nella parte sud, venne interessato da lavori di adeguamento, in quanto venne impiantato un frantoio, ricavato chiudendo gli ambienti sotto la loggia. Sono le ultime modifiche strutturali che hanno interessato il castello di Torremaggiore, che dopo la morte dell’ ultimo De Sangro, per effetto del legato Croghan (compagna ed erede De Sangro) è per un terzo di proprietà del comune di Torremaggiore. Dichiarato Monumento Nazionale nel 1902, è stato acquisito interamente a patrimonio comunale nel 1934. Per approfondire consiglio di visitare il seguente link: http://www.comune.torremaggiore.fg.it/castelloducale

sabato 21 gennaio 2012

Il castello di domenica 22 gennaio



LODI – Castello Visconti

E’ stata una fortificazione difensiva della città di Lodi. In passato la città era difesa da una cinta di mura nella quale si aprivano tre porte di accesso, due delle quali erano poste sul lato sud, in direzione delle principali città alleate: Porta Cremonese e Porta Pavese. La terza era detta Porta Regale ed era la più vulnerabile in quanto si trovava sulla strada per Milano. Per questo motivo, in prossimità di essa, Federico Barbarossa fece erigere un castello al quale si accedeva tramite la Porta Imperiale. Il castello venne riadattato più di cento anni dopo da Napo della Torre, ma l'aspetto attuale è dovuto alla ricostruzione, iniziata nel 1355 e conclusa nel 1370, voluta da Barnabò Visconti, con un notevole ampliamento e la costruzione di quattro torri e di profonde prigioni nel sottosuolo. Nel 1416 Filippo Maria Visconti rinforzò il rivellino interno con una rocca fortificata fuori dalle mura e più tardi, quando, a causa alle bonifiche dei terreni circostanti, si rese necessario proteggere anche le nuove zone strappate alle paludi, la fortezza fu resa ancora più sicura da Francesco Sforza che nel 1456 fece aggiungere sullo spigolo a nord, una torre rotonda, opera dell'ingegnere Serafino Gavazzi, affiancata a quella di pianta quadrata di cui il castello già disponeva. Il Torrione, oggi uno dei simboli della città, mantiene di originale il basamento a scarpa sul quale si innesta il corpo cilindrico che termina con una merlatura a coda di rondine ed è stato ricostruito all'inizio del Novecento per ospitare la cisterna dell'acqua potabile. Tra il XVI e il XVIII secolo il castello subì adattamenti nei sistemi difensivi per rispondere adeguatamente agli attacchi con le nuove armi da fuoco. Le mura divennero più spesse e furono innalzati baluardi per tenere distanti le artiglierie nemiche. Sotto la dominazione austriaca di Giuseppe II iniziò un vero e proprio lavoro di demolizione. In questo periodo vennero riempiti i fossati, tolti i ponti levatoi e distrutto un intero lato del castello che venne trasformato in caserma. Sui tre lati rimasti furono costruiti dei porticati sovrastati da un doppio ordine di logge, così come si vede attualmente. Già dai primi anni del XIX secolo il castello perse il suo vero aspetto e la sua funzione. Oggi l’edificio è adibito a stazione di polizia, sede della Questura di Lodi, per cui non è accessibile al pubblico. Al di sotto del castello, ad una profondità di circa sei metri, sono stati scoperti alcuni cunicoli appartenenti probabilmente al rivellino esterno. Alcuni di questi sono alti fino a 2,70 metri, consentendo quindi il passaggio di un uomo a cavallo, e in alcuni punti si sviluppano anche su due livelli comunicanti fra loro. L'esplorazione di questi ambienti è iniziata negli anni duemila grazie all'iniziativa di un'associazione privata, tuttavia le indagini sono piuttosto difficoltose a causa del fatto che negli anni cinquanta essi furono in gran parte sotterrati e talvolta murati. Esiste anche l'ipotesi che in passato Lodi fosse completamente attraversata da gallerie sotterranee che conducevano sia fuori le mura, attraverso il rivellino esterno, sia nel cuore della città, attraverso il rivellino interno, verso il sagrato di Piazza della Vittoria. L'utilità di questi passaggi era sia difensiva (costituivano infatti la principale via di fuga in caso di attacco), sia offensiva (consentivano infatti di sorprendere improvvisamente il nemico che occupava parti della città). La loro reale esistenza però non può essere provata a causa delle numerosissime modifiche subite da questi percorsi nel corso dei secoli; al giorno d'oggi inoltre, alcune parti di essi, potrebbero essere state inglobate dalle cantine e dalle proprietà private dei palazzi del centro storico.

venerdì 20 gennaio 2012

Il castello di sabato 21 gennaio





PICO (FR) – Castello d’Aquino-Farnese

E’ situato sulla sommità del paese, in cima ad una collina ai piedi dei Monti Ausoni, a circa 194 m sul livello del mare, praticamente tra la vecchia Via Latina, strada consolare che univa Aquino alla città di Fregellae, e la antichissima Via Appia che passa per Fondi e Formia. Fu costruito nella prima metà del secolo XI da un certo Giovanni Scinto, dei Conti d’Aquino. Gli avvenimenti successivi alla sua fondazione sono noti: il castello, appartenuto alla circoscrizione di Pontecorvo, passò più volte di mano dai signori di Fondi ai monaci di Montecassino. Si sa ancora di un assedio da parte di truppe cassinesi in occasione di una rivolta fomentata da Riccardo signore di Pico. Nel Trecento il castello raggiunse una propria organizzazione comunale e doveva avere una certa consistenza, visot che annoverava una decina di chiese e doveva fornire quattro soldati. Distaccatosi definitivamente da Pontecorvo, passando sotto la signoria prima dei d’Aquino e poi dei dell’Aquila, dei Montenegro, dei Del Balzo e degli Spinelli, ne seguì le sorti quando quest’ultimi furono coinvolti nelle guerre contro gli aragonesi. Dagli Spinelli passò ai della Rovere, e ai Farnese (1542), i quali ricostruirono il castello e promulgarono nuovi statuti. La loro presenza fu così importante che il paese cambiò nome in Pico Farnese. Durante il Settecento il patrimonio feudale venne liquidato a favore di famiglie borghesi locali e nel 1734 il feudo passò alla camera regia. Il fortilizio ha forma rettangolare ed è munito di torrioni angolari, su uno dei quali svetta una torre con orologio di costruzione rinascimentale. All’interno della cerchia muraria, conserva inoltre i ruderi di un’alta torre cieca adibita a carcere e luogo di giustizia. Con il passare dei secoli l’edificio è andato sempre più in rovina e numerose abitazioni che attualmente lo circondano vennero costruite con il materiale della rocca, considerata una vera e propria cava di pietra. Oggi una parte del maniero è stata destinata a parco pubblico e dalle sue rovine si può ammirare un vasto panorama.

mercoledì 18 gennaio 2012

Aggiornamento blog temporaneamente sospeso

cari amici e lettori del mio blog, purtroppo il "castelliere" ha una schiena davvero "medievale" che lo sta costringendo a rimanere a letto già da domenica...mi sto riprendendo e penso proprio che nel prossimo weekend tornerò a posto. Nel frattempo però la rubrica quotidiana dei castelli non può procedere col consueto ritmo (aaaaah come avrebbero fatto comodo articoli di qualcun altro disponibili ora........). Mi auguro si possa riavviare in questi giorni :-(

sabato 14 gennaio 2012

Il castello di domenica 15 gennaio



ZAGARISE (CZ) – Torre Normanna

Di origini databili intorno al XIII e XIV secolo, la massiccia torre cilindrica rappresenta la logica conseguenza di quelle famose fortificazioni che i Normanni, con a capo Roberto il Guiscardo, costruirono su tutto il territorio Calabrese. La torre, molto probabilmente, dovette rappresentare una vedetta, un posto avanzato di qualche ben più importante castello, forse quello di Barbaro. Infatti niente testimonia l'esistenza di altre costruzioni simili intorno ad essa; si pensa, quindi, che dovette essere stata sempre cosi come oggi la vediamo, più ricca di ornamenti si intende, con i bei merli che fino a non molto tempo fa ne ornavano la sommità. La torre, disposta su tre piani comunicanti tra loro attraverso una serie di botole e delle scale esterne, è costituita da un corpo cilindrico alto 12 metri e con diametro di 8 metri. Nel corso dei secoli venne utilizzata come prigione e poi come postazione del banditore pubblico.

Il castello di sabato 14 gennaio



CARISIO (VC) – Castello Avogadro

L'origine romana del paese, che sorge nella pianura a destra del torrente Elvo, è comprovata dall'etimologia del nome, che deriva da Carisius, nome gentilizio romano, e anche dal rinvenimento d'una tomba di epoca romana. Nel Medioevo fece parte del comitato di Vercelli e il feudo appartenne ai de Carisio. All'inizio dell'XI secolo Roberto di Carisio subì la confisca dei beni da parte dell'imperatore Enrico II per aver parteggiato per re Arduino d'Ivrea; nel 1014, poi, l'imperatore assegnò questi beni alla chiesa di Vercelli e il vescovo infeudò il Castello ai Soleri (o Solaro), che poi mantennero il feudo coi Ratari e gli Avogadro. Questi ultimi controllarono Carisio dal 1126 alla metà del XV secolo. Il castello, così come tutti i possedimenti degli Avogadro, fu strategicamente importante nell'ambito delle guerre che, tra il XII e il XIV secolo, opposero guelfi e ghibellini. Dopo il 1373 i signori di Carisio si sottomisero al conte di Savoia e il luogo entrò a fare parte del capitanato di Santhià. La porta, visibile oggi insieme ad una parte di cortina, è quanto rimane della ricostruzione del castello dopo l'occupazione e la distruzione ad opera delle milizie viscontee di Facino Cane, tra il 1399 e il 1402, anno in cui il maniero venne restituito ad Amedeo VIII di Savoia e reso agli Avogadro con una nuova infeudazione. Parti del fortilizio stesso passarono nel 1459 a Gottardo dei signori di Buronzo, nel 1518 a Francesco e Bartolomeo Tomatis e nel 1567 a Filippino Gillio. I Gillio nel 1614 vendettero la loro parte a Gerolamo Langosco. Nel 1628 il duca di Savoia Carlo Emanuele I diede il luogo al figlio Tommaso, principe di Carignano, che nel 1630 lo vendette ai fratelli Alberto e Giuseppe Caresana, signori di Nebbione, con il titolo comitale. I Caresana di Carisio mantennero il feudo fino alla fine del Settecento. La porta d'ingresso mostra ancora le aperture della porta carraia e della porta pusterla, un tempo servite da ponti levatoi. A fianco, in direzione nord ovest, si sviluppa ancora una parte delle poderose cortine, che costituirono la cinta esterna del castello. Il complesso fortificato di Carisio, fra i piú interessanti del Vercellese, non è stato adeguatamente studiato e valorizzato. Il castello, situato sull'altura, non ha lasciato se non qualche tratto di muro in ciottoloni e la zona si presenta quindi come area di interesse archeologico. La parte bassa con le cortine esterne e i resti del ricetto, sicuramente affiancatosi alla rocca in epoca tarda, conserva parecchi elementi di interesse architettonico oltre alla torre-porta. L'insieme meriterebbe molta piú attenzione e qualche intervento di restauro. Dovrebbe essere stato murato un tesoro raffigurante una chioccia d’oro con 12 pulcini. Ma, nonostante molti smuramenti non è mai stato trovato nulla. Si ipotizza che il gioiello sia nascosto nei sotterranei del castello. Per quanto riguarda i sotterranei, un probabile tunnel lo metterebbe in contatto con il castello di Vettignè. Data la vicinanza con Nebbione si può ipotizzare anche l'esistenza di un passaggio tra Carisio e Nebbione stesso.

venerdì 13 gennaio 2012

Il castello di venerdì 13 gennaio



MONTEMAGNO (AT) – Castello Conti Calvi di Bergolo

Sorto nel XIII - XIV secolo, è uno dei meglio conservati dell'Astigiano e domina imponente sull'abitato. La storia del paese si intreccia strettamente con la storia del castello che ne costituisce il riferimento principale. Prima attestazione certa della rocca risale al 981. In quegli anni lontani la struttura era ben diversa da quella nella quale si trasformò in seguito. Si limitava a un mastio protetto da un muro e più in esterno da un profondo fossato. Signore della rocca primitiva pare fosse Aleramo, ma niente di più preciso si sa in merito. Nei secoli successivi il castello non solamente si ampliò in dimensioni e importanza, ma entro le sue mura si strinsero alleanze decisive per la storia del luogo e di riflesso quella della penisola stessa. Il casato noto più antico e rappresentativo è quello dei Marchesi del Monferrato, partecipi alle crociate e, alcuni di loro regnanti anche in Palestina. Nel 1219 ad esempio l’edificio venne donato a Federico II di Svevia da Guglielmo V in cambio di un prestito per una spedizione. Le donazioni si susseguirono fino al 1269, data nella quale il castello a causa di uno scontro fra il signore di Monferrato contro Asti venne parzialmente distrutto, mentre nel 1290 a causa di un ennesimo scontro fra i medesimi protagonisti, venne totalmente raso al suolo. Ancora nel secolo XIV il castello fu teatro di scontri sanguinosi e cruenti fra Guelfi e Ghibellini e in giustificazione di queste lotte, nel 1342 la proprietà passò alla famiglia Turco, niente di meno che i massimi esponenti della fazione ghibellina in Asti. Nel 1435 i Monferrato giurarono fedeltà ai Duchi di Savoia.L'imperatore Carlo V temendo le mire espansionistiche dei Savoia favorì i Duchi di Mantova nel dominio del Monferrato anche in considerazione che Margherita Paleologa, nipote dell'ultimo Marchese era sposa del Duca di Mantova. Nel 1519 il castello fu in possesso di Francesca della Cerda. Seguirono periodi difficili con invasioni, lotte e saccheggi dovuti a truppe spagnole, francesi e tedesche. Graffiti conservati nella parete absidale della Chiesetta di S. Maria della Cava sono testimonianza di quel periodo. Il feudo di Montemagno nel 1610 appartenne ad Evasio Ardizzi ceduto poi al mercante di sete di Casale Giovanni Gallone e da questi venduto nel 1669 ai Callori di Vignale. I grandi restauri del maniero vennero eseguiti da questi signori e sono datati 1721. Il feudo passò quindi per via dinastica a Ottavio Grisella. Francesco Maria Grisella fu l'ultimo signore feudale di Montemagno. In tempi più recenti il castello è stato di proprietà degli Avogadro della Motta, dei Sanseverino, dei Cavalchini Garofoli e ora appartiene ai Calvi di Bergolo. Il Conte Giorgio Carlo Calvi di Bergolo (1887-1977) era lo sposo della Principessa Jolanda di Savoia per cui erano frequenti le visite e le permanenze dei regnanti a Montemagno. La struttura del castello è molto particolare. Ha infatti una pianta quadrangolare irregolare che fa da chiusura ad una corte ellittica. L’edificio, coronato da merlature ghibelline e da due torri laterali che delimitano il fronte principale, presenta una facciata con due serie di finestrelle ogivali a ghiere rientranti. Sono presenti ben cinque balconi in pietra, e alcune bellissime finestre ad arco a sesto acuto. All’interno del castello, oltre alle numerosissime stanze e ai misteriosi sotterranei che ebbero funzione di carceri, è presente anche un’ampia sala detta l’aula del senato e delle belle scuderie. La struttura, in ottimo stato, seppure di proprietà privata è visitabile.

Il castello di giovedì 12 gennaio





ACQUASANTA TERME (AP) – Castel di Luco

E' una fortificazione ubicata nel territorio comunale di Acquasanta Terme e, posta sulla sommità di uno sperone roccioso di travertino, in posizione strategica e ben difesa, a controllo dell'antica Consolare Salaria che costeggia il corso del fiume Tronto. La fortezza conserva intatto il suo aspetto medievale, particolarmente originale per la sua insolita forma ellittica. Le sue origini sono incerte; secondo Giuseppe Colucci, abate e storico ascolano del 1700, sull'area dove oggi sorge il castello vi era un bosco sacro in cui si celebravano riti pagani e il maniero sarebbe stato costruito al centro del bosco, sull'altura di travertino in cui, probabilmente, si trovavano gli altari dei sacrifici. Il nome Luco deriverebbe da lucus, luogo della luce. Prima dell'affermazione del Comune Ascolano, Castel di Luco svolse, quasi certamente, una sorta di ruolo di "corte di giustizia". Superò l'attacco di Carlo D'Angiò e delle milizie di Galeotto I Malatesta. Nel XIII secolo fu proprietà degli Sforza. Dal 1400 al 1800 appartenne alla famiglia Ciucci. Pietro di Vanne Ciucci, signore di Luco, capeggiando un gruppo di montanari partì il 10 agosto 1445 dalla residenza fortificata, per liberare Ascoli Piceno dal potere di Rinaldo di Folignano, fratello uterino di Francesco Sforza. Giunto nella città, dopo aver occupato il palazzo di Rinaldo, proclamò la sovranità pontificia. Fu qui, in questo castello, che un famoso bandito di Ascoli, il Parisani, fece trucidare nell'estate dei 1562 Chiarino Montaroni al quale era stata affidata la difesa del maniero. I banditi, al comando dei Parisani, lo assediarono. A tradimento fu chiamato sulla porta il difensore del castello, quasi ci fosse l'intenzione di arrivare ad un accordo. Chiarino Montaroni uscì e fu freddato da un colpo di archibugio. Il Parisani si impadronì del cadavere e con l'aiuto dei suoi sgherri lo gettò nel fiume Tronto. Negli anni che seguirono il castello da fortezza si trasformò in residenza gentilizia della casata Ciucci che ne fu proprietaria fino al 1800, quando l'ultima ereditiera, Maria, sposò Giuseppe Amici che lo ha tramandato fino ad oggi ai suoi discendenti. La concezione iniziale della fortificazione era quella di un castello-recinto che fosse sia la residenza del signore, degli armati e dei famigliari, e sia un rifugio sicuro per gli abitanti del feudo in caso di pericolo. In tempi successivi, il subentrare di nuove necessità di spazi abitativi destinati alla vita quotidiana della famiglia signorile portò all'ampliamento della costruzione e al fiorire del piccolo borgo che cinge la base del castello, intorno allo sperone roccioso. Le mura di cinta, che racchiudono il cortile interno, seguono il bordo della rupe sviluppando una struttura irregolarmente circolare e chiusa. L'elemento bellico più evidente è la torre a scarpa munita di cordone antiscalata e di archibugiere, costruita nel XVI secolo. Con l’avvento della polvere da sparo il “guscio” del castello era insufficiente alla difesa territoriale ormai affidata esclusivamente alle strutture bastionate. Tuttavia il maniero, protetto dalle caratteristiche naturali del sito, presentava probabilmente una coronatura di merli e contava lungo il suo perimetro un notevole numero di gattoni in travertino, vale a dire mensole che, sporgendo a strapiombo dalla muratura, alloggiavano ballatoi e bertesche lignee, da cui spiare il nemico e, in caso di attacco, combattere rimanendo al coperto. Attualmente il castello, che conserva ancora la sua struttura originaria, è una raffinata struttura ricettiva e nelle stanze affrescate ospita un ristorante, certamente suggestivo. Vi è un sito web ad esso dedicato e che consiglio di visitare: www.casteldiluco.com

mercoledì 11 gennaio 2012

Il castello di mercoledì 11 gennaio



SUMIRAGO (VA) - Castello Visconti-Confalonieri di Caidate

Di origine viscontea e risalente al 1300 circa, domina tutta la vallata dell'Arno. Voluto dai Visconti come luogo dove svagarsi nel nobile passatempo della caccia, ha struttura massiccia a pianta quadrilatera, cortile centrale e una torre robusta e quadrata sull'angolo che guarda verso la valle. Nel 1614 il castello passò alla famiglia Bigli, grazie al matrimonio dell'ultima Visconti di Caidate: a questo secolo risalgono le prime trasformazioni con il portico a colonne binate che hanno mutato il castello in villa residenziale, conservando tuttavia alcune caratteristiche castellane. Nell'Ottocento con i nuovi proprietari, i Confalonieri, avvenne l'aggiunta di torri cilindriche con coronamento di merli dovuta all'architetto Balzaretto, al quale si attribuisce anche il rifacimento del parco.

martedì 10 gennaio 2012

Il castello di martedì 10 gennaio



VAL DELLA TORRE (TO) - Torre

Simbolo del paese, è stata ricostruita in stile medievale sulle mura dell'ex Villa dei Conti Rossi di Montelera. Mi sembra di aver capito, ma posso anche sbagliarmi (e allora qualcuno mi correggerà...), che essa sorge sul luogo dell'antico castello, situato lungo i sentieri che salivano al colle Portia e alla valle di Viù. Alla metà del '300, il castello fu acquistato dai Canalis di Cumiana. Una tradizione locale attribuisce la sua distruzione a un bombardamento effettuato dai francesi, dal vicino monte Carlovà, alla metà del '500.

Il castello di lunedì 9 gennaio



MONTEGRIDOLFO (RN) – Castello Malatesta

Si erge su quella linea che allora delimitava i possedimenti delle casate dei Malatesta di Rimini e dei Montefeltro, signori della vicina Urbino. Il toponimo del castello sembra trarre origine dall'antica famiglia riminese dei Gridolfi che a partire dal XIII secolo si stabilì sulle colline tra la Romagna e le Marche. Come altre nobili famiglie guelfe cittadine, in età comunale i Gridolfi si schierarono dalla parte della Chiesa, così che secondo alcuni storici Monte Gridolfo sarebbe la trasformazione dell'originario nome del luogo, Monte Guelfo, oppure di Monte Loro, monte dell'alloro. La sua collocazione geografica lo rese già nel Medio Evo oggetto di molti appetiti e spesso Montegridolfo fu al centro delle dispute fra Rimini e Urbino, nelle quali si inserirono anche le confinanti località di Mondaino e Saludecio. Nel 1233 Montegridolfo giurò fedeltà a Rimini nella lotta contro Urbino. Il centro venne saccheggiato ed incendiato nel 1288 dai vicini comuni di Mondaino e Saludecio. Il legame con Rimini si consolidò con l’ascesa al potere dei Malatesta che contribuirono, a più riprese, all’ampliamento ed al mantenimento del possente castello. Nel 1336 il borgo fu addirittura totalmente distrutto da Nolfo, conte di Urbino, e da Ferrantino Novello de' Malatesti. Con la ricostruzione, ad opera del patriarca dei Malatesta Galeotto, risalente al 1338, il castello venne circondato da nuove alte mura, rafforzate con quattro poderosi torrioni, con grande soddisfazione degli abitanti. In quell'epoca dentro le mura castellane vivevano circa 250 persone. Nel 1455 il borgo passò ai Montefeltro per tornare, pochi anni dopo, nelle mani dei Malatesta. Gli anni a venire videro susseguirsi brevi dominazioni: Cesare Borgia nel 1502, Venezia nel 1504 ed infine il passaggio finale, nel 1509, sotto lo Stato della Chiesa. I recenti restauri ne hanno fatto uno dei borghi medioevali meglio conservati di queste terre. Addentrandosi nel castello, troviamo il palazzo del Municipio che si trova accanto alla torre portaia, mentre palazzo Viviani, l'antica dimora dei signori del castello, è oggi un attraente albergo-ristorante. La cappellina Viviani è quanto resta della duecentesca chiesa di S. Agostino distrutta nel 1336 da Malatesta Guastafamiglia.

sabato 7 gennaio 2012

Il castello di domenica 8 gennaio



TERRACINA (LT) – Castello Frangipane

E’ detto anche Rocca Traversa dalla particolare forma trapezoidale del maschio, l’unica parte dell’edificio che è rimasta, insieme a parte dell’ala sud, dopo i massicci bombardamenti aerei del 1943-44. Alla fine del X secolo, con la crisi del papato e lo strapotere delle famiglie locali, Terracina fu interessata dal fenomeno dell’incastellamento: pertanto, allo scopo di controllare politicamente la città e il suo territorio, forse ad opera dei Crescenzi, venne avviata l’edificazione di un imponente castello, poi denominato Frangipane dalla famiglia dei nobili romani che lo occupò dal 1153 al 1202. L’avvento dei Frangipane iniziò quando Papa Celestino II, per assicurarsi il loro appoggio di tipo militare, nell’anno 1143, cedette loro cospicue rendite sul territorio di Terracina spettanti alla Chiesa. In pratica, i Terracinesi avrebbero dovuto dipendere economicamente dai Frangipane e giuridicamente dal Pontefice, ammesso che quest’ultimo fosse in grado di imporre il rispetto dei patti ai Frangipane, pronti ad invadere l’intera sfera del potere politico e giuridico a garanzia di quello economico. Alla morte del debole Celestino, provò a riformulare gli accordi il ben più energico Eugenio III (1145 – 1153). Sulla parete est sono visibili due iscrizioni facenti riferimento a lavori fatti eseguire proprio da quest’ultimo. Dopo la sua morte, nel 1153, i Frangipane, più per il tradimento di qualche Terracinese che per la forza dei loro armati, entrarono in città e si impadronirono anche della Rocca Traversa. I papi successivi non potettero o non vollero mettersi contro di loro e, ma la popolazione per nulla contenta di questa dominazione, nel 1202 si rivoltò. La Rocca fu assaltata, ne furono distrutte le difese, furono scacciate le truppe dei tiranni Frangipane, inseguiti fino a Sanfelice e quindi scacciati anche da lì. Da allora i Frangipane a Terracina non misero più piede, malgrado i numerosi tentativi di mediazione di Papa Innocenzo III. La Rocca Traversa divenne il simbolo della lotta comunale per la libertà dai legami feudali. Nel ‘400 una guarnigione pontificia iniziò a dimorare nel Castello e vi rimase fino ai primi anni del secolo XIX. Quando, poi, il maniero venne trasformato in un conservatorio per l'educazione di signorine di buona famiglia fu un brutto colpo, per le gloriose tradizioni militari dell'edificio.