PARELLA (TO) - Torre e Castello dei Marchesi di San Martino
La torre, perfettamente conservata, ed alcuni ruderi ad essa adiacenti, sono le ultime vestigia di un antico castello, di cui si hanno scarse notizie: non si sa da chi fu costruito né da chi, quando e perché fu demolito. Circa l’epoca di costruzione, secondo Piero Venesia l’unico dato sicuro è che il castello esisteva già nella prima metà del secolo XI e sarebbero di epoca posteriore le modificazioni che hanno indotto alcuni a ritenerlo coevo del castello di Ivrea (1398-1395): tra questi Francesco Carandini che nel discorso tenuto il 6 settembre 1942 in occasione della consacrazione dell’attuale altare maggiore in marmo così espresse il suo augurio a Parella: “Viva, cresca, fiorisca, colle sue vigne, coi suoi campi, coi suoi boschi, al piede della sua bella torre trecentesca”. Sempre secondo il Venesia il vecchio castello sarebbe stato distrutto, ad eccezione della torre, durante la rivolta dei Tuchini avvenuta nel 1386-1387, ma su questo, e sulla truce storia della contessina uccisa dai rivoltosi e appesa ai merli del castello, non ci sono assolutamente documenti comprovanti. L’opera di distruzione continuò nel tempo: in un «brogliasso» relativo alla costruzione della chiesa (1811-1816) fra le uscite figurano 28 franchi per «giornate impiegate nella demolizione del muro del castellazzo», per ricuperare pietre da impiegare nella costruzione del nuovo edificio, seguendo una prassi molto diffusa nei secoli passati. A riguardo della vecchia torre il Bertolotti, nella sua opera Passeggiate nel Canavese, intorno al 1865 se la cava con poche righe: «Attiguo alla parrocchiale vi è una torre rotonda fra macerie e residui di mura di antica rocca, coperti d’edera e di fragiracoli. Se le rovine servono di umile recinto di vigneto, la torre è adoperata qual stalla porcina». Quindi la torre e gli altri ruderi in quel periodo non erano oggetti degni di considerazione dal punto di vista storico ed architettonico ma avevano valore esclusivamente in funzione della loro utilità. La foto più antica che abbiamo è quella del famoso fotografo Vittorio Besso, conservata presso la Biblioteca Reale di Torino, che ci mostra l’interno del recinto, dove però non si vedono filari di viti ma soltanto erbacce. Carandini ci ha lasciato un disegno autografo del 1929, copia identica di un precedente disegno dell’architetto D’Andrade, della torre e dei resti del muro com’erano alla fine dell’Ottocento, visti dall’esterno. Del castello intorno alla metà del 1800 c’è una illustrazione di Enrico Gonin, che però contiene due errori, uno macroscopico, evidentissimo: i resti del castello sono ripresi da nord e la collina è alle spalle e non di fronte all’osservatore come qui rappresentato, ed uno meno evidente: dalle mappe catastali del 1808 la strada già era quella che, allargata, è ancora oggi e che non porta direttamente ai piedi della torre. Il sito del castello fu di proprietà dei San Martino di Parella; intorno al 1930 i loro eredi vendettero il terreno su cui sorgeva il maniero e sul quale fu costruita la casa di cui si è detto; la torre invece da tempo imprecisato è di proprietà della parrocchia, ed è stata recentemente sottoposta ad un’opera di “maquillage”, più che di restauro, a cura della Sovrintendenza alle Belle Arti, con l’imposizione di un cappello conico che agli occhi dei parellesi anziani ne ha snaturato l’estetica. Infatti prima del restauro la torre era scoperta e sull’anello di coronamento, nella poca terra ivi depositata nei secoli dal vento, crescevano erbacce ed un cespuglio forse di bagolaro, (“gojenda” o “tanësc-ia”, che è un pò il simbolo del Canavese). Questa pianta, a causa dello scarso nutrimento a disposizione, era rimasta allo stato di cespuglio, quasi un “bonsai”, e svettava in cima alla torre come un romantico vessillo. La torre è costruita con conci di pietra alternati a fasce di mattoni e culmina in alto con l'apparato delle caditoie sorrette da archetti pensili in laterizio.
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Nella parte più bassa del paese, ai confini con Colleretto, nella regione un tempo detta di Pianavilla, sorge un altro castello, che in molti documenti del ‘500 e ‘600 viene indicato come “castello di Pianavilla”. All’inizio probabilmente era soltanto una casa-forte, uno sbarramento ai piedi della ripida salita dell’unica strada che portava da Ivrea a Castellamonte e all’alto Canavese, l’attuale via Carandini, dove era imposto un pedaggio e dove erano gli stallaggi dei buoi da attaccare di punta ai carri per superare l’erta micidiale, ma poi divenne castello, accanto ad una torre rotonda che in un documento è chiamata “Forticino degli Arondelli”. Il castello risale al XIII secolo e presenta rimaneggiamenti del XVII secolo. Già appartenente al casato dei conti San Martino (la cui casata intorno al 1530 si estinse), fu edificato sui resti di una struttura dell'alto medioevo. Nel 1545 Alessio I della famiglia dei San Martino di Loranzè lasciò l’affollato castello di Loranzè e si installò in questo di Parella, ne iniziò il restauro ripristinando il ponte levatoio ed il fossato antistante e lo ampliò; gran parte del castello quindi è stata fatta costruire dopo il 1545 da Alessio e dai suoi successori, che ad un certo punto abbandonarono la denominazione San Martino di Loranzè ed assunsero quella dei primi proprietari, San Martino di Parella. Il castello fu dimora saltuaria, quasi una casa di campagna (e così infatti viene denominata in un vecchio ordinato del comune di Parella) dei “secondi” San Martino di Parella, che avevano proprietà immobiliari a Torino, dove in parte nascevano, vivevano e morivano. Nella chiesa parrocchiale di Parella avevano la tomba di famiglia presso l’altare maggiore e qui, alcuni almeno, ritornavano per l’ultima dimora. Però dal 1597 al 1613 a Parella nacquero sei figli di Paolo Emilio e dal 1640 al 1663 otto figli di Alessio II, e nella cappella del castello nel 1659 furono celebrate le nozze di Cristiana Maria, figlia di Alessio, con Benedetto Ajmone Iappanello conte di Lagnasco, e nel 1680 quelle di Maria Gabriella, figlia di Alessio, con Giorgio Francesco Frichignono conte di Castellengo. Dunque durante tale periodo il castello fu ampiamente popolato e conobbe i giochi e gli strilli di nidiate di bambini e ragazzi ed i sospiri d’amore di fanciulle e giovanotti. E qui visse i suoi ultimi anni e morì, nel 1710, Carlo Emilio, il personaggio più prestigioso della casata. Il castello, distrutto parzialmente in un incendio nel 1626, subì nel tempo modifiche ed ampliamenti. Qui i San Martino avevano le stalle e le abitazioni per i contadini che lavoravano le loro terre sotto la direzione ed il controllo di un amministratore. Con la morte di Alessio III nel 1801 il castello passò in usufrutto al fratello Giò Antonio e nel 1812 in proprietà ai figli della sorella Ludovica. Nel 1817 fu acquistato dal conte Gioachino Marelli Delverde, e dopo almeno altri sette passaggi di proprietà, nel 1852 dal banchiere genovese Penco che nel 1859 lo diede in dote a sua figlia Marianna, prima moglie del cav. avv. Giuseppe Martinazzi de Ambrosis sindaco di Pavia. I figli del cav. Martinazzi e della seconda moglie Daria Tettamanzi nel 1921 vendettero la parte nobile del castello a tre personaggi, che poi la rivendettero ai Padri Bianchi Missionari d’Africa, che vi stabilirono il loro seminario. Nel 1962 la proprietà passò a Gian Luigi Dotto che vi compì notevoli opere di restauro; alla sua morte nel 1981 la figlia Gabriella amministrò il castello oculatamente e negli ultimi anni ne fece il luogo di cerimonie prestigiose, in particolare matrimoni per coppie facoltose, ma alla fine lo vendette, negli anni a cavallo dei due secoli, ad una società di affari che in un primo tempo aveva in programma di trasformarlo in un centro di benessere per Vip ma in seguito lo pose in vendita all’asta dopo averlo spogliato di tutto quanto era asportabile. Strutturato su tre ali, ha altrettanti cortili interni prospicienti vari edifici e attorniati da un parco; al secolo successivo risale la torre di forma tonda ornata con fregi in cotto. Gli interni sono decorati con preziosi affreschi e finte architetture. La sala di Giove ha una sontuosa volta a carena di nave e affreschi di tema storico-mitologico e contiene una galleria di uomini illustri dell'epoca medioevale. La quadreria ha invece la volta decorata con sei scene allegoriche che rievocano vari temi: amore, giustizia, fede, forza, virtù e valore. Nel 2011 è stato battuto all'asta, come il castello di Mazzè e, successivamente, il castello di Cesnola. È stato acquistato dalla Società Manital di Ivrea con l'intento di recuperare la struttura e i terreni circostanti, i Vivai Canavesani e i vigneti già in passato DOCG, questi ultimi per produrre l'Erbaluce DOCG. È adibito a polo museale privato. Altri link suggeriti: http://archeocarta.org/parella-to-torre-medievale/, http://www.parella.eu/il-castello-dei-marchesi-di-san-martino/, https://youtu.be/9KoVfMCNEk8 (video di Turismo Parella), https://www.youtube.com/watch?v=vA4rWdY4Aec (video di Vistaterra)
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Parella, https://www.comune.parella.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/la-vecchia-torre-42081-1-90d4b5c8f9f63e801af987d787bd260b, https://www.comune.parella.to.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-dei-marchesi-di-san-martino-6434-1-d3ae2565c6858047f09512bc01ae6a78
Foto: la prima (relativa alla torre) è di Laurom su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Parella_Torre_Castello.jpg, la seconda (con il castello) è presa da https://www.piemonteitalia.eu/it/cultura/castelli/castello-di-parella
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