martedì 31 agosto 2021

Il castello di mercoledì 1 settembre



CASTELNUOVO BERARDENGA (SI) - Castello di Cerreto Ciampoli

Oggi sono in pochi a sapere che tra Pievasciata e Pianella, a ridosso del corso dell’Arbia, si conservano i ruderi del Cerrettaccio, un castello posizionato su un altura collinare che domina la Val d’Arbia e una buona porzione del Chianti, lungo una bellissima strada panoramica che si dirige verso il paese di Vagliagli. Siamo nel cuore del Chianti senese, lungo un percorso in mezzo ad un bosco di lecci, quando all’improvviso si apre davanti a noi un arco di pietra: stiamo entrando nell’antico castello di Cerreto Ciampoli che per secoli difese i confini della Repubblica senese in questa zona. Alcuni documenti d’archivio confermano l’esistenza di questo castello già nell’anno 1097 e attestano che la struttura venne poi venduta nel 1142 ad una consorteria locale, poi detta dei Cerretani (da qui il nome del castello). Sappiamo anche che dal 1230 circa vi veniva inviato ogni sei mesi un Podestà Senese ad amministrare la giustizia. Nel 1232, il Cerreto Ciampoli venne espugnato dall’esercito Fiorentino, che successivamente firmò con i Senesi un accordo secondo cui la fortificazione sarebbe dovuta essere destrutturata in breve tempo, cosa che non si realizzò mai. Alla fine del XIII secolo, Siena tornò in possesso di una parte del castello e successivamente, nel 1348, di tutto. Nel 1491, al momento della massima espansione territoriale della Repubblica senese, fu dato incarico a tre grandi tecnici dell’epoca di ricostruire il fortilizio, anche perché la pressione fiorentina ai confini si faceva sempre più forte. Difatti durante la “ Guerra di Siena” 1554/1555 che avrebbe definitivamente sancito la vittoria di Firenze, il castello venne distrutto (scrive il Pecci nel “settecento) e la bellissima torre del cassero quasi certamente abbattuta dai senesi per non consegnarla ai diversi briganti e fuoriusciti che lì potevano trovarvi rifugio (ma se ne individuano ancora facilmente le fondamenta e i grossi spezzoni crollati al suolo e adagiatasi su un fianco costituendo sicuramente uno degli scorci più stupefacenti che la visita al castello può regalarci). Da allora i resti dell’importante Castello sono là, non l’ammasso informe di murature che disegnò il Romagnoli nell’Ottocento, ma testimonianza orgogliosa di 500 anni di gloria, anche la torre con le sue dimensioni ciclopiche (ogni muro è largo 180 cm) pur caduta e spezzata, non si è sbriciolata, a dimostrazione di murature a sacco perfettamente realizzate, e così le alte cortine murarie presenti in più punti . Alcuni particolari (come le feritoie) mostrano l’estrema accuratezza costruttiva e quindi l’importanza del luogo che i restauri del XV secolo non hanno coperto. Ancora oggi analizzando le architetture dell’edificio si evidenzia dopo la sua fondazione una massiva fase di ristrutturazione e di trasformazione del complesso, databile tra il XIV e il XV secolo, in una vera e propria fortezza. I ruderi sono ben visibili, sebbene siano in parte nascosti da una folta vegetazione. Le strutture della fortificazione che caratterizzano le parti superiori degli ambienti mostrano elementi architettonici databili ai secoli centrali del Medioevo. Sono ben identificabili anche tracce di abitazioni, una delle quali doveva avere un soffitto a volta. Parti delle mura perimetrali furono probabilmente rifatte nei secoli centrali del Medioevo, vi è inoltre una seconda cinta di mura su cui si innesta una rampa di scale in pietra realizzata per accedere alla strada intagliata sul piano di roccia lungo il lato nord del complesso. Questo circuito murario doveva avere sul lato nord-ovest una porta di accesso in pietra con arco a tutto sesto e una seconda porta doveva trovarsi sul lato sud-ovest, ma i crolli e la boscaglia non permettono di individuarla con certezza. In questa zona, al di fuori del circuito murario, è presente anche una piccola chiesa di forma rettangolare con un interessante architrave monolitico sulla facciata. A poca distanza dal castello vi era anche una piccola capanna di pietre e legna, situata nelle sponde di un piccolo lago dove viveva da molte generazioni una famiglia di tempestarii “alleati” dell’esercito Senese. Nel Medioevo infatti veniva attribuito un grande potere agli stregoni, che erano ritenuti capaci di controllare alcuni aspetti della natura e di tutto quello che creava il cielo. A livello popolare si credeva che gli stregoni con i loro poteri potessero controllare temporali, vento, fulmini e i tuoni. Si trattava del potere di quelli che venivano appunto chiamati tempestarii. Gli uomini del Medioevo erano soliti pronunciare le parole “Aura levatitia est”, quando sentivano un tuono o vedevano un fulmine, una sorta di formula per contrastare il potere dello stregone che aveva fatto l’incantesimo e aveva così scatenato la tempesta. I tempestarii potevano utilizzare la loro facoltà di avere al loro comando l’atmosfera contro i nemici: potevano anche concentrare la grandine in un unico punto per uccidere il loro nemico. Proprio come accadde durante la battaglia tra Guelfi e Ghibellini per la contesa del castello di Cerreto. Infatti nel 1232 mentre i Fiorentini tentavano di espugnare la rocca vi furono dei tuoni e dei lampi che dettero seguito ad un forte temporale. Questo evento fece fuggire a riparo l’esercito Guelfo, terrorizzato dalla magia creata dai tempestarii alleati dei Ghibellini. Altri link per approfondimento: http://stats-1.archeogr.unisi.it/repetti/includes/pdf/main.php?id=1447, https://andreapagliantini.com/2021/04/27/i-ruderi-del-castello-di-cerreto/ (con varie foto)

Foto: la prima è presa da http://www.sienafree.it/archivio/94411-alla-scoperta-del-castello-del-chianti-con-cerreto-ciampoli-e-i-cerretani, la seconda è del mio amico Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10158283057950345/10153356937190345

Fonti: https://castellitoscani.com/cerreto-ciampoli/, testo di Gabriele Ruffoli su http://www.sienanews.it/in-evidenza/il-castello-di-cerreto-e-i-tempestarii-del-cerretaccio/, testo su https://www.facebook.com/castelberardengo/posts/il-castello-di-cerretoanche-cerretaccio-e-cerreto-ciampolidirettamente-dal-medio/994164521018687/

Il castello di martedì 31 agosto



LATINA - Castello di Conca in frazione Borgo Montello

Borgo Montello (già Conca, Castrum Concharum, nella Selva di Cisterna, Cisterna Neronis) è un attivo centro dalla storia antichissima. Un suggestivo arco introduce ad un impianto urbanistico bassomedioevale su un acrocoro di tufo, luogo ove i briganti per concessione lateranense poterono reclamare il diritto di asilo fino al 1680 quando venne revocato a seguito di un delitto), luogo di prigioni pontificie. Nel piccolo camposanto, anche descritto da Stanislao Nievo e dal poeta Sergio Andreatta, riposano epigoni del lavoro in terra di palude, tra cui il padre di Maria Goretti ed Augusto Imperiali il vincitore del rodeo con Buffalo Bill, e i primi pionieri della bonifica. Antica residenza dei nobili conti Corsini e a seguire dei Conti Mazzoleni, oggi il castello è una residenza privata, con il caratteristico antico Granaio e (ristrutturato e riportato all'antico splendore, oggi sede di una sezione della Protezione Civile della Regione Lazio) con le antiche scuderie (oggi adibite ad abitazioni private) ed altre servitù adibite un tempo per gli usi del centro e le cui mura antiche racchiudono nel centro storico la Chiesa della Santissima Annunziata (XVII secolo) dove Santa Maria Goretti ricevette la Prima Comunione. Altri link per approfondimento: http://www.borghidilatina.it/borgo-montello/foto-storiche.htm, http://www.annalilazio.it/wp-content/uploads/2018/08/GIUGNO-2013_37-51.pdf, https://www.tesoridellazio.it/tesori/latina-lt-fraz-borgo-montello/, http://www.telefree.it/news.php?op=view&stampa=1&id=20519

Fonti: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Lazio/latina/provincia000.htm#borgomont, https://it.wikipedia.org/wiki/Borgo_Montello

Foto: entrambe scattate da me nel mese di agosto di quest'anno

lunedì 30 agosto 2021

Il castello di lunedì 30 agosto



FAVRIA (TO) - Castello dei Marchesi del Monferrato

Il castello, che sorge nel centro del paese, risale al XII secolo e si presenta come un’elegante palazzina con tre torri che ne caratterizzano il profilo con attiguo un parco di oltre 1500 mq con alberi centenari. Appartenne per lungo tempo ai marchesi del Monferrato, svolgendo la funzione di proteggerne il feudo. Nel 1446 Guglielmo VIII del Monferrato provvedette al consolidamento del castello, dando anche impulso allo sviluppo dell'abitato di Favria. La proprietà passò quindi ai Solaro di Govone, che trasformarono il castello in un'elegante residenza con attiguo giardino e parco. Il loro fu uno dei più ragguardevoli casati del Piemonte e si divideva in sei rami detti i marchesi del Borgo, della Chiusa, dei conti di Moretta, di Villanova, di Monasterolo e di Favria. Il castello venne dunque trasformato in una bella villa, con appartamenti arredati da tappezzerie antiche e moderne e quadri che il Bertolotti descrive come ritratti donneschi, forse di dame di qualche famiglia stata feudataria a Favria. Le decorazioni e gli affreschi più moderni, sono dei pittori Vigna e Ferri. Il castello è oggi proprietà privata. Il parco, è descritto dallo scrittore Bertolotti nel volume VII Passeggiate nel Canavese, come “delizioso e con bei colpi di vista rarefatti.” Molta era la selvaggina: si trovavano fagiani e un cervo, quest’ultimo attrattiva e curiosità per i paesi limitrofi. Il Castello nel corso dei secoli ha subito notevoli ampliamenti e modifiche, l'aspetto attuale è il risultato dell'ultimo restauro compiuto nel 1878, per l’opera del Cav. Giovanni Servais, che gli ha dato un'impronta neogotica. Nel restauro si effettuarono delle trasformazioni interne, si aprirono numerose finestre verso l’esterno in modo che gli ambienti potessero ricevere molta luce e si divisero dei locali. Durante questi lavori, a livello delle cantine, venne scoperto un corridoio solo in parte percorribile che rende probabile l’ipotesi dell’esistenza, nel Medioevo, di sotterranei che consentivano agli abitanti, in caso di assedio, di poter fuggire. Anche se non è mai stato verificato concretamente, si dice che ci fosse un collegamento sotterraneo tra il castello di Favria e quelli di Ozegna e Valperga. Il castello presenta un aspetto composito: la facciata principale, settecentesca, è in mattoni a vista ed è abbellita da medaglioni in cotto mentre le due torri cilindriche, probabilmente di origine medievale, sono coronate da una merlatura aggiunta nell'Ottocento, epoca a cui risale anche il rifacimento della massiccia torre neogotica a pianta quadrata, incorniciata da quattro torrette sugli spigoli. La villa, abbassata rispetto all'antico castello, è circondata da un parco ed è unita da una galleria con arco alla chiesa di San Michele, che presenta ancora l'originale campanile romanico.
Altri link suggeriti: https://castlesintheworld.wordpress.com/2015/12/04/castello-di-favria/, https://www.giornalelavoce.it/favria-la-sua-storia-e-una-perla-rara-che-vale-la-pena-di-essere-raccontata-302701, https://www.youtube.com/watch?v=pViTnpr9mFk (video di Fabius Art)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Favria,https://www.comune.favria.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/il-castello-dei-marchesi-del-monferrato-sec-xii-2420-1-62348c4945edc5525fac45a4f2f228a9, https://www.arcase.it/vendita/1052-castello-dei-marchesi-di-monferrato-a-favria.html, https://icfavria.edu.it/wp-content/uploads/sites/155/Il-castello.pdf, http://www.mepiemont.net/paesi/castelli/castelli.asp?cast=65

Foto: la prima è presa da https://www.quotidianocanavese.it/politica/favria-il-castello-dei-marchesi-del-monferrato-in-vendita-un-simbolo-per-il-paese-24321, la seconda è presa da https://www.ilmeteo.it/foto/Favria/id/4907319560

domenica 29 agosto 2021

Il castello di domenica 29 agosto




PALESTRINA (RM) - Triangolo Barberini

Appena fuori le porte della città di Palestrina si trova un particolare complesso di edifici, conosciuto come i Casini Prati, costruito dai Barberini alla metà del Seicento, uno dei quali con la caratteristica forma a Triangolo. Si tratta del casino di caccia che i Barberini vollero nel feudo prenestino, con diversi corpi di fabbrica per assolvere i molteplici usi, residenziale, agricolo, con anche una piccola chiesetta dedicata a San Filippo Neri e, nel centro, fulcro del giardino esagonale, il famoso Triangolo, un unicum architettonico. I Barberini vennero in possesso dell’area, che si trova lungo la strada dell’Olmata, nel 1630, quando acquistarono tutto il feudo prenestino dai Colonna. A causa dello smarrimento dei documenti inerenti il manufatto durante la Seconda Guerra Mondiale, non si hanno dati certi circa l'anno di inizio dei lavori di costruzione. Forse il 1653, anno delle nozze di Maffeo Barberini con Olimpia Giustiniani, sul portale d'ingresso alla proprietà proprietà compare, infatti, uno stemma araldico comprendente la "torre" Giustiniani e le "api" Barberini (a suo tempo trafugato e sostituito da una copia nel restauro dell'arco del 1969-75). Tradizionalmente la costruzione dell’edificio è attribuita all’architetto Francesco Contini, architetto di casa Barberini, già impegnato per i principi con alcune importanti costruzioni della città. Il Triangolo, posto in un'area di m. 242 x 206 assieme a tre edifici, collegati simmetricamente da muri che formano due cortili interni, di cui uno centrale e ai due lati la suddetta chiesetta ed un magazzino, è collocato esattamente nel punto d'incontro degli assi del rettangolo complessivo. Il Triangolo è un trionfo della geometria e del calcolo. La pianta dell'edificio è rappresentata da un triangolo equilatero, di circa 20 metri di lato, che si sviluppa in tre livelli (terra, mezzano, primo piano). Vi è, inoltre, un piano interrato ove erano situate le cucine come testimoniano un forno ed una cappa semicircolare. Per ciascun livello la pianta triangolare ospita un vasto ambiente esagonale al centro e forma, negli spazi di risulta, tre piccoli ambienti triangolari ( stanze e vano-scala). Alcuni elementi di arredo sono scomparsi. L'ultima sala esagonale "buca" il soffitto, esce all'aperto in una specie di torretta-altana che lascia spazio ad altre tre terrazze triangolari su due spigoli delle quali prendono posto due statue di guardiani a mezzo busto. La scala che raccorda i piani si trasforma in chiocciola nell'altana centrale e sale alla terrazza esagonale dove, all'uscita, si incontra con altre due cariatidi-gendarme, inquietanti figure in muratura, mezzi uomini, a difesa dell'edificio. Quattro statue in totale guardano in direzioni opposte per garantire la sorveglianza simbolica su tutti i lati del palazzo. Il piano nobile e l'altana presentano alle pareti tracce di affreschi e stucchi con motivi floreali oramai in pessimo stato di conservazione. La forma volumetrica dell'edificio si presenta, quindi, come un prisma a base triangolare in cui è inserito un prisma esagonale che esce di un piano formando una sorta di torretta di guardia. La perfetta geometria dell’architettura, condiziona anche l’esterno, definendo la struttura del giardino dove, gli alberi da frutto erano disposti secondo filari che ripropongono triangoli a formare poi, ancora una volta, un esagono. Vi erano poi sei viali secondari ed un ampio viale principale alberato convergenti verso il Triangolo, oltre a simmetriche aiuole di piante ornamentali. Particolare è la sensazione che questo edificio suscita nell’osservatore, infatti, costeggiando il Triangolo, secondo il punto di vista dal quale l’edificio viene osservato, si ha l’impressione che questo tenda a ruotare, contribuendo a confondere lo spettatore risucchiandolo in un vortice che provoca smarrimento. Sorpresa, stupore e sconcerto derivano anche dal tentativo di interpretare l’edificio, poiché questo, di volta in volta ci restituisce un’immagine diversa: un complesso a scopo difensivo, una residenza agricola, un casino di caccia o ancora, una residenza extraurbana dove poter godere della tranquillità. L'aspetto inquietante dell'edificio ha alimentato nei secoli leggende e superstizioni che ne hanno accresciuto il fascino. C'è chi giura di aver visto, passeggiando nel giardino sotto il palazzo, l'altana ruotare in senso antiorario, di aver visto muoversi i gendarmi di guardia e di essere rimasto in preda ad una misteriosa sensazione di smarrimento e vertigine. Qualcuno ha avvertito delle "presenze"', ha udito rumori sinistri, cigolii, ombre, anime dannate, fantasmi. C'è chi giura sulla presenza del diavolo, chi ha visto animali terrorizzati, chi è stato rincorso da qualcosa o da qualcuno. Pare che si avvertano anche strani odori. Suggestione o realtà? Certo è che il Contini voleva stupire ed inquietare e, influenzato dalle ricerche del più geniale architetto dell'epoca, Francesco Borromini, personalità travagliata ideatore di un'architettura sconcertante e innovativa improntata ad una complessa simbologia occulta a supporto di messaggi esoterici, forse ha voluto percorrere la medesima ricerca stilistica. Messaggi esoterici sono nascosti nei triangoli che rappresentano nel pensiero massonico fuoco, acqua, terra e aria a seconda di come sono orientati. Il numero tre è il numero del cielo ed indica le fasi dell'evoluzione mistica: purificazione, illuminazione, congiunzione con Dio. I triangoli, indicati come richiamo alle api Barberini, non rappresenterebbero, quindi, solo la simbologia araldica, ma anche un sottile gioco intellettuale ispirato ad una tradizione ermetica tipica del linguaggio barocco. Data l'unicità di quest'opera architettonica, che attualmente versa in condizioni di estremo degrado, sarebbe auspicabile un suo adeguato restauro. Altri link proposti: https://www.youtube.com/watch?v=sz9wrGOWqUc (video di Stefano Palmieri), http://baroqueart.museumwnf.org/database_item.php?id=monument;BAR;it;Mon13;21;it, https://www.youtube.com/watch?v=kquIvKQCyPk (video di laura canese), https://www.youtube.com/watch?v=gTMa4Um525E (video di DXLive Drone Creative Ariel)

Fonti: https://www.spazioarticolonove.com/2017/06/28/il-triangolo-barberini-il-misterioso-edificio-alle-porte-di-palestrina/, https://www.lacicala.org/2017/10/13/cultura/triangolo-barberini-presenze-occulte-geometriche-simbologie/285, https://www.angelopinci.it/il-triangolo-barberini-un-sontuoso-palazzino-seicentesco/, https://montiprenestini.info/il-triangolo-barberini-storie-di-fantasmi-e-misteri/

Foto: la prima è della mia amica Daniela Marchini, mentre le atre tre sono state scattate dal sottoscritto in occasione della visita odierna al monumento

sabato 7 agosto 2021

Buone vacanze !!

 

Amici del blog e amanti dei castelli, mi fermo per alcune settimane, sperando che durante le mie ferie avrò modo di visitare qualche castello e trovare nuove cartoline per la mia collezione. Ci vediamo a fine agosto :-)

venerdì 6 agosto 2021

Il castello di venerdì 6 agosto

 

                                        


PIENZA (SI) - Torre del cassero e cinta muraria in frazione Monticchiello

Le origini di Monticchiello borgo medievale si perdono nel tempo. Se volessimo ritenerlo di origine romana si potrebbe ipotizzare la sua appartenenza alla Gens Cloelia, facendo derivare il nome Monticchiello dal latino Mons Cloelii. Certo è che Monticchiello è compreso nell’elenco di castelli che nel 943 Lamberto Aldobrandeschi cedette alla Badìa Amiatina. Nel 1156 fu donato a Papa Adriano IV in feudo dal Conte Paltonieri. Nonostante il nome di questo castello fosse presente in documenti così antichi, la storia di Monticchiello iniziò ad acquistare importanza solamente a partire dal XIII secolo, quando la popolazione, stanca per la cattiva amministrazione del potere da parte dei Cavalieri Teutonici, che avevano ottenuto il castello in feudo dalla Chiesa di Roma per le benemerenze acquisite nella difesa dei luoghi santi, decise di appoggiarsi alla Repubblica di Siena, diventando suo fedelissima alleata. Il primo documento relativo al libero Comune di Monticchiello reca la data 1243. Da questo momento iniziò il periodo più fiorente e glorioso della storia di questo castello: fu terminata la costruzione del Cassero, delle mura e della Chiesa; si svilupparono l’artigianato e il commercio; migliorò l’agricoltura; aumentò la popolazione e maturarono il senso comunitario e la coscienza civica. Il Comune si diede statuti in lingua volgare e il popolo prese parte attivamente alla vita politica facendo sentire la sua voce attraverso il “Consiglio di uno per famiglia”. La guerra franco-spagnola scoppiata verso la metà del 1500 segnò la fine della storia gloriosa di questo castello, che il 15 Agosto 1559 si consegnò a Francesco da Montaguto, inviato plenipotenziario del Duca Cosimo De’ Medici, dopo aver sostenuto valorosamente un duro assedio. Seguì a questa resa un periodo di forte decadenza: commercio e artigianato ristagnavano; nelle campagne si instaurò poco a poco il sistema mezzadrile; le strutture del Comune si logorarono senza rinnovarsi finchè il 26 Giugno 1778 il Granduca Pietro Leopoldo decretò la fine del Comune di Monticchiello che venne posto sotto la giurisdizione del Comune di Pienza. Il castello, o meglio borgo murato, di Monticchiello, già feudo della famiglia locale dei Lambardi, fu massicciamente fortificato dai Senesi sul finire del XIII secolo, quando divenne un'importante piazzaforte di frontiera. Monticchiello era il caposaldo dell'organizzazione difensiva posto sul confine orientale del contado senese e per questo fu nel corso dei secoli al centro di numerosi eventi bellici come assalti, distruzioni e occupazioni. Nel 1229-35 fu distrutto dagli Orvietani, fu occupato due volte sul finire del '300 prima dai fiorentini e poi dai montepulcianesi e subì altre gravissime devastazioni nel 1553, trovatosi nel bel mezzo dell'avanzata dell'esercito imperiale durante la "guerra di Siena".Tutto il sistema delle fortificazioni faceva capo alla Rocca posta nel punto più alto della collina ove sorge il borgo. Di essa, eretta nel 1260, resta essenzialmente solo il possente cassero Senese (proprietà privata, della scultrice finlandese Elia Hiltunen - non visitabile) con mura scarpate e dotato di apparato a sporgere su beccatelli in pietra (parzialmente integro), cui si raccordavano le mura. Quest'ultime, per gran parte conservate, erano dotate di camminamento di ronda sorretto da beccatelli in pietra e intervallate da torri di varie dimensioni, sette delle quali sono ancora integre, cinque di forma quadrata e due rotonde con redondone e scarpatura che fiancheggiano l'unica porta di accesso carrabile al paese (Porta S.Agata), con bell'arco sestiacuto. Altre postierle si trovano lungo il perimetro murario. Anche il borgo all'interno delle fortificazioni ha mantenuto fortemente intatte le sue caratteristiche medievali e passeggiando per le sue strette viuzze si può ancora respirare la storia. Altri link proposti: http://www.pienza.org/monticchiello_it.html, http://www.travelingintuscany.com/italiaans/monticchiello.htm,https://www.stamptoscana.it/monticchiello-la-torre-del-cassero-diventa-pubblica/, https://youtu.be/wONgUhVuc_E (video di La casa di Adelina), https://www.youtube.com/watch?v=R_NM8NIIDeQ (video di Claudio Mortini), https://www.youtube.com/watch?v=EA_wT2_nBGg (video con drone di Max Taverna)

Fonti: https://teatropovero.it/monticchiello/, http://www.castellodispedaletto.it/pagine/I/cosa-fare/art000032/Visitare-Monticchiello, https://castellitoscani.com/monticchiello/

Foto: la prima è presa da https://www.romolini.com/stampa/stampa_it.php?id=126, la seconda è presa da http://www.castellodispedaletto.it/pagine/I/cosa-fare/art000032/Visitare-Monticchiello; infine, la terza è presa da http://monticchiello.org/wp-content/uploads/2014/09/IMG_1604.jpg

giovedì 5 agosto 2021

Il castello di giovedì 5 agosto



MURAZZANO (CN) - Torre

Murazzano negli antichi documenti è detto in latino Mulatianum e Mulassano in volgare. La desinenza latina testimonia quasi certamente la sua origine da un “Fundus Munatianum” istituito dai Romani verso il 173 a. C. quando riuscirono ad assoggettare i Liguri, popolazione d’indole particolarmente fiera dove “ogni uomo combatteva come un leone e ogni donna come un uomo” (Tacito 42 – 4). Verso il 900 subì le scorrerie dei Saraceni e Murazzano è nominato per la prima volta, proprio in questo periodo, nel famoso diploma di Ottone I del 967 il quale passando per le Langhe lasciò la zona “sine tributo” vista la desolazione causata da queste scorrerie. In seguito, Murazzano fece parte della Marca Aleramica ed è nominato per la seconda volta in un atto del 1143 stipulato tra i figli di Bonifacio del Vasto. Nel 1210 passò sotto i Marchesi di Saluzzo fino al 1463 quando fu acquistato dai Savoia. Nell’atto fu definito “Clypeum et clavis patri? pedemontan?” per la sua posizione strategica. Per una serie di circostanze i Savoia ne vennero in possesso solo nel 1625 e da allora visse le vicende del Piemonte. Durante il periodo Napoleonico, fu incendiata la sacrestia del santuario (1799) e nel 1800 fu distrutto il castello. Nella parte più elevata del concentrico di Murazzano, in una piacevole area di verde pubblico, sorge l’alta torre maestra, emblema del paese. La torre quadrata è alta 33 metri, con lato di lunghezza 5,5 metri e muratura di base spessa mt. 1,50. Non ha fondamenta, ma poggia direttamente sulla marna. Le sue murature sono realizzate in pietra a vista, con spigoli perfettamente squadrati. Così ne riferisce Enrico Adami (Murazzano e la sua Langa, 1976): «… Salendo con una scala appoggiata all’esterno alla porta della torre, si trova un vasto camerone, sostenuto e coperto da due robuste volte: al centro di quella che è al livello d’entrata si apre una botola sopra un gran vano, che ha per pavimento il tufo [marna] del colle ed è privo di aperture: evidentemente una spaventosa prigione. Nell’altra volta c’è un’apertura laterale, attraverso alla quale si snoda la scala di legno che porta alla sommità della torre, ove vi è un’altra volta ed una cella costruita nel 1927, al piano della merlatura e delle caditoie …». La sua costruzione è legata a quella del castello di cui era il mastio (sec. XIII). Era l’opera più forte e più sicura di tutto il sistema di difesa e come ultimo rifugio. Il maniero è attestato nel 1222 («actum in castro Mulazzani»), ma già compare nell’incerto documento della divisione ereditaria tra i figli del marchese aleramico Bonifacio del Vasto, forse rogato nel 1142. Il medievale castello scomparso è appartenuto ad un ramo dei marchesi di Saluzzo, dal 1463 e poi definitivamente dal 1487 ai duchi di Savoia. La torre era collegata al castello da una passerella, a sette metri dalla base, dove ancora adesso si trova la porta d’ingresso per salire sulla sua sommità. Di proprietà comunale, è stata restaurata nel 2003 nell’interno e all’esterno; riparata la merlatura, dotata di nuove e più sicure scale, offre, a chi lo desidera, l’occasione di salirvi in cima per ammirare un panorama straordinario ed unico.Altri link suggeriti: http://www.turismoinlanga.it/it/torre-di-murazzano/, https://www.centrostudibeppefenoglio.it/it/articolo/9-11-855/arte/architettura/torre-di-murazzano, https://www.facebook.com/obiettivocomunemurazzano/videos/murazzano-torre-medievale-apertaorari-1000-1300-1500-1800veniteci-a-trovare-torr/2273763326197629/ (video), https://www.youtube.com/watch?v=mfDebuzu_S8 (video di Eats&Travels), https://www.youtube.com/watch?v=uJmjPPMcVss (video di Borghi d'Italia)

Fonti: http://www.comune.murazzano.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDDettaglio=33232, http://www.comune.murazzano.cn.it/Home/Guida-al-paese?IDPagina=33200, https://www.turris-piemonte.it/torre-di-murazzano/

Foto: la prima è presa da http://www.girolando.it/it/itinerari-in-italia-piemonte-le-langhe/murazzano, la seconda è di F Ceragioli su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Murazzano_torre.jpg

mercoledì 4 agosto 2021

Il castello di mercoledì 4 agosto



BOLZANO - Castello Campegno

Probabilmente la costruzione del castello risale al 1200, anche se non ci sono giunte molte informazioni sui primi proprietari. Nel 1325 divenne di proprietà del monastero benedettino di Sonnenburg in Val Pusteria. Seguirono poi varie famiglie nobili come i Lichtenstein nel XV secolo, i Martesch nel XVI secolo e i von Kuepach dal 1599 al 1801. Nel 1896 fu acquistato da Johann Weithaas che attuò dei profondi restauri e gli conferì l'aspetto attuale. Dopo la seconda guerra mondiale divenne di proprietà del giornalista Dr. Felix Gasbarra che continuò l'opera di recupero. Oggi il castello è una dimora privata e non è visitabile. Il nucleo del castello è costituito dal mastio quadrato trecentesco con a sinistra il palazzo residenziale e a destra la cappella. Il tutto è racchiuso da una bassa cinta muraria. Il palazzo ha uno stile rinascimentale che si può identificare anche nel portale e nelle torrette angolari. È raggiungibile seguendo la strada che parte dalla stazione a valle della Funivia del Colle e si trova di fronte a Castel Cornedo dall'altra parte della Val d'Ega.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Campegno, https://www.visititaly.it/info/953374-castello-campegno-bolzano.aspx, https://www.sentres.com/it/castel-campegno

Foto: la prima è di Fernando Gardini su http://fernandogardini.blogspot.com/2021/03/normal-0-14-false-false-false-it-x-none.html, la seconda è presa da https://it.worldorgs.com/Catalogare/bolzano/attrazione-turistica/castel-campegno

lunedì 2 agosto 2021

Il castello di martedì 3 agosto


PERUGIA - Il Palazzetto in frazione Ponte Pattoli

L’antico palazzo che domina la sottostante valle, sorge alle falde del colle Burale vicino alle rive del Tevere e del fosso delle Tassinare, comunemente chiamato fosso della Molinella perché vi era un mulino vicino. Il castello costruito ai lati di una torre di avvistamento del secolo XII venne in seguito ampliato nel Settecento nello stile dell’epoca con un interno provvisto di un ampio ingresso ed elegante scala. In seguito la torre che si eleva al centro del palazzo fu abbassata, anche l’edificio fu abbassato negli anni 1930-31 e la torre è diventata una bella ed ampia loggetta. Tra il XV e XVI secolo il Palazzetto fu rifugio di fuoriusciti e teatro di intrighi e lotte di potere. In questo palazzo si ordì la congiura di Carlo Oddo Baglioni contro Astorre, che si era sposato con Lavinia Orsini-Colonna. Carlo Oddo Baglioni fu uomo di grande forza ed animo, che incuteva terrore, era anche detto Barciglia per la sua figura lunga, curva che lo faceva assomigliare ad uno strano animale, un barciglione appunto (storpiatura dialettale del Porciglione). I congiurati, dei quali facevano parte lo stesso Barciglia, Berardo della Corgna, Filippo il bastardo, si trovarono insieme al “Palazzetto” per definire il piano e fu deciso di sorprendere gli avversari nella notte. Il 15 agosto la congiura ebbe il suo epilogo, nel sonno vennero uccisi Astorre, che la consorte tentò invano di proteggere, Guido Simonetta e Gismondo, mentre Giampaolo si calò da una finestra e riparò a Marsciano, dove riunì le truppe e risalì verso Perugia per compiere, senza alcuna pietà la vendetta; con le truppe avute da Torgiano mosse alla volta di Ponte Pattoli mettendolo a ferro e fuoco, ne smantellò le mura, distrusse anche il raccolto mise definitivamente in fuga il Barciglia con tutti i suoi alleati ma con l’amarezza di non aver vendicato la strage subita, dove vi trovarono la morte molti suoi parenti. Ancora oggi nel Palazzo sono esistenti le antiche carceri e si parla che durante i restauri furono trovati trabocchetti per ospiti indesiderati e la tradizione orale ci parla di delitti consumati fra quelle mura. Non è certo se il Palazzetto si debba identificare con la “casina della torre” di Laura della Corgna, dove la nobile e dotta donna ospitò il cardinale Carlo Borromeo nel suo soggiorno a Ponte Pattoli, anche se diverse fonti lo facciano pensare, i proprietari hanno sempre affermato che il cardinale fu ospitato lì, anche se non esiste in merito una documentazione probante. Secondo i documenti il Cardinale fu ospite del Capitano Pecci, e ricevuto dai signori della Carogna (Corgna), allora proprietari della “Casina di donna Laura della Corgna“. Il Cardinale passava di lì proveniente da Casalina, dove era ospite dei Benedettini, e diretto alla Verna. Vicino al castello i conti Oddi, proprietari di vasti terreni nella parrocchia di Ponte Pattoli, fecero costruire nel 1763 un oratorio dedicato a San Giuseppe, dove il 19 marzo di ogni anno la popolazione si recava a venerare il santo patrono. La parte ovest del castello venne restaurata nel 1855 dai marchesi Guglielmi: al lato sud, sopra l’antico ingresso vi è ancora lo stemma gentilizio del nobile casato, in cotto, con al centro raffigurato un obelisco. Dal 1908 il castello è di proprietà dei signori Mignini. Attualmente è di proprietà dei Pucciarini Soliera. Nel 1868 presso il “Palazzetto“, furono fuse le campane del campanile di Ponte Pattoli e più precisamente al fosso della Molinella detto anche fosso delle Tassinare, ove oltre che il molino vi era anche una efficientissima fornace.

Fonte: https://www.iluoghidelsilenzio.it/il-palazzetto-ponte-pattoli-pg/, da cui sono prese anche le due foto in cima al testo

Il castello di lunedì 2 agosto



FIUMEFREDDO BRUZIO (CS) - Torre dei Ponzo

Situata nella zona più interna di Fiumefreddo Bruzio, la Torre dei Ponzo (1566) oggi ha sicuramente il merito di far scoprire una parte del territorio che il turista normalmente non visiterebbe mai. Posta a metà strada tra Santa Serra ed il Rione la Pietra, essa si erge maestosa nella fitta e inaccessibile vegetazione della zona denominata “a Turra”. Per arrivare fino all’ingresso della torre si deve camminare a piedi facendosi strada con non poche difficoltà in una vecchia via mulattiera. Collocata a circa 300 metri sul livello del mare la costruzione domina sulla sua sinistra il Rione La Pietra, mentre frontalmente la veduta spazia nella vallata del fiume Vardano. Alle sue spalle si scorgono le case della vasta frazione di San Biase con il Monte Cocuzzo. Come spesso accadeva, la scelta del luogo per elevare le fortificazioni era legato a strutture preesistenti, nel caso della torre fu costruita su un vecchio villaggio di cui oggi purtroppo non si ha più notizia. Costruita durante la dominazione Aragonese la torre era classificata come Torre Guardiale, serviva cioè a segnalare il pericolo alle altre torri. La sua edificazione è documentata su un'imponente lastra marmorea collocata inizialmente sulla porta d'ingresso della torre e che ora giace dimenticata a terra nei pressi della torre stessa. Secondo alcune ricostruzioni pare che un tempo l'ingresso fosse sistemato più in alto rispetto a quello attuale. Per la precisione al primo piano della torre, dove si accedeva tramite una scala terminante con un ponte levatoio. Alla guarnigione vi erano normalmente due torrieri, di solito erano le persone del luogo a diventare “torrieri” ad un’età variabile dai 15 ai 60 anni. Il loro compito era quello di dare l'allarme in caso di incursioni, in modo da avvertire per tempo con un segnale di pericolo la popolazione del luogo e diramando il segnale anche alle torri vicine, attraverso sistemi diversi che prevedevano il suono delle campane, segnali di fumo, fuochi accesi sulla sommità della torre ecc. La torre viene menzionata anche nel libro Memoria Storica di Don Antonio Rotondo, in particolare viene raccontato di come la guarnigione della torre provò a fare resistenza alle truppe Napoleoniche arrendendosi per ultima all'occupazione francese. L'autore del libro ha abbozzato anche un disegno che dà l’idea di com’era la torre prima dell’arrivo dei francesi. Alla fine dell'800 la struttura venne danneggiata e resa pericolante per via delle continue scosse di terremoto. I proprietari quindi la demolirono per metà (ribassandola di circa 60 palmi) e la modificarono in civile abitazione tanto da rimanere alloggio di alcune famiglie fino agli anni '60.

Fonti: https://www.fondoambiente.it/luoghi/torre-dei-ponzo-fiumefreddo-bruzio, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Calabria/cosenza/provincia000.htm#fiumefredpon

Foto: entrambe prese da https://www.fondoambiente.it/luoghi/torre-dei-ponzo-fiumefreddo-bruzio (la prima è di Viverefiumefreddo.it)

domenica 1 agosto 2021

Il castello di domenica 1 agosto



COLLOREDO DI MONTALBANO (UD) - Torre in frazione Mels

In località Mels, nel comune di Colloredo di Monte Albano, sono visibili i resti di un castello, costruito in epoca antica su un colle sopra l’abitato e dato in feudo dal conte del Tirolo, rappresentante dell'imperatore Corrado II, alla famiglia dei Walsee. Ad esso sono legati i fasti di questa gloriosa famiglia dalla quale derivarono i rami Mels-Colloredo, Mels-Prodolone e Mels-Albana. Secondo il testamento scritto nel 1303 da Guglielmo di Mels, durante la discesa a Roma di Corrado II il Salico imperatore (Spira, 990 circa – Utrecht, 4 giugno 1039) per essere incoronato imperatore (27 marzo 1027), questi fu seguito dai fratelli della famiglia sveva dei Walsee (italianizzati in Valsa) Enrico e Eliobordo o Liabordo o Liobordo. Il primo ritornò in Germania mentre il secondo fu investito di questi territori. Il maniero fu costruito tra il 1027 e il 1045 e il primo documento che lo cita è un atto di donazione di Romano di Piligrino di Cividale a Emma figlia del fu Duringo di Mels datato 15 giugno 1126. Il castello di Mels fu incendiato 27 marzo 1262, ma se ne ignorano i motivi. Tuttavia, dopo poco tempo venne portato in piena efficienza e divenne oggetto della spartizione dei tre figli di Duringo II: Enrico, che ebbe Mels, reinvestito di questo suo feudo dal patriarca nel 1275; Anzuto, che ebbe Prodolone; e Glizoio che ebbe Venzone, che però il figlio Guglielmo cedette il 19 febbraio 1288 per contrasti con il Patriarca e con i proventi costruì un castello a Colloredo, che diede vita al ramo Colloredo-Mels. I Mels si allearono con il Patriarca contro i da Camino. Il 25 maggio 1315 i Mels parteciparono alla lega formata dagli Udinesi, i Gemonesi e da altri feudatari contro il conte Enrico di Gorizia. Questi si mise in testa a 500 armati e il 19 giugno prese il castello di Susans e il 25 quello di Colloredo e li fece distruggere. Prese anche Mels il 18 luglio, che venne restituito al conte di Buja. Nella seduta del Parlamento friulano del 4 luglio 1335, presieduta dal Patriarca Bertrando di San Genesio, venne deliberato, per far fronte alle minacce di Rizzardo da Camino, di dividere la Patria in quintieri. Mels entrò a far parte del terzo, nel territorio guidato da Udine, compreso tra il Torre, lo Judrio, la Stradalta, il Tagliamento e, a Nord, fino alla ideale linea passante per San Daniele e Colloredo. Il 5 marzo 1352 siccome degli abitatori del castello di Mels, che erano Duringo, figlio di Bosso, e i fratelli di Bosso, avevano preso parte alla congiura per l’uccisione del Patriarca Bertrando di San Genesio, il nuovo patriarca Nicolò I di Lussemburgo nella sua spietata vendetta, fece distruggere la loro parte del castello. L'edificio, rovinato, rimase in feudo agli altri familiari e aveva giurisdizione sulle ville di Mels, Melesons e San Salvatore. La famiglia aveva larghi mezzi e moltissime proprietà, tanto che un atto del 31 luglio 1365, da parte di Enrico fu Bernardo di Colloredo ai fratelli Glizoio e Giacomo di Mels riporta come parte del castello fu venduta per 4000 marche, assieme a beni presenti in 44 ville. Il castello fu ripristinato ma nel 1366 venne abbandonato dai suoi feudatari, che pur mantenendo la giurisdizione si trasferirono in quello di Prodolone, dando vita a quel ramo della famiglia. Nel 1389 fu dato ordine dal Vicario generale di Aquileia al clero che in ogni messa celebrata solenne celebrata durante le feste venisse annunciata la scomunica di Wolrico di Mels “… siccome membro del diavolo”. Sentenza forse però dettata da motivi politici. Negli anni seguenti il castello fu oggetto di successione come bene ma non fu più sede di residenza. Nel 1567 Girolamo di Porcia lo considera distrutto, ma probabilmente era solo diroccato, se l’11 agosto 1766 il luogotenente Alvise Mocenigo ordinò di ottemperare alla sua demolizione. Ciò che resta dell'intero fortilizio, lascia supporre un castello a pianta quadrangolare, difeso da una muraglia merlata, da una torre e cinto da tre terrazzature in concomitanza delle quali si apprezzano abitazioni trecentesche costruite a rinforzo della cortina. Oggi rimane di esso una torre, soprannominata “la torate” (torraccia), risalente al XII secolo, su cui si possono vedere i segni di vari restauri. La forma è quasi quadrata e risulta mozza a circa 15 metri di altezza. Il muro ha uno spessore di 1,4 m. La torre sorge sul limite nord del rilievo pianeggiante, sul percorso di quella che era la muraglia interna al castello, con la quale formava una comune linea di sbarramento. Sul versante settentrionale aveva un poggiolo con mensole sagomate. E' stata ricostruita parzialmente, in séguito ai danni sofferti nei terremoti del 1976, con le originali pietre nel 1995 a cura della Amministrazione Comunale di Colloredo di Monte Albano. La chiesa di Sant’Andrea, posta accanto alla torre, risalirebbe all’XI secolo, se si fa fede ad un documento del secolo XVI dove si trova scritto che fu consacrata nel 1056. Nel corso dei secoli il piccolo edificio culturale subì momenti di degrado ed abbandono, altri di restauro ed arricchimento. Nel 1597, la chiesa venne dotata della Pala dell’altare, attualmente nella chiesa parrocchiale di Ognissanti. Altri link proposti: https://www.turismofvg.it/monumenti-religiosi/torre-e-chiesetta-di-sant-andrea-di-mels, https://www.youtube.com/watch?v=hVm0H0yH4HM (video di mariutine sanvit)

Fonti: https://www.archeocartafvg.it/portfolio-articoli/colloredo-di-monte-albano-ud-torre-del-castello-di-mels/, https://consorziocastelli.it/icastelli/udine/mels, http://www.comune.colloredodimontealbano.ud.it/territorio/monumenti-e-arte

Foto: la prima è di Alessandro Plazzogna su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/88335/view, la seconda è presa da https://consorziocastelli.it/icastelli/udine/mels