giovedì 30 aprile 2020

Il castello di giovedì 30 aprile



GODIASCO SALICE TERME (PV) - Rocca di Montalfeo

La Rocca di Montalfeo è un antico insediamento dei Marchesi Malaspina, situato a Godiasco a pochi passi da Salice Terme. In passato la Val Staffora fu per molto tempo località strategica, il Monte Alfeo si trova proprio sulla antica Via del Sale che da Genova portava a Milano il prezioso alimento. L’antico insediamento dal 533 fu parte dei feudi malaspiniani per quasi dieci secoli. Il casato dei Marchesi Malaspina, affermava la propria giurisdizione feudale e politica su un territorio che includeva la Val Staffora e si estendeva fino alla Lunigiana. I loro beni e privilegi furono riconosciuti con apposito Diploma dall'Imperatore Federico I Barbarossa (1164) prima, e confermati successivamente da Federico Il (1220). Quando a Milano i Visconti e poi gli Sforza divennero delegati dell’Imperatore, , dal quale attingevano le prerogative feudali, le vicende della Rocca si legarono a quelle del Ducato di Milano. Il rapporto con i Visconti fu tutt'altro che pacifico e, nel 1375, Galeazzo II Visconti mandò ad espugnare la Rocca di Montalfeo, dei Malaspina di Godiasco e successivamente nel 1398, per l'ostinata resistenza dei Marchesi di Godiasco nel rendergli atto di sottomissione, ne ordinò la distruzione. Con l'avvento e l'affermarsi di feudi e feudatari, quasi ogni cocuzzolo si munì di una rocca o castello. Durante i secoli successivi, alcune fortificazioni caddero in rovina e oggi vivono soltanto nel toponimo, altre invece dopo alterne fortune, furono ricostruite. Tra queste la Rocca di Montalfeo che nel corso dei secoli è stata oggetto di demolizioni e modifiche strutturali; molti di questi edifici antichi erano vere cave di materiale da costruzione a cui ricorrevano gli abitanti per i loro edifici. Nel 2004 è terminato un lungo e articolato restauro, da parte della famiglia Faravelli, attuale proprietaria della struttura. Oggi la Rocca di Montalfeo è un castello in stile medievale, posto in cima ad una collina, aperto solo in occasioni particolari, eventi o matrimoni. La struttura si compone di un corpo centrale e di una torre. Dal salone principale, caratterizzato da un soffitto a cassettoni e dalle pareti completamente affrescate, si accede al piano sottostante suddiviso in ampie sale rese particolarmente suggestive da murature in pietra e da soffitti a volta sostenuti da ampie colonne. La torre, a sua volta, ospita alcune sale. L’elegante giardino all’italiana si affaccia sui dolci colli dell’Oltrepò Pavese. Altri link suggeriti: https://www.viqueria.com/turismo/sguardo-aereo-rocca-di-montalfeo-godiasco/, https://www.youtube.com/watch?v=yaZ-YKYVKUU (video di Eventi di Gioia), https://castlesintheworld.wordpress.com/2015/07/15/rocca-di-montalfeo/, http://www.preboggion.it/CastelloIT_di_Godiasco-Rocca_di_Montalfeo.htm

Fonti: https://www.quatarobpavia.it/rocca-di-montalfeo-godiasco-salice-terme/, http://www.robertomarchese.it/montalfeo.html,

Foto: la prima è presa da https://www.zankyou.it/f/rocca-di-montalfeo-485625, la seconda è presa da https://www.eventidigioia.com/rocca-di-montalfeo-ricevimenti/

mercoledì 29 aprile 2020

Il castello di mercoledì 29 aprile



CORNEDO ALL'ISARCO (BZ) - Castel Cornedo

L'edificio si erge poco ad est di Bolzano, su uno sperone roccioso all'ingresso della Val d'Ega, nel comune di Cornedo all'Isarco. E' senza dubbio uno dei più belli e meglio conservati dell’Alto Adige. Esso si compone di un mastio, una torre abitabile, un palazzo e una cappella. Le mura di cinta sono ornate da merli a coda di rondine. La sua è piuttosto incerta, ma pare possa essere attribuita ai Greifenstein, intorno al metà del Duecento. Di circa un secolo dopo è il mastio. Il castello è menzionato in un documento notarile del 1297 quale „castrum de Curniet“ e „gschloss Curneidt“. Notizie più certe risalgono al 1378, quando i conti di Tirolo lo affidarono a Hans e Wilhelm von Liechtenstein. Hans fu uno degli avversari di Federico dalle Tasche Vuote, il quale assediò e conquistò il castello. I proprietari furono esiliati, ma furono liberati per l'intercessione di Oswald von Wolkenstein. I Liechtenstein dopo qualche tempo tornarono al castello, e vi rimasero fino all'estinzione della famiglia (1760). Allora divenne proprietà del comune di Bolzano, fino a che lo incamerarono i bavaresi (1808) durante il periodo di dominazione sul Tirolo. Il castello passo prima ai signori von Goldegg, poi a Ferdinand von Miller ai cui eredi, la famiglia von Malaisé, appartiene ancora. A loro si deve il restauro del castello avvenuto con storica coerenza. Non era visitabile fino alla primavera del 2006, quando i proprietari l'hanno parzialmente aperto al pubblico. Nella cappella romanica, dedicata a Sant'Anna, sono conservati vari affreschi trecenteschi, il più noto dei quali è un "Trionfo della Morte". Nel XVI secolo vennero apportate le ultime modifiche all'edificio; vennero realizzate l’entrata odierna, le torri del portone e alcune trasformazioni interne al palazzo. Altri link suggeriti: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Trentino/bolzano/castelcornedo.htm, https://www.youtube.com/watch?v=lzUj_yTBgvw (video di Pipuz), https://www.youtube.com/watch?v=_oZ-CbmS7eE (video di mitstadt natalino)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Cornedo, https://www.sentres.com/it/il-castello-di-cornedo-burg-karneid, https://www.sudtirol.com/castelli-alto-adige/castel-cornedo.htm, https://www.comune.cornedo.bz.it/it/Il_paese/Informazioni_utili/Castello_di_Cornedo

Foto: la prima è presa da https://eggental.com/it/Val-d-Ega/Cultura/Musei-e-castelli, la seconda è di darmen59 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/contest/735/view

martedì 28 aprile 2020

Il castello di martedì 28 aprile



CEPPALONI (BN) - Castello

La sua fondazione, almeno dagli elementi ancora visibili, risale al periodo normanno e ha subito modifiche nel corso del tempo, soprattutto in epoca angioina e aragonese. Il castello di Ceppaloni si erge su di uno sperone roccioso che domina la sottostante valle del fiume Sabato. Le prime notizie storiche circa la sua esistenza ci riportano agli inizi del XII secolo, al tempo dei normanni, quando era tenuto da Raone II di Fraineta, signore di Ceppaloni. Non si può escludere, però, che già in epoca romana o longobarda vi fosse nello stesso sito un fortilizio, ipotesi questa che necessita di conferme sul piano archeologico. Comunque la costruzione ad opera dei normanni è da collocarsi nella seconda metà dell'XI secolo. Il castello, come pochi altri nella regione, venne a trovarsi in una posizione geopolitica particolare, trovandosi con il suo territorio nel regno di Napoli, al confine con le terre di Benevento che dal 1077 al 1860 appartennero, salvo brevi periodi, allo Stato Pontificio. Dal castello era infatti possibile controllare l'accesso alla città di Benevento dalla valle del Sabato, poco lontano dallo stretto di Barba, punto obbligato di passaggio dell'antica via Antiqua Majore che, imboccando la stretta gola, collegava Benevento a Salerno, passando per Avellino. Durante le dispute tra papato e i normanni, agli inizi del XII secolo il castello, di cui era signore Raone II di Fraineta, divenne la base di varie scorrerie a danno dei beneventani. Nel 1128 papa Onorio II, riappacificato con Ruggero II, vi soggiornò e da qui diede ordine di far saccheggiare la città di Benevento, colpevole di non avergli consegnato i congiurati che l'anno prima avevano ucciso il rettore Guglielmo. I beneventani, esasperati dai continui attacchi di Raone III di Fraineta, ribelle anche a re Ruggero, riuscirono con l'aiuto di quest'ultimo ad abbattere il castello. Fu poi lo stesso re Ruggero che ricostruì il castello e che nel corso di un viaggio visitò l’oppidum Cepparunum dando disposizioni affinché si rendesse più munito e forte. Nel periodo federiciano Ceppaloni venne coinvolta per l'ennesima volta nei conflitti tra papato e impero. Il castrum durante la reggenza della regina Costanza, madre di Federico II, e sino al ritorno di questi nel 1220, fu occupato dai beneventani che vi tenevano un castellano. Nel 1229 il castello subì una seconda distruzione, questa volta ad opera dell'esercito pontificio e dei guelfi beneventani, che approfittando dell'assenza dell'imperatore Federico II partito per la crociata, lo incendiarono dopo aver assaltato Apice e Montefusco. Al suo ritorno Federico II rioccupò con la forza Ceppaloni e le altre terre invase. Durante il periodo angioino, il castello continuò ad essere parte integrante della difesa, ad esso era preposto un castellano di nomina regia. Il castello era in amministrazione mista regia e feudale. Il feudo di Ceppaloni fu dato, infatti, in concessione a militi di origine francese. L'edificio svolse un ruolo importante anche nel conflitto tra angioini e aragonesi che mise a ferro e a fuoco anche castelli circostanti come quello di Fossaceca e forse quello di Balba. Verso la fine di febbraio del 1437 Alfonso V d'Aragona, dopo aver attraversato la Valle Caudina e Montesarchio, a causa delle forti nevicate e del maltempo si trattenne in Montefusco e da qui passò nel castello di Ceppaloni dove si trattenne diversi giorni, ospite del capitano di ventura Francesco Orsini che lo appoggiava. Successivamente con Giacomo Antonio della Marra il castello divenne punto di forza della fazione angioina che appoggiava Renato d'Angiò. Ricordiamo che nel 1460 e poi nel dicembre 1461 nella valle del Sabato e in particolare nei territori di Chianche e Chianchetelle erano stanziati gli accampamenti delle truppe regie aragonesi al comando del capitano di ventura Alessandro Sforza che aveva il compito di controllare la zona e in particolare il libero transito sull'Appia. Nel 1534 il castello con il feudo di Ceppaloni passò, per volere di Carlo V, nelle mani di don Roderigo d'Avalos, che vi dovette risiedere più o meno stabilmente. Lo stesso fecero i suoi successori Alfonso prima e Roderigo poi, con le loro famiglie. Nel 1576 il feudo di Ceppaloni fu venduto ai Cosso o Coscia che però risiedevano nel loro maggior feudo di Sant'Agata de' Goti. Dal 1605 al 1623, invece, il castello fu la dimora abituale del feudatario, Giovan Tommaso Cosso, fratello del duca di S. Agata. Acquistato nel 1634 con il feudo di Ceppaloni da Fabio de Lagonissa o della Leonessa, arcivescovo di Conza e patriarca di Antiochia, il maniero fu da questi restaurato e stabilmente abitato. I della Leonessa continuarono a risiedervi con don Vincenzo, nipote del Patriarca, che per primo ebbe il titolo di duca di Ceppaloni. Nel castello nacque pure Geronimo, figlio del principe Tiberio Carafa e di Cristina Carafa, famiglia imparentata con i della Leonessa. A partire dunque dall'acquisto da parte del Patriarca, il castello fu la residenza del feudatario e della sua corte.Nel 1688, ormai divenuto palazzo baronale, venne abbandonato a causa del terremoto. Ad abitare il castello rimase solo la famiglia del custode e sporadicamente il governatore di turno. Nel 1699 cambiò temporaneamente proprietario e fu abitato dalla duchessa di Apollosa, donna Maddalena Capece Piscicelli vedova Guindazzo. Ma fu una breve parentesi. A parte forse qualche breve soggiorno da parte del feudatario, il castello venne abitato sempre con carattere saltuario dal governatore pro tempore, che solo in qualche caso vi soggiornava con la moglie o con, al massimo, uno o due servitori. I della Leonessa, che possedevano altri feudi, risiedevano a quel tempo nel palazzo ducale di San Martino Valle Caudina o a Sepino. In seguito, verso il 1740, spostarono la loro residenza abituale in Napoli, alla stregua di tanti altri nobili del tempo. Nel castello aveva sede l'ufficio della Curia ossia della Corte baronale, deputata all'amministrazione della giustizia, di competenza del feudatario e amministrata dal governatore che esplicava anche le funzioni di giudice. Per questo motivo all'interno delle sue mura ospitò anche il carcere feudale. Con l'abolizione della feudalità nel 1806, anche questi uffici cessarono di funzionare. Il castello dunque perse ogni funzione e questa situazione si trascinò lungo tutto l'arco dell'Ottocento sino ai primi del Novecento, quando fu venduto dalla baronessa donna Maria Argentina Pignatelli della Leonessa in Carelli, a diverse persone di Ceppaloni che suddivisero così i locali della costruzione in vari appartamenti. Attualmente il castello è acquisito al patrimonio comunale ed è in fase di ultimazione dei lavori di restauro. L'edificio, avendo subito numerose fasi costruttive nell'arco di nove secoli, presenta una forma architettonica caratterizzata dalla sovrapposizione degli schemi costruttivi. Pur ammettendo l'ipotesi di un preesistente fortilizio longobardo, esso per alcune caratteristiche salienti del suo impianto architettonico è inquadrabile nella tipologia dei castelli normanni del XI e XII secolo. Il castellum infatti sorge sulla cima del rilievo occupato dall'abitato ed è dotato di una cortina muraria che segue strettamente l'orografia della rupe. La pianta che ne risulta assume dunque nel nostro caso una forma che ricorda un triangolo i cui vertici sono più o meno arrotondati. Al perimetro esterno corrisponde una corte interna dalla medesima forma. Tra i due perimetri è posto il corpo dell'edificio, che si sviluppa su due livelli. Le tracce di interventi successivi soprattutto sulle strutture basamentali sono abbastanza evidenti. Dall'analisi degli elementi architettonici si deve ritenere che l'impianto sia rimasto sostanzialmente invariato dall'epoca normanna e che poi abbia subito consistenti modifiche nelle strutture. Queste hanno interessato senz'altro le torri di cui era munito originariamente. Di esse, aventi impianto circolare, tipico delle strutture normanne, ci resta solo quella posta al vertice di nord-ovest, alla cui base si apriva l'antico ingresso del castello. Il posizionamento di tale ingresso, rasente lo strapiombo, ricalca un'antica tecnica difensiva, che poneva gli ingressi dei fortilizi dietro una curva della strada d'accesso. In epoca successiva, venute meno le esigenze difensive, questa porta venne murata e il nuovo ingresso fu posto sul lato di sud-ovest. Il castello, dunque a partire dal XVI secolo, cessate le necessità militari, acquisiva sempre più le caratteristiche proprie di un palazzo baronale. L'attuale complesso purtroppo è stato snaturato da interventi non coordinati, arbitrari, apportati dai proprietari. In alcuni casi si è ricorso addirittura all'alluminio anodizzato per gli infissi che affacciano sulla corte. Nella corte si riscontrano alcuni elementi di un certo interesse: nello spigolo a nord-ovest un arco da isolare e da restaurare, un grosso scalone di pietra nell’ala opposta, un pozzo di discreta fattura incassato nella faccia interna dell’ala sud. Gli ingressi alla corte sono due: uno sull’ala sud e un altro sull’ala nord–ovest. L’ingresso dell’ala sud è stato deturpato da un intervento recente costituito da un solaio a putrelle che ha tagliato l’arco sovrastante, mentre l’altro accesso alla corte, attualmente ha il portale tompagnato e una rampa in forte pendenza che conduce al livello della corte. Il castello si articola su due livelli continui e un livello parziale inferiore. In corrispondenza dello spigolo di nord-ovest è inserita l’unica torre del castello: una torre ovoidale semi-incapsulata nella muratura. Essa presenta evidenti tracce di dissesti nella muratura e imponente inerbamento, che ha dato luogo a fenomeni espulsivi di elementi litoidi. Questo inerbamento è presente su tutte le facciate del castello in forma macroscopica. Il castello si presentava in pessimo stato conservativo, imputabile ai soliti fattori ricorrenti in quasi tutti i monumenti della Campania in altre parole: vetustà, assalto degli agenti atmosferici sulle superfici litoidi, lignee e sulle superfici murarie poco protette, se non addirittura protette per nulla, infine l’assenza di manutenzione. Qualche intervento di manutenzione è stato apportato direttamente dagli abitanti però si è rilevato un rimedio peggiore del male. Ultimo in ordine di tempo ma non per importanza è stato l’insulto sismico dell’ '80. La copertura, che in alcune parti dell’edificio è bifalde ed in altre è monofalde, nell’ala nord era quasi completamente distrutta: tutta la struttura lignea primaria e secondaria si presentava fatiscente se non addirittura scomparsa, solo i coppi di laterizio del manto erano in parte recuperabili. Sempre nella zona del vertice di nord–ovest ci si trovava di fronte a notevoli fenomeni di scollocamento, tra il parametro esterno e il resto della struttura muraria. L’evento si è verificato in occasione del terremoto del 1980 costringendo gli abitanti (anche la torre era abitata) allo sgombero della torre. Il resto del castello invece attualmente è (come già detto) tutto abitato nonostante le condizioni statiche e conservative siano precarie. Su un ampio tratto della facciata sud si riscontra una grande eterogeneità del parametro murario dovuto ai successivi e parziali rifacimenti. Nella parte inferiore, infatti, si nota muratura di pietrame, nella parte mediana e nella parte sommitale muratura di mattoni. Anche qui ci sono fenomeni di inurbamento ma non imponenti. Nella zona centrale, al di sopra dell’ingresso si intravedono gli elementi di un loggiato tompagnato che nei successivi interventi potrà essere recuperato. Altro link suggerito: https://beneventoturismo.altervista.org/castello-ceppaloni/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Ceppaloni, testo dell' Ing. Giuseppe Di Donato su http://www.ceppaloni.info/index.php/cenni-storici/51-il-castello-di-ceppaloni

Foto: la prima è di Mauro Di Gennaro su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/135104/view, la seconda è una cartolina della mia collezione

lunedì 27 aprile 2020

Il castello di lunedì 27 aprile



CASTELNUOVO MAGRA (SP) - Castello Vescovi di Luni

È la più evidente opera architettonica del centro storico, riconoscibile da lontano grazie alla sua Turris Magna, mastio del sistema difensivo. L'odierna struttura fu voluta sul finire del XIII secolo dal vescovo di Luni Enrico da Fucecchio quale dimora vescovile e sede stessa della diocesi lunense. Nel cuore del centro storico castelnovese, presso la zona detta del "Borghetto", già esisteva una sorta di postazione difensiva che nacque agli inizi del Duecento - per opera del vescovo Gualtiero II - contemporaneamente alla fondazione del paese. Nella prima metà del XV secolo, con la dominazione fiorentina dei Medici, il già palazzo vescovile venne restaurato soprattutto nell'area della torre quadrangolare - dove furono aggiunti beccatelli in arenaria nel 1468 - e ancora nel XVI secolo con la Repubblica di Genova che edificò la seconda torre circolare, adibita a deposito di munizioni, con beccatelli in laterizio. Quest'ultima permetteva anche il controllo verso la porta di accesso al borgo di Vallecchia, grazie alle feritoie che consentivano il tiro radente dell'artiglieria. I due corpi di fabbrica ospitavano sale di rappresentanza, locali per le truppe (alloggi), cantine, una macina e una cappella interna. Caduta in disuso in un'epoca indefinita, la struttura subì un vero e proprio smantellamento e le sue pietre utilizzate per la costruzione delle locali case; l'ultimo prelievo, autorizzato, venne eseguito nel XIX secolo per la costruzione del coro della locale parrocchiale di Santa Maria Maddalena. Del palazzo medievale, ancora più esaltato dalla nudità delle mura in pietra, restano tuttavia visibili le due torri, una circolare e l'altra quadrangolare, alta circa 80 metri, oltre a resti delle mura perimetrali. Dal giugno 2015, la turris magna, completamente restaurata è aperta al pubblico per visite ed esposizioni: sino al giorno 11 ottobre 2015 ha ospitato la mostra "Icons" del fotografo Elliott Erwitt. Dal 22 aprile al giorno 11 settembre 2016 la torre ha ospita la mostra tematica di Steve McCurry dedicata al calcio di strada: "Football an Icons". Il fotografo statunitense il 20 giugno 2016 ha presentato al pubblico nella piazza del castello il catalogo della mostra. L’episodio più celebre ed importante di tutta la storia castelnovese avvenne il 6 ottobre 1306. Quel giorno infatti il sommo poeta Dante Alighieri firmò la pace tra il marchese Franceschino Malaspina e il Vescovo Antonio da Camilla, ponendo così fine ai continui conflitti tra i Malaspina e i Vescovi di Luni (una targa apposta su uno dei muri della Torre ricorda l’evento). Ancora oggi l’evento viene celebrato nella piazza del borgo, durante l’ultima domenica di Agosto, grazie a una bellissima e caratteristica rievocazione storica. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=7JuVDmvNd28 (video di Gimedia Photo), https://www.youtube.com/watch?v=ggQHgbGdzNU (video di Borghi d'Italia)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Castelnuovo_Magra, https://comune.castelnuovomagra.sp.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/palazzo-dei-vescovi-di-luni-38823-1-c11d7a10104bb2a15b224908e814aa6a, https://www.terredilunigiana.com/castelli/castellocastelnuovo.php, https://www.loveliguria.it/itinerari-in-liguria/il-castello-dei-vescovi-di-luni-castelnuovo-magra/, https://www.finestresullarte.info/384n_torre-del-castello-dei-vescovi-di-luni-castelnuovo-magra.php

Foto: la prima è presa da https://strafrancigena.files.wordpress.com/2018/07/castelnuovo-magra.jpg, la seconda è una cartolina della mia collezione

domenica 26 aprile 2020

Il castello di domenica 26 aprile



BUONCONVENTO (SI) - Castello di Castelnuovo Tancredi

Il borgo ha origine alto-medievale e intorno all'anno 1000 risale l'edificazione di una prima torre a scopo difensivo, utilizzata come granaio e in seguito come sede delle guarnigioni senesi in guerra con i comuni della Maremma. Fino al XIII secolo fu signoria dei nobili Guiglieschi e per questo era conosciuto come Castelnuovo Guglieschi, come lo si trova citato nel 1214. Nel 1413 la Repubblica di Siena pose le due comunità di Castelnuovo e di Bibbiano Guiglieschi sotto un'unica amministrazione retta da un giusdicente di seconda classe. Passò in seguito ad altre famiglie senesi, tra i quali i Bargagli, ma soprattutto i Tancredi, che trasformarono il castello in una imponenete villa fortificata, legando il proprio nome a quello del borgo. Scrive il Repetti nel celeberrimo "Dizionario geografico, fisico, storico della Toscana", a proposito di Castelnuovo Tancredi nella Val d’Orcia. “Risiede sopra un rialto di collina dipendente da una propaggine australe dei poggi detti di Vescovado, o di Murlo, un miglio vicino alla villa di Bibbiano Guiglieschi. Vi dominavano sino dal secolo XIII i nobili di quest’ultima casata, per cui a quell’età si appellava Castelnuovo Guiglieschi. Fu anche detto Castelnuovo Bargagli, innanzi che prendesse il nome di Tancredi da un’altra famiglia senese ora estinta. Nel 1413 reggeva nel civile i due castellucci dei Guiglieschi un giusdicente di seconda classe della Repubblica di Siena. La parrocchia di Castelnuovo Tancredi conta 119 abitanti”. Una lunga storia, segnata da molti passaggi di proprietà per questo maniero situato sulla strada provinciale per l’antica Murlo, conosciuto dai turisti e apprezzato come uno dei migliori agriturismi della Toscana. Il fortilizio infatti è il centro amministrativo di un grande podere in cui si producono olio e vino di altissima e in cui si accolgono gli ospiti nei molti casali ristrutturati. All’interno della tenuta si trova la Chiesa di San Bartolomeo risalente al XIII Secolo. Fino a qualche anno fa vi era collocata una tavola raffigurante la Madonna con il bambino, opera attribuita a Pietro Lorenzetti, fratello maggiore di Ambrogio. Il quadro ridipinto maldestramente nel corso del Settecento da Niccolò Franchini è oggi esposto nel Museo di Arte Sacra della Val d’Arbia. Il castello è composto da una Villa cinquecentesca e da un torrione con base a scarpa e coronamento ad archetti su mensole di pietra. La Tenuta di Castelnuovo Tancredi si estende per oltre seicento ettari. Da piu' di cinque generazioni (dal 1897) ne sono proprietari i Venturini Del Greco: nella fattoria si producono vini DOC e ottimo olio extra vergine di oliva. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=ohPTRhRhvFQ (video di My Private Villas), http://www.cretesenesi.com/castelnuovo-tancredi-p-5_vis_9_156.html

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castelnuovo_Tancredi, https://www.intoscana.it/it/articolo/castelnuovo-tancredi-e-il-lorenzetti-rirovato/, http://www.ursea.it/walking/1268/percorso.htm

Foto: entrambe prese da http://www.castelnuovotancredi.it/montalcino/it/the-castle/ (sito ufficiale della struttura)

sabato 25 aprile 2020

Il castello di sabato 25 aprile



SUSA (TO) - Castello della Contessa Adelaide

Posto sull'altura che domina il centro storico, a fianco del celebre Arco di Augusto, fra i più antichi castelli in Val di Susa, la fortificazione segusina è stata più volte rimaneggiata nel corso dei secoli, ma i restauri degli ultimi decenni ne hanno riscoperto alcuni tratti medioevali. Il nome con cui è conosciuto rimanda ad Adelaide di Susa, che nell' XI secolo portò l'antica Segusio, le terre circostanti, molti feudi del Piemonte e il Passo del Moncenisio nell'orbita della Casa Savoia. Qui ella nacque tra il 1010 e il 1016, dal Olderico Manfredi, conte di Torino e marchese di Susa, e dalla moglie Berta d'Este. Di Adelaide non si conosce neppure il volto, e non è mai stata rinvenuta la tomba, ma seppe destreggiarsi, da sola, tra papi ed imperatori dell'anno mille. Fu moglie di Oddone, figlio di Umberto Biancamano, conte di Moriana e di Savoia. Fu poi suocera dell'imperatore Enrico IV, a cui aveva dato in sposa la figlia Berta. La data di costruzione del Castello di Susa è incerta, ma potrebbe essere stato edificato dai primi sovrani di questa zona e abitato dai Cozi. L'edificio subì molte trasformazioni e altrettante vicissitudini, prima di diventare la dimora dei marchesi di Susa. Olderico fu il primo a stabilirvi la sua residenza ma soprattutto ci visse la marchesa Adelaide, il personaggio più noto della storia millenaria di Susa, che qui crebbe i suoi figli: Pietro, Oddone e Amedeo, divenuti poi principi di casa Savoia. Le parti antiche sono oggi assai limitate in seguito ai vari interventi che si sono succeduti nei secoli. L'aspetto attuale gli deriva dalla ristrutturazione effettuata nel 1750 in occasione delle nozze tra Carlo Emanuele III e l'infanta Maria Antonia, mentre dell'antica costruzione medievale non rimangono che le bifore e le caditoie (buchi dai quali si lanciavano i sassi) sulle pareti che si affacciano sul centro storico. Dopo essere stato dimora di Adelaide, il Castello lo è stato dei suoi discendenti, e tra il 1213 e il 1214 ha visto anche la presenza di San Francesco d'Assisi, in viaggio verso la Francia. Dopo la pace di Chateau Cambresis, nel 1559, e il ritorno della valle di Susa ai Savoia, il Castello ha ospitato l'incontro che ha suggellato la pace. Una pace che però non è durata molto: il Seicento fu caratterizzato dalle guerra con la Francia e il maniero divenne nuovamente luogo per le trattative. Nel 1629 Luigi XIII e il cardinale Richelieu vi soggiornarono a lungo. Caduto progressivamente in abbandono, nel 1806, con un decreto napoleonico, il Castello venne tolto ai sabaudi e affidato alla municipalità, con l'obbligo di aprire al suo interno delle scuole, e dopo il 1814 diventò sede del supremo comando militare e politico della città e della valle. Ma è stato l'uso scolastico della costruzione, a durare di più: oltre 150 anni. Un uso che ha modificato notevolmente sia l'esterno che l'interno del palazzo, che oggi è sede del Museo Civico (di proprietà della Città di Susa, raccoglie i reperti collezionati fin dall'Ottocento sul ricco territorio di transito alpino della Valle di Susa), della Biblioteca e dell'Archivio Storico. Dagli anni '80 è stato oggetto di interventi di restauro. Dopo quindici anni di restauri, nel corso dell'anno 2017 è partita la riapertura per tappe del complesso museale, con una anteprima nei fine settimana d'estate e l'inaugurazione ufficiale il 23 settembre in occasione della Giornata del Patrimonio Archeologico con una lectio del professor Giuseppe Sergi su “Donne, potenti garanti della continuità politica: il Medioevo e la contessa Adelaide”. Per l'anteprima, il 21 luglio 2017 è stata inaugurata al piano terreno la prima mostra temporanea dal titolo "Abiti, armi e gioielli al tempo di Adelaide", mentre dal 23 settembre 2017 è visitabile l'esposizione dei tesori archeologici rinvenuti sul territorio durante il Novecento. Il complesso, come detto, è stato rimaneggiato a più riprese nel corso dei secoli e presenta una ampia stratificazione storica, che è stata indagata in diverse fasi dal Novecento ad oggi. Nell'area coesistono fianco a fianco preesistenze celtiche, l'arco di Augusto, mura e resti archeologici dell'area di comando romana, porzioni del castello dei Conti nel Medioevo, un'ala di età barocca. Secondo gli studiosi l'attuale castello sorge in quella che già in epoca preromana doveva essere l'area di comando della città ai tempi del capo celtico Donno e quindi di quella romana: le indagini archeologiche hanno permesso di riconoscere in situ il palazzo del Praetorium, il Palazzo del Governatore di dimensioni 75 x 42 metri circa, accanto all'Arco di Augusto, probabile luogo i passaggio della strada romana verso la Gallia. Di questa epoca rimangono fondazioni, un atrio di ingresso, alcune tessere di un pavimento a mosaico e alcune volte degli ambienti sotterranei. Oggi gli edifici hanno l'aspetto di un complesso a "L", con una manica est più corta e prospettante sulla città vecchia e una manica nord più lunga e tendente verso l'Arco di Augusto, la cui area (a ovest) è separata da un complesso di mura e di torri in parte abbattute. La manica est viene datata al X-XI secolo, l'epoca adelaidina. Conserva alcune emergenze architettoniche medievali, come la pustierla marmorea di accesso dalla città e una bella bifora bicolore tamponata. All'interno si conservano altre antiche bifore. Oggi ha un aspetto settecentesco la manica nord, realizzata in parte su preesistenze del periodo romano. Nella parte in alzato la struttura è risalente al XIII secolo circa, ma è stata poi privata dello scalone di accesso e della loggia prospettante il cortile, mentre la grande sala di rappresentanza al primo piano è stata rivista tamponando tre grandi trifore polilobate. Nella parte ovest è ancora esistente una porta carraia di accesso nel muro su cui aggettano torri in parte abbattute. Un tempo fortificavano l'area di accesso al castello, utilizzando anche l'Arco romano. Rimane ancora da indagare dal punto di vista archeologico l'area a sud-est, che un tempo doveva essere occupata dalla chiesa di S. Maria al Castello. L'area della Rocca è stata oggetto di un progetto integrato, con il riallestimento del Museo Civico, con un percorso archeologico e con un Centro di interpretazione del territorio, punto propulsore sul quale tessere la proposta dei siti culturali di tutta la zona. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=aEPNgVClNF8 (video di enrico sangermano), https://www.youtube.com/watch?v=i98F-j1MhQc (video di Rinta157)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_della_Contessa_Adelaide, https://www.comune.susa.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-della-contessa-adelaide-sec-xi-20686-1-40a91b447ffdbd791253b5b5547aadee

Foto: la prima è presa da https://www.lavalsusa.it/susa-23-24-settembre-al-castello-adelaide-apre-museo/, la seconda è presa da https://www.associazioneilponte.com/susa-gioiello-delle-alpi-cozie/susa-la-nascita-del-sacro-romano-impero/

venerdì 24 aprile 2020

Il castello di venerdì 24 aprile



COLI (PC) - Castello di Faraneto

L’origine longobarda è indicata dal toponimo che fa riferimento al termine Fara, nucleo di comando di un arimanno (il nome significa luogo piantumato con farnie, alberi della famiglia della quercia). Nel XIII secolo fu costruito un castello per volere del ghibellino Montanaro I Grassi: nel XVI secolo Antonio Francesco Grassi lo trasformò in residenza signorile adornandolo con decori architettonici in pietra arenaria. Nel XVII secolo fu aggiunto l’oratorio impreziosito da affreschi e stucchi barocchi di ignota fattura. Alla fine del Seicento i Grassi si trasferirono a Piacenza e il castello oramai in stato di abbandono iniziò una lenta decadenza. Venduta alla fine del Ottocento, la costruzione fu trasformata ed adibita ad uso agricolo. Risulta difficile attualmente immaginare l’antico splendore del castello. Possiamo ammirare due bei portali: il primo è addossato all’edificio contiguo a quello principale: presenta un arco a tutto sesto con una chiave di volta a volute e due colonnine ioniche. Il secondo, rovinato, è stilisticamente simile e la sua maggiore dimensione denuncia, forse, la sua funzione di ingresso principale. L’edificio è di proprietà privata e gli interni non sono visitabili. Altri link suggeriti: https://castellodifaraneto.wordpress.com/, https://marcoferreri.files.wordpress.com/2015/05/faraneto_icon_articolo001.pdf, http://www.altavaltrebbia.net/rassegna-stampa/161-coli/3286-castello-di-faraneto.html

Fonti: http://www.altavaltrebbia.net/frazioniemilia/1582-faraneto.html, http://www.sulleormedisancolombano.it/castello-di-faraneto/

Foto: la prima è presa da https://castellodifaraneto.files.wordpress.com/2017/10/castagne-1.jpg, la seconda è una immagine d'epoca presa da https://artsandculture.google.com/asset/castello-di-faraneto-faraneto-piacenza/RQF3JsmGhDgFmA

giovedì 23 aprile 2020

Il castello di giovedì 23 aprile



GUBBIO (PG) - Castel d'Alfiolo in frazione Padule

Il castello fu costruito intorno all'anno 1000 ed era posizionato all'interno del feudo d'Alfiolo creato dall'imperatore Ottone II. Dalla cronaca medievale di Greffolino Valeriani scopriamo che circa mille eugubini andarono alle crociate contro i turchi, che avevano invaso i luoghi santi in Palestina; fra le famiglie nobili che parteciparono alla lunga campagna, vi erano anche i conti d’Alfiolo. Sappiamo inoltre che nel 1146 un tale Matteo d’Alfiolo partecipò alla seconda Crociata promossa da Bernardo di Chiaravalle, che si concluse due anni dopo, con la sconfitta dell’esercito cristiano. Successivamente in assenza di eredi, i beni passarono al Vescovo di Gubbio che assegnò il cenobio ai benedettini ( un abbas Ventura è documentato nel 1039 ) i quali bonificarono la palude circostante ( tuttora il toponimo del luogo è “Padule”). La fortezza, formata all’inizio da una torre e da due corpi laterali, nel XIII secolo assunse la fisionomia di abbazia benedettina, con la costruzione di altre due ali che chiudevano così un quadrilatero nel cui interno venne ricavato il chiostro del monastero. Nel XII secolo il complesso venne trasformato in una Badia in cui trovarono posto attività agricole e manifatturiere, laboratori, scuole, ospizi e giardini arrivando quasi a formare una piccola città. Nel 1300, nelle sue vicinanze, si combatté una violenta battaglia tra milizie guelfe, composte da perugini e fuoriusciti eugubini, e forze ghibelline, che da 32 giorni avevano occupato Gubbio con l’aiuto di guarnigioni provenienti da Toscana, Marche e Romagna. Ad avere organizzato la sortita filo-imperiale era stato il famigerato Uguccione della Faggiola, di cui ci parla lo stesso Dante Alighieri nella Divina Commedia. Nel maggio 1300, Uguccione, insieme con Federico da Montefeltro e Uberto Malatesta, prese Gubbio e ne divenne podestà. Poche settimane dopo, il 24 giugno, il cardinal diacono di San Adriano, Napoleone Orsini, cacciò da Gubbio Uguccione, riconquistando la città per le forze guelfe di Bonifacio VIII, e dei Perugini. Nello stesso anno moriva di peste a Perugia comes Albasius de Alphiolo. Le difficoltà per la struttura non si conclusero qui. Nel 1350 infatti, Giovanni di Cantuccio Gabrielli, signore di Gubbio, si scontrò nel 1350 contro i suoi nemici e il risultato fu la parziale distruzione del monastero e della chiesa di S. Maria d’Alfiolo. A questo punto le autorità si accorsero probabilmente dell’importanza strategica della struttura, che dominava la valle ed era ubicata a poca distanza, in direzione sud-est, della città, ultimo baluardo prima delle mura urbiche. Nel 1382 si decise di munire il monastero di una solida torre militare (infatti da quel momento viene anche chiamato”fortilitium” di S. Maria d’Alfiolo o “castrum de S. Maria de Alfiolo“. Al suo interno stazionava una piccola guarnigione guidata da un capitano. Di questi castellani si conoscono i nomi in parte: Pucciardo Massoli (1382), Gioacchino Luce (1410), Antonius de Montelone (1414), Antonius Padule (1432-34). Sappiamo che nel 1442 subì un grave incendio come ricorda un’iscrizione ancora presente. Nel 1447 avvenne un importantissimo cambiamento, che proiettò la struttura nel rinascimento e fu motivo di un profondo riassetto architettonico: tornata in possesso del vescovo di Gubbio, divenne la residenza estiva vescovile e fu proprio il Vescovo Antonio Severi (1444- 1472), nel 1452, a chiamare maestranze lombarde per abbellire ulteriormente l’abbazia. Nel 1530 il vescovo Federico Fregosi (1480- 1541) ristrutturò completamente il complesso architettonico in stile rinascimentale. Vennero apportate molte migliorie nel tempo fino ad arrivare, nel 1539, all'aspetto definitivo. Nel 1537 fu costruito all’interno del chiostro, contornato da uno splendido loggiato, un pozzo ad opera di Benedictus Solomonis di Gubbio, un generoso ebreo membro della vivace comunità che si era stabilita a Gubbio dal 1310, che lasciò un’iscrizione commemorativa presso il pozzo nel ferro che sorregge la carrucola in cui è inciso: Benedictus Salomonis Eugubinus fe. de mense Junii 1537. Inoltre tra il 1644 e il 1672 anche il vescovo assisiano Alessandro Sperelli si preoccupò di eseguire ammodernamenti e restauri nell’edificio. Nel corso dei secoli la struttura, grazie quindi all’evergetismo dei vescovi eugubini, assunse sempre più l’aspetto di palazzo rinascimentale con chiesa adiacente, ancora ben conservata, sulla cui volta del portale è visibile un fregio con figurazioni umane e animali di notevole bellezza. Dopo l’Unità d’Italia il palazzo passò al demanio e successivamente si alternarono diversi proprietari: i Degola, i Ricci di Genova, l’Opera Combattenti, la Società Immobiliare Fondi Rustici. Nel 1946 fu rilevata dalla SAIM di Salerno, una Società per Azioni di cui era socio il Comm. Nunziante Salvati che nel 1948 la ottenne come sua quota azionaria con il nome di SAIE. Gli attuali proprietari sono infatti i figli, rappresentati dall’Ing. Michele che con tanta passione e competenza ha messo in evidenza tanti elementi architettonici alto medioevali di questo grandioso complesso. L'edificio ha la forma di un quadrilatero e risulta molto possente e maestoso. All'interno vi sono numerosi cortili, cantine e anche una chiesa. Nel territorio circostante sono presenti diversi casali, un lago e ampi terreni agricoli. Altri link consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=vlmk7A6lGe4 (video di Alex Drone Solutions), http://www.gubbiooggi.it/public/file/dg/363fdd86-f9cf-43cd-8ad4-e58d9d555f61/MISTERI_03-14.pdf, https://www.youtube.com/watch?v=n6rAVbKTqFQ (video di Dream Properties Worldwide)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_d%27Alfiolo, https://www.iluoghidelsilenzio.it/abbazia-dalfiolo-gubbio-pg/

Foto: la prima è presa dalla pagina Facebook https://www.facebook.com/pg/casteldalfiologubbio/about/?referrer=services_landing_page, la seconda è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/abbazia-dalfiolo-gubbio-pg/

mercoledì 22 aprile 2020

Il castello di mercoledì 22 aprile



GUBBIO (PG) - Castello di Petroia

Il primo documento sull'esistenza del castello di Petroia risale al 1072. In un atto di donazione, infatti, si parla di un "mansum in curte Petroij"; nel 1171 un altro rogito notarile, trovato nell'archivio comunale di Gubbio, conferma l'esistenza della "curtis Petroij" dalla quale dipendevano altre rocche. Il 7 maggio 1257 Ugolino, conte di Coccorano conquistò il castello di Petroia ed altre fortezze limitrofe, dipendenti da questo. Nel 1384 Antonio da Montefeltro occupò il territorio di Gubbio e lo annetté al ducato di Urbino che, da quel momento, fino al 1508, dominò l'intera regione in cui si trovava anche il castello di Petroia. Non fu evento ordinario quello del 7 giugno 1422: nacque a Petroia dalla giovanissima Elisabetta degli Accomandugi, figlia di Guido Paolo e nipote di Matteo, Federico, poi diventato secondo duca d'Urbino. Elisabetta, dama di compagnia della contessa Rengarda, ebbe questo figlio in tenera età da una relazione adulterina con il marito di lei, il conte Guidantonio da Montefeltro. Federico rimase legato a Petroia per tutta la vita, prediligendola come base per le battute di caccia con il falcone di cui era grande appassionato. Nel suo frequente soggiornare a Gubbio (fu costruito un palazzo ducale), divenuta con lui la seconda capitale dello Stato, Federico soggiornò sovente a Petroia, assieme al fratello, il conte Ottaviano Ubaldini della Carda, e ai figli, Antonio e Guidobaldo da Montefeltro. Guidobaldo, non ebbe prole e così dovette adottare nel 1504 il nipote Francesco Maria I della Rovere (la cui madre era sua sorella Giovanna) che, alla sua morte, ereditò il ducato, compreso il castello di Petroia. Nel 1631, estintasi anche la dinastia dei della Rovere, il ducato di Urbino ed il castello di Petroia passarono alla Stato Pontificio. Nel 1797 Napoleone Bonaparte occupò Gubbio, dichiarando soppressi le minuscole entità territoriali come Petroia, che dal quel momento, assieme a Gubbio, entrò a far parte del dipartimento del Metauro, restando legata alle Marche. Dopo la caduta di Napoleone I, la suddetta zona tornò in mano al papa Pio VII il quale ordinò che i piccoli comuni appodiati si aggregassero a quello maggiore. Petroia divenne comune appodiato di Gubbio fino al 1837. Dopo il 1837 anche questa dicitura scomparve. Il castello, posizionato in collina nei pressi di Gubbio, oggi appare come un maschio centrale avente una poderosa torre di avvistamento a latere, ed annesso borgo fortificato; si affaccia con un vasto panorama sulla piana del Chiascio, dominando un ampio tratto dell'Appennino umbro-marchigiano ed in particolare il massiccio del Catria ed il monte Cucco. Costruito con alta valenza strategica, ha sempre fatto parte del sistema difensivo meridionale del comune di Gubbio prima e del ducato di Urbino poi. Assieme ai vicini castelli di Magrano, Castel d'Alfiolo, Caresto, Colpalombo, Biscina e Giomici, costituì per secoli un caposaldo militare eugubino, a difesa delle aggressioni di Perugia ed Assisi. Il 10 aprile 1925 David Sagrini acquistò il castello e l'annessa proprietà di oltre 1000 ettari: la famiglia Sagrini è ancora la proprietaria. Intorno al 1988 iniziarono i lavori di restauro e ammodernamento del castello, riguardante i tre edifici che compongono la rocca (la torre, il castellare maggiore e quello minore). Oggi l'intero complesso ospita un'importante struttura alberghiera (http://www.petroia.it/castello-relais-umbria/). Tre sono gli edifici all’interno delle mura:
- La Torre medievale: svetta a 15 metri d’altezza l’antico baluardo che il comune di Gubbio innalzò nel XII secolo a difesa della sua indipendenza. Oggi al suo interno è stata ricavata una particolarissima camera, con terrazza con vista a 360° sulle valli di Petroia.
- Il Castellare Maggiore: qui a partire dal XIV secolo hanno soggiornato tutti Signori di Petroia. Ed è qui che molto probabilmente nacque da Elisabetta degli Accomanducci, Federico da Montefeltro, futuro Duca di Urbino. Qui si trovano il ristorante, la sala colazione, il ricevimento, la libreria e 9 suite.
- Il Castellare Minore: dove era solito risiedere il guardiano del Castello e la sua famiglia, trovavano luogo qui anche la scuderia e le stalle. Oggi l’edificio ospita interamente camere e suite.

Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=kZOkjKHPN4A e https://www.youtube.com/watch?v=DRppli7EGrI (entrambi i video di Castello di Petroia), http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-petroia-scritto-di-gubbio/, https://www.medioevoinumbria.it/edifici-storici/castelli-e-fortezze/badia-petroia/, https://www.facebook.com/Petroia/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Petroia, http://www.petroia.it/castello-relais-umbria/

Foto: la prima è presa da https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Petroia#/media/File:Petroia_Aerea.jpg, la seconda è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-petroia-scritto-di-gubbio/

martedì 21 aprile 2020

Il castello di martedì 21 aprile



MERANO (BZ) - Castel Rubein

Il castello, legato alla nobile famiglia dei Ruvina o Rubein (il più antico personaggio attestato è Bertoldo di Ruvina, nel 1220), risale agli inizi del XIII secolo. Situato ai margini del quartiere di Maia Alta, all'imbocco della val Passiria, il castello, che risale al XIII secolo, costituisce uno dei rari esempi in regione di architettura militare rinascimentale. Dopo l'estinzione della famiglia Rubein nel 1388, seguirono molti proprietari tra cui i signori di Starkenberg, i Rottenburg e i Mareccio. La torre originaria, già possesso dei Greifen, attestati nel 1284, fu infatti ristrutturata e inserita in un'ampia cinta con torrioni angolari. Ciò avvenne, secondo alcuni studiosi, per opera dei Vols nel corso del 1500 (Giovanni Jacopo Vols fu burgravio del Tirolo e capitano dell'Adige tra il 1545 e il 1551) oppure, secondo altri, per volontà dei Planta, nobili svizzeri che furono proprietari del castello nella prima metà del 1600. L'incertezza della datazione dell'impianto fortificato è dovuta principalmente alla struttura della fortificazione, che manca della robustezza che già esigevano le nuove armi usate nell'assalto, il cannone e la mina. L'impianto risponderebbe quindi ad una tardiva e provinciale applicazione di moduli ormai sorpassati. Il fatto che nel complesso ancora notevole preminenza abbia il mastio potrebbe altresì indicare, come sembra più probabile, la datazione più bassa, per cui l'esile cortina muraria costituirebbe solo una prima barriera nella difesa, accentrata ancora sul mastio. I confronti più vicini con il complesso fortificato sono costituiti da Glorenza, costruita alI'inizio del 1500 per volere dell'imperatore Massimiliano, dai castelli Annenberg e Coldrano, tutti situati in val Venosta e databili tra gli inizi e la fine del 1500. Negli interventi posteriori grande attenzione fu rivolta alla facciata del mastio rivolta verso il cortile, inglobato in una più ampia struttura. Archetti pensili ad arco ribassato decorano il sottotetto, tre Erker triangolari (quattro prima della sostituzione di quello inferiore con una finestra ad inferriate) e la porta a piano terra ad arco acuto articolano la superficie muraria. Recentemente nella loggia sud sono stati portati alla luce affreschi della metà del 1500 (scene bibliche e motivi decorativi) forse della mano di Bartholomaus Dill-Riemenschneider. Nel 1875 il maniero fu acquisito dal conte Brandis e nel 1880 passò al barone Franz von Reyer. Quest'ultimo iniziò una ristrutturazione degli edifici, che continuò poi in maniera più profonda con la contessa Anna Asseburg-Wolff-Metternich e suo marito il conte Camille du Parc-Locmarià, dal 1883 proprietari del castello. I loro discendenti ne sono tuttora in possesso.L'imponente struttura, circondata da un parco di 5 ettari, ospita oggi un hotel e viene utilizzato per convegni (ecco il suo sito web: http://rubein.com/it-it). Nel 2012 vi sono state girate alcune scene del film "Il principe abusivo" di Alessandro Siani. All'interno, riccamente arredato, la cosiddetta sala della musica possiede una bella stufa settecentesca in maiolica dipinta proveniente da Presano (val di Non) con la rappresentazione delle storie di Noè e Abramo e scene del vecchio Testamento. Come già scritto in precedenza, il nucleo originale del castello è costituito dal mastio, alto 21 metri e utilizzato inizialmente come casatorre, probabilmente senza alcuno scopo difensivo. Nel corso del tempo vi furono aggiunti altri edifici come il palazzo residenziale a nord-ovest e il palazzo loggiato a sud. Nel 1984 all'interno e all'esterno della loggia furono scoperti degli affreschi. Risalgono probabilmente al 1540 e sono attribuiti a Bartlma Dill Riemenschneider che lavorò su commissione dei Vanga. Rappresentano scene tratte dal vangelo, cosa abbastanza rara visto che decorazioni del genere di solito ritraggono temi profani. Tra il XVII e il XVIII secolo furono ricoperti da colorazioni uniformi poiché ritenuti passati di moda. Nello stesso palazzo è racchiusa anche la cappella tardogotica del castello che risale al 1455. Fu rimodernata in periodo barocco con la copertura degli originali affreschi medievali che sono stati riscoperti in tempi recenti grazie a un restauro finanziato dalla Fondazione Messerschmitt.

Fonti: http://www.mondimedievali.net/Castelli/Trentino/bolzano/provincia000.htm#rubein, https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Rubein

Foto: la prima è presa da https://www.icastelli.net/it/castello-rubein, la seconda è presa da http://rubein.com/it-it/galleria

lunedì 20 aprile 2020

Il castello di lunedì 20 aprile




SAN VITO LO CAPO (TP) - Torri costiere

Lungo la fascia costiera si ergono le torri Scieri, Mpisu e Isulidda, tutte progettate nel 1583 dall’architetto fiorentino Camillo Camilliani, al quale venne affidato il compito di realizzare un sistema di torri per la difesa dai pirati che infestavano il Mediterraneo. Partendo dalla provinciale che costeggia San Vito lo Capo, in località Makari sorge la prima roccaforte: torre Isulidda. Essa costituisce l’elemento più emergente della costa makarese; torre a pianta quadrata costruita con pietra intonacata, presenta l’accesso verso il monte. Il paesaggio rupestre, adatto alle scalate libere, permette ai turisti appassionati di questa disciplina sportiva, di misurare la propria bravura sugli scenari di un luogo incantato a picco sul mare. Le rocce su cui sorge la roccaforte diventano durante il mese di ottobre palcoscenico del “free climbing” o arrampicata libera. Lo scenario roccioso del golfo di Makari offre ai numerosi arrampicatori, falesie di diverse caratteristiche. Le fasce rocciose di diversa natura permettono la scalata delle pareti sia ai bambini sia ai “top climbers” i fuoriclasse dell’arrampicata libera. Un’altra torre di avvistamento era torre ‘Mpisu, anch’essa a pianta quadrata, situata sul versante nord-ovest. Tutte le strutture difensive citate, al loro interno erano divise in maniera semplice e possedevano una cisterna per raccogliere l’acqua piovana. In ogni torre erano presenti tre militari per la guardia. La roccaforte trovandosi in una posizione più elevata era in comunicazione con la torre Isulidda e le roccaforti di Bonagia e San Giuliano. Le segnalazioni sospette erano eseguite utilizzando due modalità: di giorno si procedeva tramite segnali di fumo fino a quando le altre torri non rispondevano con lo stesso segno; di notte invece si accendevano delle canne (le buse) che formavano un fascio di luce che doveva essere alzato e abbassato tante volte quante fossero le navi avvistate. Qualora la flotta fosse stata composta da più di dodici navi, il fascio di luce sarebbe dovuto rimanere per più di un’ora attorno alla cima della torre. L’ultimo edificio militare che chiude il golfo di Castellammare del Golfo, all’interno del territorio di San Vito lo Capo è la Torre dell’Usciere, detta Scieri. Come tutte le altre camillanee ha pianta quadrata con alla base un possente terrapieno destinato a contenere la cisterna e il deposito per le munizioni; un vano quadrato suddiviso in due ambienti per i torrari si trova al primo piano; sopra, la terrazza dove erano collocati i pezzi di artiglieria e venivano eseguiti i segnali (fani) con fumi e fuoco. Di importanza strategica collegava visivamente le torri del golfo di Castellammare e di Cofano.

Fonti: http://www.turismo.trapani.it/it/1104/torre-sciere.html, https://casamarcellasanvitolocapo.wordpress.com/tag/camillo-camilliani/

Foto: la prima (Torre Isulidda) è presa da https://www.sanvitoweb.com/torri.php, la seconda (Torre dell'Usciere) è presa da http://www.foto-sicilia.it/foto.cfm?idfoto=164589&idcategoria=1&citta=san%20vito%20lo%20capo&idfotografo=3162, la terza (Torre Mpisu) è presa da https://casamarcellasanvitolocapo.wordpress.com/tag/camillo-camilliani/

domenica 19 aprile 2020

Il castello di domenica 19 aprile



COLI (PC) - Castello dei Magrini

Coli acquistò rilievo a partire dal VII secolo quando, posto alle dipendenze del monastero di San Colombano di Bobbio, vi fiorì l’agricoltura. Dopo il declino dell’autorità monasteriale, finì sotto il dominio di una potente casata ghibellina della Val Nure, i Grassi, e a uno di questi, un certo Montanaro, si deve la costruzione intorno al 1200 di un castello, chiamato “dei Magrini”, dal nome del luogo in cui sorgeva. Il fortilizio vero e proprio, peraltro, non doveva essere di grandi dimensioni, articolandosi attorno all’alta torre quadrata su uno spazio che si intuisce relativamente ridotto; era in compenso pressoché inespugnabile, protetto su tre lati dalla scarpata sulla quale si affacciava. Quando nel 1441 la nobile famiglia si ritirò nel Palazzo di Fareneto, i diritti sul castello furono ceduti a Cabrino Nicelli, membro di un’aggressiva famiglia della nobiltà guerriera piacentina (nonché in rapporto di vassallaggio con i potenti Visconti, signori di Milano), che troviamo già insediata in numerosi castelli delle valli Nure e Perino (citiamo su tutti la nota Caminata di Bramaiano, presso Bettola, e il Castello d’Erbia). I Nicelli rimasero formalmente proprietari del castello fino al 1860, ben oltre la fine del feudalesimo, ma già da molto tempo non abitavano più gli antichi e angusti castelli di montagna. Già severamente danneggiato da una frana che aveva compromesso la stabilità dei corpi di fabbrica addossati alla torre, nel 1964 buona parte del castello crollò all'interno del greto del torrente sottostante, a causa di un fulmine. Al momento, del maniero sopravvivono parti della torre, alcuni brandelli del tessuto murario e un vano dalle pareti curve che sembra svilupparsi in profondità (forse una cisterna), mentre tutte le strutture interne sono collassate, formando un alto tumulo di macerie invase dai rovi, che rendono anche difficoltoso l’accesso al sito.

Fonti: http://www.altavaltrebbia.net/castelli/alta-e-media-val-trebbia/2085-magrini.html, https://it.wikipedia.org/wiki/Coli, testo su https://www.facebook.com/pg/GiamesPhoto-Foto-Storie-e-Leggende-dallAppennino-delle-Quattro-Province-149986885100741/photos/?tab=album&album_id=501378903294869

Foto: la prima è presa da http://www.comune.coli.pc.it/sottolivello.asp?idsa=97&idam=&idbox=20&idvocebox=191, la seconda è di GiamesPhoto sulla pagina Facebook "GiamesPhoto: Foto, Storie e Leggende dall'Appennino delle Quattro Province"

sabato 18 aprile 2020

Il castello di sabato 18 aprile



CASTIGLIONE D'ORCIA (SI) - Rocca Aldobrandeschi

Si hanno notizie del centro dal 714 quando era certamente possedimento degli Aldobrandeschi e aveva il nome di Petra. Nel 1252 divenne libero comune, ma la sua indipendenza durò al massimo un secolo. Nel 1274 venne incluso nella contea di Santa Fiora con la spartizione dei possedimenti della famiglia Aldobrandeschi. Nel XIV secolo era già possedimento di Siena, che successivamente la concesse a famiglie potenti in cambio di favori di natura finanziara, come i Piccolomini prima e i Salimbeni successivamente, che usarono Castiglione d'Orcia proprio come una delle basi per la loro rivolta contro i senesi. Successivamente Castiglione passò in mano ai fiorentini, che nel 1605 la affidarono ai nobili bolognesi della famiglia Riario. Il borgo medievale di Castiglione d'Orcia è dominato dalla Rocca Aldobrandesca (dal nome della signoria che nell’alto Medioevo esercitava i suoi poteri in queste terre), che sorge nel punto più alto del rilievo di 574 metri al quale si addossa il paese. L’antica rocca con il cassero medievale, che nel Seicento fu trasformato in Palazzo dal Conte Riario, conserva ancora parte delle antiche mura in bozze di pietra calcarea, che un tempo si raccordavano; in ampi tratti esse sono ancora osservabili nonostante vi siano sorte addossate numerose abitazioni. Sono ancora visibili la torre nord-ovest, un frammento di quella sud-ovest e la porta con arco a tutto sesto sul lato ovest. I resti della fortificazione sono scarsi, sia per lo stato di abbandono in cui è stata lasciata dalla fine della 'Guerra di Siena' del XVI secolo, sia soprattutto per i gravi danni subiti durante i bombardamenti dell'ultima guerra. Ciò che resta del mastio ci mostra gli eccellenti materiali usati nella costruzione e ci fa immaginare che nel suo insieme l'aspetto doveva avvicinarsi molto a quello di un classico-palazzo fortezza medievale, con recinto in grado di contenere la popolazione in caso di cedimento delle mura cittadine. Il paese è stato oggetto di una importante ristrutturazione, comprendente la ripavimentazione delle strade del nucleo storico. Da alcuni anni l'intero complesso della rocca è oggetto di importanti lavori restauro/consolidamento, giunti ad una fase avanzata. L'area è stata liberata dalla vegetazione, quindi sono oggi ben leggibili sia la cortina muraria esterna sia l'area del cassero/palazzo. Purtroppo durante questi lavori il crollo di una parte della roccia ove poggia l'angolo sud-ovest del recinto esterno ha causato una situazione di forte pericolo e, in attesa di consolidare definitivamente il tutto, i lavori sono stati sospesi e l'accesso alla rocca interdetto.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castiglione_d%27Orcia, https://www.comune.castiglionedorcia.siena.it/index.php/scoprire-castiglione-d-orcia/luoghi-di-interesse/castiglione-d-orcia, https://www.castellitoscani.com/italian/aldobrandeschi.htm, http://www.archeospot.it/?q=it/node/37

Foto: la prima è di Mario Lllorca su https://www.parcodellavaldorcia.com/galleria_valdorcia/rocca-aldobrandesca/, la seconda è di Senpai su https://it.wikipedia.org/wiki/Castiglione_d%27Orcia#/media/File:Rocca_Aldobrandesca.jpg

venerdì 17 aprile 2020

Il castello di venerdì 17 aprile



FAGGIANO (TA) - Castello di San Crispieri

Il piccolo borgo di San Crispieri, unica frazione di Faggiano, è situato alle pendici della Serra di Sant'Elia, il colle più alto delle Murge Tarantine a un'altezza di 56 m s.l.m. in un territorio caratterizzato da vaste colture di vigneti e uliveti e zone rocciose incolte. San Crispieri, nel XIII secolo era feudo del Monastero dei Basiliani, che, fra alterne vicende, lo possedettero fino ai primi del XVI secolo. Successivamente passò al signor Evangelista di Castellaneta, quindi alla famiglia D'Ayala. Inizialmente denominato San Crispino e detto in seguito San Crispiere, nel 1571 era chiamato Casale Santorum Trium Puerorum. Il castello è un solido e severo edificio dalle forme tardo rinascimentali. Edificato alla fine del Cinquecento, fu completato nella seconda decade del Seicento e poi sottoposto a continue manomissioni, sino ai nostri giorni, per adattamenti residenziali dei diversi proprietari che si sono succeduti nel tempo: oggi la famiglia Ciaccia. La struttura, pur nella sua compattezza, è caratterizzata da espedienti architettonici più vicini a quelli di un palazzo baronale che non a quelli di un castello vero e proprio. Semplicità e geometrica disposizione degli spazi sono gli elementi dominanti, riassunti dalle linee essenziali della facciata. La linearità del complesso è vivacizzata tuttavia da una suggestiva cortina muraria in carparo - la tipica pietra locale - e da tre finestre inquadrate da eleganti cornici finemente intagliate, ascrivibili all'originaria fase cinquecentesca della fabbrica. Il semplice ingresso ad arco che si apre sulla facciata principale immette, attraverso un portico voltato a botte, nella corte a cielo aperto che scandisce il cuore del palazzo ed in cui è collocata una solenne scalinata. Altro link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=UExH7GG7MKo (video di Luigi Di Giacomo).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/San_Crispieri, https://www.forzasalento.it/castelli/castello-di-san-crispieri/

Foto: sono entrambe di Emmaromanazzi su http://rete.comuni-italiani.it/wiki/File:Faggiano_-_Castello_di_San_Crispieri.jpg e su http://rete.comuni-italiani.it/wiki/File:Faggiano_-_Castello_di_San_Crispieri_-_facciata_laterale.jpg

giovedì 16 aprile 2020

Il castello di giovedì 16 aprile



ALTAVILLA SILENTINA (SA) - Castello normanno

La storia dell'attuale borgo di Altavilla è cominciata nella seconda metà del secolo XI, quando intorno all'anno 1080 d.C. i Normanni edificarono il paese a pianta triangolare cingendolo di mura con tre porte d'ingresso: Porta di Suso, Porta Carina e Porta San Biagio. I Ferrara scrivono nel loro libro su Altavilla: I Normanni eressero il castello nel medio evo di stile barocco e con cemento lapidiscente fu restaurato diverse volte dai diversi feudatari, ma meglio da Pompeo Colonna nel secolo XVII, come si rileva da una lapide (...) Alcune delle muraglie hanno all base la spessezza di 4 metri. Verso il 1844 il proprietario Francesco Saverio Mottola lo abbellì e lo accrebbe...I Normanni eressero anche la Chiesa di Sant'Egidio, nominata badia con abate mitrato nullius: per questo Altavilla ha meritato il titolo di città sin dai primi momenti della sua storia. Fondatore del borgo medioevale è considerato Roberto il Guiscardo, della casata francese degli Altavilla, da cui prende il nome il paese. Come borgo medioevale Altavilla ha avuto anche la sua modesta storia. Avendo preso parte alla congiura dei baroni contro Federico II di Svevia, la città fu rasa al suolo nel 1246. La breccia nelle mura fu aperta in una località ancora nota al giorno d'oggi come "muro rutto", situato in via Portanova. Per volere dello stesso imperatore nella distruzione del paese furono risparmiati il castello e "la Chiesa di Sant'Egidio, perché di regio patronato." La città fu nuovamente ricostruita a pianta quadrangolare, con l'aggiunta di una nuova porta detta appunto Porta Nova. Un insigne feudatario del paese fu Carlo di Durazzo, che la ricevette in regalo dal re di Napoli. Qualche anno più tardi lo stesso Carlo di Durazzo salì al trono di Napoli col nome di Carlo III di Napoli (1381-1387). Nell'estate del 1553 ci fu l'assalto al castello di Altavilla da parte dei FORAGIDOS al servizio di Isabella Villamarino e suo marito Ferrante Sanseverino, principe di Salerno. La congiura fu sventata e finirono in carcere il governatore Piscitelli, Giovanni Jacopo Scarpelli di Capaccio, Nicola Antonio Gaudiano, l'abate Mucio Capece di Napoli ed altri i quali furono sottoposti alla tortura della corda nel carcere di Porta Capuana di Napoli. I verbali degli interrogatori sono conservati nell'archivio storico di Simancas (Spagna). Per distinguerla dalle altre città con lo stesso nome, ben cinque in Italia, al borgo fu dato il nome di Altavilla del Cilento, in seguito il nome di Altavilla di Capaccio e infine con delibera del consiglio municipale, del 9 settembre 1862 fu definitivamente adottato il nome di Altavilla "Silentina", perché situata tra i due fiumi Sele e Alento. Il castello di Altavilla Silentina, che ancora domina il paese con la sua possente mole, è probabilmente risalente all' XI secolo, periodo in cui Roberto il Guiscardo recintò l'insediamento con mura a forma triangolare. Doveva essere una vera e propria roccaforte in quanto riuscì a resistere agli assalti dei saraceni e a quelli di Federico II di Svevia che, dopo averlo espugnato e distrutto nel 1269 e successivamente riparato, si vantò di aver conseguito un vero successo militare. Rifatto nel 1608 dai nobili Colonna, fu donato successivamente dal Re di Napoli ai nipoti di Angelo e Francesco Solimena, da cui ha preso il nome, quale compenso delle pitture eseguite a Capodimonte e a Palazzo Reale da parte di questi grandi artisti, originari di Nocera. Il castello, oggi adibito ad abitazioni civili, e che aggiunge all'austero stile normanno i rifacimenti barocchi da villa di campagna settecentesca, presenta tutt'ora all'esterno la cinta muraria intercalata da torri cilindriche e, all'interno i resti delle carceri e i camminamenti sotterranei per sfuggire agli assedi. Altri link suggeriti: http://vocedistrada.it/articoli-2/cronaca/altavilla-il-castello-medievale-tra-presunti-abusi-e-disinteresse-istituzioni/, https://www.lacittadisalerno.it/cronaca/castello-troppo-caro-per-il-comune-1.1438098, http://www.cilentontheroad.it/it/borgo/36/altavilla%20silentina, https://www.youtube.com/watch?v=ildav-Of2Po (video di paginedelcilento)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Altavilla_Silentina, http://xoomer.virgilio.it/analfin/altsilent4.htm,

Foto: la prima è presa da http://laltraltavilla.blogspot.com/2012/05/il-castello-sede-del-comune-pro-di-chi.html, la seconda è presa da https://www.unicosettimanale.it/news/politica/894566/altavilla-silentina-antonio-di-feo-nuovo-sindaco-intervista-dello-01052001

mercoledì 15 aprile 2020

I castelli di mercoledì 15 aprile



FRAGAGNANO (TA) - Palazzo Baronale e Palazzo Marchesale

In età medievale, nell'anno 1278, essendo già scomparso l'imperatore Federico II di Svevia, che aveva fatto edificare torri e castelli ovunque (es. quello maestoso della vicina Oria) allo scopo di contrastare gli attacchi dei saraceni nell'Italia meridionale, Fragagnano divenne possesso feudale della famiglia Antoglietta (casata di origine francese imparentata con la casa reale, anche conosciuta con i nomi di De Nantolio o Nanteuil, De Nantolis), per passare poi ai marchesi Carducci-Agustini. A Fragagnano spiccano due edifici, situati l'uno di fronte all'altro: il Palazzo Baronale (chiamato anche castello) e il Palazzo Marchesale. Il primo venne edificato intorno alla robusta torre di epoca medievale a base quadrata, provvista di ponte levatoio e di fossato perimetrale. E' un elegante e sobrio edificio di gusto rinascimentale che domina ancora la valle degli ulivi a Sud, accompagnando agevolmente lo sguardo fino al mare, oltre i tetti di Lizzano. Ne parla in un documento il notaio grottagliese Giovanni Battista Galeone, il quale vi si era recato per redigere il testamento dell’allora signore di Fragagnano, il barone Cola Mattia dell’Antoglietta. La costruzione aveva un carattere fortificato, per la necessità di difendersi sia dalle scorrerie degli eserciti stranieri e dalle bande armate al soldo delle diverse fazioni locali che attraversavano la Puglia, sia dagli attacchi dei corsari che, dopo aver solcato il Mediterraneo, giungevano nelle zone interne della Murgia. Il palazzo è stato realizzato con conci di carparo perfettamente squadrati, ricoperti da uno strato di calce nel solo prospetto meridionale. Ritenuto il palazzo più antico del paese, è una massiccia struttura quadrata a base scarpata che contiene un unico vano quadrato, illuminato da due alte e strette finestre in carparo, – decorate con stemmi e tralci di vite – con un grande arco centrale che divide il tetto e un grande focolare addossato alla parete occidentale. Al di sotto del pavimento, scavando in profondità per realizzare una vasca per il vino, alcuni decenni fa sono state rinvenute ossa umane collegate forse ad un “trabucco” medievale o alle carceri del feudatario. La residenza era dotata di una scala esterna in muratura, perpendicolare alla torre e completata da un piccolo ponte levatoio, che portava direttamente al piano superiore. Al lato orientale della torre sono addossate costruzioni più tarde: il primo piano, dotato di un’ampia cucina con vasto focolare, era destinato alla servitù, mentre quello inferiore ha ospitato una locanda che era costituita da un ricovero per gli animali e per i rustici. Il lato occidentale è accostato alla dimora rinascimentale, elegante palazzo cinquecentesco sul cui cornicione si erge la ieratica statua di Sant’Irene, antica protettrice di Lecce, che domina il grande stemma degli dell’Antoglietta. Salendo sulla sommità della sua torre antica, si possono osservare senza troppi sforzi i castelli circostanti di: Monteparano, Roccaforzata, San Marzano di San Giuseppe, Grottaglie, Sava e addirittura quello più lontano di Oria. Nel Novecento, il Palazzo Baronale, ormai disabilitato, divenne proprietà della famiglia Tamborino Frisari di Maglie e fu in parte utilizzato come stabilimento vinicolo. Così gli vennero scavate e cementate capienti cisterne per il contenimento del vino. È risorto negli anni settanta, quando è stato adibito temporaneamente a sede del Municipio ed attualmente, tornato ad essere di nuovo abbandonato, è in attesa di essere richiamato all'attenzione di tutti. Infatti nella volontà degli attuali proprietari è allo studio la possibilità di adibirne i locali del piano terra a Museo, ove custodire i numerosi reperti archeologici dell'antico sito, divisi tra il Museo di Taranto ed altre collezioni private. 
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A seguito dello sbarco dei Turchi nella vicina Maruggio, verso la fine del ‘600, venne edificato (prospiciente l'attuale piazza Regina Elena) l'imponente Palazzo Marchesale, per volere del marchese Francesco Maria dell'Antoglietta, sensibile poeta dell'Arcadia, essendo il vecchio Palazzo Baronale non più rispondente ai nuovi gusti della filosofia barocca. Il nuovo edificio, quasi di fronte al primo, sobrio, imponente ed allo stesso tempo elegante, divenne così la nuova residenza della nobile famiglia. Il marchese morì nel 1718, a causa di un colpo di archibugio che lo colpì all’occhio destro nel corso di una battuta di caccia. Suo successore fu il figlio Lelio. Il 10 luglio del 1812, Cataldo Carducci Agustini, barone di Monteparano e Cavaliere di Malta, sposò Saveria dell’Antoglietta, figlia di Lelio e Marianna, marchesi di Fragagnano. Saveria era l’ultima donna appartenente alla famiglia dei dell’Antoglietta, per cui, tramite lei, i Carducci Agustini ereditarono il titolo di marchesi ed il feudo di Fragagnano. Trasferitisi qui, risiedettero nel palazzo marchesale, anche se incompiuto, occupandone precisamente la parte inferiore, dove erano anche gli alloggiamenti degli staffieri, i magazzini e il corpo di guardia. II piano nobile fu usato solo in seguito, dal figlio della coppia, Andrea Carducci Agustini dell’Antoglietta, che ne curò la sistemazione. Esso aveva il soffitto costituito da grosse travi di legno ricoperte con della malta. Ancora più sopra vi era il deposito per le granaglie, sormontato a sua volta da un tetto di tegole. Sprovvisto, come tutte le costruzioni dell’epoca, di servizi igienici fissi, il palazzo possedeva però un’ampissima cucina con camino, che si trovava al primo piano di una costruzione più piccola affiancata alla principale, in cui vi erano anche le stalle. La fase di decadenza della residenza iniziò nel 1917, quando un fulmine ne incendiò una parte, un salone il cui soffitto era costituito da travi lignee e da un telone dipinto. L’edificio ha continuato poi ad essere dimora dei marchesi Carducci Agustini sino al 1979, anno in cui il Sindaco di Fragagnano ha chiesto ed ottenuto la donazione del complesso al Comune per usi civici. Degno di nota è il maestoso portale bugnato dall’arco a tutto sesto che immette in un cortile trapezoidale da cui prendono luce gli ampi saloni, dal tetto a capriate o voltate a crociera semplice stellare, del piano superiore. A pianta rettangolare, in carparo rosato, è una struttura al di fuori dei consueti canoni barocchi, è anzi un esempio di soluzione architettonica polivalente, che serviva tanto da residenza quanto da fortificazione. Al tempo del suo massimo splendore il piano superiore era formato da un ampio salone dai tetti voltati a crociera semplice o stellare e una stanza, detta la camera pittata, conteneva degli affreschi simili per stile alle pitture pompeiane. Gli alloggiamenti degli stallieri, magazzinieri, il corpo di guardia e le cucine erano ubicate a piano terra che aveva nel retro anche le stanze e gli abbeveratoi. Nel retrostante giardino, provvisto di pergolato e odoroso frutteto, i marchesi trovavano refrigerio nei giorni di calura. Non sono mancati nel corso degli ultimi anni progetti di risanamento, dopo il già citato incendio che devastò l'edificio, consegnandolo ad un lento, ma inesorabile, degrado. I piani di restauro non hanno tuttavia mai trovato validi riscontri sul livello pratico, cosicché il palazzo non è utilizzabile se non per poche sale al piano terra. Il palazzo è attualmente imprigionato da antiestetiche orditure metalliche che ne rallentano l'inesorabile crollo, causato dalle crepe e dalle intemperie che penetrano nel palazzo dall'alto, non avendo più la struttura un tetto.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Fragagnano, https://www.comune.fragagnano.ta.it/index.php/vivere-fragagnano/palazzi-storici, testi di Gianluca Lovreglio su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/taranto/fragagnano.htm e su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/taranto/fragagnano02.htm

Foto: la prima è di Gianluca Lovreglio su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/taranto/fragagnano.htm, la seconda (relativa al Palazzo Marchesale) è di Ermanna Ruggiero su https://mapio.net/pic/p-18084934/