lunedì 27 settembre 2021

Il castello di lunedì 27 settembre



ROMA - Castello della Magliana

Sorto in prossimità del Tevere in una zona fertile e ricca di selvaggina, è chiamato anche "villa pontificia alla Magliana" perché utilizzata in passato come residenza di campagna dai papi. Il castello è ricordato nell'XI secolo come possedimento del monastero di Santa Cecilia in Trastevere; a esso era annesso un oratorio dedicato a Giovanni Battista, che risaliva anch'esso al Medioevo. L'opera di completo restauro e riadattamento dell'edificio medievale, fu iniziata nel 1480 sotto il pontificato di papa Sisto IV (1471-1484) e proseguì sotto quello di papa Innocenzo VIII (1484-1492), che nel 1490 fece abbattere gran parte delle strutture medievali e costruire il nuovo edificio che porta il suo nome. Agli inizi del XVI secolo, papa Giulio II (1503-1513) affidò a Giuliano da Sangallo la costruzione di un nuovo palazzetto con porticato e grandi finestre a croce mozza, le cui camere furono affrescate da alcuni pittori della scuola del Perugino. Durante lo stesso periodo fu ristrutturata anche l'antica cappella di San Giovanni Battista. L'epoca di maggior splendore fu durante il pontificato di papa Leone X (1513-1521) che, oltre ad abbellire ulteriormente gli edifici chiamandovi a lavorare Donato Bramante e Michelangelo Buonarroti, trasformò la villa in un luogo di incontri letterari, di concerti e spettacoli teatrali. Con la fine dell'epoca rinascimentale, e a causa della malaria, anche il castello cadde in disuso e progressivamente abbandonato; fu dato in proprietà al monastero di santa Cecilia in Trastevere, che lo affittò a privati. Nel 1959 l'intero complesso è stato acquistato e restaurato dal Sovrano militare ordine di Malta. Ospita gli uffici e la direzione del vicino Ospedale San Giovanni Battista per motulesi (Julio Lafuente e Gaetano Rebecchini, 1960-61) che ingloba la massiccia scuderia. Varcato l'ingresso al cortile del castello, protetto da un avancorpo merlato, si ha a sinistra il nucleo più antico del complesso, con portichetto a tre arcate su pilastri ottagonali; in alto, quattro finestre sormontate da architravi con iscritto il nome di Innocenzo VIII. A lui si deve anche l'inizio dei lavori della fabbrica principale, disposta ad angolo retto e lievemente aggettante, proseguiti, su un progetto di Giuliano da Sangallo non fedelmente seguito, dal cardinale Francesco Alidosi per papa Giulio II; belle finestre a croce mozza con il nome di quest'ultimo pontefice si aprono al piano nobile, retto nel lato di fondo da un portico a cinque arcate. L'ala che chiude la corte all'estremità destra fu forse disegnata da Bramante: aperta al primo piano da una loggia ad arcate, racchiudeva al piano terra, dietro la parete in cui si aprono otto nicchie, la cappellina di S. Giovanni, già decorata nelle lunette di affreschi staccati nel 1860 (tra questi, il Padre Eterno di Raffaello, dipinto da alunni della scuola di Raffaello Sanzio, oggi al Louvre). La fontana al centro del cortile è circondata da una vasca quadrangolare in travertino aggiunta a metà '500, con iscrizioni e stemmi di Pio IV. Nell'interno, al salone voltato a botte lunettata del piano terra corrisponde, al primo piano, la sala delle Muse, con affreschi piuttosto guasti e un monumentale camino di Giulio II. Per approfondimenti: https://romanatura.roma.it/area_interesse/29#gsc.tab=0, https://www.fondoambiente.it/luoghi/castello-della-magliana, http://www.arvaliastoria.it/dblog/fotografia.asp?fotografia=8636, https://www.info.roma.it/monumenti_dettaglio.asp?ID_schede=4599, https://www.youtube.com/watch?v=zWo-1JsV644 (video di Arvalia), https://www.tesoridellazio.it/tesori/roma-rm-loc-magliana-il-castello-dei-papi-della-magliana/

Fonti: http://www.touringclub.com/monumento/lazio/roma/castello-della-magliana-.aspx, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_della_Magliana

Foto: la prima è di G. Garofoli su http://www.globusmagazine.it/il-castello-della-magliana-tra-arte-e-storia-un-viaggio-affascinante-nellantica-residenza-papale/roma_rm_-_loc-_magliana_-_il_castello_dei_papi_della_magliana_-_la_porta_di_accesso_-_foto_di_g-_garofoli_11-2010/#.YVI1_7gzbIU, la seconda è di northernsky7007 su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Castello_della_Magliana,_esterno_2_-_panoramio.jpg

domenica 26 settembre 2021

Il castello di domenica 26 settembre



FARINI (PC) - Torre di Manfredello in frazione Montereggio

A partire dal IV/V secolo sorse in località Castello di Montereggio, ad opera dei monaci dell'abbazia di San Colombano di Bobbio, dietro concessione ricevuta da parte del re longobardo Agilulfo, la pieve dedicata ai santi Gervaso e Protaso, edificata in stile romanico, che era, in origine, affiancata ad un castello, poi andato distrutto, da cui deriva il toponimo. Il primo documento ufficiale in cui viene citato il paese è un atto notarile del 1022 riguardo alla divisione del patrimonio tra i figli del nobile Plato de Platis: l'atto stabilisce che la zona di Montereggio fosse proprietà del figlio Luxardo, capostipite della famiglia Lusardi. La zona fu, poi, di proprietà delle famiglie Landi e Nicelli. La torre di Manfredello era originariamente parte di un più ampio castello dedito al controllo dei passaggi tra le valli situata nella località Cà dell'Oste, sul monte Burrasca. Essa appartenne probabilmente a una tra le famiglia Nicelli e Landi.

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Montereggio_(Farini)

Foto: la prima è di Roberto Boiardi su https://www.google.com/maps, la seconda è di GiamesPhoto su https://m.facebook.com/149986885100741/photos/a.1920392328060179/1920392551393490/

Il castello di sabato 25 settembre



CILAVEGNA (PV) - Castello

Durante l'epoca medioevale Cilavegna divenne la sede di un giudice (gastaldo, preposto alla supervisione delle opere del duca, mentre, a partire dalla conquista di Carlo Magno, il borgo venne posto alle dipendenze dei conti di Lomello; fu questo ultimo periodo a vedere la nascita del castello, poiché nel X secolo d.C., su concessione di re Berengario I, venne realizzata una prima linea di difesa contro l'invasione degli Ungari. Gli eventi che seguirono riguardano diverse famiglie, che nel tempo acquistarono il feudo; in particolare si ricordano i Beccaria, i Castelbarco e i Maletta. Quest'ultimi, infine, cedettero il possedimento a Vercellino Visconti, il quale, però, con l'annessione al Ducato di Milano, venne sostituito dalla signoria degli Atellani. A questa seguì la signoria Taverna (1636 - 1798), la quale rimase al potere fino al crollo del feudalesimo, quando la Lombardia divenne parte prima della Repubblica Cisalpina e poi del Regno Lombardo-Veneto. Nel X secolo, Cilavegna venne fortificata grazie alla concessione che Re Berengario I fece al vescovo di Pavia con l'obiettivo di una migliore difesa dalle incursioni degli Ungari. La fortificazione era dotata di un ponte levatoio e un fossato la proteggeva da possibili incursioni. Purtroppo però, si narra che poco tempo dopo, l'antica rocca venne distrutta e fino al Rinascimento Cilavegna rimase priva di fortificazione. Con il Rinascimento, sui resti dell'antico fortificato, venne ricostruito un nuovo Castello; le mura di questo comprendevano oltre alla chiesa parrocchiale di San Pietro, il cimitero antistante il piazzale della chiesa, una chiesetta dedicata a San Rocco sul fianco nord, un'area ad ovest coltivata ad orto con alcune abitazioni civili confinanti con il palazzo del feudatario che occupava l'angolo sud-ovest del quadrilatero con annessa la Torre di proprietà comunale. Tutta l'area era circondata da una fossa alimentata da acqua sorgiva, mentre l'entrata al Castello era consentita dalla presenza di un ponte levatoio prospiciente la torre. Alla fine del 1500 il Castello venne ridotto a semplice abitazione, distruggendo così gli elementi prettamente militari che lo distinguevano. I materiali, che prima ne facevano parte, vennero utilizzati per la costruzione di parte degli edifici circostanti. Della primitiva rocca rimane oggi una traccia architettonica nell'area del palazzo comunale che sorge proprio sulle rovine dell'antico castello: nello specifico l'ingresso è contraddistinto da un torrione massiccio con una porta arcuata che corrisponde all'antico ingresso del fortilizio. La storia racconta cose misteriose sui sotterranei del castello: trabocchetti e pozzi dalle cui pareti fuoriuscivano lamine per torturare gli sventurati che cadevano in disgrazia al feudatario. Altro link proposto: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00150/,

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Cilavegna, http://www.storiedilomellina.it/storia/cilavegna/, http://www.infolomellina.net/html/cilavegna.htm

Foto: sono entrambe di TheWorm12 su https://it.wikipedia.org/wiki/Storia_di_Cilavegna#/media/File:Torrione_di_Cilavegna.jpg e su https://it.wikipedia.org/wiki/Cilavegna#/media/File:Torrione_Cilavegna.jpg

giovedì 23 settembre 2021

Il castello di giovedì 23 settembre




SARZANA (SP) - Torrioni e Villa Carpena

Sarzana era difesa da una cinta muraria segnata da una serie di torrioni che costituivano l'accesso e la difesa del borgo: il Torrione Testaforte a sud ovest, il Torrione Genovese ed il Torrione Stella a nord ed il Torrione San Francesco a nord est. Il Torrione Testaforte fu costruito nel 1513 dal podestà sarzanese Luchino Stella. Sul torrione la famiglia Carpena costruì successivamente la propria residenza, Villa Carpena appunto. Il torrione si congiunge con la Cittadella attraverso un camminamento che passa sopra Porta Romana, l'accesso meridionale della città, sormontata da una grande statua della Madonna e dallo stemma di Genova. Dalla parte opposta, percorrendo l'attuale via Mazzini, si arriva all'altra porta della città ancora esistente: Porta Parma. Tale accesso è l'anello di congiunzione tra altri due torrioni, edificati all'inizio del XVI secolo: il Torrione Genovese o di San Giorgio ed il Torrione Stella. Sul bastione del primo è ancora visibile il bassorilievo raffigurante San Giorgio che uccide il drago, simbolo e testimonianza della presenza genovese in città. All'interno del torrione, che è di proprietà privata, ha sede l'associazione Torrione Genovese, attiva in campo culturale con l'organizzazione di mostre ed eventi. A pochi metri dalla porta parte poi una strada lastricata in ciottolato, detta via Torrione Genovese, che ripercorre le antiche mura fino a raggiungere piazza San Giorgio, antica sede della dogana. Dalla parte opposta a via Torrione Genovese, si dipana via Torrione San Francesco che conduce al torrione omonimo, anch'esso edificato nel 1513 e ulteriore bastione a difesa della zona settentrionale della città. Faceva parte dell’ex Convento Francescano che fu riadattato a fortino dalle truppe Genovesi nel 1487 durante la Guerra di Serrezzana contro i Fiorentini. Anticamente il borgo di Sarzana aveva altre due porte, non più esistenti: quella di San Giorgio, detta anche porta del Mare, che sorgeva nell'attuale piazza San Giorgio, e la porta detta dei morti, che sorgeva in direzione della chiesa di San Francesco, fuori le mura cittadine. Di recente scoperta è invece l'antica Porta Pisana, ben visibile nelle mura vicino alla fortezza Firmafede (https://castelliere.blogspot.com/2017/06/il-castello-di-giovedi-15-giugno.html), che fu il primo accesso alla città dal lato sud, prima cioè di Porta Romana.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Sarzana#I_torrioni_e_le_porte_del_borgo_antico, https://www.comunesarzana.gov.it/eventi/venueevents/82-torrione-genovese.html, http://www.ilovesarzana.com/luogo/i-torrioni/, https://www.terredilunigiana.com/castelli/cintamurariasarzana.php

Foto: la prima (Torrione Testaforte e Villa Carpena) è una cartolina della mia collezione, la seconda (Torrione Genovese) è di William Domenichini su https://it.wikipedia.org/wiki/Sarzana#/media/File:Sarzana_-_Torrione_S.Giorgio.jpg. Infine, la terza (Torrione San Francesco) è presa da https://it.worldorgs.com/Catalogare/sarzana/punto-di-riferimento-storico/torrione-san-francesco

mercoledì 22 settembre 2021

Il castello di mercoledì 22 settembre



RUTIGLIANO (BA) - Castello normanno

Il castello di Rutigliano ebbe origine da successivi ampliamenti e riarticolazioni di una più antica torre di guardia che inizialmente si ergeva solitaria sul punto più alto della collinetta di Rutigliano. Il baluardo di epoca presumibilmente bizantina (X secolo) fu eretto a difesa del primitivo insediamento rutiglianese che è citato per la prima volta (in qualità di loco Rutiliano) in un documento del 1044, compreso nelle pergamene del Codice Diplomatico Barese.Alla metà dell' XI secolo, con l'avvento dei Normanni, l'antica rocca, situata sulla sommità della collinetta su cui si stabilì l'insediamento, venne riedificata secondo gli stilemi architettonici dei dominatori nordici ed assunse le fattezze che ha conservato sino ai giorni nostri. Il maschio così riedificato andò a costituire la torre maestra del maniero normanno, indicata ancora oggi per antonomasia come Torre Normanna. Attorno ad essa si avvitò il primitivo nucleo del borgo medievale, con andamento a schema focalizzato. Al principio del XII secolo, contemporaneamente all'ampliamento planimetrico del borgo (a schema radiale), all'epoca in cui era feudatario di Rutigliano Ugo di Asgot (menzionato nel 1108 e in altre pergamene coeve), alla torre maestra fu aggiunta una seconda torre di guardia, che si ipotizza fosse inizialmente della medesima altezza della maggiore, ed un terzo baluardo angolare posto a Nord. Quest'ultimo, attualmente non distinguibile in quanto stretto fra diversi corpi di fabbrica di età moderna, dovette fungere da elemento di raccordo fra la cintura del castello e le mura urbane che vennero contestualmente innalzate nel corso del XII secolo. Dal 1108 in avanti, l'insediamento rutiglianese risulta citato non più come locum, bensì elevato al rango di castellum Rutiliani, indice dell'avvenuto completamento del processo di incastellamento e del compimento della prima fortificazione materiale del borgo. All'iniziativa dei primi feudatari normanni documentati (Maureliano nel 1089, Ugo di Asgot nel 1108, Ruggiero Arenga prima del 1123) è possibile associare le evidenze monumentali del castellum Rutiliani:
- il castello, munito di tre torri (Torre Maestra, Torre di Cinta, Baluardo) con muraglia di raccordo
- le mura di cinta di perimetrazione del borgo (di altezza compresa fra 7 e 10 m)
- le tre porte urbiche (Porta Castello ad Est, Porta di Bari a Nord e Porta Siconis a Sud).
Al di là del circuito murario, ad ulteriore difesa dell'abitato fortificato, pochi anni dopo il 1123, venne scavato un fossato (tuttora conservato in alcune porzioni di giardini urbani, posti a quota altimetrica inferiore fra le ultime abitazioni del borgo antico e i primi fabbricati dell'extramurale). Per la realizzazione del fossato che correva tutt'intorno alle mura della città, si rese necessario l'abbattimento di parte delle pertinenze del monastero benedettino di San Tommaso. Il cenobio benedettino rutiglianese di S. Tohomae era stato fondato soltanto qualche tempo prima dal feudatario Ruggiero Arenga (ante 1123) e collocato presso le mura di mezzogiorno del borgo. Fra XIII e XIV secolo (per altri sul finire del XV secolo) di fronte alla torre di cinta, a maggiore difesa della prima porta del borgo (Porta Castello), venne eretto un torrione semicircolare successivamente inglobato in un palazzo rinascimentale, appartenuto ai nobili de Franceschis (oggi di proprietà Moccia). L'assetto del castello normanno fu pesantemente manomesso tra basso medioevo ed età moderna, allorché il feudo rutiglianese fu amministrato dai priori del Capitolo della Basilica di San Nicola di Bari i quali, in qualità di baroni, detennero la giurisdizione sull'intero territorio rutiglianese dal 1306 sino all'abolizione della feudalità (1806). Dell'originario complesso castellare sopravvivono oggi due delle maestose torri quadrangolari (di cui una quasi del tutto intatta) ed un terzo baluardo. Rimane ancora integro il portale di accesso alla corte interna, del resto parecchio rimaneggiata nel corso dei secoli. Alta 34 metri, di forma quadrangolare con lato di 8,3 metri, rivestita da bugnato in pietra calcarea, la Torre Maestra si compone di più piani sovrapposti e termina con un terrazzo con cornicione in tufo aggettante a beccatelli munito di bertesca per la difesa piombante. Tale cornicione è stato in parte ricostruito verso la metà del Novecento a seguito di alcuni crolli. I muri della torre sono spessi 1,90 metri. Sul lato che si affaccia sul cortile vi è la caditoia che dal terrazzo proteggeva l’ingresso della torre, posto al primo piano: vi si accedeva tramite una porta levatoia con strette scale in pietra di collegamento tra i vari livelli, ricavate nello spessore del muro perimetrale. Sui quattro lati si aprono poche feritoie e piccole finestre, al cui interno corrispondono panche in pietra. Le due torri superstiti ed il baluardo settentrionale sono tutte di proprietà privata. La torre maestra (o Torre Normanna) appartiene alla famiglia Antonelli, per eredità ricevuta dalle estinte famiglie Torres e Ribera che la incamerarono all'epoca dell'abolizione della feudalità. La Torre di Cinta e il terzo baluardo sono comprese nelle proprietà immobiliari, rispettivamente, delle famiglie Colamussi e Poli. La Torre Normanna, monumento rappresentativo della città, restaurata e resa agibile di recente, a seguito della sottoscrizione di una temporanea convenzione fra proprietario dell'immobile e il Comune di Rutigliano, è talvolta aperta alle visite guidate gestite dalle associazioni culturali del posto particolarmente attive sul territorio (Archeoclub d'Italia e Pro Loco). In una sala della torre, forse un tempo adibita a luogo di culto del castello, si conservano affreschi a soggetto religioso, della seconda metà del ‘400. Oltre alle due rappresentazioni raffiguranti la Pietà, note già da tempo, i restauri del 2004 hanno portato in luce altri frammenti pittorici. Dall’esame di particolari iconografici, si ritiene possano essere attribuiti alle figure di Sant’Antonio Abate, in ragione della presenza della fiamma di fuoco disegnata sul pavimento, di San Michele, in virtù della raffigurazione di zampe unghiate e di ali da pipistrello che connotano il demonio sconfitto dall’Arcangelo, e di San Cristoforo, per la presenza di piedi immersi in un fiume popolato da pesci (ciò in rapporto alla nota leggenda che vuole San Cristoforo sul bordo di un fiume a traghettare il Bambino Gesù). Tornando nel cortile, in una nicchia posta alla sommità dell’ampia scala che conduce ai piani superiori, si conserva una statua in terracotta della prima metà del XVII secolo, raffigurante San Nicola, patrono della città, riprodotto in abiti orientali e carnagione scura.
Anche all’esterno del cortile, in Piazza Cesare Battisti, si trova un’altra immagine del Santo Patrono, un bassorilievo lapideo del XV secolo. Altri link suggeriti: http://www.rutiglianoonline.it/notizie/cultura/11938-il-castello-e-la-torre-normanna-di-rutigliano-storia-di-un%E2%80%99alienazione.html, https://www.youtube.com/watch?v=iqdkzPjL0JU (video di rutiglianoonline), https://www.dovealsud.it/rutigliano-cosa-vedere-bari-puglia/ (video)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rutigliano#Castello_Normanno, https://visitrutigliano.it/torre-normanna-rutigliano/, https://www.prolocorutigliano.it/index.php/rutigliano/la-citta

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da https://it.wikipedia.org/wiki/Rutigliano#/media/File:Castello.jpg

lunedì 20 settembre 2021

Il castello di martedì 21 settembre



LUNGRO (CS) - Castello Pescara

Il nome Lungrum appare per la prima volta nella storia, intorno al XII secolo. Nel 1193, Ogerio (o Ruggero) e Basilia, feudatari Brahalla (antico nome di Altomonte), con il beneplacito di Soffrido, vescovo di Cassano, concessero il territorio antistante la chiesetta di Santa Maria de Fontibus nei pressi del casale di "Lungrum" (anche Hungarium) ai monaci basiliani "totum casale […] Lungrum, cum omnibus vassallis, angariis, & villani qui sunti ibi". Attorno al monastero si sviluppò un piccolo agglomerato rurale abitato da gente autoctona. Dopo il dissolvimento del Regno dei Normanni (1194) e sotto il dominio degli Svevi (1266), l’Abbazia e il casale di "Lungrum" attraversarono un lungo periodo di crisi e le cose peggiorarono ulteriormente con il dominio degli Angioini (1266-1442) prima, degli Aragonesi poi (1442-1495). Ciò continuò sino a quando, nel 1486, Paolo Porta (o della Porta), abate dell’Abbazia di Santa Maria delle Fonti, accolse 17 famiglie albanesi che si stabilirono intorno al monastero basiliano. Intanto l’Abbazia di Santa Maria delle Fonti, che da diverso tempo attraversava un periodo di profonda crisi, nel 1525 venne abbandonata dai monaci Basiliani e trasformata in Commenda a disposizione del Pontefice. Nel 1531, Lungrum, casale di Altomonte, venne scorporato per essere infeudato ai Venato che lo tennero sino al 1586, quando passò ai Campilongo (o Campolongo); nel 1621 passò ai Pescara e, infine, nel 1717 passò ai Sanseverino, Principi di Bisignano e conti di Saponara. Nel 1532, nel casale di Lungrum si contarono 77 fuochi, mentre nel 1545 i fuochi erano 149, ma non tutti erano albanesi. Gli albanesi ridiedero vita al piccolo insediamento rurale, ponendo la lingua, i costumi, le tradizioni e le credenze religiose del paese di origine. Furono abili allevatori e contadini e in breve tempo diedero una nuova configurazione urbana al centro abitato. Il rapido proliferare delle famiglie albanesi consentì al casale di acquisire nel 1546 il titolo di "Universitas", con il quale si riconosceva agli abitanti il diritto di creare nel suo seno un'amministrazione cittadina. Nel 1576, l'abate commendatario Camillo Venati riconfermò agli albanesi i capitoli, immunità e grazie concessi loro già nel 1508. Nella seconda metà del XVII secolo e durante il XVIII secolo, si intensificarono gli scontri tra le famiglie baronali dei Sanseverino di Altomonte ed i Pescara di Saracena. A Lungro si verificarono numerosi scontri politici per l'acquisizione di alcuni diritti baronali su feudi precedentemente contesi. Secondo l'ordinamento amministrativo disposto dal Generale Championnet nel 1799, Lungro fu assegnato al Cantone di Castrovillari, Dipartimento del Crati. Nel 1531 su iniziativa del barone Pescara di Saracena, signore del casale Lungrium negli anni 1531-1537 venne dato avvio ai lavori, su un punto strategico della città, per la costruzione di un poderoso castello che eretto su un promontorio di riferimento, dove probabilmente già esisteva un edificio baronale, e da dove era possibile controllare sia l’accampamento albanese, le gjitonie, sia le numerose scorribande dei nemici, costituiva per il signore proprietario la principale vedetta militare oltreché la propria dimora abituale. Il castello di Lungro non esercitò, tuttavia, le sue funzioni strategico-militari per molto tempo. Anzi già nel 1538, come nota il De Marchis nel suo Breve Cenno Monografico-Storico del Comune di Lungro, venne acquisito dai signori di Altomonte che dopo aver riconquistato i diritti sul territorio e utilizzato la dimora feudale come posto di vedetta, ritennero proficuo adibirla ad abitazione civile rendendo un privilegio a qualche famiglia particolarmente fedele ai signori proprietari. Alcune testimonianze storico documentali, tra cui un un bassorilievo su pietra tufacea raffigurante il castello, con relativo impianto stellare e stemma baronale, conservato nella stessa abitazione che venne eretta intorno al 1946 sui bastioni dell'edificio feudale, testimonia l'esistenza del castello di Lungro nei pressi di piazza Brego. La porta del castello, ancora oggi visibile, si trova sul punto più alto del centro urbano, con visuale sulla Piana di Sibari, sul mar Ionio e sulla maggior parte dei paesi ad occidente. Le caratteristiche architettoniche del castello di Lungro (volte a botte, impianti a pianta ottagonale e la stessa porta del castello), sono visibili in alcune abitazioni del sito e appurabili in una cartolina dei primi decenni del 1900, conservata nell'archivio fotografico della famiglia Stratigò. Dall'analisi della pietra tufacea si risale alla pianta del paese nel periodo della costruzione dell'edificio (1531-1538) che, probabilmente, non venne mai ultimato. Il sito dove sorgeva il castello, costituiva una posizione militare strategicamente perfetta, sia contro le incursioni nemiche, sia per controllare gli abitanti del borgo. È molto interessante l'accostamento tra i disegni del reperto archeologico e lo stesso stemma del Comune di Lungro che riporta con una certa fedeltà la corona feudale e le tre porte di accesso all'edificio. Del castello oggi restano solo ruderi nella parte alta del paese (Kastjeli). Altri link suggeriti: http://www.ungra.it/new/eu/castello/castello.htm, http://www.arbitalia.it/news/lungro/2004/bavasso_castello.htm

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Lungro, https://www.isentieridelpollino.it/castelli-rupestri-parco-pollino/resti-castello-feudale-di-Lungro.html

Foto: la prima è presa da https://www.facebook.com/LungresiNelMondo/posts/1683267818479095, la seconda è presa da http://www.arbitalia.it/news/lungro/2004/bavasso_castello.htm

Il castello di lunedì 20 settembre

SAN GIORGIO PIACENTINO (PC) - Castello di Tollara

Di fondazione medievale il castello fu, nel corso dei secoli, fra le proprietà di almeno due famiglie nobili della Valle. Nel XIV secolo la fortezza era una delle roccaforti della famiglia Da Rizzolo, mentre nel 1595 è attestata la proprietà di Andrea da Pusterla. Poiché non è mai citato nelle cronache, si ritiene che non sia mai stato al centro di eventi storici di particolare importanza o gravità. Attualmente l'antico castello è adibito a fabbricato rurale, di proprietà privata e perciò non visitabile.

Fonti: http://www.turismoapiacenza.it/castello_di_tollara.html, https://www.valnure.info/it/san_giorgio_piacentino/castello_di_tollara_sc_277.htm

Foto: presa da http://www.turismoapiacenza.it/castello_di_tollara.html

domenica 19 settembre 2021

Il blog riparte lunedì 19 settembre

 Amici appassionati di castelli, per impegni non ho potuto curare il blog in questi ultimi giorni, ma domani 20 settembre si riparte !! Vi aspetto

Valentino

giovedì 16 settembre 2021

Il castello di giovedì 16 settembre




CASTIGLIONE DELLA PESCAIA (GR) - Castello Aragonese

Intorno all’anno mille il territorio di Castiglione della Pescaia fu sotto il controllo dei Pisani, che fortificarono il borgo cingendolo di mura ed erigendo il nucleo originario del Castello, la Torre Pisana, che si erge al culmine del promontorio, originariamente una torre di avvistamento. Ancora oggi l'abitato è nettamente distinto fra borgo alto, medioevale, e basso, moderno. Il nucleo più antico, di cui non resta quasi nulla, si trovava in pianura, in località Paduline; anche la cinta muraria pisana della parte bassa del paese non ha lasciato tracce, ad eccezione della "Portaccia", di cui resta solo l'arco esterno, la Torre Lilli, la Torre di via Cristoforo Colombo e i resti di un'altra struttura turriforme in via delle Vacche. Successivamente al dominio Pisano il paese attraversò una fase di prosperità fino a divenire un libero comune in epoca duecentesca. Nel 1300 la forte crisi economica, le incursioni piratesche unite alla peste del 1348, causarono l'abbandono del borgo basso. La popolazione si spostò nella zona alta, attorno al castello del quale vennero rafforzate le fortificazioni. La cinta muraria rispecchia ancora oggi la sistemazione Aragonese del 1400, parzialmente modificata da Cosimo I dei Medici nel 1500, con alti muraglioni che collegano 11 torri di varie forme (quadrate le medievali, circolari o semi-circolari le rinascimentali) e tre porte. La porta più importante è la porta-torre detta "Urbica", fortificata e munita di caditoie nel 1608 dall'architetto fiorentino Francesco Gatti, nei pressi della chiesa di San Giovanni Battista, il cui campanile è ricavato da una delle torri della cinta, sorge la seconda porta, mentre la terza, detta "Porta a Mare", era una piccola postierla allargata in epoca più moderna, da cui si gode uno stupendo panorama sul mare. Evidenti, anche se non praticabili, i camminamenti di ronda in cui si aprono feritoie ed archibugiere, ed in alcuni tratti l'originaria merlatura guelfa (in più punti tamponata). Collocato sulla vetta del promontorio dell'omonima località maremmana, nella parte più alta del centro storico medievale, il castello venne innalzato sul luogo dove nel X secolo era stata eretta la suddetta Torre Pisana. Nei due secoli successivi furono costruite le altre due torri (di Santa Barbara e della Sentinella), mentre le cortine murarie e i corpi di fabbrica tra esse compresi vennero edificati in epoca rinascimentale. La cinta muraria intorno al paese, rafforzata da torri e torrioni, rispecchia ancora oggi nelle linee generali la sistemazione avvenuta in età aragonese. Nel 1447 Alfonso d’Aragona, re di Napoli, rialzò le due torri che, a seguito della costruzione di due piani di abitazioni, assunsero la veste di un vero castello. Ai D’Aragona si sono susseguite nel tempo alcune delle famiglie storiche più importanti della zona, come i Piccolomini di Siena (che vi rimasero per circa un secolo), quindi i Medici per 178 anni, e i Lorena per 120 anni, fino a quando con l’avvento del Regno d’Italia, il castello, diventato proprietà demaniale, rimase abbandonato a se stesso. L'intero complesso subì alcuni interventi di ristrutturazione nei secoli successivi, prima con i Lorena verso la fine del XVIII secolo e, infine, agli inizi del XX secolo sotto la direzione dell'architetto grossetano Lorenzo Porciatti il quale lo rilevò dal demanio e ci venne ad abitare durante l’estate e per qualche battuta di caccia. Il castello è costituito da tre torri angolari, con base a scarpa, coronate da merlature sommitali, la più massiccia delle quali è l'originaria Torre Pisana, con base di pietra squadrata, successivamente collegata alle altre due tramite una cortina. Il corpo di fabbrica è collocato sul lato occidentale che guarda verso il mare, mentre sugli altri lati l'area del complesso è delimitata da cortine murarie che delimitano un cortile interno. Un'altra cortina muraria, provvista di merli, ha inizio dalla torre sud-occidentale e delimita l'area attorno al lato meridionale del castello. Nei pressi della torre, si apre una porta ad arco che conduce ad una terrazza panoramica. Attualmente l’edificio è di proprietà privata e, dunque, difficilmente visitabile. Tuttavia è ugualmente consigliata una visita dell’imponente struttura esterna per poi addentrarsi nei vicoli del borgo antico e ammirarne gli scorci. Altri link proposti: https://www.borghiditoscana.net/il-castello-di-castiglione-della-pescaia/, https://www.youtube.com/watch?v=TkWPK0l5R3w (video di "dove vi porto io"), https://www.youtube.com/watch?v=kC6FQy8LWms (video di Fabio Balocchi), https://www.nauticareport.it/dettnews/turismo_e_ormeggi/castiglione_della_pescaia_gr__la_svizzera_della_maremma-18-4404/ (con notizie e video realizzato con drone)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Castiglione_della_Pescaia, http://www.turismocastiglionedellapescaia.it/2020/01/10/castello-aragonese/, https://castellitoscani.com/castiglione-della-pescaia/, http://www.castiglionepescaia.it/il-centro-storico-e-il-suo-castello/, http://www.fortezze.it/borgo_pescaia_it.html

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, mentre le altre due sono del mio amico (e inviato speciale del blog) Claudio Vagaggini

mercoledì 15 settembre 2021

Il castello di mercoledì 15 settembre

 



PIEVE TORINA (MC) - Castello di Torricchio

Le notizie storiche riguardanti il castello iniziano a partire dal secolo XIII: nel 1240, infatti, il Castello di Torricchio è annoverato dal cardinale Sinibaldo Fieschi tra le fortezze del distretto di Camerino. A differenza di altri castelli della zona, Torricchio appartenne sempre a Camerino e non fu mai smantellato o degradato a villa. Dai documenti pervenuti, dal 1240 sotto Camerino, il castello è considerato come uno dei dei punti saldi della difesa dello stato camerte a sud-ovest. Nel testameno di Rodolfo III, Torricchio è assegnato a Giovanni Da Varano, mezzo secolo più tardi Paolo II lo elenca nell'investitura a Giulio Cesare Da Varano. I Borgia nel 1502 lo elencarono tra i beni conquistati, solo 13 anni più tardi Leone X lo conferiva a Giovanni Maria Da Varano nella bolla di investitura ducale. Quando Camerino e il suo territorio furono riannessi al regime pontificio appartenne al vicariato camerinese di Mezzina. A differenza di altri residui castellari, Torricchio ha conservato uno straordinario volto originario, non ha subito né abbandoni né riusi diversi. La possente muraglia sul declivio di ponente ha assunto la funzione di mura castellane per le poche abitazioni interne e per la chiesa di S. Caterina. Le porte del castello sono a tutto sesto definite da pietre squadrate. Nato per la difesa, il complesso ha e conserva funzione unitaria: per il signore e il governatore, i soldati e i dipendenti; la gente abitava nel villaggio a lato. Altri link suggeriti: https://www.raccontidellostomaco.it/alla-scoperta-di-borghi-incantati-torricchio/, https://www.youtube.com/watch?v=8hYzwlZWb7w (video di Gianfranco Scagnetti)

Fonti: https://www.comune.pievetorina.mc.it/servizioalcittadino/index.php/le-torri/10-torri/68-castello-di-torricchio, http://www.luoghidelsilenzio.it/marche/07_castelli/03_macerata/00003/index.htm, https://www.guidedocartis.it/?page_id=9745

Foto: entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-torricchio-pieve-torina-mc/

lunedì 13 settembre 2021

Il castello di martedì 14 settembre


PIEVE TORINA (MC) - Castello di Capriglia

La sua ubicazione fece di questa rocca un perno della difesa a sud dello stato camerinese. Collegata visibilmente con Appennino e Torricchio, dominava le vie di Visso e la trasversale di Macereto al confine con il ducato di Spoleto. Le poche notizie a noi pervenute provengono dai documenti generali sui fortilizi del territorio camerinese. Sinibaldo Fieschi nel 1240 la comprese nel distretto di Camerino. Diventato pontefice ne dette conferma sei anni più tardi. Che l’importanza militare di Capriglia dovesse essere grande è dimostrato dal fatto che lo stato pontificio la riteneva tra le poche rocche di Camerino direttamente sottoposte al governo centrale. Quando Giovanni Da Varano consolidò e parzialmente costruì la difesa meridionale, la rocca di Capriglia dovette essere ristrutturata e potenziata, come si può dedurre dallo stemma, infisso nella torre oggi diventata campanile, con i vari, il cane marino e la data: 1384. Nella investitura dinastica del 1468 e nell’inventario borgesco del 1502 (allora Capriglia aveva 83 famiglie e 176 uomini) appare come un castello con torre. Nel 1539, al ritorno della signoria camerinese allo stato pontificio, Capriglia fu compresa nel vicariato di Mezzina. Gli statuti di Camerino (1563) la incorporarono al terziero di Muralto. Per la descrizione del castello, nonostante il deterioramento successivo, ci serviamo di una scheda Feliciangeli:"Se ne hanno cosi miseri avanzi che non permettono una sicura ricostruzione ideale: con che qui come dappertutto l’antica rocca deve la sua distruzione forse più che al tempo agli uomini essendo le sue pietre un ottimo materiale da costruzione per la qualità e prossimità. La rocca sorgeva sulla vetta del piccolo monte che tutto isolato all’intorno sbarra l’angusta valletta percorsa dal fosso di Appennino elevandosi con ripido e aspro pendio sul fianco settentrionale e occidentale: più accessibile nel lato orientale alle cui falde passa la strada per Gallano, la sola che mettesse in comunicazione Casavecchia con Pieve Torina avanti … fosse aperta la principale attuale che discende lungo il fosso ricordato …Dell’antica fortezza sono oggi visibili o riconoscibili gli avanzi: I) delle due torri terminanti il lato settentrionale del muro che le congiungeva; II) di una parte di questo; III) di alcuni tratti in un altro muro che dalla torre situata sul declivio di nord – est e all’angolo nord della fortezza andava fino alla torre meridionale che è in stato di buona conservazione e che oggi serve di campanile alla chiesa di San Biagio. Presso ad essa si apre un arco in pietra a tutto sesto (m. 3,25 x 1,85) che metteva alla fortezza ed era fornito di saracinesca. Il muro congiungente la torre dell’angolo nord con quella dell’angolo sud chiudeva dal lato orientale la fortezza la quale può credersi che avesse la porta principale presso alla vetta. Dal lato di ponente il pendio dirupante poteva essere sufficiente difesa: ma anche qui era un muro di cui qua e là traspaiono le fonda-menta. Non si saprebbe però in modo sicuro stabilire se questo muro, presso al quale è una cavità murata che chiamano cisterna (può anche trattarsi del fondo di un’altra torre) si riunisse alla torre collocata sulla vetta ancora in piedi, come si è detto, in piccola parte. Sulla parete meridionale della torre che oggi serve di campanile è infissa una pietra in tutto uguale a quella esistente in Appennino con su scolpito il cane marino con lo stemma varanesco. Anche qui è una scritta in caratteri gotici del bordo superiore e nell’inferiore. Rotto o corroso il bordo inferiore – discretamente conservati i segni delle lett. nel bordo sup …". Il 26 e il 30 ottobre 2016 il centro di Pieve Torina è stato colpito da due violenti terremoti con intensità massima magnitudo 5.9 e 6.5 della scala Richter rispettivamente, riportando la quasi completa distruzione dell'abitato. Anche il borgo di Capriglia ha subito forti danneggiamenti.

Fonti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-capriglia-pieve-torina-mc/, https://www.comune.pievetorina.mc.it/servizioalcittadino/index.php/le-torri/10-torri/31-arco-di-s-biagio, https://www.guidedocartis.it/?page_id=9695, https://it.wikipedia.org/wiki/Pieve_Torina, http://davarano.it/capriglia/

Foto: sono entrambe prese da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-capriglia-pieve-torina-mc/

Il castello di lunedì 13 settembre


COURMAYEUR (AO) - Torre Malluquin

A partire dal 1032 anche Courmayeur venne interessata dalla politica dei Savoia, e fu in questo periodo che si affermarono le principali casate nobiliari della città, quelle De La Tour e De Curia Majori. Circa tre secoli dopo, nel 1337, sempre sotto il governo dei Savoia, iniziò l’attività estrattiva sul territorio, con la miniera di ferro in Val Ferret, il ferro veniva poi trasportato in Svizzera, ad Orsières, per la lavorazione. Situata in piazza Petigax, a pochi passi dalla chiesa evangelica valdese, la Torre Malluquin nel Medioevo appartenne ai signori Malluquin, la cui presenza è attestata a Courmayeur sin dal XIII secolo. La dimora è citata per la prima volta in un verbale di consegna dei castelli ai Savoia del 1351: in occasione delle Udienze Generali, ovvero dell’incontro del Conte di Savoia con i feudatari e la popolazione, i proprietari locali di dimore fortificate consegnavano le loro abitazioni nelle mani di emissari del Conte, che le prendevano in custodia per tutto il periodo in cui egli si tratteneva in Valle, ponendovi all’interno una piccola guarnigione. A tale rituale, detto “redditio castrorum” (letteralmente “consegna dei castelli”) si sottopose anche “Hugonetus Maluquini de Curia Majori”, cioè Ugoneto Malluquin di Courmayeur. Nel XV secolo la torre divenne proprietà della famiglia D’Avise, a cui appartenne fino al XVIII secolo. Attualmente al suo interno vengono organizzate mostre di varia natura. L’edificio, a pianta quadrata e costruito con grossi blocchi di pietra, è composto da sette piani molto bassi divisi da solai in legno; l’accesso al piano terreno è recente, mentre quello originale, sul lato opposto a circa otto metri da terra, è sormontato da un architrave con arco di scarico a tutto sesto. Sulla facciata sono incise le antiche misure valdostane. La Tour Malluquin è oggi proprietà del Grand Hotel Royal e Golf.

Fonti: https://www.aostavalley.com/localita/courmayeur/, https://www.lovevda.it/it/banca-dati/8/castelli-e-torri/courmayeur/torre-malluquin/976, http://www.guideaostawelcome.it/visite-guidate/borghi-e-itinerari/courmayeur, https://www.facebook.com/iMontBlanc/posts/la-tour-malluquin-nel-centro-di-courmayeur-torre-medievale-le-cui-prime-attestaz/1924970950967939/, http://rete.comuni-italiani.it/wiki/Courmayeur/Torre_Malluquin

Foto: la prima è una cartolina esposta sul sito www.delcampe.net, la seconda è di Colonnello su http://rete.comuni-italiani.it/wiki/File:Courmayeur_-_Torre_-_Vista_anteriore.jpg

domenica 12 settembre 2021

Il castello di domenica 12 settembre



CASALSERUGO (PD) - Castello di Ser Ugo (o Villa Ferri)

Edificata sui resti di un castello (forse del ‘300, di forma quadrata circondato da un fossato largo circa 5-6 metri) è il risultato del rimaneggiamento di una casa-torre con funzione sia difensiva che abitativa. L’accesso all’antico castello era a nord e un ponte levatoio permetteva l’entrata attraverso un possente torrione che sorgeva al centro della parete settentrionale. Delle quattro torri angolari, una restava ancora in piedi nel 1714. Ancor oggi esiste, benché incorporato col restante fabbricato un tronco di torre le cui dimensioni sono 5,90 x 5,22 m e danno dimostrazione della sua originaria imponenza. La parete del lato nord lascia intravedere piccole finestre romaniche e l’opera muraria è caratterizzata dalla presenza alterna di una fila di conci trachitici sovrapposta a due o tre file di mattoni; poiché questa tecnica viene ripetuta sul lato est della torte, si può presumere che il tutto sia sorto contemporaneamente, cioè nel XII secolo o al principio del XIII. Il nome deriva da Ser Ugo da Casale, signore di molte proprietà dalla zona. Alla fine del dominio di Ser Ugo sorsero numerose proprietà di nobili, prima Padovani poi Veneziani, come degli Orsati, dei Gruato, dei Dotti de Dauli, dei Ferri, portando oltre ad un periodo di ripresa economica anche un abbellimento del territorio aggiungendo nuove opere edilizie. Stiamo parlando del periodo che va dal '500 al '700 dove Casalserugo si sviluppò e si arricchì di palazzi signorili e ville decorate da giardini, tra cui palazzo Orsati, villa delle Statue, villa Orsati. Nel 700 finì l'epoca delle ville venete, i nobili vendettero le case ai fattori di villa, quali trasformarono queste in residenze agricole, dando inizio a un processo di decadimento degli edifici di cui solo in questi ultimi anni ci si sta interessando ad una conservazione e valorizzazione. Nel ‘500 l'edificio subì un visibile restauro dalla facciata con il rimaneggiamento del portale archivoltato e della finestra con arco e balaustra lapidea al piano nobile. Al pianterreno una decorazione costituita da una serie di mensole prospettiche nel registro più elevato, contiene cartigli con il nome del nobile Giuseppe Ferri che la fece decorare nel 1688. Al piano superiore, nella zona centrale, si presenta in tutta la sua imponenza la sala dello Zodiaco, nelle cui pareti rimangono visibili ancor oggi alcuni affreschi del ‘400 dei segni zodiacali, che sembrano riecheggiare quelli presenti in Palazzo della Ragione a Padova. Lungo il lato occidentale sorge la sala degli stemmi nella quale è possibile riconoscere entro la decorazione pittorica lo stemma della famiglia Dotti de Dauli. L’edificio ha subito nel corso dei secoli notevoli rimaneggiamenti. Esternamente non presenta caratteri artistici di grande rilievo, se si eccettua l’ampio portale architettonico sulla facciata sud, sormontato dal balconcino con balaustra in pietra, e l’archeggiatura decorativa che cade sotto la linea di gronda. Nella prima metà del XIX secolo, i Conti Ferri la permutarono con un’altra proprietà dei Conti da Zara: questi ultimi la donarono poi al comune di Casalserugo. La tradizione popolare vuole che la villa, dotata di due ordini di finestre in stile romanico, fosse collegata da un tunnel segreto a un’altra dimora. La villa dal giugno del 1994 è sede della biblioteca comunale e inoltre oggi ospita anche eventi e manifestazioni.

Fonti: https://www.casalserugoedintorni.it/villa-ferri, https://www.comune.casalserugo.pd.it/matrimoni-castel-ser-ugo, https://www.culturaveneto.it/it/percorsi/tappe/BiblioTour-Casalserugo-PD-Villa-Ferri-Castello-Ser-Ugo, https://www.visitabanomontegrotto.com/territorio/ville-venete/villa-ferri-casalserugo/

Foto: la prima è presa da https://www.culturaveneto.it/it/percorsi/tappe/BiblioTour-Casalserugo-PD-Villa-Ferri-Castello-Ser-Ugo, la seconda è presa da https://www.magicoveneto.it/Padovano/Conselvano/Bike-Montegrotto-Battaglia-Pernumia-Conselve-Bovolenta-Casalserugo-DueCarrare.htm

Il castello di sabato 11 settembre



PARELLA (TO) - Torre e Castello dei Marchesi di San Martino

La torre, perfettamente conservata, ed alcuni ruderi ad essa adiacenti, sono le ultime vestigia di un antico castello, di cui si hanno scarse notizie: non si sa da chi fu costruito né da chi, quando e perché fu demolito. Circa l’epoca di costruzione, secondo Piero Venesia l’unico dato sicuro è che il castello esisteva già nella prima metà del secolo XI e sarebbero di epoca posteriore le modificazioni che hanno indotto alcuni a ritenerlo coevo del castello di Ivrea (1398-1395): tra questi Francesco Carandini che nel discorso tenuto il 6 settembre 1942 in occasione della consacrazione dell’attuale altare maggiore in marmo così espresse il suo augurio a Parella: “Viva, cresca, fiorisca, colle sue vigne, coi suoi campi, coi suoi boschi, al piede della sua bella torre trecentesca”. Sempre secondo il Venesia il vecchio castello sarebbe stato distrutto, ad eccezione della torre, durante la rivolta dei Tuchini avvenuta nel 1386-1387, ma su questo, e sulla truce storia della contessina uccisa dai rivoltosi e appesa ai merli del castello, non ci sono assolutamente documenti comprovanti. L’opera di distruzione continuò nel tempo: in un «brogliasso» relativo alla costruzione della chiesa (1811-1816) fra le uscite figurano 28 franchi per «giornate impiegate nella demolizione del muro del castellazzo», per ricuperare pietre da impiegare nella costruzione del nuovo edificio, seguendo una prassi molto diffusa nei secoli passati. A riguardo della vecchia torre il Bertolotti, nella sua opera Passeggiate nel Canavese, intorno al 1865 se la cava con poche righe: «Attiguo alla parrocchiale vi è una torre rotonda fra macerie e residui di mura di antica rocca, coperti d’edera e di fragiracoli. Se le rovine servono di umile recinto di vigneto, la torre è adoperata qual stalla porcina». Quindi la torre e gli altri ruderi in quel periodo non erano oggetti degni di considerazione dal punto di vista storico ed architettonico ma avevano valore esclusivamente in funzione della loro utilità. La foto più antica che abbiamo è quella del famoso fotografo Vittorio Besso, conservata presso la Biblioteca Reale di Torino, che ci mostra l’interno del recinto, dove però non si vedono filari di viti ma soltanto erbacce. Carandini ci ha lasciato un disegno autografo del 1929, copia identica di un precedente disegno dell’architetto D’Andrade, della torre e dei resti del muro com’erano alla fine dell’Ottocento, visti dall’esterno. Del castello intorno alla metà del 1800 c’è una illustrazione di Enrico Gonin, che però contiene due errori, uno macroscopico, evidentissimo: i resti del castello sono ripresi da nord e la collina è alle spalle e non di fronte all’osservatore come qui rappresentato, ed uno meno evidente: dalle mappe catastali del 1808 la strada già era quella che, allargata, è ancora oggi e che non porta direttamente ai piedi della torre. Il sito del castello fu di proprietà dei San Martino di Parella; intorno al 1930 i loro eredi vendettero il terreno su cui sorgeva il maniero e sul quale fu costruita la casa di cui si è detto; la torre invece da tempo imprecisato è di proprietà della parrocchia, ed è stata recentemente sottoposta ad un’opera di “maquillage”, più che di restauro, a cura della Sovrintendenza alle Belle Arti, con l’imposizione di un cappello conico che agli occhi dei parellesi anziani ne ha snaturato l’estetica. Infatti prima del restauro la torre era scoperta e sull’anello di coronamento, nella poca terra ivi depositata nei secoli dal vento, crescevano erbacce ed un cespuglio forse di bagolaro, (“gojenda” o “tanësc-ia”, che è un pò il simbolo del Canavese). Questa pianta, a causa dello scarso nutrimento a disposizione, era rimasta allo stato di cespuglio, quasi un “bonsai”, e svettava in cima alla torre come un romantico vessillo. La torre è costruita con conci di pietra alternati a fasce di mattoni e culmina in alto con l'apparato delle caditoie sorrette da archetti pensili in laterizio.

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Nella parte più bassa del paese, ai confini con Colleretto, nella regione un tempo detta di Pianavilla, sorge un altro castello, che in molti documenti del ‘500 e ‘600 viene indicato come “castello di Pianavilla”. All’inizio probabilmente era soltanto una casa-forte, uno sbarramento ai piedi della ripida salita dell’unica strada che portava da Ivrea a Castellamonte e all’alto Canavese, l’attuale via Carandini, dove era imposto un pedaggio e dove erano gli stallaggi dei buoi da attaccare di punta ai carri per superare l’erta micidiale, ma poi divenne castello, accanto ad una torre rotonda che in un documento è chiamata “Forticino degli Arondelli”. Il castello risale al XIII secolo e presenta rimaneggiamenti del XVII secolo. Già appartenente al casato dei conti San Martino (la cui casata intorno al 1530 si estinse), fu edificato sui resti di una struttura dell'alto medioevo. Nel 1545 Alessio I della famiglia dei San Martino di Loranzè lasciò l’affollato castello di Loranzè e si installò in questo di Parella, ne iniziò il restauro ripristinando il ponte levatoio ed il fossato antistante e lo ampliò; gran parte del castello quindi è stata fatta costruire dopo il 1545 da Alessio e dai suoi successori, che ad un certo punto abbandonarono la denominazione San Martino di Loranzè ed assunsero quella dei primi proprietari, San Martino di Parella. Il castello fu dimora saltuaria, quasi una casa di campagna (e così infatti viene denominata in un vecchio ordinato del comune di Parella) dei “secondi” San Martino di Parella, che avevano proprietà immobiliari a Torino, dove in parte nascevano, vivevano e morivano. Nella chiesa parrocchiale di Parella avevano la tomba di famiglia presso l’altare maggiore e qui, alcuni almeno, ritornavano per l’ultima dimora. Però dal 1597 al 1613 a Parella nacquero sei figli di Paolo Emilio e dal 1640 al 1663 otto figli di Alessio II, e nella cappella del castello nel 1659 furono celebrate le nozze di Cristiana Maria, figlia di Alessio, con Benedetto Ajmone Iappanello conte di Lagnasco, e nel 1680 quelle di Maria Gabriella, figlia di Alessio, con Giorgio Francesco Frichignono conte di Castellengo. Dunque durante tale periodo il castello fu ampiamente popolato e conobbe i giochi e gli strilli di nidiate di bambini e ragazzi ed i sospiri d’amore di fanciulle e giovanotti. E qui visse i suoi ultimi anni e morì, nel 1710, Carlo Emilio, il personaggio più prestigioso della casata. Il castello, distrutto parzialmente in un incendio nel 1626, subì nel tempo modifiche ed ampliamenti. Qui i San Martino avevano le stalle e le abitazioni per i contadini che lavoravano le loro terre sotto la direzione ed il controllo di un amministratore. Con la morte di Alessio III nel 1801 il castello passò in usufrutto al fratello Giò Antonio e nel 1812 in proprietà ai figli della sorella Ludovica. Nel 1817 fu acquistato dal conte Gioachino Marelli Delverde, e dopo almeno altri sette passaggi di proprietà, nel 1852 dal banchiere genovese Penco che nel 1859 lo diede in dote a sua figlia Marianna, prima moglie del cav. avv. Giuseppe Martinazzi de Ambrosis sindaco di Pavia. I figli del cav. Martinazzi e della seconda moglie Daria Tettamanzi nel 1921 vendettero la parte nobile del castello a tre personaggi, che poi la rivendettero ai Padri Bianchi Missionari d’Africa, che vi stabilirono il loro seminario. Nel 1962 la proprietà passò a Gian Luigi Dotto che vi compì notevoli opere di restauro; alla sua morte nel 1981 la figlia Gabriella amministrò il castello oculatamente e negli ultimi anni ne fece il luogo di cerimonie prestigiose, in particolare matrimoni per coppie facoltose, ma alla fine lo vendette, negli anni a cavallo dei due secoli, ad una società di affari che in un primo tempo aveva in programma di trasformarlo in un centro di benessere per Vip ma in seguito lo pose in vendita all’asta dopo averlo spogliato di tutto quanto era asportabile. Strutturato su tre ali, ha altrettanti cortili interni prospicienti vari edifici e attorniati da un parco; al secolo successivo risale la torre di forma tonda ornata con fregi in cotto. Gli interni sono decorati con preziosi affreschi e finte architetture. La sala di Giove ha una sontuosa volta a carena di nave e affreschi di tema storico-mitologico e contiene una galleria di uomini illustri dell'epoca medioevale. La quadreria ha invece la volta decorata con sei scene allegoriche che rievocano vari temi: amore, giustizia, fede, forza, virtù e valore. Nel 2011 è stato battuto all'asta, come il castello di Mazzè e, successivamente, il castello di Cesnola. È stato acquistato dalla Società Manital di Ivrea con l'intento di recuperare la struttura e i terreni circostanti, i Vivai Canavesani e i vigneti già in passato DOCG, questi ultimi per produrre l'Erbaluce DOCG. È adibito a polo museale privato. Altri link suggeriti: http://archeocarta.org/parella-to-torre-medievale/, http://www.parella.eu/il-castello-dei-marchesi-di-san-martino/, https://youtu.be/9KoVfMCNEk8 (video di Turismo Parella), https://www.youtube.com/watch?v=vA4rWdY4Aec (video di Vistaterra)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Parella, https://www.comune.parella.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/la-vecchia-torre-42081-1-90d4b5c8f9f63e801af987d787bd260b, https://www.comune.parella.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-dei-marchesi-di-san-martino-6434-1-d3ae2565c6858047f09512bc01ae6a78

Foto: la prima (relativa alla torre) è di Laurom su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Parella_Torre_Castello.jpg, la seconda (con il castello) è presa da https://www.piemonteitalia.eu/it/cultura/castelli/castello-di-parella

venerdì 10 settembre 2021

Il castello di venerdì 10 settembre


SAN CASCIANO DEI BAGNI (SI) - Torre in frazione Celle sul Rigo

Il toponimo sarebbe da ricondurre, secondo lo storico Emanuele Repetti, alla presenza di "celle sacre" o "celle vinarie" scavate nelle grotte sottostanti al borgo. La comunità di Celle è documentata sin dal XIII secolo, quando fu a lungo contesa tra i comuni di Siena e quello di Orvieto. Prima possesso degli orvietani, poi passato ai Visconti di Campiglia, divenne dei Salimbeni verso la fine del XIV secolo. Celle sul Rigo entrò a far parte dello Stato senese nel 1418 e fu comune con proprio statuto approvato nel 1471. Entrando dalla porta principale del borgo si nota la particolare struttura urbanistica con vie perfettamente diritte, tutte collegate ad una piazza troppo grande rispetto alle attuali dimensioni del paese. Tale struttura, a pianta quadrangolare, ha fatto ipotizzare che il castello medievale possa essere stato edificato su un precedente castrum romano o longobardo. Della cinta muraria medievale non rimane quasi nulla. Tre erano le porte del paese e tre le torri angolari di cui l'unica rimasta è oggi utilizzata come torre campanaria e si trova sulla piazza principale. Di notevole interesse sono i numerosi palazzi con caratteri rinascimentali che conservano portali e stemmi in travertino, indice di una ricca borghesia terriera. Collocata nella parte alta del paese la torre è l’unico resto di pregio della fortificazione del castrum cellis, abitato fortificato il cui primo nucleo è anteriore al 900. L’abitato fortificato sarebbe sicuramente giunto a noi integro se intorno al 1750 non fosse iniziato un movimento franoso sul lato sud-est, a valle dell’attuale Piazza Garibaldi che negli anni ha portato via parte del paese. La rocca merlata appare per prima già da lontano. Insieme ad altre torri abbattute e ai torrini faceva appunto parte della cinta muraria che circondava il castello e sulla quale si aprivano tre porte con ponti levatoi, la Porta Soprana o della Rocca, la Porta Sottana o del Parapetto e la Porta del Poggetto. Via Torno al Fosso nel nome ricorda ancora il fossato che univa le porte. Oggi l torre campanaria, grazie ad un recente restauro, è visitabile. Altri link per approfondimento: http://www.prolococelle.it/storiatorre.html, https://www.facebook.com/watch/?v=413336899598531 (video di Giovanni Reali)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Celle_sul_Rigo, http://www.sancascianobagni.com/borghi/celle-sul-rigo/index.dot?language_id=3, https://www.sancascianoliving.it/borghi/celle-sul-rigo/

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è di LigaDue su https://de.wikipedia.org/wiki/Celle_sul_Rigo#/media/Datei:CelleSulRigoSanCascianoDeiBagniTorreDellOrologio.JPG

giovedì 9 settembre 2021

Il castello di giovedì 9 settembre



CETO (BS) - Casa-torre in frazione Nadro

Non sono pervenute documentazioni precise del periodo compreso tra l'età dei metalli e la caduta dell'Impero romano d'Occidente ma si sa che a partire dal 774 anche Nadro, come tutta la Valle Camonica, divenne feudo dei monaci benedettini di Tours, grazie alla donazione di Carlo Magno. Tra il X e l'XII secolo il borgo di Nadro gravitò nell'orbita dei feudatari vescovili De Figna, probabilmente discendenti da un ramo della famiglia Martinengo. È da notare in proposito come il cognome di questa casata permanga come toponimo sia per una zona a monte di Nadro, sia per il torrente che scorre accanto al paese. Gli storici non sono concordi, però, sul fatto che i feudatari abbiano mantenuto il nome del luogo d'origine, o viceversa, il toponimo sia derivato proprio da loro. Certo è che vi fosse un castello presso la località Figna, un tempo forse sede di una dogana sulla strada degli alpeggi della Val Paghera. La famiglia De Figna governò Nadro fino al 1302. In seguito, il 14 ottobre 1336, il Vescovo di Brescia Jacopo de Atti assegnò i diritti delle decime a Maffeo e Giroldo della famiglia Botelli di Cemmo. In seguito, però, questi ultimi caddero in disgrazia agli occhi del Vescovo quando, per accaparrarsi i beni ecclesiastici, si allearono con i ghibellini Federici. È riportato da Gregorio Brunelli che nel 1397, al momento della pace di Breno, i Botelli inviarono per Nadro Salvagnirio di Antonio e Andreolo Bettoni a schierarsi dal lato ghibellino del fiume Oglio. Il 13 ottobre 1423 Giovanni Gaioni da Edolo si vide confermare le rendite (concesse dal vescovo di Brescia Guglielmo Pusterla già nel 1408) di Nadro. I Gaioni erano una famiglia ghibellina proveniente da Edolo, concorrenti dei Federici in alta Val Camonica. Essi si sostituirono ai Botelli ed a loro si deve la riedificazione della casa torre, che domina ancora oggi il paese. A partire dal 1454, quando la Valle Camonica divenne parte della Terraferma Veneziana, il potere dei feudatari venne ridimensionato a favore delle amministrazioni locali, chiamate vicinie. Esse erano un'antica istituzione di autogoverno degli abitati, formata dai capifamiglia originari di un paese, al fine di gestire i beni comuni quali i boschi, le acque, i ponti, le strade. Non vi erano compresi i nobili, gli ecclesiastici e gli stranieri. Il giorno 22 aprile 1474 è riportato che si presentarono dal Capitanio di Valle a Breno due rappresentanti della vicinia di Nadro al fine di accusare la comunità di Cimbergo di interrompere il flusso dell'acqua del torrente Figna, che alimentava i mulini del paese. Agli abitanti di Cimbergo, che utilizzavano l'acqua per irrigare la campagna, venne intimato dalle autorità veneziane di non interrompere il corso del torrente. Sebbene la sentenza fosse stata emessa, la questione continuò a riproporsi per tutto il Cinquecento. Nel 1797, con l'arrivo di Napoleone e la nascita della Repubblica Cisalpina, vennero instaurati i comuni ed abolite le vicinie ed i privilegi feudali. Nel febbraio 1798, a seguito della legge "6 ventoso anno VI" del cantone di Montagna, il comune di Nadro venne unito a quello di Ceto, col nome di Ceto e Nadro. Il primo sindaco del neonato comune fu tale Cristoforo Gaioni. L'ultimo rampollo della nobile famiglia Gaioni, Giovanni Bettino, morì invece decapitato per un colpo di mannaia infertogli da Paolo Pezzoni nel 1856. Tra il 1816 ed il 1859 il comune venne denominato Ceto con Nadro, mentre dal 1859 Nadro fu declassato a frazione, comparendo nel nome solo Comune di Ceto. La casa-torre è un edificio medievale che sorge al centro dell'abitato e a partire dal quale si sviluppò il centro storico del paese. La torre, a base quadrata, è alta circa 25 metri e misura esternamente circa 5,50 x 5,50 m ed internamente 2 x 2 m. Lo spessore dei muri varia tra 1,70 m alla base e 1,30 m al terzo piano. La muratura è costituita da conci di arenaria, graniti e pietre calcaree di dimensioni variabili. Non si conosce la data di costruzione del fortilizio, tuttavia sembra che nel XIII secolo esistesse una torre di proprietà vescovile, acquistata e rimaneggiata nel 1423 dalla famiglia Gaioni. A piano terra l'edificio presenta un elegante portale in pietra serena a tutto sesto architravato con particolarissimi decori a motivi floreali. Di notevole fattura anche l'ampiezza della volta che copre il piano terra. Volti a botte sono anche quelli del p.T./ p.1/ e piano ultimo della torre. Da notare le ampie feritoie sul fronte verso la vallata. Altro link suggerito: https://3dwarehouse.sketchup.com/model/72855b9f115c50437ae29ac8282420d/Casa-Torre-di-Nadro-di-Ceto

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Nadro, https://it.wikipedia.org/wiki/Casa-torre_(Nadro), https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1r050-00068/

Foto: la prima è di Luca Giarelli su https://it.wikipedia.org/wiki/Nadro#/media/File:Torre_di_Nadro_-_Ceto_(Foto_Luca_Giarelli).jpg, la seconda è di Daniele Quetti su https://mapio.net/images-p/52139457.jpg

mercoledì 8 settembre 2021

Il castello di mercoledì 8 settembre

 


VICO DEL GARGANO (FG) - Torre dei Preposti in frazione San Menaio

Detta anche "dei Doganieri", è un'imponente torre costiera, costruita nel XIV secolo con funzione difensiva, in un luogo facilmente accessibile dal mare, e rinforzata nel 1569 durante il rafforzamento di difesa delle coste dell'Adriatico meridionale ad opera del viceré spagnolo don Pedro di Toledo dopo il 1532. Faceva infatti parte del sistema di vedetta e comunicazione a vista inizialmente predisposto dagli angioini e poi definitivamente sancito e finanziato dalle leggi aragonesi nel Regno di Napoli nel XVI secolo per contrastare le continue incursioni saracene. La torre, che vanta un discreto stato di conservazione, strutturalmente è costituita da un basamento tronco-piramidale sormontato da un parallelepipedo a due livelli. Il coronamento è formato da una serie di “mensoloni” sporgenti, tuttora visibili, che sorreggevano le caditoie estese a tutto il perimetro della torre. La torre spezza la linearità del lungomare rappresentando l'elemento di collegamento tra il nucleo storico di San Menaio e l'elegante zona residenziale di più recente costituzione detta Murge Nere. La Torre dei Preposti, che è di proprietà del demanio, è ceduta in locazione al Comune di Vico del Gargano. Incredibilmente però, l'edificio è risultato abusivamente occupato da privati e ciò non permetteva alla comunità di fruire legittimamente del prezioso monumento, e soprattutto impediva di dar luogo agli interventi di restauro conservativo di cui la torre necessitava con urgenza. La situazione si è sbloccata negli ultimi anni e la Regione Puglia ha finanziato i lavori di recupero del bene architettonico. In questo video si può vedere la Torre finalmente restaurata (https://www.facebook.com/watch/?v=626180371329238)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_dei_Preposti, https://www.visititaly.it/info/1264146-la-torre-dei-preposti-san-menaio.aspx, https://www.parcogargano.it/servizi/Menu/dinamica.aspx?idSezione=616&idArea=17308&idCat=17842&ID=18221&TipoElemento=categoria, https://it.wikipedia.org/wiki/San_Menaio

Foto: la prima è di Theirrules su https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_dei_Preposti#/media/File:Torre_preposti.jpg, la seconda è un fermo immagine del video su https://www.facebook.com/watch/?v=626180371329238

lunedì 6 settembre 2021

Il castello di martedì 7 settembre


BUONALBERGO (BN) - Taverna di Monte Chiodo

Attualmente si ritiene che Buonalbergo sia stata fondata da alcuni profughi degli antichi villaggi di Mondingo, Pescolatro e Faiella distrutti dai Barbari. Tali profughi ospitati dai Cenobiti della vicina chiesa di Santa Maria, sorta sulle rovine di un tempio pagano, avrebbero chiamato quel luogo Alibergo. Ciò poté avvenire verso il 1000, poiché nella prima metà di questo secolo trovasi per la prima volta menzionato un Gerardo de Bonne Herberg, primo signore normanno dell'antica contea di Ariano. Egli vien detto il Gran Conte e fu il primo a chiamare Roberto il Normanno con il soprannome di Guiscardo e gli diede in moglie la propria zia Alberada. Sotto gli Angioini quella contea fu frantumata in pena per aver parteggiato con gli Svevi. Sotto gli Svevi fece parte del giustizierato di Principato Ultra, quindi passò successivamente ai Baroni di Tocco, ai Mansella, ai Macedonio, ai De Sabran, ai Guevara, agli Spinelli col titolo di marchesi (1623) ed ai Coscia. Il paese prima sorgeva a valle, poi per essere stato danneggiato da una frana fu riedificato in alto verso il 1525. Nel quadriennio 1743-46 il suo territorio fu soggetto alla competenza territoriale del regio consolato di commercio di Ariano nell'ambito della provincia di Principato Ultra; in seguito, al tempo della divisione amministrativa del regno delle Due Sicilie, fu aggregato il circondario di Paduli del distretto di Ariano nella stessa provincia di Principato Ultra. Ai piedi di Monte Chiodo, a sud di esso, passa un’importante via direttrice della transumanza, già a partire dall’antichità preromana. Con il riordino voluto da Alfonso V d'Aragona nel 1447, essa fu inserita come parte del percorso principale del Regio Tratturo n. 7, che conduceva da Pescasseroli a Candela. Probabilmente fu insieme con questa opera di istituzionalizzazione delle vie della pastorizia che furono impiantate delle taverne lungo il percorso. Questi luoghi erano i punti in cui veniva riscosso il pedaggio, poi abolito entro la fine del XVIII secolo; inoltre erano luoghi di sosta e ristoro, probabilmente rivolti non ai pastori ma alle altre categorie di viaggiatori lungo il tratturo. La taverna di Monte Chiodo è un edificio a due piani, posto poco oltre la confluenza di un percorso proveniente da Benevento nel tratturo principale. È costruito quasi interamente in pietra calcarea, come da tradizione locale: su un basamento in grossi conci lavorati si ergono le mura, costituite da blocchetti grezzi. La facciata è delimitata da due torrette circolari ai lati. Il portale, ad arco ribassato, è centrato fra due finestre. Al piano superiore, in corrispondenza, è una piccola loggia a tre arcate, con un balconcino lievemente sporgente, compresa fra due finestre corrispondenti a quelle del piano inferiore. Una cornice separa visivamente i due piani. Il portale e le finestre del piano terra, in facciata e ai lati, sono contornati tutti con conci lavorati. L’androne al piano terra, immediatamente oltre il portone, presenta una fonte con una vasca in pietra sul lato destro. Aguzzando la vista, si noteranno dei capitelli ed altri "resti" di epoca romana disseminati un po' ovunque. A sinistra dell’androne erano le cucine, mentre a destra sono le scale per accedere al piano superiore, ove si trovavano le camere. Dietro al corpo principale dell’edificio sono poste delle stalle. A fine XVIII secolo veniva segnalato che il tariffario per il passaggio era inciso sul lato opposto di un’iscrizione romana mutila, prelevata presso il ponte delle Chianche, che commemorava alcuni lavori di restauro della via Traiana. La taverna fu abbandonata verso gli anni 1950 o 1960 insieme con il tratturo. Nei primi anni 2000 è stata sottoposta a un restauro, che fra l’altro ha riaperto gli archi della loggia, precedentemente otturati. Tali lavori hanno però determinato anche un crollo parziale dell’edificio, che poi è stato ricostruito fedelmente.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Buonalbergo, https://folkbike.it/territori/traiana/g-buonalbergo-benevento/visitare/buonalbergo/taverna-di-monte-chiodo/, testo di Gtfadvisor su https://www.tripadvisor.it/

Foto: la prima, antecedente ai lavori di restauro, è di Gtfadvisor su https://www.tripadvisor.it/, la seconda è della mia amica Romina Berretti

Il castello di lunedì 6 settembre



FERENTILLO (TR) - Castello in frazione Terria

Terria è una piccola frazione raccolta intorno ad un castello. Si trova sul colle La Bernara, ad un'altezza di 425 m s.l.m., ai confini dell’antico Ducato di Ferentillo, sulla riva sinistra del Nera. Il centro è diviso in due nuclei (Terria e Terria de Cuntra) separati da un corso d’acqua. Il nome “Terria” è dovuto alla fragilità del terreno (TERRA-RIA). Il castello, di impianto triangolare e della tipologia di pendio è dominato dall’alto cassero quadrato, torre risalente al XII secolo, forse preesistente all’edificazione del sottostante abitato. Era feudo dell’Abbazia di San Pietro in Valle. Era presente un Monte frumentario, la documentazione pervenuta ne attesta l’attività dalla fine del XVIII secolo.
Dopo l’Unità d’Italia l’amministrazione passò alla locale Congregazione di carità. Non si conosce la data di soppressione.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Ferentillo#Terria, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-terria-ferentillo-tr/, https://www.vivoumbria.it/2020/03/04/il-castello-di-terria-e-de-contra-il-confine-tra-perugia-e-terni-con-la-piccola-cappella-del-rosario/, http://www.luoghidelsilenzio.it/umbria/02_fortezze/01_valnerina/00046/index.htm, http://www.giobbe.org/NORCIA-CULTURA/Contenuti/Umbria/Ferentillo/Terria/Castello_di_Terria/Castello_di_Terria.html

Foto: entrambe prese da http://www.luoghidelsilenzio.it/umbria/02_fortezze/01_valnerina/00046/index.htm

domenica 5 settembre 2021

Il castello di domenica 5 settembre



LOGRATO (BS) - Castello Morando

Il Castello fu edificato, nel luogo dove sorgeva una domus romana, dall’antica famiglia degli Emilii grandi proprietari terrieri in Lograto, Navate, Maclodio. Nei pressi del castello furono trovati reperti che fanno supporre che lo stesso edificio fosse stato costruito nel luogo dove sorgeva l'antica domus. Infatti, nel XV secolo, l'archeologo Ferrarini segnalava di aver visto nel parco del castello, la pietra con i fasci littori dei consoli. Nel XV secolo, ritenuti una rendita stabile e sicura, i fondi agricoli si concentrarono nelle mani dei nobili cittadini che investirono i loro capitali nell’acquisto e bonifica delle terre fertili della Pianura Bresciana. Nel parco del Castello sono conservati reperti archeologici facenti parte di un monumento funerario o religioso dedicato al dio Attis, di età flavia (69-96 d.C.). In seguito alle divisioni ereditarie la proprietà non fu più appannaggio di una sola famiglia: nell'estimo del 1641 parte del castello risultava dei fratelli Ottavio e Fabrizio Emili di Francesco, parte di Fabio Emili di Giustiniano, e metà della stessa costruzione apparteneva a Marco Secco di Orazio, erede di Agostino Emili. Marco Secco vendette la sua proprietà a G. Battista Calini. Eredi Emili e Calini continuarono a possedere la parte loro assegnata degli edifici che costituivano il castello, fino a quando morì Antonio di Ottavio, l'ultimo rappresentante della famiglia Emili di Lograto. Nel catasto napoleonico del 1809 egli risultava ancora proprietario di una porzione del fabbricato del castello, così come di altri stabili in paese: nel 1815 dispose per testamento che le sue proprietà fossero destinate all'ospedale di Brescia. Il castello fu in seguito completamente acquistato dai conti Calini i quali, nel 1815, iniziarono a sistemare e piantumare il parco circostante, che ancor oggi conserva alberi secolari. Il Castello attuale è il risultato di una radicale trasformazione dei primi del Novecento voluta dall’allora proprietario G.G. Morando, erede dei Calini. Non sono molte le tracce rimaste della costruzione originaria. L'edificio fu trasformato nel 1905-08, aggiungendo merlature e torrette in cotto. La parte centrale è in stile settecentesco e nell'interno i soffitti sono decorati. Sia il castello, sia il palazzo furono residenze di villeggiatura di nobili, che avevano investito i loro capitali nell'agricoltura. Attorno a queste case ruotò gran parte dell'economia e di conseguenza dell'edilizia locale: si costruì infatti una serie di grandi e medie corti, che segnarono l'aspetto del centro storico di Lograto. Accanto al castello sorsero diverse cascine: il Torcolo, dove si torchiavano i semi da olio, la Martina, che aveva perso il nome da Martino Calini, la cascina Emili, adiacente alla chiesa, la Cortina 1 e la Cortina 2 (ex proprietà Chiari) in via Tito Speri. Anche la cascina Fitti, sulla strada provinciale SP BS 235, era dei Calini del castello. Al palazzo si appoggiarono invece le vaste cascine Restello e Palazzo, nonché la casa padronale dei Bonetti e altre case e corti più piccole. Non bisogna inoltre dimenticare che la maggior parte della cascine sparse nel territorio era sempre di proprietà dei Calini: quindi sia il castello, sia il palazzo costituirono centri di potere da cui partivano le direttive che regolavano la vita economica locale, imperniata sull'agricoltura. Ambedue le residenze nella prima metà del novecento, per volontà dell'ultima proprietaria, diventarono sede di centri di assistenza, cambiando radicalmente la loro funzione iniziale.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Lograto, https://fondoambiente.it/luoghi/castello-lograto, http://www.fondazionemorando.it/it/chi-siamo/storia/

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è presa da https://www.fondoambiente.it/luoghi/castello-lograto?ldc