lunedì 29 febbraio 2016

Il castello di lunedì 29 febbraio






MONTERADO (AN) – Castello

Il 13 luglio 1267 nacque il paese di Monterado; il priore di Fonte Avellana, San Albertino degli Ubaldini, diede la possibilità agli abitanti di Fractula (Francavilla di Castel Colonna) di insidiare la collina di Monterado con la costruzione di un castello. Nel 1285 i Malatesta iniziarono a governare, e la loro giurisdizione durò fino al 1462, quando successero i Della Rovere con il Commissariato Ducale di Tomba e poi nel Ducato di Urbino fino al 1631, per passare sotto la legazione pontificia di Urbino ed ancora sotto quella di Pesaro. I gesuiti del Collegio Germanico di Roma nel 1742 costruirono il "Palazzo di Monterado", e per attuare questo furono costretti a demolire tutte le case dell'antico borgo; si salvarono solamente le mura malatestiane, ancora visibili. Nel 1810 il palazzo e tutti i 54 poderi di proprietà del Collegio passarono in proprietà - come "Appannaggio" - ad Eugenio Beauharnais, Viceré d'Italia e figliastro di Napoleone Bonaparte. Dopo il 1814 rimasero in proprietà allo stesso Eugenio ed ai suoi eredi e, fino al 1844, fecero parte dell' "Appannaggio Leuctemberg". Il centro del paese si trova nella piazzetta dove confluiscono le vite e le vicende degli abitanti; il fiume Cesano attraversa campagne, colline e boschi segnando il verde paesaggio dominato dall'alto dal castello. L'eremo di Santa Croce di Fonte Avellana un tempo controllava il borgo ed amministrava terre, contadini, braccianti agricoli ed artigiani; nel 1500 tutti i beni passarono ai gesuiti che con l'enorme ricchezza cominciarono a costruire il castello senza risparmiare nulla, facendolo progettare da Luigi Vanvitelli attorno alla metà del Settecento, sulle fondamenta di un’antica pieve dei monaci avellaniti dell’anno 1000. Il viceré d'Italia Eugenio di Beauharnais nel 1810 ne ricevette l'appannaggio e suo figlio Massimiliano, principe di Eichstatt, nel 1824 lo trasformò in una residenza principesca. Fu riscattato successivamente dal papato aiutato soprattutto dai nobili romani, e dopo alternanti vicissitudini fu acquistato dal conte Cerasi e quindi, dopo averne preso in affitto i poderi, Alessandro Cinciari riuscì a diventarne proprietario comperandolo dalla baronessa Lardinelli Incalzi. Nella sua attuale forma il castello conserva gran parte del progetto vanvitelliano. Di particolare interesse la piccola chiesa interna dove si possono ancora celebrare matrimoni e altre funzioni religiose. Ben conservati anche gli affreschi ottocenteschi di Corrado Corradi, commissionati dal principe Massimiliano di Beauharnais. Intorno al castello si stende il bosco di pini, quercie secolari, allori e viburni, fatto piantare dal Conte Cerasi nel 1846. Sono sette ettari di parco nel quale suggestivi sentieri ombreggiati invitano a godere della tranquillità del luogo e delle passeggiate nella natura viva. Il giardino, tipico giardino all’italiana, profumato dalle rose e dalle altre aiuole fiorite, è ombreggiato da giganteschi cedri del libano. Attualmente l’edificio è adibito a lussuosa struttura ricettiva.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Monterado#Il_castello, http://www.castellodimonterado.it/residenza-storica/storia-del-castello (sito ufficiale),

Foto: la prima è presa da http://www.cipiua.it/portfolio/la-cantina-del-castello/, mentre la seconda da http://www.castellodimonterado.it/fotogallery_matrimoni/fotografie/a1.jpg

domenica 28 febbraio 2016

Il castello di domenica 28 febbraio






SAN POLO D’ENZA (RE) – Rocca

In età romana, a seguito dell’affermarsi della importante direttrice viaria che collegava l’ insediamento di Brescello con Taneto e la val d’Enza, si assistette ad una notevole diffusione di insediamenti sparsi, prevalentemente costituiti da fattorie agricole ed anche piccole formazioni urbane, come ad esempio la cittadina gallo-romana di Luceria, situata a breve distanza a sud di San Polo. Questa stessa “direttrice” mantenne importanza anche durante l’Alto Medioevo, periodo durante il quale il territorio fu frequentato da popolazioni barbariche e si affermò in zona la cosiddetta “ feudalità canossana”, che a cavallo del X-XI sec. diede origine al poderoso apparato strategico difensivo che faceva capo alla contessa “Matilde di Toscana” e di cui San Polo costituì un importante avamposto nella val d’Enza. La collocazione dell’abitato di San Polo allo sbocco della montagna nella pianura padana ne faceva infatti un fondamentale snodo strategico lungo la percorrenza che raccordava tra loro il vicino castello di Canossa con Parma ed i vasti territori di pianura: conseguentemente sin dal IX secolo vi fu eretto un importante castello che presidiava il guado sul torrente Enza. Tutti gli storici concordano nell'affermare che l'imperatore Enrico IV sostò presso il castello di San Polo nell'ottobre del 1092 prima dello scontro con le truppe della contessa Matilde. Nel 1070 il territorio passò dalle mani della Chiesa di Reggio Emilia al dominio del duca di Toscana Bonifacio III di Canossa, poi ai Visconti, agli Estensi e, nel 1633 ai Gherardini di Montagliari sino all'eliminazione dei diritti feudali con il regime napoleonico. Del passaggio dei Gherardini, che hanno governato per il numero maggiore di anni, le testimonianze storiche sono ampie (si deve a loro anche la costruzione della rocca nell'attuale configurazione e la torre dell'orologio). Lo stesso marchese Gian Francesco Gherardini venne chiamato per breve tempo a fare il primo cittadino della città al momento dell'unità d'Italia (il loro stemma è l'unico assente dal blasone cittadino). Nonostante le molteplici distruzioni e ricostruzioni avvenute nel corso dei secoli, l’area del castello di San Polo conserva anche oggi un notevole interesse culturale e costituisce attualmente il più importante nucleo storico dell’intero territorio comunale. Il nucleo architettonico più rappresentativo è ancora oggi quello del castello, attuale sede municipale. Il torrione, anche chiamato Torre dell'Orologio e risalente al Quattrocento, è ancora integro. Sono visibili il portale maggiore che serviva per l'ingresso dei carriaggi e quello minore per i pedoni. Si notano le grandi fenditure nelle quali erano inserite le catene per il recupero del ponte levatoio. Sull'edificazione del castello non si hanno documenti ufficiali da cui dedurre con precisione la data della fondazione, ma tutto fa pensare che questa sia posteriore a quella della vecchia "plebs" di Caviano. La rocca risultava circondata da fosse molto profonde, era provvista di cinta, di torri, di ponte levatoio. L'area del castello raggiungeva dimensioni notevoli poiché oltre alla rocca vera e propria, entro le mura esterne vi erano diverse torri, abitazioni e la cappella Marchesi con l'attigua Chiesa del Santissimo Sacramento. Ben presto fu costruita all'interno del Castello una cappella dedicata a S. Paolo, che diede poi il nome al "Castrum Sancti Pauli". La rocca, gravemente danneggiata durante la guerra di successione spagnola, fu ricostruita alla fine del XVIII secolo, adattandola a prestigiosa dimora patrizia. Nell'estate del 1978 l'Amministrazione Comunale si impegnò nel recupero dell'edificio, riconsegnando ai cittadini la sede del loro Municipio nella forse più prestigiosa costruzione del paese. Nella sala degli affreschi del castello, è conservato l'antico gonfalone del comune, simbolo della municipalità sampolese fin dall'Ottocento, che riporta l'immagine del Santo, del paese ai piedi delle colline e gli stemmi delle famiglie che hanno governato San Polo. Alla base della Rocca, inaugurato nel 40° anniversario della Liberazione, è un monumento di Graziano Pompili: Il Gigante Abbattuto. Proprio di fronte all'antica Rocca, sorge la chiesa parrocchiale del Castello, all'interno della quale si può ammirare un bel dipinto cinquecentesco opera di Niccolò dell'Abate e raffigurante l'Adorazione dei Magi. Per approfondire le notizie storiche suggerisco questo link: http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=3456&pagina=1


Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da http://mapio.net/s/51921284/

venerdì 26 febbraio 2016

Il castello di sabato 27 febbraio






MORRA DE SANCTIS (AV) – Castello Principi Biondi Morra

Le origini di Morra sono molto antiche. I reperti archeologici di cui abbondano le sue campagne e gli scavi condotti dalla Soprintendenza ne provano l'esistenza già al tempo della "Cultura di Oliveto Cairano" che si sviluppò tra il IX e il VI secolo a.C. nell'alta valle dell’Ofanto e del Sele. Caratteristici bronzi di questo periodo sono i bracciali ad arco inflesso, le fibule a navicella, gli artistici pendagli zoomorfi. Molto interessanti le ceramiche rinvenute nella necropoli di Piano Cerasulo decorate con teste di lupo. La quantità e la qualità del materiale rinvenuto testimoniano la continuità di un significativo insediamento sannitico; il paese si conferma un sito di importanza strategica anche in epoca romana grazie alla presenza dell'Appia che da Guardia Lombardi, attraverso le contrade di Papaloia, Montecastello e Selvapiana portava fino a Conza, che era il feudo-castello di Castiglione di Morra, scomparso alla fine del XIII secolo. Nel IX secolo il paese fu presidio fortificato tra i due principati longobardi di Salerno e Benevento, e per la sua posizione strategica sull'Ofanto venne continuamente coinvolto nella guerra tra longobardi, bizantini e saraceni. Dal periodo normanno fino al 1385 Morra fu feudo dell'omonima famiglia baronale e conobbe momenti di notevole espansione territoriale: all'inizio del ‘200 i feudi di Morra comprendevano, oltre alle terre del Cilento, anche Teora, Sant’Angelo dei Lombardi, Lioni giungendo fino a Vallata e Frigento, dove ancora oggi resistono i ruderi di una rocca detta "Il Pesco di Morra". Passato poi agli Zurlo ed ai Caracciolo, il paese tornò sotto il dominio dei Morra dal 1618 fino all'abolizione della feudalità (1806). Il castello edificato in età longobarda e il borgo vennero assediati e saccheggiati dalle truppe tedesche guidate dal duca Luigi di Andegavia. Ricostruito in età normanna e ampliato durante la dominazione sveva, subì notevoli danni in seguito alle depredazioni compiute dai mercenari di Carlo II di Durazzo. Venne riedificato successivamente e trasformato dai Caracciolo in una residenza gentilizia agli inizi del XVII secolo. Ulteriori interventi sull'edificio furono necessari a seguito del terremoto del 1695, del saccheggio perpetrato da parte delle truppe francesi nel 1799 e, in ultimo, dell'incendio del 1911 (che distrusse la biblioteca). Il castello è stato restaurato e lo si può nuovamente ammirare nella sua imponente bellezza. Posta a 800 metri di altitudine, ai piedi del noto Monte Calvario, attualmente la struttura ospita l'Università degli Studi Guglielmo Marconi, sezione Telematica e le sale per convegni. Situato su un grande spiazzo, il maniero presenta una pianta a base rettangolare. Notevole è ancora la facciata caratterizzata da muratura in pietrame e dalla presenza di due torrioni cilindrici, muniti di classiche feritoie, che fanno da guardia all’ingresso principale. All’interno del Castello Principi Biondi Morra dimorarono il rinomato Cardinale Alberto Morra (divenuto poi Papa Gregorio VIII) e il famoso poeta Giacomino Pugliese. Altro link suggerito: http://www.irpinia.info/sito/towns/morra/castello.htm. Ecco un interessante video (di Castelli d’Irpinia): https://www.youtube.com/watch?v=IjprsBw-9Q8

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Morra_De_Sanctis, http://www.comune.morradesanctis.av.it/ComSchedaTem.asp?Id=29500, http://www.castellidirpinia.com/morra_it.html, http://prolocomorra.altervista.org/il-castello-medievale-biondi-morra-de-sanctis.html, http://www.avellinotravel.com/item/castello-principi-biondi-morra-de-sanctis/

Foto: la prima è presa da http://www.museodeicastelli.it/images/museo/castelli/Morra-De-Sanctis-Castello-dei-Principi-Biondi-Morra.jpg, la seconda invece da http://www.viaggiscoop.it/foto/4810/11539/121581.jpg

Il castello di venerdì 26 febbraio






MARSAGLIA (CN) - Castello

Il paese è sovrastato da un castello che ha le caratteristiche di una dimora cinquecentesca, con una struttura di base tardo medioevale. E l'aspetto che gli diedero, nel 1560, i Pensa di Mondovì. Anche Marsaglia fu coinvolta nelle vicende belliche della zona, tra cui non mancarono i Saraceni. Il paese fu feudo di un figlio di Bonifacio del Vasto, Ugone di Clavesana, e da questa famiglia il castello fu, nel 1299, venduto ai Saluzzo, ai quali ritornò nel 1346, dopo una breve dominazione del Marchese di Monferrato. Subì parecchi danni durante un assedio da parte delle truppe di Francesco Sforza. Fece poi parte della dote di Margherita, figlia del Marchese di Saluzzo, che andò sposa al conte Sanseverino d'Aragona, nel 1490. Venduto, fu acquistato dai Vistarini e, in seguito, dalla famiglia dei Pensa di Mondovì, che provvidero a conferirgli l'aspetto attuale. Attualmente è di proprietà privata, adibito ad abitazione. Si presenta come un massiccio parallelepipedo in pietra.

Fonti: http://www.fungoceva.it/vallate_paesi/MARSAGLIAcastello.htm, http://www.comune.marsaglia.cn.it/Guidaalpaese/tabid/6616/Default.aspx?IDPagina=1809&IDCat=283, testo dal libro "Castelli in Piemonte" di Rosella Seren Rosso (1999)

Foto: la prima è di PiGìFranco su http://www.panoramio.com/photo/14473697, la seconda è presa da http://www.vallinrete.org/images/stories/foto%20irene%20014.jpg

giovedì 25 febbraio 2016

Il castello di giovedì 25 febbraio






CIVITELLA IN VAL DI CHIANA (AR) - Rocca longobarda

Già popolata in epoca romana, Civitella divenne roccaforte longobarda e vi fu costruito il castello che tutt'oggi è visibile. Nell'XI secolo il feudo di Civitella passò sotto il Vescovo di Arezzo, che la designò quale capoluogo del Viscontado della Valdambra. Fu all'epoca che il centro venne ribattezzato "Civitella del Vescovo". Nel XIII secolo il territorio comunale fu messo a dura prova, prima dalla battaglia di Pieve al Toppo fra Siena e Arezzo (ricordata da Dante nel XIII canto dell'Inferno: «Lano, sì non furo accorte le gambe tue alle giostre del Toppo»), vinta da quest'ultima, poi la stessa Civitella fu distrutta. Nel 1272 il Vescovo aretino Guglielmino degli Ubertini la ricostruì, ma dopo la sconfitta aretina a Campaldino (1289), Civitella fu presa da Firenze. Nel 1311 tornò ad Arezzo e proprio a Civitella fu stipulata la pace tra il vescovo Ildebrandino Guidi di Romena e l'imperatore Enrico VII di Lussemburgo, che garantì alcuni anni di relativa pace. Dopo un "tira e molla" tra Arezzo e Firenze, Civitella entrò definitivamente a far parte del territorio di quest'ultima del 1348, divenendo sede di Podesteria. Nel 1554 fu assediata da Siena, ma venne difesa con successo da Paolo da Castello, capitano di ventura a servizio di Cosimo I de' Medici. Nel 1774 la cittadina assunse grande importanza per la rivalutazione, voluta dal Granduca di Toscana Pietro Leopoldo di Lorena, dell'antica "strada dei mercanti", che collegava i centri chianini e valdambrini per il commercio del grano. Gli anni del regno d'Italia condussero un'epoca di pace, ma questa fu violentemente turbata dalla Seconda guerra mondiale. La rocca longobarda, da secoli simbolo di Civitella, fu distrutta da un bombardamento alleato. Ma, soprattutto, Civitella fu sconvolta da una delle più sanguinose stragi che la storia italiana ricordi: si tratta del tristemente noto eccidio di Civitella. Costruita su un preesistente insediamento di epoca etrusco-romana, la rocca di Civitella era già usata in epoca longobarda come forte posto a controllo del territorio grazie alla sua posizione strategica. A partire dall’XI secolo dovevano già sorgere sul luogo strutture di una certa importanza, a presidio dei vescovi-conti aretini. Nel 1182 doveva già aver assunto l’aspetto di palazzo torrione. Nel 1248 il vescovo di Arezzo Guglielmino degli Ubertini (1219-1289) la scelse come dimora. Pur essendo di famiglia ghibellina, il vescovo entrò in contrasto con la città di Arezzo, si ritirò a Civitella mettendosi a capo di una fazione Guelfa. Pur resistendo alle truppe senesi, Guglielmino non riuscì ad evitare l’assalto dei ghibellini aretini nel 1265, che distrussero la rocca di Civitella. Guglielmino tornò ad Arezzo e ne prese il controllo, intanto però la rocca venne ricostruita e grazie alla sua opera vennero potenziate le mura. I solai vennero sostituiti da volte a crociera, fu creato il cortile antistante con la scala d’accesso al primo piano e costruita la cinta muraria che separava il cassero dal resto. Tra il 1284 e il 1285 fu ancora teatro di assedio da parte degli aretini. La faziosità di quel periodo portò il grande vescovo a cambiare alleati: negli anni 80 del duecento, infatti, Guglielmino si schierò dalla parte dei Ghibellini e, grazie all’aiuto di Buonoconte da Montefeltro, il suo esercito nel 1288 sconfisse i senesi a Pieve al Toppo. L’anno successivo però non riuscì ad arrestare i fiorentini che sconfissero le truppe aretine nella famigerata “battaglia di Campaldino”, dove Guglielmino stesso perse la vita. All’epoca di Guido Tarlati (inizi del XIV secolo), la rocca aveva due ingressi: quello principale dentro il paese e l’altro sul fronte nord, collegato al mastio tramite una galleria. All’interno della rocca si addossavano alle mura la residenza della guarnigione e dei servi, le stalle e la piazza d’arme. Il torrione era coperto da un grande tetto a padiglione e il palazzo aveva all’esterno due ordini di balconate che circondavano l’intero edificio. Sulla destra si trovano i resti di un altro torrione di dimensioni maggiori ma molto danneggiato ed in gran parte crollato. I danni più notevoli alle superstiti strutture medievali furono portati al termine dell’ultimo conflitto mondiale, dopo la rappresaglia tedesca del 1944. Oltre al castello è possibile ammirare la cinta muraria potenziata dal Vescovo Guglielmino degli Ubertini della seconda metà del XIII secolo. La cinta venne arricchita da numerosi baluardi, visibili ancora oggi percorrendo la moderna strada di circonvallazione. Un’ulteriore cinta venne eretta all’interno delle mura castellane per dividere la rocca dal resto dell’insediamento. Il Castello, trasformato dalla Wehrmacht in quartier generale durante l'occupazione nazista, fu semidistrutto durante un bombardamento alleato nel 1944 e mai ricostruito. Altri link suggeriti: http://www.castellitoscani.com/italian/civitella.htm, http://www.civichiana.it/default.asp?cnt_id=710&cnt_idpadre=709&tipodoc=1, https://www.youtube.com/watch?v=4AsnQzYSmkQ (video di DRONIRC), http://www.toscanaviva.com/Civitella_in_Val_di_Chiana/rocca_di_civitella.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Civitella_in_Val_di_Chiana, http://www.civichiana.it/default.asp?cnt_id=747&cnt_idpadre=737&tipodoc=1

Foto: la prima è di Aldo Innocenti su http://www.fototoscana.it/fototeca/fg0384.jpg, la seconda è del mio amico Giuseppe Fabbri su https://www.facebook.com/photo.php?fbid=849747675136322&set=pcb.849747801802976&type=3&theater

mercoledì 24 febbraio 2016

Il castello di mercoledì 24 febbraio






CHIURO (SO) - Torre di Castionetto

La massiccia torre che sorge a Chiuro in contrada Castionetto ad una altitudine di 689 mt s.l.m. Alcune caratteristiche costruttive hanno portato degli studiosi a collocare la sua edificazione attorno al XIV secolo, mentre invece appare accertata con maggiore sicurezza l'appartenenza dell'edificio al nobiluomo Stefano Quadrio, fedele dei Visconti, e vincitore della battaglia di Delebio nel corso della quale, fra il 18 e il 19 novembre 1432, le truppe viscontee ebbero ragione dell'esercito della Repubblica di Venezia che aveva occupata buona parte della Valtellina. La torre sorge in posizione importante, sulla soglia del versante sinistro idrografico della Val Fontana, lunga vallata la cui testata fa da spartiacque con la Val Poschiavo in territorio elvetico. Considerata la solidità della struttura, con muri che alla base raggiungono i 2,5 m di larghezza, la torre aveva certamente un ruolo non solo di avvistamento ma anche difensivo. Infatti, nel 1487 la torre, difesa da Zenone Groppello, fu un valido baluardo contro la tentata invasione dei Grigioni. Edificata con grossi blocchi di pietra, ha pianta quadrangolare di circa undici metri per lato. Al suo interno una scala mette in comunicazione i vari piani. La torre non si è ben conservata in tutta la sua altezza e quindi non è stato possibile risalire alla tipologia della copertura. La facciata più importante è quella rivolta a Sud che presenta tre aperture: a piano terreno è il moderno ingresso, ricavato durante le opere di restauro da una preesistente sbrecciatura aperta in epoche recenti. La porta di accesso originaria è invece situata all'altezza del primo piano, spostata un poco sulla destra, mentre al piano superiore s'apre una finestra in posizione centrale. La posizione dell'antico ingresso non deve stupirci perché, per ovvie ragioni e come in tutte le altre torri, l'accesso avveniva tramite una scala di legno o un camminamento retraibile. Alcuni particolari costruttivi e le due fessure sovrastanti l'apertura, fanno pensare che in questo caso la scala di legno potesse essere stata sostituita da un piccolo ponte levatoio. La porticina si presenta particolarmente curata nei perfetti conci di pietra di cui mancavano un tempo solo quelli di sinistra, ora recuperati durante il recente restauro. Appena entrati, un passaggio a volta nella muratura permette di scendere a sinistra, al piano sottostante. Altrettanto bella e curata è la finestra del piano superiore, anch'essa arcuata e bene inquadrata da conci in pietra lavorati a regola d'arte. Piano terreno e primo piano, entrambi di un unico vano, sono ricoperti da magnifiche volte a botte. Senza finestre si presentano i lati orientale e settentrionale, mentre quello occidentale, affacciato sulla media Valtellina, reca un'altra finestra. La massiccia costruzione quadrangolare della torre offre un'impressione di forza e compattezza notevoli, impressione ancor più accentuata dai grossi conci angolari che sono stati lavorati ottenendo delle sporgenze, tondeggianti sul lato corto del masso, che si alternano conferendo un senso di maggiore unitarietà al manufatto. La costruzione è stata recentemente restaurata dopo secoli di abbandono e riaperta al pubblico nel maggio del 2003. Prima che il restauro ne rinfrancasse l’aspetto, sul lato destro della facciata d’ingresso c’era un possente squarcio di cui non si conoscono le origini. Ma a questa carenza storica, come spesso accade, viene in soccorso la leggenda popolare. Dovete sapere che, dopo che la torre fu abbandonata dagli uomini, un diavolo di ragguardevoli dimensioni ne fece la sua dimora. Di mole e bruttezza straordinarie incuteva timore nelle genti che se ne stavano ben lontane da quell’edificio. Se non che, un giorno, un gruppo di giovani spavaldi decise di entrare nella torre per vedere il demone e verificare di persona se fosse veramente così grosso e sgraziato. Arrivati sul posto non vi trovarono nessuno. D’un tratto un tetro rumore uscì dalle mura. Era il mostro. Cosa incredibile: s’era nascosto perché aveva paura dei visitatori. Appena capì d’esser stato scoperto, uscì dalla torre e, preso dal panico, si mise a correre all’impazzata. Nella foga, sbattè il suo grosso naso contro lo spigolo dell’edificio e lo squarciò. Vistane la paura, gli uomini divennero più intrepidi e si misero a inseguirlo. Il diavolo si vide costretto a rientrare nella torre per sottrarsi ai suoi cacciatori, ma fu così facile bersaglio dei giovani che cominciarono a scagliargli contro delle pietre. Tanti furono i massi lanciati che il piano terra dell’edificio ne fu sommerso. Allora il diavolo, per non essere sepolto vivo, scavò una galleria sotto la torre con cui si mise in salvo e scomparve per sempre.

Fonti: http://nonsolobanca.popso.it/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/164, http://www.waltellina.com/valtellina_valchiavenna/dalla_storia/torre_di_castionetto/torre_di_castionetto.html, https://it.wikipedia.org/wiki/Chiuro, post di demon quaid su http://unmondoaccanto.blogfree.net/?t=2550053

Foto: la prima è di Franco Folini su https://it.wikipedia.org/wiki/Chiuro#/media/File:Torre_di_Castionetto.jpg, la seconda è di Malli&Dario su https://s3.amazonaws.com/gs-geo-images/79353ade-c54c-4cd9-8a37-617f98b79495_l.jpg

martedì 23 febbraio 2016

Il castello di martedì 23 febbraio







VALLEFOGLIA (PU) - Castello di Montefabbri

Nel corso del XIII sec. le sorti del castello furono legate a quelle delle più potenti Urbino e Rimini, e delle famiglie ghibelline (Montefeltro) e guelfe (Malatesta) che guidavano le due città. Scomparsa la famiglia feudale dominante per circostanze sconosciute, in epoca rinascimentale Montefabbri fu sempre più legato alla città feltresca, di cui rappresenta un avamposto difensivo strategico lungo la strada verso il mare, ed era spesso teatro di cruente battaglie come vero e proprio territorio di frontiera tra romagna e pesarese. Nonostante le battaglie, le campagne mercenarie, l’alternanza di potere tra Montefeltro e Chiesa, all’inizio del ‘400 la vita della popolazione era accompagnata da discreta attività economica - artigianale e di scambio all’interno del castello, agricola nelle campagne circostanti dove erano sorti anche villaggi e case sparse - che si consolidò sul finire del secolo, beneficiando del buon momento urbinate sotto la guida di Federico da Montefeltro. La contemporanea realizzazione del Mulino Idraulico di Pontevecchio testimonia che, come gli altri castelli della zona, Montefabbri conobbe un lungo periodo di tranquillità in cui si intensificarono gli scambi e gli arrivi di maestranze e artigiani provenienti da altre zone italiane. Durante questo periodo un architetto civile e militare della scuola urbinate, allievo del Genga e noto in tutte le corti del tempo, Francesco Paciotti originario di Colbordolo per via paterna, acquistò svariate proprietà in Montefabbri che poi, nel 1578 fu ceduta in feudo dal duca di Urbino Francesco Maria II Della Rovere al Paciotti stesso, allora 57enne, che fu signore di Montefabbri fino alla morte (1591). Dopo di lui, i suoi discendenti legarono il nome della famiglia Paciotti al feudo di Montefabbri per un lungo periodo (fino al 1744) durante il quale il ducato di Urbino passò alla Chiesa. Sotto i Paciotti nonostante le difficoltà e la carestia, si attivò una fabbrica di ceramiche, vennero avviati lavori di miglioramento della chiesa di San Gaudenzio, effettuati quelli di ampliamento del palazzo del signore, istituito un archivio, acquisito il mulino di Pontevecchio attraverso il quale venne dato un generale impulso all’economia e alle attività artigianali, soprattutto sotto il Conte Guidubaldo. Estinta la famiglia Paciotti Montefabbri fu riunito alla città di Urbino. Nel 1868 perse l'autonomia amministrativa e fu definitivamente annesso al Comune di Colbordolo, oggi Comune di Vallefoglia dopo la fusione con il Comune di Sant'Angelo in Lizzola avvenuta nel 2014. Il Castello di Montefabbri svetta solitario, protetto dalle sue mura che hanno contribuito a mantenere nel tempo gli antichi caratteri e un ritmo di vita scandito dalle stagioni. La sua struttura originaria, di stampo medievale, è completamente intatta come pur incontaminato è l’ambiente circostante, a tal punto da avere l’impressione che a Montefabbri il tempo si sia fermato. Ai visitatori sembra di fare un bel viaggio nel passato. Dal 2006 fa parte del club “I Borghi più Belli d’Italia” e nel 2008 è stato proclamato “Borgo dei Sogni” da parte della provincia di Pesaro e Urbino. Sorge su un colle posto a 319 metri s.l.m. a 14 chilometri da Urbino, 20 da Pesaro e 40 da Rimini . All'interno del borgo, dentro la cinta muraria del XII secolo, tante meraviglie... Sopra l’arco d'ingresso fa bella mostra di sé la Madonna del latte, in pietra arenaria del XV secolo. Ma la vera sorpresa è la Pieve di San Gaudenzio che conserva le più antiche opere decorative in stucco delle Marche, scagliole in bianco e nero del medesimo autore: paliotti, pannelli e lapidi risalenti alla fine del XVII secolo. La chiesa è ricca di marmi, ha una cripta del XII secolo dove sono custodite le spoglie di Santa Marcellina (patrona del borgo) e una quattrocentesca torre campanaria alta 25 m. Si racconta che sul catino del battistero, ricavato da un cippo marmoreo romano, sia stato battezzato il Beato Giansante Brancorsini di Montefabbri. Il castello visse la sua rinascita economico-sociale dalla metà del XVI secolo fino al 1744 con il conte del feudo, l’architetto civile e militare Francesco Paciotti e la sua famiglia. Dopo svariati utilizzi nel tempo, legati alle funzioni dell'ente pubblico, la porta d'accesso al borgo storico di Montefabbri è stata definitivamente ristrutturata nel 2008 con un contributo provinciale legato al progetto “Centoborghi”. Gli interventi di restauro conservativo della porta con le sue opere lapidee e la costruzione di una scala esterna per un più agevole accesso al locale sovrastante, consentono oggi di utilizzare la costruzione per incontri ed esposizioni.

Fonti: http://www.avventuramarche.it/dettaglio_scheda.asp?id_scheda=387, http://www.terrediurbino.it/it/db/13665/colbordolo/luogo-o-citt%C3%A0/borgo/montefabbri-un-borgo-incantevole.aspx

Foto: la prima è presa da http://www.bitn.it/l196/centro_italia/marche/montefabbri, la seconda è presa da http://viaggiesorrisi.com/2015/03/07/montefabbri-un-borgo-da-riscoprire/

lunedì 22 febbraio 2016

Il castello di lunedì 22 febbraio






MASSA E COZZILE (PT) - Castello di Cozzile

Fortificata nel Medioevo (è ancora possibile ammirare le antiche "Porta ai Campi" e "Porta Fontana"), Massa è citata fin dall'XI secolo insieme al castello di Verruca, quest'ultimo presente da prima del Mille e nominato in un diploma imperiale del X secolo di Ottone III. Cozzile è comparso più tardi, ma comunque sempre in epoca medievale. Massa, sebbene dotata fin dal 1208 di statuti autonomi, è stata posta da sempre sotto l'autorità di Lucca. Passata poi a Firenze a partire dal 1339, si trovò insieme a Cozzile al centro delle guerre per il possesso della Valdinievole combattute tra Pistoia, Lucca, Firenze e Pisa. In epoca granducale il comune autonomo di Massa si trasformò in una podesteria che ebbe vita fino al tardo Settecento. Con le riforme leopoldine, infatti, la "comunitas" di Massa venne aggregata a quella di Buggiano. Il comune di Massa e Cozzile si affermò autonomamente solo dopo la Restaurazione del 1814. In seguito al Congresso di Vienna, che riorganizzò i domini del deposto impero napoleonico, il rientrante Granduca concesse la separazione tra Buggiano e Massa. Cozzile venne fondato probabilmente alla fine del XII secolo attorno a opere di fortificazione con funzioni di vedetta e di difesa estrema. Ancora ai primi del XIV secolo esse ospitavano un castellano e una piccola guarnigione per conto dei lucchesi. Attorno alla rocca sorse un paese fortificato di struttura analoga a quella di Massa, organizzato a "lisca di pesce" ai due lati della strada che lo attraversava e che, uscendo all'altro capo dell'abitato, si portava verso l'appennino e verso Modena. Le abitazioni erano raggruppate in due quartieri o "rogite" (Volata a Oriente, e Cessana a Occidente della strada principale) con la piazza collocata a settentrione e la chiesa a meridione. Nella cinta muraria, di cui sono ancora visibili resti importanti inglobati nelle abitazioni costruite sopra di esse, si aprivano tre porte: una a Est, in corrispondenza con l'ingresso in paese della strada medievale da Massa (porta a Massa), una a Ovest, sul lato diametralmente opposto (porta Vecchia), e una a Sud (porta Nuova), che si apriva nei pressi della chiesa di San Iacopo. Lungo la strada che fa da spina dorsale dell'abitato, incontriamo l'oratorio di San Filippo Neri, l'Oratorio della Compagnia e al termine la chiesa di San Jacopo Maggiore. Immediatamente a ridosso della chiesa è la grandiosa costruzione del palazzo de Gubernatis. Esso consiste in un gran corpo di fabbrica dallo scenografico prospetto che domina la vallata in posizione panoramica. Sorse alla fine dell'Ottocento sul perimetro dell'antica rocca, ridotta sin dal Cinquecento ad abitazione della famiglia Polidori e passata poi, dai primi del XIX secolo, alla famiglia Giani. Questa, poco dopo, la vendette a sua volta all'illustre dantista abate Gian Battista Giuliani che vi eresse una villa dedicata alla memoria di Dante Alighieri. Il conte Angelo De Gubernatis l'acquistò alla fine del secolo e la fece radicalmente ristrutturare dall'architetto senese Giovanni Paciarelli. Dallo spazio esterno all'edificio, appena al di fuori della porta Nuova, si gode di un panorama superbo. Priva di ostacoli la vista spazia sull'intera Valdinievole e, a Sud, oltre l'Arno, nei giorni più limpidi si può intravedere Volterra ed i monti dell'Isola d'Elba. Verso Nord, prossima alla cinta muraria del borgo si trova una "margine", conosciuta come "Margine di Cozzile". Altri link suggeriti: http://angoliditoscana.it/massa-cozzile-2/, https://www.youtube.com/watch?v=SkMqJt4nNPM (video di SglepBoys).

Fonti: http://www.comune.massa-e-cozzile.pt.it/index.php?lang=it&page=massacozzile&id=103, http://www.turismo.intoscana.it/site/it/localita/Massa-e-Cozzile-00001/?d=1

Foto: la prima è di Giuseppe Zingarelli su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/33793/view, la seconda è presa da http://footage.framepool.com/shotimg/qf/883395732-massa-e-cozzile-vibrazione-dell'aria-castello-edificio-storico.jpg

domenica 21 febbraio 2016

Il castello di domenica 21 febbraio






ORTEZZANO (FM) – Torre ghibellina

Il toponimo, costituito da un nome prediale, con il tipico suffisso –ano, lat. –anum, ci dà chiare indicazioni su questo territorio in età romana: diviso in centurie e distribuito ai veterani, fu luogo ideale e prediletto per costruire ricche ville rustiche, una di queste dovette appartenere ad un non meglio identificato Ortentius o, più probabilmente, Horatius. A partire dall’VIII secolo il territorio di Ortezzano fece parte della vasta area che entrò nel novero dei domini farfensi. In questa zona  Farfa possedette almeno fino all’inizio del XII secolo: la curtis Sanctae Marinae vel Mariae e la curtis Sancti Gregorii de Ortezzano. Dal IX all’XI sec. i duchi di Spoleto eressero castelli sulle alture di rilevanza strategica ed anche Castrum Ortezanii, nel 927 d.C. venne munito di mura castellane per proteggere l’abitato dalle frequenti scorrerie di Ungari, Saraceni, Normanni e altri nemici occasionali. Le  vicende  storiche  di  Ortezzano,  poi,  seguirono  quelle  del  fermano  e  quelle  dello  Stato  Pontificio,  di  cui  entrò  definitivamente  a  far  parte  fino  alla  riunificazione  d' Italia. La torre ghibellina è la più importante testimonianza che ci resta dell’antico castello del XIV sec. Alta 15 metri, costituisce un raro esempio di costruzione militare a pianta pentagonale con merli a coda di rondine. Grazie a un cofinanziamento del Gal Fermano di circa 15 mila euro su un progetto totale di circa 37 mila euro, negli ultimi anni sono stati eseguiti dei lavori volti al ripristino, in chiave turistico culturale, dell'originaria funzione di avvistamento panoramico e lettura paesaggistica della Valle dell'Aso, attraverso la realizzazione di una nuova scala di accesso alla terrazza di copertura. Il progetto complessivo ha coinvolto un altro luogo simbolo di Ortezzano. Oltre alla Torre sono stati fatti degli interventi di ripristino e sistemazione della pavimentazione del Belvedere, un tempo torre tronca del castello del XIV secolo, eretta in zona di avvistamento dalla quale è ancora oggi possibile dominare l'intera Valle dell'Aso. L'intervento ha avuto come obiettivo principale la valorizzazione e la restituzione della fruibilità di due dei luoghi più significativi del patrimonio storico architettonico del paese, in chiave turistica; oltre agli interventi strutturali, infatti, sono stati realizzati anche dei pannelli didattici volti ad agevolare la lettura panoramica in chiave storico-paesaggistica. Per approfondire suggerisco i seguenti link: il video di Franco Manfredi: https://www.youtube.com/watch?v=hp2FOLACvPY e la scheda di Alice Acciari su http://www.livinginmarche.it/cards/il-castello-di-ortezzano-e-lipotesi-di-espansione-urbana/



sabato 20 febbraio 2016

Il castello di sabato 20 febbraio






BAGNO A RIPOLI (FI) – Gualchiere di Remole

Le Gualchiere di Remole erano un importante opificio medievale appartenuto alla potente famiglia fiorentina degli Albizi fino al 1541, poi proprietà dell'Arte della Lana, che gestì l'attività fino al 1728, quando, in seguito alla sua soppressione, gli impianti entrarono a far parte dei beni di Santa Maria del Fiore. In età napoleonica le Gualchiere di Remole vennero prese in consegna dalla Camera di Commercio di Firenze, mentre attualmente sono di proprietà del Comune di Firenze, pur sorgendo nel territorio di Bagno a Ripoli. Tale complesso è l’unico esempio ancora visibile dell’antica arte del gualcare il tessuto di lana. La gualcatura della lana è la fase più complicata e onerosa nel processo di produzione della lana, richiedeva, infatti, l’utilizzo dell’energia idraulica che era convogliata ai macchinari attraverso una serie di opere di ingegneria idraulica. Una sequenza di canali e meccanismi articolati e coordinati con lo scopo di convogliare l’acqua per trattare il tessuto. La tipicità delle Gualchiere di Remole sta nel fatto che questi elementi si sono conservati nel tempo e sono tutt’oggi visibili. Posto sulla riva sinistra dell'Arno a pochi chilometri a monte di Firenze, l'edificio era strutturato in modo da sfruttare al massimo la forza motrice generata dalle acque del fiume, usata per trattare i panni di lana. La sua costruzione risale alla metà del 1300, anche se la prima notizia certa è datata 1425. Nel 1333 Firenze fu colpita da una grande alluvione la quale, oltre ad arrecare danni alla città, distrusse tutti i mulini e le gualchiere che all'epoca erano collocate su grandi zattere di legno ancorate alle sponde dell'Arno. Una delle cause della calamità furono proprio queste che, insieme alle pescaie che le alimentavano, impedirono il libero corso del fiume. Il comune deliberò quindi che nessuna nuova gualchiera o mulino potesse essere ricostruito per 400 braccia a valle del Ponte alla Carraia e per ben 2000 a monte del Ponte di Rubaconte (l'odierno Ponte alle Grazie). La decisione aveva in realtà carattere igenico sanitario, il continuo battere dei magli giorno e notte erano di disturbo alla quiete pubblica e il grande uso di orina come ammorbidente delle fibre di lana non rendeva l'aria molto salubre. Il complesso è costituito, oltre che dal corpo di fabbrica principale (raggiungibile attraverso una serie di ponti in muratura) dotato di due torri merlate, da una pescaia posta monte, cateratte per indirizzare l'acqua verso la gora e un porticciolo (distrutto dall'alluvione del 1966) per l'approdo del traghetto che portava i panni dall'antistante Nave ai Martelli, ove giungevano da Firenze a dorso d'asino. Il tutto era circondato da mura e vi si accedeva attraverso due porte (distrutte dai Tedeschi nel 1944 insieme ad una porzione del fabbricato). Dopo aver cambiato varie destinazioni d'uso (mulino, colorificio) dal 1980 l'edificio è in disuso. Pur essendo considerato uno dei maggiori esempi di archeologia pre-industriale d'Europa, lo stato attuale delle Gualchiere è di enorme degrado, sebbene da anni si parli di un progetto di musealizzazione, finora nemmeno avviato. Sembra ormai innescato un processo di scempio che tende ad aumentare in modo esponenziale, tanto che il complesso è in pratica inagibile. La presenza delle due torri merlate, che ricordano un antico castello medievale, ha generato una diatriba sulle origini del complesso di Remole: un castello medievale del X secolo poi convertito oppure un edificio costruito ex novo nel XIV secolo? Altri link suggeriti: http://www.gazzettinodelchianti.it/articoli/primopiano/11552/notizie-su-bagno-a-ripoli/gualchiere-di-remole.php#.VsgubEBjm25, video di Renzo Fancelli: https://www.youtube.com/watch?v=GKENDjwqoQg, http://digilander.libero.it/cccbaripoli/gualchiere.html


Foto: la prima è del mio amico Claudio Vagaggini (la trovate, insieme ad altre interessanti inquadrature, nella pagina Facebook https://www.facebook.com/CASTELLI-ROCCHE-FORTEZZE-in-Italia-308856780344/?fref=photo), la seconda è di Franco Biondi su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/264673

venerdì 19 febbraio 2016

Il castello di venerdì 19 febbraio






GALATONE (LE) - Palazzo Marchesale

Nel Medioevo il territorio di Galatone fu soggetto a occupazioni e scorrerie da parte di Saraceni, Ungari e Bizantini. Con la dominazione bizantina si svilupparono l'agricoltura e l'allevamento e si registrò un notevole incremento demografico. Sorsero piccole comunità rurali (Choría) dedite all'agricoltura, Tabelle, Tabelluccio, Fulcignano, San Cosma, Fumonegro Morice e Renda, le quali furono in seguito abbandonate e le popolazioni residenti si stanziarono nel casale di Galatone. Nel XV secolo subì l'assedio di Giovanni Antonio Orsini Del Balzo che rase al suolo una parte della cinta muraria. Dopo la morte dell'Orsini, avvenuta nel 1463, per Galatone seguì un lungo periodo di pace, interrotta dall'invasione turca del 1480 e dall'invasione dei veneziani quattro anni più tardi. Agli Orsini successero i Castriota, con la scomparsa dei quali, il feudo passò nelle mani della Corona che lo vendette ad una facoltosa famiglia genovese. Dal 1556 appartenne ai Squarciafico i quali diedero prosperità e crescita culturale costruendo nel 1570 un ospedale per poveri gestito dal clero. Nel XVII secolo il feudo fu retto dai Pinelli. Il XVIII secolo fu caratterizzato da una vita politica poco vivace a causa delle frequenti elezioni di Sindaci, sistematicamente esautorati da un governatore prepotente e accentratore. Nel 1743 la storia di Galatone fu sconvolta da un terribile terremoto, che procurò il crollo di parte delle mura cittadine, di porta San Sebastiano, del palazzo marchesale e di molte abitazioni, ma portò anche nuova linfa nello sviluppo edilizio del paese. Il complesso architettonico del Palazzo Marchesale, insiste in un’area di circa tremila metri quadrati e si articola in tre bracci edificati disposti intorno ad un cortile centrale, chiuso verso la piazza da una torre di epoca angioina (che ha assolto al compito di difesa e di repressione) e da uno sfarzoso portale cinquecentesco con le insegne degli Squarciafico. La torre, a pianta tronco-piramidale alla base e cubica nella parte finale, non presenta importanti linee architettoniche in quanto le forme sono quelle essenziali dell'architettura militare romanica. Probabilmente fu edificata in periodo Angioino con feudatari i Bellotti. La struttura scarna non è adatta a resistere ai colpi delle armi da fuoco pesanti. Solo alcune caditoie assicuravano un contributo di difesa piombante. Unica concessione decorativa il cordolo posto alla fine della scarpa. Una perfetta similitudine formale si riscontra nella torre angioina inglobata nel castello cinquecentesco di Copertino. Come appare nei dipinti cinque-seicenteschi, conservati nei templi galatei e come descritto dell’ “Apprezzo della terra di Galatone” del 1734, la torre era dotata di merlatura e di quattro torrette d’angolo in pietra. Sino alla fine dell’ottocento, la Torre era contornata da un fossato e da un vallo. Al piano terra, sotto una volta a botte, le carceri. Questo piano inizialmente era raggiungibile solo dalla scaletta, ancora esistente, inserita all’interno della muraglia sud. Solo dopo la metà del 1500 si aprì una porticina sul lato ovest. Il piano superiore era raggiungibile attraverso il ponte levatoio a singola trave, di cui se ne vede ancora chiaramente la sagoma negli incassi murari sul lato ovest. Il ponte, aperto poggiava su di un battiponte, posto su un torrino munito di scala a chiocciola interna. La grande sala superiore, con la volta a crociera ogivale e camino alla romana, costituiva un rifugio sicuro in caso d’assedio. In epoca ottocentesca fu aperta la larga breccia sulla piazza ancora oggi usata come ingresso alla torre. Il piano terreno ha svolto anche funzioni di stalla e locanda. La Torre è stata restaurata nel 1969 e da allora ospita la Pro Loco. Molteplici sono le fasi di costruzione del palazzo. La genesi del complesso si deve far risalire al’XI secolo quando il casale galateo controllava il percorso istmico che collegava l’antico porto di Roca con Nardò ed il suo porto Nauna, l’odierna Santa Maria Al Bagno. Si conoscono i feudatari di Galatone solo dal 1192, anno in cui Galatone e Fulcignano furono donati al “milite Falcone”. Di questo periodo è la muratura che si nota nell’angolo sinistro del cortile. Alla famiglia Falcone successe in periodo svevo, prima metà del 1200, la famiglia Gentile da Nardò. A questa epoca si fanno risalire dei brani murari sulle facciate interne del Palazzo, caratterizzati dagli archi passanti a sesto acuto. Nel 1265 il Regno di Puglia passò agli Angioini. Nel feudo si successero svariati signori. Nei 1334  è accertata la prima estesa fortificazione urbana mentre risultano infeudati i baroni Bellotti. Nel 1407 Galatone è di Ottino De Cariis, detto il Malacarne. Nel 1486 si ha l’avvento del marchese macedone Giovanni Granai Castriota. Gli Squarciafico acquistarono Galatone nel 1556. Nel 1588 era di Cosimo Pinelli Junior. Poi Galeazzo Pinelli sposò Giustiniana Pignatelli. Furono i Pinelli-Pignatelli a edificare, negli anni a cavallo fra il Cinquecento ed il primo decennio del Seicento, la facciata monumentale. Il palazzo rimase di proprietà dei Belmonte sino al 1927, anno in cui la marchesa Anna Ravaschieri Fieschi Pinelli Pignatelli Granito ne fece dono all’ordine dei Frati Minori Terziari dell’Addolorata. A loro rimase sino al 1981 quando il palazzo venne acquisito dal Comune di Galatone. Il restauro iniziato nel 1985 si è protratto fino al 2009, con la necessità di ulteriori fondi per il definitivo completamento. Nella lesena all'angolo occidentale della facciata sono presenti gli stemmi araldici delle famiglie feudatarie degli Squarciafico, dei Pinelli, dei Pignatelli e dei Grillo. Gli ambienti interni, danneggiati e rimaneggiati in seguito al sisma del 1743 che causò il crollo della parte nord della struttura, comprendono le stalle e i locali della servitù al piano terra, le stanze della nobiltà al piano superiore. A testimonianza dell'antico splendore dell'edificio, rimangono il portale e le eleganti finestre decorate con motivi floreali e mascheroni - di gusto tardo-cinquecentesco - che guardano verso la piazza SS. Crocifisso e su via castello. Per approfondire, vi invito a leggere le schede di Giuseppe Resta su http://www.mondimedievali.net/castelli/Puglia/lecce/galatone.htm e su http://www.mondimedievali.net/castelli/Puglia/lecce/galatone2.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Galatone, http://www.comune.galatone.le.it/territorio/da-visitare/item/palazzo-marchesale, http://prolocogalatone.altervista.org/index.php/galatone/centro-storico/30-palazzo-marchesale-.html

Foto: la prima è presa da http://www.nelsalento.com/guide/galatone.html, la seconda è presa da http://www.salentoviaggi.it/public/localita/1_Torre-Pignatelli.jpg

giovedì 18 febbraio 2016

Il castello di giovedì 18 febbraio






MASSA MARTANA (PG) - Castello in frazione Montignano

Le origini del Castello di Montignano risalgono al 962, quando Ottone I di Sassonia venne incoronato a Milano imperatore di Germania e re d’Italia da Papa Giovanni XII e cercò subito di creare un gruppo di feudatari fedeli a lui nell’Italia centro-meridionale. Al Conte Arnolfo, tedesco, cortigiano e famigliare dell’imperatore, fu assegnata in fuedo una parte dell’Umbria e la contea, denominata Arnolfa, che comprendeva  anche Montignano. Nei primi anni del 1500 gli Atti, feudatari del Castello di Casigliano, estesero i loro possedimenti fino ai confini di Montignano, proprietà fino al XV secolo della famiglia Matalucci, guelfa, alleata ed imparentata con gli Atti. Il Castello subì gravi danni per il passaggio dell’esercito francese e il consiglio generale del comune di Todi, 27 agosto 1577, deliberò l’esenzione dal pagamento delle tasse alla popolazione di Montignano per “i danni patiti”. I Priori di Todi inviarono un ordine, nel 1602, perchè venissero restaurate le mura castellane e la porta fosse “sicura di catenacci”. Nella prima metà del Settecento gli eserciti spagnoli, imperiali e francesi scesi in Italia a causa delle guerre di successione, turbarono la tranquillità di quel luogo. Nel XVIII secolo i Matalucci ristrutturarono il Castello, le mura servirono da facciata per il nuovo palazzo, gli ambienti interni furono ampliati, così il castello divenne una dimora signorile, con un elegante loggiato, una cappella privata ed un giardino. La famiglia Matalucci si estinse nella linea maschile e nel 1775, Lavinia, figlia di Giacinto Matalucci, sposò il conte Francesco Francisci di Todi, la cui famiglia proveniva da Collesecco, vicino ad Avigliano Umbro. La nobile famiglia si distinse nella vicenda risorgimentale di Todi con il conte Federico e il fratello Giuseppe, entrambi volontari nelle guerre di indipendenza. Federico, impegnato in politica, consegnò personalmente i risultati elettorali del Comune di Todi nel plebiscito del 1860 al re Vittorio Emanuele II a Napoli. Dopo circa 4 secoli, il 28 novembre 1887, i Francisci cedettero il Castello di Montignano ad Angelo e Vincenzo Tacchi, commercianti di Foligno con rogito del notaio tuderte Sebastiano Antonimi. I Tacchi tennero Montignano per 20 anni e non mostrarono interesse alla proprietà. La famiglia Alcini di Massa, acquistò il castello nel 1908 e la tenuta, compreso il mulino a grano. Enrico Alcini, morto nel 1940, uno dei più noti personaggi della famiglia, fu Sindaco di Massa Martana ed è ricordato per le numerose iniziative mirate al miglioramento del Comune, come la costruzione del Cimitero urbano. I lavori di ristrutturazione sono iniziati nel febbraio del 2005 e sono stati ultimati nel febbraio 2009. Gli arredi sono stati curati dalla designer Claudia Bisceglie, oggi art director ed events manager del Relais. Il Castello di Montignano è oggi uno dei più belli, funzionali ed eleganti relais de charme dell'Umbria (pagina Facebook: https://www.facebook.com/CastellodiMontignano). Ecco un video ad esso dedicato: http://www.matrimonio.com/castelli-matrimoni/castello-di-montignano-relais-&-spa--e24286/videos/18638

Fonti: http://www.montignano.com/, http://www.residenzedepoca.it/vacanze_weekend/s/dimora/castello_di_montignano/

Foto: la prima è presa da http://www.locationmatrimonio.it/castello_di_montignano.html, la seconda è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-montignano-villa-san-faustino-di-massa-martana-pg/

mercoledì 17 febbraio 2016

Il castello di mercoledì 17 febbraio






VALTOPINA (PG) - Castello di Gallano

Il castello di Gallano (toponimo prediale che deriva da Gallus), si erge a mezza costa sul monte omonimo tra Valtopina e Capodacqua ad un altezza di 520 metri. Esso fu parte integrante di quelle terre ricche di castelli, chiese e monasteri che sin dal primo medioevo costituirono la federazione autonoma detta” Universitas “di cui si è abbondantemente parlato nei capitoli precedenti. Nel 1085 il castello divenne la sede di un importante monastero benedettino e prese il nome di Santo Stefano di Gallano, il cui fondatore e primo abate fu certo Berardo figlio di Gerardo, discendente della stirpe comitale degli Atti di Nocera. Nel 1155 l’imperatore Federico I Barbarossa creò conte di Gallano, Castel Reale e Lelfa (località nelle vicinanze di Visto detta Francalancia), Robbacastelli da Foligno, figlio del conte Mainardo 1° di Bonconto 10 della stirpe di Lupo (o Luponc) dei conti di Nocera. Nel 1191, a causa delle continue guerre tra Comuni e Imperatore, i monaci abbandonarono una prima volta il castello, per ritornarvi poco dopo a pericolo scampato, rendendolo più sicuro con numerose opere di fortificazione. In quel periodo, la giurisdizione sulle chiese della Valle del Topino fino allora esercitata dalle Pievi di Faieto (da cui dipendevano le chiese di Calestro, Seggio, Afrile) e di Porcarella (chiese di Cassignano, Caliguedano ed Annifo), passò ai monasteri di S. Stefano di Gallano e di S. Pietro in Landolina. Nel 1291 il monastero di S. Stefano di Gallano, fu unito all’abbazia di S. Croce di Sassovivo, insieme a molte altre chiese della zona. Nella sentenza emessa dal cardinale Capocci del 1239, vengono enumerate tutte le pievi del vescovado di Foligno e successivamente (1295), nella Libra et extimatio l’attenzione si accentra sui beni delle singole chiese. Nella sentenza del 1239, il Monastero di S. Stefano di Gallano, risulta avere giurisdizione su 13 cappelle, mentre nella Libra et extimatio del 1295, le cappelle risultavano ridotte ad 8. Nel 1350 infine, il monastero fu abbandonato definitivamente. Anche questo castello al pari degli altri posti nella zona, dalla fine del XII secolo risulta essere sottomesso ad Assisi, e cosi fino a quando nel 1383 fu ceduto da papa Urbano VI ai Trinci di Foligno, potentissima e, talvolta, violenta famiglia che dominò un territorio molto esteso che comprendeva  la città di Foligno e il vasto territorio collinare e montano circostante, tra cui il castello di Gallano. Nel 1439 il cardinale Vitelleschi conquistò Foligno e pose fine alla Signoria dei Trinci, trasferendo pertanto tutto il territorio posseduto dalla famiglia, compreso il Castello di Gallano, sotto il controllo dello Stato della Chiesa. Il fortilizio, come del resto tutti gli altri, sin dal Medioevo venerava il suo santo protettore, è infatti tuttora esistente la chiesa intitolata a S. Sisto di Gallano. Il castello, conserva ancora l’assetto urbanistico medievale originario e nel borgo murato, nel secolo XV importantissima roccaforte dei signori di Foligno, sono ancora visibili la chiesa recentemente ristrutturata, nonché una parte del bastione e ampi tratti delle mura, costituite da pietre di diversa natura e di di-versa origine. Di particolare interesse erano gli affreschi della chiesina di S. Sisto, quasi completamente distrutti dagli anni e dall’incuria dell’uomo. Uno di essi, attribuito all’illustre pittore folignate Pierantonio Mezzastris, grazie allo storico Mons. Faloci Pulignani, nel 1891 venne accuratamente asportato ed oggi è conservato nella cattedrale di Foligno. Oggi il castello, completamente ristrutturato e adibito a struttura ricettiva, è una location ricercata per eventi e matrimoni. Ha anche una pagina Facebook dedicata: https://www.facebook.com/Castello-di-Gallano-684941248241769/. Ecco un interessante video (di theoremorem1) che ne parla: https://www.youtube.com/watch?v=P-BBgiJ4RIE

Fonti: http://www.castellodigallano.com (sito web ufficiale), http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-gallano-valtopina-pg/

Foto: entrambe prese da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-gallano-valtopina-pg/

martedì 16 febbraio 2016

Il castello di martedì 16 febbraio






SPIRANO (BG) - Castello Suardi

I secoli del Medioevo videro Spirano al centro di dispute fratricide tra guelfi e ghibellini con scontri spesso dai tragici esiti, come nel 1312, quando il borgo venne saccheggiato e devastato. In tal senso, nel corso del XIII secolo, venne costruito un castello che caratterizzò la vita del borgo per parecchio tempo: questo maniero aveva funzioni difensive e di residenza della famiglia dei Suardi, che gestì le sorti del paese per parecchi anni. Successivamente furono esautorati a favore dei Visconti di Milano, fino a quando l'intera zona passò, nel 1428, alla Repubblica di Venezia. La Serenissima compi numerosi interventi volti al miglioramento delle condizioni sociali e lavorative, dissodando terreni e costruendo canali per l'irrigazione. Tra questi vi era il fosso bergamasco, utilizzato soprattutto per stabilire in modo definitivo i confini territoriali dello Stato da terra di Venezia con il Ducato di Milano. Questo lambiva anche il territorio di Spirano, delimitandolo a sud. Da allora il paese ha mantenuto una forte connotazione e tradizione rurale, con l'agricoltura e l'allevamento attività predominanti. Tuttavia in questi anni il paese, posto nelle vicinanze del confine con i territori di Milano, dovette subire scorrerie dei vicini, intenzionati a riprendersi questi territori. Oggi è ancora possibile ammirare i resti del castello dei Suardi, un tempo edificio principale del paese, di cui ora si possono ammirare parti della struttura originale. La casa, situata al centro del nucleo più antico del paese, costituisce forse, con la torre posta sulla spigolo, uno dei lati rimasti relativamente integri dell'antico fortilizio, di epoca medioevale. Si innalza per quattro piani e presenta una struttura muraria in ciottoli di fiume disposti a spina di pesce alternati a corsi di mattoni, mentre gli spigoli sono in pietra arenaria squadrata. Il medesimo materiale è usato anche per i contorni di una finestra. Al piano terra della torre esiste un ambiente coperto con un'interessante volta a crociera imposta su mensole angolari.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Spirano, http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/RL560-00092/

Foto: entrambe prese da http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/RL560-00092/