martedì 24 dicembre 2013
Buone feste 2013
A tutti gli amici del mio blog i più sentiti auguri di Buon Natale e di un 2014 che sia davvero l'anno di una svolta positiva. Come di consuetudine in questo periodo dell'anno....anche se sono in ferie cerco di "godermi" la famiglia per cui interrompo gli articoli quotidiani sui castelli. Conto di riprendere a gennaio, probabilmente dopo l'Epifania ma....non si sa mai :-) Valentino
lunedì 23 dicembre 2013
Il castello di martedì 24 dicembre
AYMAVILLES (AO) – Castello Challant
Situato su una collinetta morenica che degrada verso
la Dora Baltea, in un'ottima posizione di avvistamento per controllare il
passaggio nella valle centrale (vie delle Gallie che collegava Mediolanum a
Lione) e verso la val di Cogne (per l'estrazione di marmo), l'edificio ha una
pianta quadrangolare, ma al posto degli angoli vi sono quattro torri
cilindriche dotate di caditoia. Le prime tracce dell'edificio risalgono al 1287
quando era una casaforte simile al Castello di Ecours a La Salle o al Castello
di La Mothe a Arvier, con un muro di cinta per difesa della popolazione in caso
di pericolo, sul modello dei castelli di Cly e di Graines. Della torre
duecentesca esistono ancora oggi le grosse murature d'ambito, caratterizzate
dall'essere fortemente scarpate, ed un muro di spina che la divide, per tutta
l'altezza, in due ambienti. è
ipotesi generalmente accettata che la torre fosse conclusa da torricelle
sospese agli angoli e da una merlatura corrente. Internamente la torre, coperta
da un tetto in legno poggiante sulla merlatura, era divisa in sei livelli dei
quali quello interrato, che ospitava la cappella, la cucina e le cantine, era
coperto da volte in pietra tuttora esistenti, mentre i restanti erano separati
tramite solai lignei. Nel 1354, i conti di Savoia affidarono il castello a un
ramo della famiglia Challant, denominata in seguito Challant-Aymavilles. Venne
aggiunto un piano e allargato verso ovest il donjon. Nel 1357 Aimone di Challant
diede il via ad opere di rinforzo difensivo della struttura, probabilmente
ritenuta troppo vulnerabile soprattutto per via dell'andamento pianeggiante del
terreno circostante, e ordinò la costruzione di un secondo muro di cinta, di un
fossato e di un ponte levatoio. All'inizio del Quattrocento, per volere di Amedeo
di Challant, furono aggiunte le quattro torri dotate di beccatelli (due a
motivi guelfi le restanti a motivi ghibellini), leggermente diseguali nelle
dimensioni (sia nel diametro sia nell’altezza), caratterizzate dall’ampio
spessore della muratura e collegate tra loro da un sistema di gallerie e logge,
oltre che a delle torrette di difesa sulle mura di cinta. Le pietre utilizzate
furono il tufo e il travertino. Almeno due delle torri in origine contenevano
delle scale in pietra di cui effettivamente rimane qualche traccia. Nel
contempo nella torre quadrangolare le finestre vennero incorniciate in pietra e
dotate di sedili, sempre in pietra, analogamente a quanto avvenne nel castello
di Fénis edificato dallo stesso Aimone di Challant. Accanto alla struttura
sorge ancora oggi un piccolo edificio con tetto tradizionale in pietra che un
tempo ospitava le stalle. Nel 1450 Giacomo
Francesco II conte di Challant integrò al complesso un fabbricato
semicircolare di fronte alla torre di sud est che doveva servire come dimora
signorile, ma a parte questo intervento il castello non subì alcuna modifica
strutturale per un periodo di circa tre secoli e mezzo. Nel 1728, per volere
del barone Giuseppe Felice di Challant (Joseph-Félix de Challant), le
fortificazioni esterne furono demolite, così come il corpo semicircolare eretto
nel 1450 da Giacomo Francesco II, e il terreno fu sistemato a terrazze e
giardini. Il castello, che da quel momento restò praticamente immutato fino ad
oggi, diventò un maniero con un parco, uno scalone monumentale e una grande
fontana. Per volontà di Joseph-Félix de Challant vennero realizzare anche le
logge barocche tra le torri, nascondendo così alla vista il primitivo donjon
quadrangolare. L'accesso al castello, sulla faccia esposta a sud est, è
segnalato da una doppia scala che conduce ad un loggiato, con funzione di
portico, sormontato da un balcone. Queste ultime trasformazioni fecero sembrare
l'edificio di stile rococò. Il 18 ottobre 1804 si spense nel castello di Aymavilles
Maurice-Philippe de Challant-Châtillon, l'ultimo discendente maschio della famiglia
Challant. A seguito di questo evento il castello cominciò a essere venduto a
privati: il primo fu il conte Clemente Asinai Verasis di Castiglione, nel 1870,
a cui seguì nel 1882 il senatore Giovanni Bombrini. In questo periodo vennero
ritrovate nelle soffitte del castello due tavole rappresentanti la Madonna e l'Arcangelo
Gabriele. Nel 1970 fu acquistato dallo Stato e ora appartiene
all'amministrazione regionale. Quest'ultima ha cominciato sin dal 2004 la
progettazione della serie di lavori di restauro mirati alla riapertura del sito
al pubblico, che si credeva potesse avvenire nel 2014. Invece, a maggio 2013 è
stato annunciato l'inizio dei lavori di restauro, mentre l'apertura è stata
prevista per il 2017. Si ipotizza la destinazione delle strutture collaterali
(cascina, scuderie) a funzioni inerenti l'ambito della vitivinicoltura, essendo
il Comune di Aymavilles aderente al circuito delle Città del vino e
posto sulla Route des vins. Nel 2009 si è registrata la straordinaria
affluenza di pubblico in occasione del cantiere evento e dei concerti
organizzati al castello di Aymavilles dal 1° al 5 agosto, nell’ambito
dell’iniziativa culturale Châteaux Ouverts, che hanno visto la
presenza di oltre 4000 visitatori, registrando il tutto esaurito.
Sul web vi è un video, dedicato ad alcuni castelli
valdostani, in cui all’inizio compare quello di Aymavilles: http://www.youtube.com/watch?v=xBGw2DVS8uk
Altro video consigliato è quello presente, più o meno in
fondo allo schermo, nella seguente pagina: http://www.aymavilles.vda.it/it/index.cfm/castello.html
Infine, altre foto del maniero le potete trovare su: http://www.comune.aymavilles.ao.it/ca/index.cfm/foto-castello-pondel.html
Fonti: http://it.wikipedia.org,
http://www.aymavilles.vda.it, http://www.icastelli.it, http://www.lovevda.it, http://www.courmayeur-mont-blanc.com/castelloaymavilles.htm
Foto: da http://www.aereisentieri.it
e da www.ciaociaoitaly.net
domenica 22 dicembre 2013
Il castello di lunedì 23 dicembre
MONTEGIORDANO (CS) – Castello
A Piano delle Rose (località Castello), che si trova sopra
la Marina di Montegiordano, sorge un castello seicentesco, costruito dai Pignone
del Carretto, come residenza invernale e di caccia. Il castello è dotato di
vasti locali, una volta adibiti a stalle e magazzini, disposti attorno ad un
bel cortile pavimentato a massicciata, con pozzo centrale. Una scala ed un
ampio arco a tutto sesto, danno accesso al piano superiore. Poco più a valle
del castello, sorge quella che una volta era la cappella gentilizia dedicata
alla Madonna del Carmine. Questa cappella, abbandonata perché fatiscente,
risale al principio del secolo scorso, e fu ricostruita in seguito allo
sbancamento di un'altra precedente, la quale ne sostituiva ancora un'altra. Le
diverse riedificazioni, dovute ai continui smottamenti del terreno, hanno
portato ad un trapianto topografico radicale per cui l'attuale Cappella del
Carmine è stata posta molto più a nord del castello. Nella località Piano delle
Rose, alcuni studiosi, ritengono fossero presenti sia il monastero di S. Anania
sia il castello di Petra Ceci, nominati in una carta del 1015 relativa ai possessi
della chiesa di S. Pietro di Brahalla, presso Oriolo: in tale documento Nicone,
monaco e il figlio Ursulo, turmarca di Oriolo, donano a Luca, egumeno di S.
Anania, il suddetto castello, perché, in caso di incursioni degli Infedeli
(incursioni saracene 916-1048), i monaci ed il popolo vi si possano ritirare.
Se così fosse, sul Piano delle Rose, già all'inizio dell'XI secolo, ci sarebbe
stato un abitato accentrato attorno ad un castello e a un monastero greco. Nella
sua Cronaca (scritta nel 1695), Giorgio Toscano, ricorda che in questa
località, vi era “un castello forte e munito di cui oggi non si riconoscono
altre vestigia in fuori di alcune mura dirute”. In un altro passo, egli
sostiene che il Castello della Marina, dove i Pignone solevano risiedere in
alcuni mesi dell'anno per deliziarsi nelle bellissime cacce di fiere selvatiche
“era quasi del tutto diruto, ma poi rifatto e ristaurato dai suoi Posteri”. Purtroppo,
il Toscano non dà datazioni, ma, da quel che scrive si evince chiaramente che
il castello, esistente all'epoca sua, era stato ricostruito dai Pignone sui
ruderi di uno precedente. Fino alla fine degli anni ‘40 il castello è stato
abitato dalla famiglia Solano che lo ha acquistato insieme alla Tenuta nel
1898. Il fortilizio era adibito a centro dell’attività produttiva della
contrada, con il suo frantoio oleario, il mulino, le stalle, le ex-carceri
trasformate in magazzini per il grano. Durante il periodo di raccolta delle
olive e durante la mietitura ospitava i contadini e le loro famiglie,
come testimoniano i locali che si affacciano sul cortile interno, intorno al
bel pozzo seicentesco. Per approfondire
vi è un sito dedicato: http://www.tenutadelcastello.com
Foto: la prima scattata da me
qualche anno fa e la seconda dal sito http://www.scoprirealtojonio.it
sabato 21 dicembre 2013
Il castello di domenica 22 dicembre
PELAGO (FI) – Castello in frazione Altomena
Ad Altomena si arriva percorrendo da Pontassieve la
statale per Arezzo fino alla frazione di Carbonile; da qui si imbocca la strada
per Paterno, da cui poco dopo si stacca sulla sinistra il viale di accesso alla
villa. Il castello è posto su uno sperone delle alture che degradano verso
l’Arno, tra il fosso di Vitorchioni ed il torrente Vicano, a poco più di 300 m.
di altitudine. Il complesso ha assunto nel corso dell’età moderna i caratteri
di una grande villa-fattoria, con l’assorbimento delle preesistenze medievali
(oggi solo in parte leggibili) del cassero (corrispondente alla torre centrale)
e del cortile del palagio trecentesco. Vi è anche inglobata la chiesa di San
Niccolò che dava il nome ad un popolo della lega di Diacceto e che conserva in
parte le originarie strutture romaniche. E’ molto probabile che essa sia stata
in origine un oratorio "privato" al servizio del castello e che solo
in un secondo tempo (sicuramente dal 1332) abbia assunto la dignità di
"popolo" autonomo. Il toponimo Altomena è attestato per la prima
volta in un atto di vendita di beni fra privati risalente al 1080 (Archivio di
Stato di Firenze, Abbazia di Vallombrosa). I rapporti dei monaci con questa
località sono confermati da altri documenti successivi (1102, 1123, 1171). L’appartenenza
dell’antico castello per tutto il XII secolo ai Conti Guidi è confermata da
alcuni diplomi imperiali tra cui un privilegio di Arrigo VI del 25 maggio 1191.
Allorché però Firenze cominciò ad estendere la propria influenza lungo il corso
dell'Arno (con la conquista dei vicini castelli di Quona nel 1140, e di Monte
di Croce nel 1153) i Guidi furono costretti a ritirarsi verso il Casentino, pur
rimanendo formalmente titolari del potere feudale fino al secondo decennio del
'200. Fu soltanto allora che il distretto castrense di Altomena passò sotto la
piena giurisdizione del Monastero di Vallombrosa, confermata dalla nomina da
parte dell’abate Benigno (1226) di Ruggeri d’Alberto da Quona a visconte e
vicario per i castelli di Magnale, Ristonchi e Altomena e da un contratto di
vendita del 1229 di beni posti in castello et curte de Altomena. Il Repetti ci
informa che anche Altomena fu interessata dalle scorrerie compiute in tutto il
contado dai Ghibellini dopo la battaglia di Montaperti (1260), che in questa
località comportarono probabilmente la distruzione del castello. Altomena
rimase sotto il diretto controllo vallombrosano fintanto che un ricco ed intraprendente
borghese fiorentino, deciso ad investire i guadagni di un'avviata bottega
d'oreficeria, non ne rilevò la proprietà: del 12 maggio 1377 è infatti
l'acquisto da parte di Zanobi di ser Zello di Goso di due poderi con case, più
10 pezzi di terra e una torre colombaia, il tutto situato nel popolo di S.
Niccolò ad Altomena in luogo detto alle Pendesi nei pressi del Castello di
Altomena. E' ipotizzabile che tale atto di acquisto seguisse un altro (di cui
non abbiamo notizia) relativo al castello, e compiuto dal padre-fondatore della
famiglia dei "Serzelli"- forse qualche anno prima. Comunque sia,
circa 50 anni dopo (1427), il figlio di Zanobi, Bernardo denunciò la proprietà
del complesso di Altomena, composto da un "palagio", una casa con
corte (posta però parzialmente fuori dal circuito murario del castello), una
torre, e due case di cui una con una piccola porta da cui si accedeva al
castello. Oltre a ciò Bernardo Serzelli risultava proprietario dei poderi e
delle rispettive case da lavoratore di Seranza, Meleto, Valle Relle, Torre, a
Colla, al Colle, Casa Bruno, Rigorsa, il Formicaio, Piano di Selvoli, alla
Selva, tutti nel popolo di Altomena. I Serzelli mantennero e coltivarono le
terre del luogo per diversi secoli, fino all’estinzione avvenuta nel 1803. Nello
stesso anno, un ramo cadetto della famiglia dei Conti Bardi di Firenze subentrò
ai Serzelli e ne assunse il cognome, divenendo Bardi Serzelli. I Conti Bardi
Serzelli abitarono Altomena sino alla metà del XX sec. e furono loro a dare
alla complessa e articolata pianta della villa l’assetto che tuttora la
caratterizza. Il complesso di Altomena – oggi residenza di campagna, circondata
dai poderi che ad essa facevano capo - si presenta oggi come una struttura
articolata in tre corpi principali: la villa, sviluppata attorno alla torre
(unica testimonianza dell’esistenza dell’antico castrum), la chiesa di San
Niccolò e la fattoria, sorta sulle vestigia del palagio trecentesco. Vi è un
sito ad esso dedicato: www.altomena.it
Fonti: http://www.prolocopelago.it/download/storia_arte_cultura_di_pelago.pdf,
http://wikimapia.org, http://www.my.tuscany.it/cornucopia/ville/valtomen.htm
Foto: da www.mytuscany.it
e da http://wikimapia.org
venerdì 20 dicembre 2013
Il castello di sabato 21 dicembre
BEVERINO (SP) – Castello in frazione Cavanella Vara
Cavanella è uno dei tanti feudi fortificati dei
Malaspina (ricordiamo a tal proposito Tommaso di Villafranca) sul cui
fortilizio principale del 1508, edificato su di un piccolo dosso a levante dell’abitato,
posa ancora l'abside della chiesa parrocchiale, dedicata a San Martino Vescovo.
Una curiosità sulla frazione di Cavanella: sulla prima casa venendo da Nord (e
quindi l'ultima venendo da Sud), si può notare un punto interrogativo dipinto
sulla facciata. Il perché di questa decorazione è rimasto avvolto nel mistero
per molto tempo. Mario Soldati addirittura parla di questa curiosità, nel libro
La casa del perché, edito da Mondadori.
Fonti: http://www.comunedibeverino.gov.it/cavanella.html,
http://www.lasprugola.com/valdivara/beverino.htm
Foto: da http://www.dodecapoli.com
giovedì 19 dicembre 2013
Il castello di venerdì 20 dicembre
CAPRARICA DI LECCE (LE) – Castello Ducale
(di Mimmo Ciurlia)
La prima struttura fortificata di Caprarica, molto probabilmente risale al XII sec., quando i Normanni e soprattutto Tancredi d'Altavilla, incentivarono al massimo lo sviluppo dell'edilizia a scopo difensivo. Considerando che dal XV sec. in poi, le invasioni e le scorrerie di pirati levantini diventarono una spina nel fianco per le popolazioni del Salento, molto probabilmente, il barone di Caprarica Antonello Guarini, decise di costruire nei pressi della torre fortificata, un imponente castello, all’indomani dell’invasione turca del 1480, per per meglio difendere il suo casale ed i suoi possedimenti da nuove incursioni. Questo almeno si evince dagli stemmi impressi sia sulla torretta di avvistamento posta a destra del castello che al centro della gran torre fortificata ubicata nel giardino del maniero. Al momento, non si hanno notizie certe circa l'autore del progetto di questo castello, ma è possibile ipotizzare che l'architetto sia stato Gian Giacomo Dell'Acaya, considerando che tra i Dell’Acaya ed i Guarini vi era parentela e che il castello presenta il portale d’ingresso bugnato liscio e due angeli posti sull’architrave esterna del portale d’ingresso,vera e propria "firma" del Dell'Acaya. Le famiglie feudatarie che nei secoli ne ebbero il possesso, lo rimaneggiarono a più riprese secondo l'arte ed il gusto del momento. I Giustiniani, nel XVII secolo ristrutturarono il castello e ne impressero l'attuale fisionomia che lo rende conforme ad un fortino vero e proprio. Il palazzo ha l'aspetto di una residenza gentilizia arricchita da balconate in stileRococò pur conservando elementi dell'architettura militare come le due torri laterali con feritoie. Si ritiene che il castello, abbia avuto 99 ambienti. Attraverso il portale bugnato si accede nel cortile centrale, da dove una scalinata porta al piano superiore. Tra i vari ambienti esistenti, ricordiamo il famoso salone detto “degli Specchi” arredato con mobili sei-settecenteschi ed annessa quadreria e la stanza destinata agli indesiderati, i quali venivano fatti cadere, attraverso una botola, in un pozzo dove erano presenti delle lance acuminate infisse nel terreno. Il castello è dotato anche di un passaggio sotterraneo dal quale, dopo un lungo percorso, si esce nella campagna, per sfuggire ad eventuali assalitori.
Fonti:
http://www.4c.dimmidove.it/puglia/caprarica/strutture_storiche.php?id=28
http://www.comune.caprarica.le.it/la-storia/41-capitolo-iii-caprarica-baronale-dal-xv-al-xviii-secolo
http://www.nelsalento.com/guide/tricase/caprarica-del-capo-rione-di-tricase.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Caprarica
www.mondimedievali.net
http://www.4c.dimmidove.it/puglia/caprarica/strutture_storiche.php?id=28
http://www.comune.caprarica.le.it/la-storia/41-capitolo-iii-caprarica-baronale-dal-xv-al-xviii-secolo
http://www.nelsalento.com/guide/tricase/caprarica-del-capo-rione-di-tricase.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Caprarica
www.mondimedievali.net
Foto da: www.mondimedievali.net e di
Burgenfuzzi su http://www.panoramio.com
mercoledì 18 dicembre 2013
Il castello di giovedì 19 dicembre
UMBERTIDE (PG) – Castello in frazione Polgeto
Fu costruito nel 1399 intorno a un fortino già esistente nel
XII secolo che apparteneva a Biagio di Buto, fuoruscito perugino. Nel 1399 gli
abitanti di Polgeto chiesero a Perugia l´autorizzazione per costruire nei
dintorni alcune abitazioni e in seguito furono erette la chiesa di S. Lorenzo e
quella della Madonna del Sasso. Nella guerra tra Urbano VIII e i fiorentini
(1643) il castello fu occupato dai Toscani, che vi organizzarono il loro
quartier generale durante i tentativi di prendere la Fratta. Nel periodo
maggio-giugno 1944, prima della liberazione di Umbertide, fu requisito per
ospitare, ammalato, il comandante superiore germanico maresciallo Kesselring,
di non lieta memoria. È uno dei castelli meglio conservati del territorio
umbertidese, perché è stato quasi sempre abitato. Diverse foto del castello
sono visibili ai seguenti link: http://vecchiecostruzioni.it/castello-di-polgeto,
http://www.archilovers.com/p52930/Ristrutturazione-Castello-di-Polgeto
E sul web vi è anche un video ad esso dedicato: http://www.youtube.com/watch?v=hLmIhhM439s
Il castello di mercoledì 18 dicembre
MONZAMBANO (MN) – Castello
E' un'antica roccaforte risalente all'XI secolo situata tra
le colline Moreniche del basso Garda e affacciato sulla valle del Mincio, su
un'altura sovrastante il paese, che conserva inalterato l'originario impianto
urbanistico, oltre ad alcuni edifici medievali e le opere difensive, tra cui le
torri e le mura perimetrali di difesa a merlatura guelfa. All'interno delle
mura, assieme a molti appezzamenti, coltivati a orto e vigneto, sorgono alcune
abitazioni private e il piccolo oratorio di San Biagio. Edificato probabilmente
per difendere la popolazione dalle invasioni barbariche nell'XI secolo per
volere di Matilde di Canossa, agli inizi del XIII secolo passò in proprietà
agli Scaligeri che sconfissero i mantovani a Ponte Molino. In età scaligera
rientrò nell'ampia area difensiva del basso Garda, costituita da un complesso
sistema di castelli posti sulle sponde del Mincio. Si ritiene che il castello
di Monzambano costituisse un importante baluardo contro i mantovani quando nel
1341 si arrivò alla guerra fra i Gonzaga e Mastino II della Scala che nel 1345,
a tutela della linea di confine fra Mantovano e Veronese, intraprese la
costruzione del Serraglio veronese, muraglia lunga 16 km che da Borghetto
giungeva a Villafranca proseguendo fino a Nogarole Rocca. Con la conquista
viscontea il castello passò di mano ai milanesi; nel 1391 fu acquistato dai
Gonzaga e nel nel 1495 la Repubblica di Venezia vi si insediò in Monzambano e
lo mantenne nei propri domini sino alla fine del XVIII secolo. Il XVI secolo, a
causa del mutare delle tecniche di guerra e della necessità di difendere il
territorio con piazzeforti ben più guarnite e resistenti alle offensive, segnò
l'avvio della decadenza del fortilizio. Il castello non mancò, però, di essere
nei secoli protagonista di scontri e vicende belliche. Nell'ottobre del 1512,
durante la guerra delle leghe di Cambrai, il castello fu preso dal condottiero
padovano Achille Borromeo, aiutato dalle truppe tedesche alloggiate nel
Bresciano. Due mesi più tardi vi alloggiarono truppe spagnole, mentre nel 1528
fu saccheggiato da parte delle genti del duca Arrigo di Brunswich, dirette a
Brescia. Nel 1701, durante la guerra per la successione di Spagna, il principe
Eugenio di Savoia, generale degli imperiali, sconfisse e catturò i soldati
franco-spagnoli che, in fase di ritirata oltre il Mincio dopo la sconfitta
subita dal maresciallo francese Catinat a Villabartolomea si erano rifugiati
all'interno del castello e che il maggior generale Vauborne aveva occupato
tornando dall'inseguimento. Nel 1797 il comandante serenissimo Antonio Maffei,
per contrastare l'avanzata napoleonica che già aveva espugnato Peschiera, pensò
di potenziare il sistema difensivo di Monzambano, Castelnuovo e Valeggio. Il
castello di Monzambano, caposaldo dominante le strade di Mantova, Brescia e
Peschiera, fu quindi rinforzato con lavori di terra. Caduta la Repubblica di
Venezia, con il trattato di Campoformio il castello entrò a far parte dei
territori asburgici e ritornò a essere amministrato dai veronesi fino al 1805
quando Monzambano passò alla provincia mantovana. L'intero territorio ebbe
rilievo storico e politico anche durante le vicende risorgimentali. Il castello
di Monzambano costituisce oggi uno degli esempi più intatti e completi di
architettura castellana del Mantovano. Appartiene a quella tipologia di fortificazioni
non destinate a dimore dei signori del luogo, ma che quasi sicuramente
servivano come alloggiamento alle guarnigioni di vigilanza, come luogo di
rifugio d'emergenza per la gente del borgo che lì si barricava portando con sé
anche il bestiame e le scorte. Oltre alla chiesa c'era il pozzo che assicurava
il rifornimento idrico. La pianta, a forma poligonale irregolare, segue
l'andamento del poggio e presenta quattro torri e due masti, l'uno a sud e
l'altro a est, mentre la cortina è interrotta nella strozzatura rivolta al
borgo dall'ingresso, costituito dalla porta carraia e da una pusterla con
bolzoni per sollevare il ponte levatoio ora scomparso. Alla fine del 1300
risalgono il ponte e la passerella levatoia con chiusura ad antoni e
saracinesca. La costruzione ricorda uno scudo con la facciata rivolta verso il
paese. Si impone la torre civica con l'orologio a nord-est e una torre di
guardia a sud. L'insieme ricorda un' autentica fortezza. Attorno alle mura
poderose correva il camminamento su delle lastre di pietra, usate poi per
rivestire il basamento della facciata del S.Michele; sotto la merlatura sono rimasti
i buchi dove erano infisse le mensole che sostenevano i camminamenti di ronda.
La muratura presenta ciottoli di pietra misti a rottami, ogni tanto intercalati
da mattoni. I merli che hanno subito le ingiurie del tempo sono guelfi e
portano alternate le feritoie. All'interno del castello, cui si accede
attraversando un portone di legno, recentemente sono stati trovati resti di una
necropoli, con alcune tombe e una fossa comune, probabilmente del IX-X secolo. Per
approfondire: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/MN360-01361/
Sul web, inoltre, c'è questo interessante video: http://www.youtube.com/watch?v=Dv1cTxuzxxo
Fonti: http://www.turismo.mantova.it/index.php/risorse/scheda/id/1015,
http://it.wikipedia.org, http://www.gardacolline.it, http://www.parcodelmincio.it, http://www.tuttomonzambano.it
Foto: una cartolina della mia collezione e dal sito www.corteonida.it
martedì 17 dicembre 2013
Il castello di martedì 17 dicembre
SAN GIULIANO DEL SANNIO (CB) – Palazzo Marchesale
Fonti: http://www.molisevacanze.it,
http://www.tappino-altilia.it/luoghi.html,
http://www.francovalente.it/2013/11/04/spigolature-araldiche-due-stemmi-feudali-a-s-giuliano-del-sannio/
Foto: da www.mondimedievali.net
e da www.francovalente.it
lunedì 16 dicembre 2013
Il castello di lunedì 16 dicembre
POZZOLO FORMIGARO (AL) – Castello
Nominato in vari atti del X secolo come Puteolus Fornuce o Puteolus de Borlasca entrò ben presto nell'orbita del comune di Tortona e fu da essa fortificato intorno all'anno 1095. Per sette secoli questo borgo fortificato rappresenterà un valido baluardo contro l’espansionismo di Genova nell’Oltregiogo. Assieme a Tortona fu conquistato nel 1155 dal Barbarossa. Tornato ai Tortonesi, grazie ad Obizzo Malaspina aiutato dai Milanesi, nel XII secolo passò tra i domini dei marchesi del Bosco. Nel 1255 la comunità locale si ribellò a Tortona e la questione fu risolta con la firma di un trattato di pace che riconosceva ai pozzolesi maggiori diritti. Nel 1437 venne acquistato dal duca di Milano. Nel 1452 il Marchese di Monferrato occupò la ben munita piazzaforte, ma Bartolomeo Colleoni, al servizio di Francesco Sforza, con l’artiglieria di campagna smantellò la rocca, penetrò nel borgo e travolse il presidio monferrino. Il duca di Milano ordinò al Condottiero bergamasco di restare a Pozzolo; sotto la sua guida militare venne eretta, con la collaborazione dell'ing. Giovanni da Sale, una nuova fabbrica difensiva rispondente alle mutate esigenze dei tempi e alla luce delle recenti esperienze: la potenza distruttiva delle bombarde aveva ormai messo da parte arcieri e balestrieri. L'edificio assunse così l'attuale aspetto in cui si riconoscono elementi architettonici sforzeschi sovrapposti a motivi viscontei. Nel 1527 venne concesso in feudo a Domenico Sauli (genovese) figlio di Antonio. Il castello restò di proprietà della famiglia fino alla sua estinzione, quando il re di Sardegna ne incamerò i diritti feudali. Passò, poi, alla famiglia Scaglia e da questa, grazie ad un matrimonio, ai marchesi Morando. L'ultimo Morando lo lasciò in eredità al figliastro avvocato G.Battista Oddini che lo donò al Comune di Pozzolo Formigaro. Il castello, dall'architettura quattrocentesca ma con una parte di struttura seicentesca, sorge sulla sommità di una terrazza alluvionale che guarda la pianura. Rappresenta il simbolo del paese ed è oggi sede municipale. Figura fra i "Castelli Aperti" del Basso Piemonte. La parte più antica conserva la porta carraia con postierla in cui sono ancora visibili le scanalature del ponte levatoio. Anticamente il mastio era isolato dagli altri corpi di fabbrica. L'arco posteriore, che dà accesso al cortile, era protetto da una poderosa grata di ferro. La botola al centro del voltone serviva ai difensori per salire, con scale retrattili, ai piani superiori, dopo aver alzato il ponte levatoio carraio e quello pedonale, e dopo aver calato la saracinesca; poteva avere anche la funzione di trabocchetto. La torre, un po' arretrata rispetto al filo degli spalti è ruotata leggermente in senso antiorario. Dietro ai merli correva il camminamento di ronda, provvisto di caditoie su beccatelli. Un tempo solamente una passerella, pensile e retrattile, consentiva il passaggio dal mastio al corpo di fabbrica centrale. In seguito fu aggiunto un corridoio di disimpegno; rimaneggiamento, dovuto probabilmente ai Sauli, che ha sacrificato la cortina merlata e la scala esterna che portava dal "cortile d'onore" al piano nobile. L'ala signorile seicentesca dietro il palazzo fu aggiunta proprio dai Sauli. Nella sala consiliare si conservano cinque fucili ad avancarica della Guardia Nazionale (1848) e gli Affreschi di Franceschino Boxilio e scuola (Madonna con Bambino, Santa Lucia, San Biagio, San Francesco), del sec.XV, strappati dalla Chiesa di Nostra Signora delle Ghiare. Della medesima provenienza sono la grandi tele con San Bovo e una curiosa scultura di legno policromo: è una Madonna con Bambino che racchiude in seno il Redentore assiso con la Croce; all'interno delle ante due angeli in adorazione del Cristo (sec. XV). Il salone di rappresentanza custodisce una suggestiva Natività del ‘700; un ritratto del canonico Bottazzi, opera di Tirso Capitini; un ritratto del Marchese Morando, uno di gentiluomo e uno di gentildonna; un grande medaglione con fotografia di G.B.Oddini. Al piano inferiore è stata ricomposta una Tomba Romana a pozzetto per incinerazione (II sec. d.C.) corredata di una lucerna fittile con marchio FORTIS; fu rinvenuta nel 1958 in località Zinzini, non lontano dalla Via "Aemilia Scauri".
Fonti: http://it.wikipedia.org, http://www.pozzoloformigaro.gov.it, http://www.castelliaperti.it, testo di Giancarlo Patrucco su http://www.marchesimonferrato.com, http://www.alexala.it/ita/risorse/castelli-fortezze/scheda/45e1606bf7417eb1e9d185b0e5d0ce5f/castello-di-pozzolo-formigaro.pdf
Foto: da ausiliapedala.blogspot.com
sabato 14 dicembre 2013
Il castello di domenica 15 dicembre
GRADISCA D’ISONZO (GO) – Fortezza veneziana-austriaca
Fonti: http://www.viaggioinfriuliveneziagiulia.it,
http://www.consorziocastelli.it,
http://it.wikipedia.org, http://www.castello-gradisca.htmlplanet.com/
(dove si possono trovare numerose foto dei vari elementi della fortificazione)
Foto: da http://quentinsplayground.blogspot.it
e da www.dulcisterrae.comvenerdì 13 dicembre 2013
Il castello di sabato 14 dicembre
GRANCONA (VI) – Castello
Bizzarra l'origine del nome Grancona. Una leggenda vuole
derivi da Cancer, il granchio d'acqua dolce predone dei corsi d'acqua e della
valle alluvionale del Liona. Altre teorie richiamano l'idioma longobardo
'KrankenHaus', casa o luogo salubre. Ed ancora 'Granza' a significare terreno
coltivato. 'Grange' indicante i monaci benedettini e cistercensi che bonificarono la
vallata. Grancona, posta "sulle sommità de’ monti" e che "fu
castello fortissimo", domina la parte superiore della Val Liona laddove il
fiume originato dai torrenti e dalle sorgenti che confluiscono in località
Acque "per oscuri antri, pertugiandoli, spiccia fuor ne’ campi". La
rapidità e l’abbondanza delle acque hanno dato origine nei tempi andati a una
fitta concentrazione di mulini. Sul castellaro, il colle su cui un tempo era
costruito un imponente castello, si innalza da più di un secolo la chiesa
neoclassica di Grancona; della cinta muraria sono rimaste però soltanto le
fondazioni e qualche breccia. Il castello ebbe in passato grande importanza: fu
eretto nel X secolo per contenere una chiesetta e soprattutto per difendere la
popolazione dalle invasioni degli Ungari. Durante le lotte medioevali tra
guelfi e ghibellini, nel 1209, vi trovarono rifugio i vicentini guelfi, che
preparavano il contrattacco a Ezzelino II; questi però assediò la cinta
fortificata e, dopo averla espugnata, la distrusse. Il castello subì gravi
danni nel 1227, ad opera di Alberico da Romano, durante le lotte con il vescovo
di Vicenza. Durante il medioevo, dunque, non solo fu luogo di rifugio dalle
invasioni e dalle guerre civili, ma fu anche oasi di pace e di riposo in tempi
di tranquillità. I vescovi di Vicenza vi soggiornarono più volte, e dal
castello emanarono alcuni decreti, come ad esempio, nel 1266, tre atti di
investitura, firmati con la dicitura “in castrum Granconae”. Il castello
fu poi definitivamente distrutto dai Veneziani alla fine della guerra contro la
lega di Cambrai, nel 1500. Nel 1530 fu costruita la chiesa parrocchiale,
dedicata a San Pietro, che prima sorgeva all'interno del castello, presente sul
colle forse sin dal IV secolo d.C.. Per la ricostruzione furono usate le rovine
del castello, di cui permane ancora oggi l'impronta in alcune parti dell'edificio.
In seguito subì numerosi restauri, fin al 1872, quando con la progettazione
della nuova chiesa il colle fu appianato». Alcune foto si possono trovare su http://www.comune-di.it/grancona/
Fonti: http://it.wikipedia.org, http://www.magicoveneto.it, http://www.pattoareaberica.it
Foto: da http://ciclotazze.blogspot.it
e di Lancil8 su http://www.panoramio.com
Il castello di venerdì 13 dicembre
CAGLIARI – Torre pisana dell’Elefante
Fonti: http://it.wikipedia.org, http://www.cagliariturismo.it, http://www.areasardinia.com, http://www.comune.cagliari.it/portale/it/scheda_sito.wp?contentId=SIT481, http://www.cagliaricentro.it
Potete trovare diverse foto della torre al seguente link: http://sardegna.blogosfere.it/2012/01/torre-dell-elefante-cartoline-da-cagliari---foto-di-sardegna.html
Foto: una cartolina della mia collezione e un particolare
della torre preso da www.tripcagliari.it
mercoledì 11 dicembre 2013
Il castello di giovedì 12 dicembre
TRICASE (LE) - Castello Del Balzo di Caprarica del Capo (di Mimmo Ciurlia)
Il borgo di Caprarica del Capo sorse intorno al XII secolo e faceva parte della Contea di Alessano, dove erano feudatari i Della Ratta. Successivamente la città di Alessano con tutti i suoi casali passò ai Del Balzo, poi a Ferrante di Capua e a Ferrante di Gonzaga. Dopo altri passaggi, infine, arrivò al feudatario di Tricase Stefano Gallone, che lo comprò nel 1736. Il castello di Caprarica fu edificato nel 1524 dall’architetto di Tricase Antonio Renna, come riporta il De Giorgi, citando un'epigrafe, oggi scomparsa, da lui letta su una delle torrette da cui è possibile evincere committente e anno di costruzione: "CASTELLO FACTO PER MASTRO ANTONIO RENNE DE TRICASE A(nno) 1524". La costruzione, di piccole dimensioni, ha una forma rettangolare con 4 torri cilindriche agli angoli e anticamente era circondata da un fossato sormontato da un ponte levatoio. Le mura, alte dai 6 ai 7 metri e spesse 1,40 metri, sono realizzate in conci irregolari di carparo bruno e presentano un robusto toro marcapiano, sono sormontate da piccoli beccatelli che sostengono la cornice superiore e sono rafforzate agli angoli dalle torri circolari con base scarpata. Il severo portale è difeso da una tripla caditoia. All'interno si disponevano numerosi ambienti: quattro camere al pian terreno, sei al piano superiore, magazzini e cantine. Dentro le mura trovavano posto anche un giardino e cisterne per l'approvvigionamento idrico, granai, botole per i prigionieri e anche una prigione. Nel castello esisteva anche una chiesetta dedicata a S. Cristoforo, oggi completamente distruta e probabilmente identificabile con un vano con volta costolonata sorretta da colonne addossate alla muratura, dove agli inizi del Novecento, era possibile ancora scorgere traccia degli affreschi. Il castello fu adibito a masseria alla fine dell'Ottocento.
http://www.nelsalento.com/guide/tricase/caprarica-del-capo-rione-di-tricase.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Caprarica
www.mondimedievali.net
Foto: di Lupiae su http://commons.wikimedia.org e una cartolina della mia collezione
Il castello di mercoledì 11 dicembre
ASSORO (EN) – Castello Valguarnera
La planimetria del castello aveva un andamento poligonale
irregolare, modulato secondo le forme delle rocce situate alla sommità della
rupe (901 mt s.l.m.). Di esso rimane a vista quasi l’intero perimetro murario.
Il muro di sud-ovest, conservatosi per l’altezza di pochi metri, è realizzato
in pietrame calcareo in forme a grossa pezzatura legata con malta. I due muri
di nord-est e di nord-ovest realizzati con lo stesso materiale e sistema
costruttivo, ma con pietrame a pezzatura minuta, sono ancora visibili quasi per
l’intera altezza. Le mura terminano presso una torre piena a pianta circolare,
munite, sino pochi anni addietro, di beccatelli in pietra, quasi una prova
dell'influsso spagnolo della famiglia Valguarnera, che dovette intervenire sul
castello con opere di restauro. Una seconda muraglia è munita di finestre che
guardano verso valle. Un ambiente sotterraneo di passaggio è munito di scala a
chiocciola e altri ambienti, il tutto scavato nella roccia con volta a crociera.
Gli altri ambienti sembrano aver avuto la funzione di magazzini, anche a
giudicare dalla presenza di canalette di scolo delle acque. Di difficile
interpretazione sono lunghe serie di petroglifi lineari, tutti uguali. Il
castello doveva svilupparsi, nel suo complesso, oltre l’attuale parco urbano,
fino al centro abitato. Le notizie storiche del maniero sono rare, doveva
essere una fortificazione bizantina espugnata nel 939 dalla gualdana araba di
Chalil, il quale una volta guadagnato il sito forte vi ricostruì il castello e
modificò le forme delle muraglie. Il castello venne conquistato dai Normanni, e
passò, con un atto di vendita firmato da Ruggero II, al vescovo di Catania che
ne acquisì il diritto feudale. Progettato dallo stesso architetto che realizzò il
castello Ursino di Catania, pervenne poi a Scaloro I degli Umberti, parente del
Farinata di dantesca memoria, al quale venne confiscato nel 1340 e affidato al
Duca di Randazzo, Giovanni, fedele al partito catalano; nel 1347 l'Umberti
venne perdonato e rientrò in possesso del Castrum Asari, dove venne
ucciso in una battaglia del 1351. Nel 1364 Federico IV concesse il castello e
la terra a Matteo d'Aragona, che però morì lo stesso anno senza eredi. Nel 1366
il castello pervenne ad Antonio Moncada sino al 1397. In Sicilia fu sostituito
nella signoria di Assoro dai fratelli Vitale e Simone Valguarnera, la cui famiglia
(catalana e fedelissima alla casata aragonese) mantenne il controllo di Assoro fino
alla fine del feudalesimo. Abbandonato già nella prima età moderna e poi dato
in cava ai cittadini che ne deturparono l'andamento sino a renderne
difficilissima la comprensione degli apparati, è oggi inserito in un bel parco
urbano di nuovissima creazione che comprende tutta l'area alta del paese con i
resti delle fortificazioni e dell'antica acropoli. E' possibile trovare varie foto
del castello su: http://assoroweb.altervista.org/Album/Castello/album/index.html
Fonti: http://it.wikipedia.org,
scheda del Dott. Andrea Orlando su http://www.icastelli.it,
http://assoroweb.altervista.org,
http://www.comune.assoro.en.it, http://www.siciliasud.it
martedì 10 dicembre 2013
il castello di martedì 10 dicembre
VILLACHIARA (BS) – Castello Martinengo
Citato per la prima volta in un documento del 1113, il paese
fu probabilmente feudo del monastero femminile bresciano di Santa Chiara.
Divenne nel '200 feudo dei Martinengo, che vi costruirono il castello verso la
fine del '300 con Barolomeo III, governatore di Parma, Piacenza e Cremona. Questo
bell'edificio può considerarsi più un palazzo che una fortezza, anche se con
torri e ponte levatoio fu edificato a scopo residenziale, successivamente
rimaneggiato tra il 1450 ed il 1530. Si presume comunque che sia sorto, come
per la gran parte dei castelli siti soprattutto in pianura, su fortificazioni
precedenti all'interno dell'antico "castrum". Ben presto Villachiara
soppiantò la vecchia Villagana per la sua posizione centrale del territorio. Nel
1427 la vittoria di Maclodio portò al Carmagnola il feudo di Villachiara, che
nel 1453 fu milanese per un solo anno e con la pace di Lodi del 1454 tornò alla
Serenissima e ai Martinengo. Il castello nel '500 divenne residenza signorile
dei Martinengo (ricordiamo in particolare Marcantonio M. - 1546 - che, al
servizio di Venezia, si distinse nella battaglia di Lepanto) e fu teatro di
guerre e tradimenti familiari, nonché di amori e incesti a corte. Passò di
proprietà svariate volte ai vari discendenti della famiglia sino alla seconda
meta del '700, periodo che vide abitarvi un Martinengo per l'ultima volta. Da
allora fu ceduto a numerose altre proprietà, sino ai giorni nostri in cui
l'edificio è adibito in parte ad abitazione e in parte ad uso rurale. Documenti storici parlano della presenza
dei celebri fratelli Campi come decoratori sia per le sale interne che per gli
affreschi esterni con putti festanti. Altri affreschi cinquecenteschi si
intravedono nell'androne d'ingresso. L’opera di pittura, di mano di Lattanzio
Gambara e allievi più notevoli, è tuttora una sala terrena dipinta a putti e
grottesche nelle pareti e che esprime nel la volta il carro di Febo coi segni
dello Zodiaco. Vi sono nelle sale superiori altre sale dipinte delle quali una
con soffitto a cassettoni e tavolette a tempera della scuola del Gambara. Un
bel cordolo in laterizio lavorato a treccia (raro se non unico nel bresciano)
ricorda quello più elaborato ed in pietra del castello estense a Ferrara. Sarà
un caso ma nel cinquecento fra i Martinengo di Villachiara e gli Este avvenne
un matrimonio: Bartolomeo Martinengo con Rizzarda d’Este, oltre a proficui
scambi culturali fra le due città veicolati da Vincenzo Maggi, lettore di
filosofia alla corte estense. Insomma qualcosa si sarà pur visto e riportato...
Il lato verso la piazza è una bassa costruzione percorsa da caditoie e
racchiusa tra due torri cilindriche, che conserva cortine con merlatura. Il
fossato che lo circondava è stato trasformato in giardino. Il Razzetto,
fabbricato seicentesco porticato che precede l'ingresso, ospitava le scuderie.
Fonti: http://www.miapagina.it/comuni/storia.asp?ID=17200, http://www.bresciainvetrina.it, testo di Marco Brago su http://www.mondimedievali.net, http://www.ilborgosoncino.com, http://www.pianurabresciana.com, Testo tratto dalla relazione della Regia Soprintendenza ai monumenti di Milano, allegata al decreto di vincolo del Ministero della Istruzione Pubblica in data 21 giugno 1919 su http://www.comune.villachiara.bs.it
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