martedì 31 ottobre 2017

Il castello di martedì 31 ottobre



TARANTASCA (CN) - Castello

Una tradizione popolare, che fu adottata dall'autore dei Secoli di Cuneo, pretende che Tarantasca sia l'antico borgo o città di Quaranta, il cui nome in progresso di tempo si sia corrotto in Taranta, e successivamente in Tarantasca; ma nell'articolo Caraglio vol. III, pag. 473, è dimostrato qual fosse il sito di Quadraginta, di cui più non esiste traccia. Vari monumenti romani che furono rinvenuti a Passatore poco distante dal luogo dell'antica Quaranta, appartengono certamente a quest'ultimo borgo. Monsignor Agostino della Chiesa crede che s. Belegno o San Benigno fosse la parrocchia dell'antico luogo di Quaranta, che chiamasi Quadraginta in una carta dell'anno 1028, e Quaranta in un diploma di Arrigo I. Un posteriore diploma di Federico I del 1162 a pro di un Anselmo de Quadraginta, dimostra che il nome di questo vetustissimo borgo era ancora presente e lo è anche nella seconda metà del secolo XII in un diploma del 6 giugno 1226, in cui Federico II confermò le concessioni fatte a Bonifacio de Languellia figliuolo del suddetto Anselmo de Quadraginta.Tarantasca veniva compreso nell'appannaggio del duca del Ciablese. Anticamente faceva parte della diocesi di Torino; fu poi aggregato a quella di Fossano nel 1592, e finalmente fece parte della diocesi di Saluzzo. Nell'epoca dell'ultimo assedio di Cuneo, prima della decisiva battaglia di Marengo, il villaggio di Tarantasca fu occupato ora dagli austriaci, ed ora dai francesi, tra i quali ivi accaddero alcuni fatti d'armi. L’imponente costruzione che domina l’attuale abitato, derivante dalla trasformazione dell’antico castello in dimora signorile, voluta dai Della Chiesa tra Sei e Settecento, pur avendo perso il primitivo carattere guerresco, rintracciabile unicamente nelle quattro massicce torrette angolari, è tuttora edificio di grande suggestione: il suo impianto architettonico infatti fonde elementi barocchi di una certa eleganza con la maestosa severità delle compatte cortine murarie. L’attuale proprietario è il Sig. Allione ivi residente.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Tarantasca, http://www.comune.tarantasca.cn.it/storia.asp

Foto: immagini prese da Google Maps, in quanto sul web non sono presenti foto dell'edificio

lunedì 30 ottobre 2017

Il castello di lunedì 30 ottobre






MONTEGABBIONE (TR) - Castello di Montegiove

Il nome deriva forse da un preesistente insediamento occupato da un santuario umbro preromano (Jupiter Elicius), come confermerebbe l'avvenuto ritrovamento di due teste votive in terracotta della divinità. In uno scenario mozzafiato, il Castello di Montegiove si nasconde tra le verdi e rigogliose colline umbre al centro di una tenuta che si estende per 1200 ettari, al confine tra Orvieto e Perugia. La nascita del castello, uno dei più antichi della regione, risale forse intorno all’anno 1200, ad opera di Bernardino di Raniero, dei conti di Marsciano, il cui nipote ed erede Raniero IV (Nerio) nel 1282 ottenne dal vescovo di Orvieto la costruzione di un oratorio, la Scarzuola, “nella tenuta presso il castello di Montegiove”; possiamo considerare Nerio di Bulgaruccio il primo conte di Montegiove ed accertare l’edificazione del castello in data anteriore al 1282. Nel 1380 Orvieto aumentò notevolmente i balzelli per i castelli sottomessi, tra cui Montegiove, provocando la sottomissione del castello a Perugia fino al 1394, quando morirono di peste, senza lasciare eredi, gli ultimi conti di Montegiove, i fratelli Nicolò e Mariano e il castello passò nelle mani di Francesco di Petruccio, abate di Monteorvietano. Nel corso dei secoli la proprietà del castello passò per diverse mani, divenendo tra l’altro dimora della Beata Angelina, dei Monadelschi della Vipera - citati nel Purgatorio Dantesco – e del celebre condottiero Gattamelata. Vediamo più in dettaglio....Nel 1400, dopo la morte dell’abate, i montegiovesi, stanchi delle continue vessazioni impositive, si ribellarono ed elessero a loro signore Francesco di Montemarte conte di Corbara il quale, nel 1417, vendette il castello a Pier Antonio Monaldeschi della Vipera. Nel 1455 passò ai Gattamelata e dopo il matrimonio di Bianca Paola Gattamelata detta Todeschina, figlia del celebre condottiero Erasmo da Narni (Narni 1370 – Padova 1443), con Antonio di Ranuccio Bulgarelli (1429 – 1483), famoso capitano di ventura, ritornò ai Marsciano. In seguito il Castello ha fatto parte dello Stato della Chiesa e, dal 1860, del Regno d’Italia. Attualmente ha meno di cento abitanti, ma è stato Comune autonomo fino al 1869 quando fu soppresso, con Regio Decreto N°5170 del 27 giugno, e accorpato al comune di che all’epoca faceva parte della provincia di Perugia. Il castello di Montegiove, nonostante i numerosi rifacimenti, si presenta massiccio e superbo con mura, torri, fossato; un blocco imponente di pietra fondato sulla roccia, fasciato di edera, circondato da querce, lecci, cipressi e abeti. Tutto è in ordine e ben tenuto dagli attuali proprietari. Dal 1780 la proprietà appartiene alla Famiglia Misciattelli che, unificando l’antico feudo e la proprietà del castello, lo adattò a scopi agricoli. Oggigiorno, comprende un’operosa azienda agricola, cantina ed un esclusivo agriturismo. Grazie a un impegnativo ma appassionante progetto di restauro portato avanti dai proprietari, questa scena bucolica e sognante è stata preservata con cura nel corso del tempo, di generazione in generazione. I 1200 ettari di meravigliosa campagna umbra comprendono querceti, vigne, uliveti, pascoli e seminativi. I prodotti principali dell’azienda sono il vino rosso Orvietano DOC ed Umbria IGT, l’olio extravergine d’olive, legna, tartufi e carne Chianina allevata allo stato brado. Nella campagna circostante ci sono vari sentieri ben marcati di varia lunghezza per fare delle passeggiate a piedi, a cavallo ed in bici, e lungo i vari percorsi si trovano numerosi luoghi incantevoli perfetti per picnic, lontani dalla pulsante vita urbana. I vini della tenuta sono rossi ed un rosato, e vengono prodotti esclusivamente da grappoli selezionati, raccolti a mano a perfetta maturazione. Successivamente vengono vinificati nella cantina del castello, la quale risale al XVI secolo ed è stata di recente modernizzata, riportando il Castello di Montegiove ad essere uno degli attori importanti sulla scena del vino umbro e italiano come era negli anni ‘70. Ecco il sito ufficiale del castello, di cui vi consiglio la visita: http://www.castellomontegiove.com/. Altri link suggeriti: http://www.mondimedievali.net/Castelli/Umbria/terni/montegiove.htm, http://www.ilcastellodimontegabbione.it/PagineIlGobbo/IlGobbo-CastelloMontegiove.htm, https://www.facebook.com/CastellodiMontegiove/

Fonti: https://www.dimorestoricheitaliane.it/vacanze-location/castello-montegiove-toscana/, http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-montegiove-montegabione-tr/ (testo di Silvio Sorcini), http://www.castellomontegiove.com/italiano/storiait.html, https://www.youtube.com/watch?v=7zbr2srdr_Y (video di Alessio Martino), https://www.youtube.com/watch?v=XDpnrSXArZA (video di misciattelli).

Foto: la prima è presa da http://entrainumbriabooking.it/dove-dormire/castello-di-montegiove, la seconda è presa da https://www.dimorestoricheitaliane.it/vacanze-location/castello-montegiove-toscana/

domenica 29 ottobre 2017

Il castello di domenica 29 ottobre



ARVIER (AO) – Castello di Montmayeur

Fu innalzato su un ripido promontorio sulla destra orografica della Dora di Valgrisenche, in posizione dominante sull’imbocco della valle omonima. La pianta del sito è di forma quasi circolare con una doppia cortina muraria realizzata in fasi diverse. Dal punto di vista litologico, la roccia su cui sorge il castello di Arvier è micascisto albitico grigio, dalla patina marroncina e caratterizzato dalla presenza di clorite e venature di quarzo: originatasi da depositi di detriti che presentano materiale vulcanico, presenta metamorfismo alpino. Nell'Ottocento, meritò l'appellativo di nido d'avvoltoi per la sua posizione impervia. Dal castello si offre alla vista la palestra di roccia de la Ravoire. Il castello di Arvier venne fatto costruire nel XIII secolo dalla famiglia dei conti di Montmayeur su di una naturale altura ove ancora oggi si trova: sicuramente il mastio, se non tutto il castello, risale al 1271, quando Anselmo e Aimone d'Avise prestarono l'omaggio feudale per la rupem Arbareti vel Montis Meliorisa Filippo di Savoia, nel quale il conte li autorizzava alla costruzione. Tuttavia, da un altro documento dei conti del balivo di Aosta risulta che venne costruito nel 1312: « Libravit Richardo de Brezaul, pro adrectu facto per ipsum ad edificandum castrum Montismelioris [...] ». A inizio del XIV secolo il feudo di Montmayeur faceva parte della signoria d'Avise, costituendone un sesto. Nel 1309-1310 il Conte Amedeo di Savoia acquistò il feudo da Aimonetto e Falcone di Montmayeur e provvide ad una parziale ricostruzione. Nel 1323 fece presidiare il castello dai suoi armigeri. Nel 1337 il castello di Montmayeur risulta tra le entrate e le uscite presentate alle Udienze e a disposizione del balivo, castellano di Châtel-Argent e Montmayeur. Risulta che nel 1351 apparteneva ancora a Casa Savoia, per passare a Pietro di Montmayeur nel 1359 tramite investitura e nel 1430 ai fratelli D'Avise. Il de Tillier conferma che nel 1430 il castello di Montmayeur, insieme a quello di Rochefort, era ancora abitato dato che atti delle Udienze generali riportano in quell'anno la presenza di guarnigioni. Non si conosce invece la data del suo abbandono. Secondo una leggenda, intorno al 1450 un conte di Montmayeur che, in lite con un cugino, era stato ritenuto colpevole dal tribunale di Chambéry, per vendicarsi invitò Guy de Feissigny (che era il presidente della giuria) nella propria dimora, facendogli credere di aver organizzato una festa per riconciliarsi con il cugino. Il malcapitato, scoprendo di essere l'unico invitato, cominciò ad insospettirsi, ma ormai non poteva più tirarsi indietro. I due mangiarono ed in seguito il conte portò l'ospite in una stanza e quelli che in precedenza erano solo sospetti si tramutarono in triste realtà. Degli uomini incappucciati lo aspettavano intorno ad un tavolo coperto da un telo nero. Il padrone di casa diede l'ordine di tagliare la testa a Feissigny e di metterla in un sacco. Il giorno dopo si diresse a Chambéry e giunto davanti ai giudici, consegnò loro il sacco dicendo di aver portato il documento che mancava al suo processo e poi fuggì a gambe levate! Per proteggersi si nascose tra le montagne e fece costruire una fortezza che venne poi chiamata Castello di Montmayeur. Attualmente la struttura è composta prevalentemente da ruderi in quanto il castello è disabitato da secoli e di esso non rimangono che poche tracce: nel mastio che si eleva come una torre circolare merlata a coda di rondine, a cui si sommano i vari resti della cinta muraria e gli avanzi del complesso del castello propriamente detto, un edificio quadrangolare. È accessibile solamente a piedi, attraverso il sentiero che parte dal villaggio di Grand Haury, poco sopra Arvier. Il castello di Montmayeur è di proprietà privata. Altri link: http://www.vdamonamour.it/2014/09/la-torre-di-roccia-del-signore-di-montmayeur-valle-d-aosta/, https://archeologando.wordpress.com/2015/05/26/castello-di-montmayeur-parte-prima-storia-di-un-lungo-assedio/.

Fonti: http://www.lovevda.it/it/banca-dati/8/castelli-e-torri/arvier/castello-di-montmayeur/890, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Arvier, https://www.inalto.org/it/schede/leggende/il_castello_di_montmayeur, http://www.arvier.eu/it/beni-storico-artistici/castelli.html

Foto: la prima è di Patafisik su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Arvier#/media/File:Castello_di_Montmayeur_a1.jpg, la seconda è una cartolina della mia collezione.

venerdì 27 ottobre 2017

Il castello di sabato 28 ottobre



ROCCA DI MEZZO (AQ) – Castello in frazione Rovere

Il nome Rovere deriva dal termine latino Robur, una varietà di quercia capace di attecchire sull’Altopiano delle Rocche anche ad altissime altitudini. Nel sito, sin dall’epoca romana, è attestata la presenza di un’area votiva lungo la Via Poplica-Campana che collegava le città di Amiternum e Aveia Vestina con Alba Fucens. Dopo essere stata un’azienda agricola benedettina assunse un ruolo chiave nel sistema difensivo territoriale. Si trasformò in castrum, ovvero in una piccola comunità difesa da una cinta muraria e da un castello di cui permangono le strutture edilizie sulla sommità del colle su cui sorge il borgo. Rovere conserva ancora oggi tutti i tratti antichi, la sua posizione di preminenza sull’altipiano delle Rocche regala scorci e paesaggi mozzafiato. E’ quasi certo che il primo nucleo di aggregazione degli attuali centri dell’Altipiano fosse un sistema di torri di avvistamento intorno alle quali poi si svilupparono i primi nuclei fortificati nel cosiddetto periodo dell’incastellamento tra il XII e il XIV secolo. Rovere fece parte, fin dalla sua nascita, della Contea di Celano e della Diocesi dei Marsi. Solo nel 1806 passò volontariamente sotto la giurisdizione di Rocca di Mezzo mantenendo comunque ancor oggi la sua dipendenza dalla Diocesi dei Marsi. In un atto testamentario del 1590 si cita Rovere “alla cui sommità sono ben visibili imponenti mura diroccate….. di un antichissimo castello o fortezza”. Questo “castello”, di cui oggi rimangono significativi ruderi, ancora oggetto di varie campagne archeologiche, era la propaggine orientale del borgo fortificato di forma triangolare con tre torri poste ai vertici, di cui rimane solo quella addossata alla chiesa di S. Pietro trasformata in campanile. Tali caratteristiche del borgo fortificato originario, in parte ancora leggibile, erano chiaramente documentate in una tela raffigurante il Santo protettore con Rovere sul palmo della mano, andata purtroppo distrutta. Il borgo ha subito gravi danni a seguito del terremoto della Marsica del 1915 e della seconda guerra mondiale. Altri link suggeriti: https://www.mondimedievali.net/Castelli/Abruzzo/laquila/rovere.htm, https://www.youtube.com/watch?v=3et3p9UKBkI (video di wwwvivarovere.it in cui si vede anche il castello ricoperto di neve), http://foto.inabruzzo.it/provincia%20l%27Aquila/R-Z/Rovere/index.html (varie foto).

Fonti: http://www.roburmarsorum.com/rovere/, http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/90761, https://it.wikipedia.org/wiki/Rovere_(Rocca_di_Mezzo)

Foto: la prima è di maselluzzo su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/377976/view, la seconda è di Adriano di Benedetto su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/174792/view

Il castello di venerdì 27 ottobre






SOLOFRA (AV) - Palazzo Ducale Orsini

Nel VI secolo d.C. l'abitato incorporato nel Ducato di Benevento e fece parte del Gastaldato di Rota. Quando il Ducato beneventano fu diviso nei due Principati di Benevento e di Salerno, si trovò in una delicata zona di confine e fu protetta da Salerno nei cui territori era entrata a far parte. In questo periodo si può collocare la costruzione del castello (ne abbiamo già parlato qui: http://castelliere.blogspot.it/2016/01/il-castello-di-sabato-30-gennaio.html). Con la venuta dei Normanni divenne feudo dei Sanseverino, poi dei Filangieri de Candida, quindi degli Zurlo. Fin dal XIV secolo e per il rapporto con Salerno divenne un fiorente centro artigiano-mercantile, che raggiunse il massimo splendore del XVI secolo, definito il suo Secolo d'oro. In questo periodo ci fu lo sviluppo di Solofra, che ebbe ben 14 rioni o casali: il Fiume, il rione delle concerie poi divenuto Toppolo, il Sorbo, i Balsami, le Fontane sottane e soprane, oggi S.Lucia, la Piazza, centro mercantile, i Burrelli, il Toro, Capo Solofra, le Casate, poi Volpi, il Vicinanzo, la Fratta, la Forna e il Sortito. Inoltre fu costruita la Collegiata di San Michele Arcangelo, impreziosita di opere in legno intagliato ricoperte di oro e di opere pittoriche di Francesco Guarini, seguace del Caravaggio. Dal 1555 fu feudo degli Orsini fino alla fine della feudalità nell'Italia meridionale. Dal 1895 ha il titolo di città. Il palazzo ducale, sede degli Orsini feudatari di Solofra, sorge nel centro cinquecentesco della cittadina, in un ampio spazio in cui ci sono altri elementi centrali della storia di Solofra, di fronte e in opposizione alla Collegiata, espressione della Universitas locale. Costruito nella seconda metà del XVI secolo, dopo che gli Orsini avevano acquistato il feudo, dall’architetto Floro Campanile e da maestranze cavesi, il Palazzo ha un’imponente mole, espressione dell’architettura rinascimentale. Si sviluppa intorno ad un cortile centrale quadrato, con due piani rialzati, uno nobile e uno di sottotetto. La facciata centrale è volta verso sud su una vasta piazza. Su di essa sono armonicamente strutturati ampi spazi divisi da una fascia marcapiano in cui si aprono due ordini di finestroni cinquecenteschi incorniciati da blocchi di tufo nero, interrotti dal grande ingresso principale e dal grosso balcone centrale, che sono gli elementi più importanti dell’intero prospetto. I finestroni del primo piano sono più corti di quelli del piano nobile, che invece hanno uno slancio verticale molto accentuato ed una leggera trabeazione superiore. L’ingresso principale ha un portale ad arco a tutto sesto, che poggia su grossi pilastri con membrature che seguono il movimento, e che giunge fin sotto il balcone. Elemento importante del piano nobile è il balcone a loggetta che interrompe la fascia marcapiano e poggia quasi sull’arco del portone. Esso è incorniciato da un arco a tutto sesto e lateralmente da due lesene su cui poggia una semplice trabeazione e un timpano interrotto. In alto il cornicione, fortemente aggettante, sottolinea la plasticità della facciata. L’angolo sud-ovest è circondato da una torretta ben squadrata che termina all’altezza del piano nobile che, oltre ad avere la funzione di belvedere, serve a sottolineare e preparare l’aspetto difensivo del lato ovest della costruzione. Questo ha uno squilibrio rispetto al prospetto principale, dovuto alla differenza di livello del terreno, ed un aspetto molto diverso, poiché è caratterizzato da una nudità costruttiva, che evidenzia il carattere di fortilizio del palazzo dalla parte dove poteva provenire il pericolo di un eventuale assedio. Lo spazio è diviso in due zone molto diverse tra loro da una fascia marcapiano prominente. La prima è costituita da pietre rustiche a vista che sono quelle appartenute alle mura del castello fatte smantellare per utilizzarle nella costruzione. Su questa si aprono i vuoti rustici dei lucernai degli ambienti seminterrati. La seconda zona, corrispondente al piano rialzato, al piano nobile e al sottotetto, è divisa da una seconda fascia marcapiano, meno aggettante e molto elegante, ed è segnata da un doppio ordine di finestroni, incorniciati anch’essi da blocchi di tufo nero, modellati da leggere membrature. Anche qui i finestroni del piano nobile si distinguono per lo slancio e la maggiore altezza, ma non sono segnati da lesene come quelli del prospetto principale. La facciata è completata dalle aperture quadrate del sottotetto. Il lato nord ha un portale molto più semplice di quello della facciata principale con arco a tutto sesto su pilastri. Un atrio voltato a botte introduce in un cortile quadrato con un profondo pozzo al lato destro  Intorno al cortile si aprono molti ambienti che erano adibiti a scuderia, gendarmeria, stalle, depositi e lavanderia. Sulla parete di fondo due archi creano due ambienti divisi dall’androne posteriore. Sulla sinistra uno scalone rinascimentale, non molto monumentale e ad archi con volte a crociera, porta ad una loggia di accesso agli ambienti del piano nobile. In esso ci sono due ampi saloni con tetto a capriate, quello a nord più piccolo aveva le pareti decorate di affreschi che rappresentavano i feudi degli Orsini, di cui sono rimasti solo pochi tratti. Il palazzo all’inizio del XIX secolo divenne bene privato. Crollato col sisma del 1980, è stato ricostruito nelle forme originali e dal 1993 è sede comunale. Altri link suggeriti: http://www.solofrastorica.it/orsini.htm,   http://web.tiscali.it/archeologiasolofra/solsto.htm, http://irpiniaoggi.it/info-comuni/solofra/solofra-palazzo-orsini-diventa-un-museo/, http://www.sguardisullirpinia.it/headers/municipalities/360/40780/extra/Palazzo_Orsini/ (visita virtuale).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Solofra, http://www.solofrastorica.it/palazzorsini.htm

Foto: la prima è di olivo.scibelli su https://hiveminer.com/Tags/solofra, la seconda è presa da https://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/09/7a/97/84/collegiata-san-michele.jpg

giovedì 26 ottobre 2017

Il castello di giovedì 26 ottobre






SANTA CATERINA DELLO IONIO (CZ) - Torre di Sant'Antonio

In origine Santa Caterina dello Ionio era un piccolo villaggio cinto da mura difensive, nelle quali si aprivano quattro porte, di cui una sola - la "Porta dell'acqua" - è ancora possibile ammirare. Intorno al 1060 faceva parte della contea di Badolato. Il primo signore del paese fu, nel 1272, Rinaldo Conclubet. Nel 1487 la casata d'Arena dei Conclubet, coinvolta nella congiura dei Baroni, fu spodestata e la cittadina venne consegnata al conte Alberico da Barbiano. Negli anni seguenti si susseguirono poi diverse casate: dai Cordova ai Galeotta, dai Gioieni ai Colonna. I Marzano nel XVII secolo la dotarono di un castello, andato distrutto con il terremoto del 1783. Nel 1799 il possedimento passò ai Di Francia che lo tennero fino all'eversione della feudalità (1807). La Torre di Sant'Antonio è una torre "cavallara" costruita nel XIII secolo che serviva per l'avvistamento delle flottiglie di pirati (balcanici, greci, anatolici) provenienti dal mare. Si definisce "Cavallara" perché era presidiata da due guardie (ognuno detto Cavallaro, da cui il cognome diffuso) che, a cavallo, perlustravano a turno il litorale. I segnali di pericolo erano diffusi con fumo e fiamme (di notte) accese sulla sommità. Se la datazione è precisa, la Torre è la prima (o una delle prime) sulla costa ionica meridionale, e precede le torri angioine e durazzesche similari, della fine del secolo XIV. È collocata vicinissima al mare, a ridosso della torre a pianta circolare sono stati aggiunti altri due fabbricati, uno più recente dell'altro. La torre è vicinissima al mare, ed era in collegamento visivo a nord con torre Manno e a sud con la torre di Castillace la cui presenza è riportata solo sulla carta IGM. La torre è cilindrica con un diametro di sette metri, ha subìto, nel tempo, delle modificazioni e per come dice Vittorio Faglia “… delle ingenue manipolazioni…”, ma sono state rispettate ugualmente le sue caratteristiche costruttive, tra cui i merletti, le aperture, la scala esterna ed il colore dell'intonaco. La torre è sottoposta al vincolo monumentale e paesistico, con un'ampia zona di rispetto non edificabile. E' di proprietà privata, ed oggi è utilizzata come ‘resort' in un'area fortemente turistica. Il Faglia elenca i torrieri che l'hanno vigilata, partendo dall'anno 1576 con il torriero Tropiano Francesco, nel 1599 il torriero Contestabile Francesco, nel 1613 compare nella carta di Mario Cartaro, nel 170 la custodisce il torriero Sebastiano Burgese, dopo il terremoto del 1638 compare nell'elenco del Blanch, che la ispeziona e riporta che: “… abbattuta dai turchi prima del terremoto, necessitano 300 ducati…”, nel 1777 è custodita dagli invalidi (persone che non hanno la qualifica di torrieri) ed ha bisogno di accomodi, nel 1778 è visitata dall'abate Saint De Non che la ricorda per le ‘pulci', nel 1810 è utilizzata nell'ordinamento doganale. Dal libro "La frontiera di pietra" di Cataldo Vincenzo, si riporta: “… Nel territorio di S. Caterina era posizionata la torre S. Antonio. Nel 1576 la funzione di caporale e di cavallaro era esercitata da Francesco Tropiano (Giuseppe Failla il compagno), nello stesso anno l'assistente veniva surrogato con Filippo Puccio. Nel 1577 gli incarichi furono riconfermati. Capitano nel 1558 era Giovan Francesco Contestabile col soldato Minico Sergi; nel 1598 ritroviamo ancora il caporale Contestabile col soldato Minico Sergi; nel 1616 Sebastiano Borgese e Domenico Ragheli; nel 1707 Giovan Pietro Tuccio e Andrea Mantegna. Sempre nel 1707 avveniva la sostituzione del compagno con Domenico Cerami. Nel ‘Quadro' la torre appariva diruta, sebbene sorvegliata da due torrieri…”. Da sempre Torre S.Antonio è un simbolo positivo per il paese di S.Caterina: l'attività profusa dalla signora Liana Badolato, moglie ed erede del defunto proprietario Francesco Badolato, nella promozione dello sviluppo turistico del paese, è spesso stata riconosciuta dalle associazioni locali. Oggi la struttura è parte integrante di un resort esclusivo (http://www.torresantantonio.it/). Altro link proposto: https://www.youtube.com/watch?v=YITyouYJqBA (video con drone di Torre Sant'Antonio).

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Caterina_dello_Ionio, https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_Sant%27Antonio, http://www.parcodelleserre.it/index.php?option=com_content&view=article&id=101:santa-caterina&catid=128&Itemid=160&lang=it,

Foto: la prima è presa da http://www.iloveshoppingwithfede.com/2015/06/la-calabria-che-non-conosci-torre.html, la seconda è presa da https://media-cdn.tripadvisor.com/media/photo-s/10/cb/5e/45/la-torre-di-santonio.jpg

mercoledì 25 ottobre 2017

Il castello di mercoledì 25 ottobre






PAVULLO NEL FRIGNANO (MO) - Castello di Montecuccolo

Il castello, che sovrasta la piccola frazione di Montecuccolo, a 4 km a sud ovest di Pavullo, in direzione Lama Mocogno. sorge a 873 metri s.l.m., assieme al suo piccolo borgo medievale. Viene citato per la prima volta nel 1027, quando apparteneva ad una famiglia di probabili origini del nord Europa. Il castello fu costruito con funzioni difensive nel 1019 e completato nel 1027, assieme ad altre torri sparse, la più importante delle quali era la torre Montecuccolo, ormai scomparsa. Fu dimora e centro militare dei Montecuccoli, a cui facevano capo decine di torri e di rocche. L’impianto architettonico è estremamente interessante e corrisponde alla tipologia classica del castello medioevale. Si rileva infatti la torre principale (mastio) isolata nel punto più elevato dello sperone roccioso, e il palazzo feudale ingrandito per corpi di fabbrica successivi (sempre staccati dalla torre per garantire da questa l’estrema difesa), contestualmente a tre cinte murarie concentriche e convergenti sul mastio, fino ad abbracciare tutta la sommità del monte. Questo tipo di struttura a compartimenti è comune ad altri grandi castelli del vicino scacchiere matildico (ci si riferisce ai castelli di Canossa e di Carpineti), cui Montecuccolo è legato anche per altri aspetti tipologici e formali. La fabbrica assume quello sviluppo lineare fortemente direzionato, costituito da cinque corpi fortemente integrati col cortile-giardino interno alle mura. L’impianto del castello di Montecuccolo venne poi completato con la costruzione del “corpo di guardia” all’interno della terza cinta e con il consolidamento del borgo fortificato sottostante, disposto in modo tale da formare con la Chiesa di S. Lorenzo, costruita sul posto delle antiche scuderie, una quarta formidabile cerchia di mura. ll materiale di costruzione, pressoché esclusivo, fu il sasso (arenaria macigno), impiegato sia per le pietre della murata, sia per le lastre di copertura, abbinato al legno dell’ordito strumentale dei solai e del tetto. Per quanto l’architettura sia improntata a criteri di massima essenzialità e severità, consoni alla tipologia e all’epoca dell’insediamento, essa è fortemente caratterizzata da una diffusa e spiccata maestria scalpellina, evidente nel torricino della scala a chiocciola, nella lavorazione dei portali, delle finestre e dei sedili contrapposti, nei frontoni degli splendidi camini superstiti con stemmi sbalzati dal vivo della pietra. I Montecuccoli vi si insediarono dal XII sec. e nel 1212 ricevettero l’investitura imperiale del Frignano. All'interno delle mura dell'antico castello sono presenti anche alcuni luoghi religiosi e di culto, come la Chiesa di S. Lorenzo, situata sul versante Est della cinta muraria. Tale zona venne costruita nel 1469 ed è stata oggetto, nel corso degli anni, di alcune ristrutturazioni. Nonostante sia poco frequentata questa parte del castello è tuttora visitabile. Il castello, pur se parzialmente danneggiato, conserva ben visibili le caratteristiche dell'impianto originario. Qui il 21 febbraio 1609 nacque Raimondo Montecuccoli, famoso scrittore e condottiero che, al comando delle truppe asburgiche, respinse l'avanzata dei turchi verso Vienna nel 1664. Da un portale gotico si entra nel borgo ai piedi del castello, con il Palazzo del Podestà e la quattrocentesca chiesa di S. Lorenzo. Ancora più interessante è che all'interno del sito si può entrare dal versante Nord dove si trova il parcheggio, ma la vera e propria porta è stata costruita sulla parete Sud del castello dove, una volta entrati all'interno, si possono vedere molte case abitate alla sinistra, un ristorante nel sottosuolo e una strada storica che porta alle fondamenta del castello. Dal 1961 il complesso appartiene al Comune, il quale ha concluso il progetto relativo all’attivazione della foresteria, dove ha trovato sistemazione la Locanda del Condottiero, proprio tra le Mura del Castello. Le 5 camere realizzate, la stanza del condottiero, la stanza del conte, la stanza Anna Bigi, la stanza Regina Cristina e quella dei bimbi, rappresentano gli spazi ideali per respirare la magia della storia, rivivendo un’atmosfera unica, tra ambienti originali ed unici, coerenti e rispettosi dell’ambiente seppur dotati di ogni comfort. Nei locali della vecchia foresteria è possibile rilassarsi, degustare prodotti tipici del territorio, conoscere i piatti della tradizione montanara e della storia della famiglia Montecuccoli. Nella Locanda ha trovato collocazione “Il Ristorante” un angolo dove il gusto e la storia si incontrano e danno vita ad connubio da sogno. L'osteria elabora i prodotti della dispensa, proponendo cibo tipico del territorio, selezionato appositamente per rappresentare al meglio l’immagine del territorio del Frignano. Il maniero, che stava quasi per crollare a causa della sua antichità, è stato ristrutturato a partire del maggio 2009 ed è stato riaperto al pubblico il 13 febbraio 2013. Nel particolare è stata ristrutturata gran parte delle case del borgo e, in minima parte, anche la Chiesa di S. Lorenzo. Sono state inoltre sistemate alcune torri pendenti, in condizioni precarie. Insieme ai nuovi allestimenti, con le collezioni artistiche (grafiche e sculture) permanenti  “Il Paese ritrovato” di Gino Covili e “La Donazione" di Raffaele Biolchini, e con il Museo Naturalistico del FrignanoFerruccio Minghelli”, il Castello si offre al pubblico in una veste accogliente che propone un percorso culturale e turistico che unisce arte, storia e scoperta del territorio. Gli spazi dedicati al Museo Naturalistico del Frignano si trovano al secondo, terzo e quarto piano del Castello di Montecuccolo. Il percorso espositivo e gli arredi valorizzano la raccolta naturalistica lasciando nello stesso tempo al visitatore la possibilità di godere anche della bellezza delle antiche sale del castello perfettamente recuperate. Lo splendido panorama dei boschi e delle vallate che è possibile ammirare dalle finestre, poi, costituisce una sorta di "diorama" naturale che contribuisce non solo visivamente ma anche emotivamente alla valorizzazione delle collezioni esposte. Al secondo piano è presente una sala dedicata alle Scienze della Terra. Qui è possibile osservare campioni di rocce, minerali e fossili del territorio del Frignano. Salendo al terzo piano troviamo la prima sala dedicata alla Botanica ed alla Zoologia, dove sono esposti animali e piante che vivono fino agli 800 metri. Alla fauna del territorio collinare sono dedicate due grandi vetrine all'interno delle quali gli animali sono “ambientati” grazie alla presenza di pannelli fotografici retroilluminati. Si possono ammirare gli animali tipici del nostro territorio come lo scoiattolo, il ghiro, il tasso, il gufo, la civetta e moltissimi altri. Per la parte botanica, la xiloteca raccoglie i legni delle specie arboree più rappresentative, mentre i particolari cassetti-erbario proteggono ed espongono campioni botanici perfettamente conservati. Sempre a questo piano è collocata anche la collezione entomologica: è costituita da diverse scatole di insetti sistemate all'interno di una grande vetrina che ne valorizza i contenuti. Al quarto ed ultimo piano troviamo la seconda sala dedicata alla Botanica ed alla Zoologia e qui sono esposti animali e piante caratteristici dei livelli altitudinali più elevati, da 800 fino oltre 2000 m di quota. La xiloteca ed i cassetti-erbario espongono i campioni delle specie botaniche caratteristiche di questa fascia altitudinale. Al Castello di Montecuccolo è possiblile effettuare due tipi di visita guidata:
1) la prima visita comprende l’illustrazione storica della rocca, dei contenuti generali del centro Museale di Montecuccolo (CeM) e dell’eventuale mostra temporaneamente allestita, si può richiedere con le seguenti modalità:
2) la seconda è una visita didattica al Museo naturalistico del Frignano "Ferruccio Minghelli", dedicata alle scuole primaria e secondaria, prenotabile al costo di €. 50,00 per ogni percorso didattico (max 30 persone). Per maggiori informazioni sui percorsi e le modalità di prenotazione visita la pagina delle proposte didattiche.

Altri link suggeriti: http://www.locandadelcondottiero.eu/, http://www.emiliaromagna.beniculturali.it/index.php?it/108/ricerca-itinerari/38/358, https://www.youtube.com/watch?v=wPmOMvSOydU (video di Turisan Film), https://www.youtube.com/watch?v=mpPpjPckb9E (video di jo7962), https://www.youtube.com/watch?v=KsdLCIIpfXQ (video di Glauco Santi).


Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Montecuccolo, http://www.castellidimodena.it/page.asp?IDCategoria=287&IDSezione=5854, http://www.icastelli.it/it/emilia-romagna/modena/pavullo-nel-frignano/castello-di-montecuccolo

Foto: la prima è presa da http://www.comune.pavullo-nel-frignano.mo.it/eventi_turismo/nuova_sezione_17/caratteristiche_architettoniche.aspx,  la seconda è una cartolina della mia collezione

martedì 24 ottobre 2017

Il castello di martedì 24 ottobre






MAGIONE (PG) - Castello di Montecolognola

Montecolognola è un piccolo borgo affacciato sul lago Trasimeno in posizione panoramica che conserva quasi intatto l’aspetto medievale con le sue mura di cinta e le porte d’ingresso. Il castello fu costruito Il castello fu costruito fra il XIII ed il XIV secolo, non per volontà del signorotto di turno, ma a cura degli abitanti di Pian di Carpine che si erano ribellati ai cavalieri Gerosolimitani che controllavono gran parte del lato nord est del lago. Negli anni ‘50 del secolo XIII, i servi dell’ospedale gerosolimitano di S. Giovanni di Pian di Carpine avevano acquistato, dal vescovo di Perugia, del terreno sulla sommità del colle e avevano provveduto ad edificarvi un oratorio e delle abitazioni, con il chiaro intento di andare ad abitarle, sottraendosi in tal modo dal giogo servile cui erano costretti. Con una lettera del 17 maggio 1261 al comune di Perugia, Alessandro IV chiedeva l’intervento della città in favore dei Cavalieri Gerosolimitani, intervento che non si fece attendere. L’esercito perugino, di cui facevano parte anche abitanti delle comunità circostanti, tra questi sono menzionati corcianesi ed uomini della stessa Pian di Carpine, si portò sul luogo e rase al suolo tutto quanto vi era stato edificato. Ma come evidenziato in altre sedi, l’azione perugina bloccò solo momentaneamente il processo di affrancazione dei servi di Pian di Carpine che, negli anni ‘90 del secolo XIII e all’inizio del successivo, sotto la tutela del governo di Perugia, si concretizzò con l’edificazione del castello di Montecolognola. Legata comunque a Pian di Carpine, a partire dall’ultimo scorcio del secolo XIV e nel corso del successivo, Montecolognola divenne l’insediamento principale di quest’area e, nel 1410, si censirono in essa 561 abitanti. La cinta muraria di cui era dotato l’abitato garantiva ai residenti quella protezione di cui non godevano certo gli abitanti di Pian di Carpine a protezione del quale vi erano sì la torre e l’ospedale fortilizio, ma la difesa offerta da queste strutture non era certo paragonabile a quella di solide mura di cinta. Nonostante le difese di cui era dotata anche Montecolognola, a più riprese dovette subire gli assedi e soprattutto i saccheggi di eserciti e compagnie di ventura alla fine del medioevo e all’inizio dell’età moderna. Questa comunità continuò ad essere il centro politico e amministrativo della zona fino alla metà del secolo XVII, quando si ebbe il distacco dalla stessa di Magione, divenuta autonoma in quel periodo. Per quanto concerne gli aspetti dell’economia locale deve evidenziarsi la presenza di un mercato settimanale a partire dal 1383 quando, dietro richiesta degli abitanti di Pian di Carpine e Montecolognola, l’appuntamento mercantile presente nel primo insediamento fu spostato per ragioni di sicurezza nei pressi del secondo, nell’area antistante la porta del castello, con una delibera del consiglio dei priori del comune di Perugia del 16 aprile di quell’anno. Al di là dell’appuntamento mercantile, occorre evidenziare come l’economia di questa comunità sia stata sostanzialmente agricola. Il castello è a pianta ellissoidale ed impianto urbano a schema rettangolare, con le (poche) case e le strade distribuite parallelamente all'asse principale. Altri link suggeriti: https://www.ilturista.info/guide.php?cat1=4&cat2=8&cat3=8&cat4=49&lan=ita, https://www.youtube.com/watch?v=1sndjYUbGXc (video di Jumble Fun).


Fonti: http://www.fortezze.it/montecolognola_it.html, http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-montecolognola-magione/, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Umbria/perugia/provincia002.htm

Foto: la prima è di Enrico Montanari su https://www.ilturista.info/ugc/immagini/montecolognola/umbria/56372/, la seconda è presa da http://www.lacostaest.it/it/highslide/images/large/10_montecolognola.jpg; infine la terza è presa da http://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-montecolognola-magione/

lunedì 23 ottobre 2017

Il castello di lunedì 23 ottobre





BAGNO A RIPOLI (FI) - Torre di Terigi

L’alta torre, ancora intatta, nel XIV secolo apparteneva alla famiglia Peruzzi e, nel secolo successivo, ai Carucci. Dopo vari passaggi di proprietà pervenne alle Monache di Santa Caterina da Siena, che avevano il convento a Firenze in piazza San Marco, le quali la mantennero fino all’epoca Napoleonica. Nella cartografia del 1774 è documentata come torre dei Molini, dal nome dei proprietari che possedevano anche la villa di Vernalese. Alla fine del XIX sec. apparteneva agli Schneiderff. La struttura, che presenta un paramento in filaretto di alberese con antiche finestrelle superiormente ornate in cotto, costituisce un esempio tra i meglio conservati di una casa da signore del Duecento. A questa si appoggia un edificio più basso, anch’esso riferibile all’epoca medievale. All’interno della torre di Terigi si conserva un affresco, purtroppo sciupato dal tempo, che mostra la figura di un nobile personaggio (alcuni vi hanno ravvisato l’immagine di San Cristoforo) e una data che potrebbe leggersi come 1320. Nella parete opposta a quella dell’affresco vi è una curiosa incisione , graffita alla fine del secolo scorso, che dice testualmente: “Questa casa si abitava dalla famiglia Panichi P. R. s. questa memoria fece Panichi Angiolo/ L’anno 1881 il 15 di ottobre s’iscaturì un furmine” Fino alla fine degli Anni Sessanta, nel complesso hanno abitato due famiglie di coloni che lavoravano i poderi Terigi I e II. Una delle funzioni delle case torri del contado fu quella di garantire una catena di comunicazioni che potesse arrivare anche alla città attraverso le varie torri opportunamente dislocate. Durante il giorno i segnali venivano fatti con bandiere di colori diversi, la notte con torce e falò accesi sulla sommità delle stesse. I ritrovamenti e gli studi fatti nella zona fanno ipotizzare che Torre Terigi si trovasse al centro di una rete stradale che metteva in comunicazione le località di Paterno, Terzano e Vernalese dove sono presenti interessanti case-torri per lo più inglobate in strutture rurali. Oggi la costruzione è adibita a residence (http://www.residencetorrediterigi.com/). Altro link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=4uDDjA3spzQ (video di Top Hotels Everywhere).

Fonti: http://www.echianti.it/torre-di-terigi/

Foto: entrambe del mio amico Claudio Vagaggini, scattate di recente

sabato 21 ottobre 2017

Il castello di domenica 22 ottobre




MENTANA (RM) – Castello e Palazzo Crescenzio

Ricordata nel 408 come sede episcopale, alla quale nel 593 venne aggregata la diocesi di Cures (presso Fara in Sabina), nel 741 Mentana subì una breve occupazione ad opera dei Longobardi e l'abitato si spostò a maggior distanza dalla via Nomentana, in posizione meglio difendibile. Il 23 novembre dell'anno 800 fu sede dell'incontro tra Carlo Magno e papa Leone III. Il castello di Nomentum fu un possesso dell'importante famiglia romana dei Crescenzi tra il X e l'XI secolo. Nel 1058 la città venne distrutta dai Normanni e l'abitato si restrinse drasticamente, mentre il castello passò alla famiglia dei Capocci; in seguito fu compresa fra i possedimenti papali e fu affidata ai monaci benedettini di San Paolo fuori le mura. Nella seconda metà del Trecento ne era in possesso la famiglia Orsini e nel 1484 subì gravi danni per un terremoto. Passò quindi nel 1594 al principe di Venafro, Michele Peretti, e nel 1655 venne ceduta al principe Marcantonio Borghese che ne divenne marchese. Il castello di Mentana è una imponente costruzione nata prettamente a scopo difensivo contro le scorribande dei Saraceni e dei Longobardi e guardando le facciate esterne di questo forte si ha proprio l'impressione della sua imprendibilità. Il castello è nato sulla base di un antico forte militare posto a guardia della valle del Tevere e in una costruzione nata per questi scopi non potevano mancare le torri di guardia e difesa che rappresentano uno spettacolo tutto da guardarsi. L’edificio principale del centro storico è palazzo Borghese. Questo fu edificato dagli Orsini nel 1400, ma l’attuale aspetto è il frutto di numerosi interventi avvenuti negli anni a seguire. Esternamente si affaccia sia su piazza Borghese con un ampio porticato d’accesso, sia sulla sottostante piazza San Nicola dalla quale si può ammirare tutta la maestosità del palazzo con il suo imponente portale bugnato sormontato da un ampio loggiato di epoca rinascimentale. Entrando, poi, nel Palazzo Borghese, transitando attraverso l'omonima piazza, troviamo quello che un tempo era il salone di rappresentanza, dove possiamo ammirare ancora il grande camino; non possiamo però più ammirare le pareti affrescate o, meglio, possiamo farlo solo in parte: infatti le pareti dipinte, nel migliore dei casi, sono state coperte nel corso dei secoli dagli intonaci dei lavori di ristrutturazione, quando non sono state aggredite dagli scalpelli o non sono state attaccate dall’umidità.

Palazzo Crescenzio:
Nell'VIII secolo fu fatto edificare per volontà del vescovo di Nomentum come difesa di Roma (data però con qualche riserva sulla certezza). Quello che è certo però che l'attuale edificio non è l'originario, secondo vari studi, il palazzo doveva essere più arretrato rispetto alle mura di Mentana. Il palazzo prende il nome dalla famiglia che lo tenne nel IX e nel X secolo: i Crescenzi (che per questo vennero chiamati i Crescenzi di Nomentum o i Crescenzi-Nomentani). Successivamente (XIII secolo), Mentana fu degli Orsini che fecero costruire un palazzo attiguo. Successivamente, tutto il centro storico di Mentana fu colpito dal papa nel 1486 per una insurrezione di Virginio Orsini, ma successivamente restaurato. In seguito, fu probabilmente adibito a scopo abitativo civile, indi come biblioteca comunale. Negli anni novanta una torre crollò (per via del fatto che le torri non formano un corpus unico con la struttura portante, ma sono ad essa solo poggiate). La facciata è in stile romanico rurale. Il lato verso la vallata ricalca le mura difensive, ed il palazzo ingloba un torrione di avvistamento. Sono visibili le zone restaurate dopo il crollo. Il portale è di Domenico Fontana. Al piano terra ed al piano superiore vi è la biblioteca. La biblioteca è stata istituita con la delibera di Consiglio comunale № 49 del 31 maggio 1999.Le porte di accesso alle sale sono incorniciate col travertino. Delle scalinate, sempre in travertino, portano ai svariati piani. Nel seminterrato vi è una sala convegni ed un museo archeologico In alcune sale e nelle scalinate vi è una mostra fotografica permanente su Jacques Zwobada e il Mausoleo Zwobada. Dell'interno rimangono dei brandelli di affreschi. Le prigioni che erano all'interno oggi sono state trasformate in cantine adibite ad uso privato.

Altri link per approfondire: https://borgomentana.jimdo.com/da-visitare/, https://www.youtube.com/watch?v=wDR0vBA55Wc (video di camillaPortfolio), https://www.youtube.com/watch?v=D40ygzM6x80 (video di TheVideorete)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Mentana, http://www.comune.mentana.rm.it/index.php?option=com_content&view=article&id=35&Itemid=146, http://web.tiscali.it/opinionigiuridiche/it_medio5.htm#torri, https://it.wikipedia.org/wiki/Palazzo_Crescenzio

Foto: la prima, con veduta globale del borgo, è una cartolina della mia collezione; la seconda (con particolare del palazzo Borghese) è di MaXi75 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/82841/view; infine la terza, con Palazzo Crescenzio, è presa da http://www.romaepiu.it/wp-content/uploads/2010/10/Mentana.jpg

Il castello di sabato 21 ottobre



COLLESANO (PA) – Castello normanno

Dopo la conquista normanna, sotto il nome di Golisano, Collesano divenne centro di un vasto feudo esteso tra il torrente Roccella e l'interno delle Madonie, inizialmente concesso a Rainolfo, nipote del gran conte Ruggero. Per volere di Ruggero II re di Sicilia il centro fortificato venne distrutto e ricostruito nel sito attuale, e dato in feudo ad Adelicia di Adernò, nipote del re (1140), ricordata nei documenti di eta normanna anche come Adelicia de' Golisano. La località è inoltre citata nel “Libro di Ruggero” del geografo arabo Idrisi, che lo descrive come un centro fortificato posto in altura, distrutto da Ruggero II. Il geografo scrive: "rocca sopra un colle scosceso ed elevato poggio, abbonda d'acque ed ha molte terre da seminare, alle quali sovrasta un alto e superbo monte; una volta sorgeavi un castello fortissimo e difendevolissimo [ne' cui dintorni poteano pascolare] pecore e buoi; ma il ridottato re Ruggiero ha fatto diroccare il castello e tramutar l'abitato nel sito dove è oggi". Dal XIII secolo fu in possesso della famiglia Siracusa. Dopo il matrimonio di Berardo Siracusa, signore di Collesano, con Hilaria Ventimiglia, figlia del primo conte di Geraci, Collesano venne incorporata nel territorio della contea e divenne centro del potere dei Ventimiglia sulle Madonie. Appartenne nel tempo anche alle famiglie dei Centelles, dei Cardona, degli Aragona, dei Moncada e infine dei Ferrandina di Toledo, ultimi feudatari a detenere in centro prima dell'abolizione della feudalità in Sicilia (1812). Edificato probabilmente in età normanna (per opera della Contessa Adelasia, intorno ai primi decenni del 1100, quando il Re Ruggero II fece distruggere il sito sul Monte d’Oro - Qal-at as-sirat =Rocca dello strada - a causa dei contrasti con il cognato Rainolfo) il castello si trova oggi in stato di rudere. Presenta uno schema a pianta quadrangolare con un'ampia corte interna, inglobata entro quattro torri angolari e mura spesse fino a due metri. Di esse rimane soltanto la torre di nord-est, posta accanto all'attuale ingresso e parzialmente inglobata in strutture di età moderna. Il primo documento che menziona il castello risale al 1194: si tratta del privilegio col quale l’ultimo re normanno Guglielmo III lo cede all’Arcivescovo Bartolomeo di Palermo. Il documento ricordato è la testimonianza del disfacimento della dinastia Normanna. Dal XIII secolo il castello passò nelle mani dei Cicala di Alife. Con gli Angioini pervenne ai De Monfort, e poi a Giovanni de Bullasio. Al nascere della nuova Contea di Collesano, successiva ai Vespri Siciliani, per quasi tutto il ‘300, il Castello e la terra furono in mano a Francesco ed Antonio Ventimiglia. In seguito nel ‘400, dopo Antonio Centelles, tutta la contea passò ai Cardona e successivamente ai Moncada fino a tutto il’600, dove raggiunse probabilmente l’apice dello splendore architettonico, e una delle sale più ampie venne addirittura trasformata in teatro per delle rappresentazioni, spesso a carattere religioso, messe in scena dalla locale Accademia degli Offuscati. Il terremoto dell'11 gennaio 1693 rese inagibile il Castello che non fu più riparabile da una nobiltà in declino e indebitata. Dopo essere stato ancora abitato nel ‘700 (fu possesso dei Duchi di Ferrandina e, nell' 800, degli Alvarez de Toledo), fu utilizzato come carcere cittadino fino al 1819, quando un altro terremoto rese la struttura del tutto inagibile e quindi abbandonata. A partire dalla seconda metà dell'800, sulle mura del castello vennero addossate alcune costruzioni di civile abitazione, che andarono trasformando progressivamente la struttura in caseggiato urbano. Intorno ad esso sorse il primo quartiere di Collesano: Bagherino. Soltanto nella tela della “Sacra Famiglia”di autore ignoto, datata 1688, si può ammirare l’immagine del Castello ancora intatto e il paese di Collesano nella conformazione urbanistica e architettonica di fine ‘600. La tela, che si trovava originariamente nella chiesa del Collegio, è stata recentemente trasferita nella Basilica di San Pietro. Altri link per approfondire: http://www.icastelli.it/it/sicilia/palermo/collesano/castello-di-collesano, https://www.vivasicilia.com/itinerari-viaggi-vacanze-sicilia/castelli-in-sicilia/castello-medievale-collesano.html.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Collesano, http://www.comune.collesano.pa.it/luoghi-di-interesse-a-collesano/castello-medievale.html,

Foto: la prima è presa da http://www.cefalumadoniehimera.it/wp-content/uploads/uploads/1445267501Castello_Collesano.jpg, la seconda è presa da http://www.icastelli.it/uploaded/castelli/1378822586.jpg

venerdì 20 ottobre 2017

Il castello di venerdì 20 ottobre




CASTELBELLO-CIARDES (BZ) - Castello di Colsano Alta

Colsano (Galsaun in tedesco), caratteristica frazione del comune di Castelbello-Ciardes di poco più di 350 abitanti, sorge a circa 575 metri di altitudine tra le località di Castelbello e quella di Ciardes, ai piedi del Sonnenberg. Il piccolo abitato è contraddistinto dalla presenza di numerosissimi muri a secco, in parte realizzati riutilizzando le pietre che lastricavano la romana Via Claudia Augusta, che attraverso la Val Venosta ed il Passo Resia metteva in comunicazione le Venezie con il bacino del Danubio. Le tracce di insediamento umano a Colsano risalgono peraltro alla preistoria, come testimoniato dai reperti archeologici rinvenuti in cima ad una bizzarra formazione rocciosa sopra il paese, il cosiddetto “Kirchknott”. Anche se del castello di Colsano Alta (Ruine Hochgalsaun), appartenuto ai signori di Montalban ed andato distrutto già nel 1423, non restano che poche rovine, valgono anch’esse quale ulteriore testimonianza di un lungo passato.

Fonti: http://www.suedtirol-it.com/malles/mazia.html

Foto: è presa da https://www.sentres.com/it/bambini-in-montagna/escursione-alle-rovine-del-castello-di-colsano

giovedì 19 ottobre 2017

Il castello di giovedì 19 ottobre







CASTELDELCI (RN) - Torri

Casteldelci occupa il punto d'incrocio tra tre regioni: Marche, Toscana ed Emilia-Romagna. Nelle sue vicinanze si erge il Monte Fumaiolo, da cui nasce il Tevere. È già menzionato in documenti del XII secolo, con la definizione di 'Casale d'ilice', dal latino Castrum Illicis, letteralmente 'fortificazione vicino ai lecci'. Tuttavia reperti di epoca preistorica rinvenuti nella valle suggeriscono che il paese abbia origini molto più antiche. Popolato ininterrottamente nelle varie epoche grazie alla presenza di sorgenti perenni, Casteldelci raggiunse il suo splendore nel Medioevo, quando la sua collocazione geografica favorì l'insediamento di rocche e castelli. Tra questi merita di essere ricordato il castello dei signori della Faggiola, il cui nome, come quello del monte omonimo su cui sorgeva la rocca, presumibilmente era dovuto ai faggi che ancora oggi ricoprono i monti circostanti. Qui nel 1250, nacque il celebre condottiero Uguccione della Faggiola, che, secondo una tradizione risalente a Boccaccio, avrebbe ospitato nel suo castello Dante Alighieri, ricevendone in cambio la dedica della Divina Commedia. Prima del governo di Uguccione e degli altri signori della Faggiola, che esercitarono il loro potere sin verso il 1400, Casteldelci dipendeva dai vescovi di Montefeltro ed era sotto l'amministrazione di Massa Trabaria. Dopo di loro passò invece a Guidobaldo da Montefeltro, duca di Urbino, e poi a Cesare Borgia, astuto condottiero e modello del Principe ideale di Niccolò Machiavelli. Passò quindi sotto il dominio di Lorenzo Il Magnifico, signore e mecenate della corte fiorentina, e successivamente del Comune di Firenze. Successivamente ritornò a far parte dello stato urbinate, seguendone le sorti. Altro importante personaggio storico legato al passato di Casteldelci è l'urbinate Girolamo Genga, pittore, architetto e scenografo del rinascimento italiano, citato da Vasari, allievo di Luca Signorelli e del Perugino, negli stessi anni di Raffello, e caposcuola di una schiera di ingegneri militari del Cinquecento che lavorarono dal Portogallo alla Russia. A lui il duca Guidobaldo da Montefeltro concesse la montagna di Casteldelci come ringraziamento della sua fedeltà. Oggi, chi vuole rivivere le antiche vicende del borgo può visitare il Ponte Vecchio, di origine medievale, le torri che in passato servivano da vedette, come la Torre del Monte, la Torre di Gattara, la Torre Campanaria e può sostare alla Casa-Museo che raccoglie reperti relativi alla preistoria e protostoria locale nonché all'età romana e altomedievale. La Torre Campanaria di Casteldelci è situata nel centro storico del paese, risale al 1100 ed è la più alta delle torri civiche del comune. Originariamente dotata di funzione difensiva, in seguito divenne un campanile. La sopraelevazione è settecentesca sui resti dell'antica rocca - ultimo restauro 1926. Torre del Monte si trova in località Monte, non lontana da Casteldelci (2/3 km), da cui ne deriva il nome. E' una delle più antiche, nonchè rare torri cilindriche del Montefeltro e della Massa, costruita con tetto conico ed una circonferenza di 12 m. La sua posizione, ubicata a mezza costa, quasi nascosta e mimetizzata col paesaggio, osserva solo la piccola valle del fosso della Pieve ed un tratto della valle del Senatello. Faceva parte con ogni probabilità di un sistema di segnalazioni tra più punti defilati, sempre a mezza costa, posto in essere dai Signori della Faggiola nel XIV secolo. Dopo l'utilizzo per usi militari la torre venne usata come colombaia. Di proprietà privata, oggi versa in uno stato fatiscente. Nelle poche case della frazione di Gattara si rinvengono ancora elementi architettonici medioevali, e resti del castello e della torre. Dal castello si "controllava a vista" la strada di valle, e per questo motivo fu lungamente conteso dalla Santa Sede, dai Malatesta e dai Carpegna che qui governanoro alternativamente. Altri link per approfondire: https://it.wikipedia.org/wiki/Contea_di_Gattara, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/rimini/provincia000.htm#gattar, http://www.riviera.rimini.it/situr/scopri-il-territorio/itinerari-e-visite/itinerari-storici-culturali/10-cose-da-non-perdere-a-casteldelci-322.html.

Fonti: http://www.comune.casteldelci.rn.it/torre-campanaria, http://www.appenninoromagnolo.it/comuni/casteldelci_escursioni.asp

Foto: la prima (Torre Campanaria) è presa da http://www.comune.casteldelci.rn.it/torre-campanaria, la seconda (Torre del Monte) è presa da http://static.riviera.rimini.it/tl_files/gallerie/pop/img_4764-torre-del-monte.jpg e infine la terza (Torre di Gattara) è presa da http://artbonus.gov.it/116-4-torre-di-gattara.html

mercoledì 18 ottobre 2017

Il castello di mercoledì 18 ottobre






SAN NICOLA MANFREDI (BN) - Palazzo Sozij-Carafa

San Nicola Manfredi è la principale frazione che dà il nome all’intero comune. Sorge sulle pendici di un colle prossimo al territorio beneventano. Le notizie storiche sul paese si perdono nel tempo, ma è certo che il castello (poi divenuto palazzo baronale) fu già dimora del re Manfredi nel 1251. In quei tempi dimoravano su queste terre circa un centinaio di famiglie, alcune occupavano la zona nei pressi del palazzo, altre abitavano i villaggi vicini, dove oggi si presume sorgano le frazioni del comune di san Nicola Manfredi. Su vecchi documenti è riportato che nel 1420 il castello e le terre circostanti erano di proprietà di Antonio Castelloni di Montefuscoli, e nel 1430 erano passate a Guglielmo Grifo e Catarina Castiglione, proprietari delle terre di Montefuscoli, allora confinanti con quelle di San Nicola. Nel 1531 le suddette terre passarono alla famiglia De Magris e precisamente a Giaso De Magris e a sua moglie Emilia Grifa allora signori delle terre di Santa Maria Ingrisone. L’11 agosto del 1536 Emilia Grifa vendette le terre a Bernardino Carbone di Napoli, riservandosi però il beneficio della ricompera. Il 5 giugno 1537 lo stesso Bernardino Carbone rivendette le terre a D. Giulia Carafa allora marchesa di Quarata, riservando però il vecchio beneficio della ricompera ad Emilia Grifa e Giaso de Magris. Nello stesso giorno infine Emilia Grifa estinse il patto della menzionata ricompera con un documento che prendeva il nome di assenso di pergamena. La signora Giulia Carafa, sciolto il vincolo che incombeva sulle sue terre, fu libera di poterle rivendere a chiunque. Il 25 ottobre, infatti, le rivendette a D. Laudomia di Aquino di Napoli per la somma di 9200 doc*. Infine il 16 gennaio del 1575 la stessa Laudomia di Aquino, insieme con Eligio della Marra , rivendette le sue terre per 9600 doc a Maddalena Gentile, vedova di Marco Angelo Sozij, madre di Leonardo Aniello e Federico, quest’ultimo signore delle terre di Santa Maria a Toro, Pastene e Sellitti. Da quella data le terre che costituivano San Nicola rimasero per molti anni di proprietà della casa Sozij. La costruzione che padroneggia nell’agglomerato urbano è l’imponente e storico edificio che fu già castello intorno all’anno 1000 ed ora è palazzo baronale, dimora della famiglia Sozij Carafa, già padrona del luogo negli ultimi tempi feudali. Ai piedi del colle sorge un altro agglomerato di case, detto san Nicola vecchio, il quale è sicuramente più antico, in quanto in passato dava il nome all’intero luogo. I diurnali di Matteo Spinelli riportano che nel castello di San Nicola dimorò Manfredi dal Gennaio del 1251 fino al 13 Febbraio dello stesso anno. Non è da escludere che per tale accadimento, al paese, che era dipendenza del vecchio san Nicola, si sia aggiunto l’epiteto Manfredi in onore del Re di Svevia. Questa però, è una supposizione, infatti nel cedolario del 1320 non vi è parola al riguardo. Il palazzo baronale, con decreto del 19 maggio 1990, è stato sottoposto a vincolo dalla sovrintendenza ai monumenti di Caserta-Benevento. è divenuto proprietà dell’Ente Comune nel 2005. Gli ultimi lavori effettuati hanno permesso di portare alla luce i dipinti delle sale nella loro primitiva stesura. In conformità al progetto è stato interpellato un restauratore al fine di salvaguardare la serie di stemmi della casata, gli antichi stucchi ed affreschi del ‘700, i medaglioni ed i soffitti a cassettone con bassorilievi in legno intagliati, la travature ricoperte di carta ornata di fregi dipinti, i portali, le finestre ed ogni altro elemento architettonico della casa baronale. Altro link utile: http://www.ilquaderno.it/san-nicola-manfredi-inaugurata-mostra-palazzo-baronale-17344.html.

Fonti: http://www.sannicolamanfredi.gov.it/la-storia.html, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Campania/benevento/provincia000.htm#sannicol,

Foto: la prima è presa da http://campaniachetipassa.myblog.it/media/02/02/3416351052.jpg, la seconda è presa da http://benevento.zon.it/san-nicola-manfredi/

martedì 17 ottobre 2017

Il castello di martedì 17 ottobre






CAROVIGNO (BR) - Torre di Morgicchio

La torre di Morgicchio, che sovrasta l'omonimo complesso masserizio sul lato occidentale, è posta nella fascia interna della marina di Carovigno nello spazio compreso tra la torre di Santa Sabina ed il villaggio della Specchiolla, antica sede di posto marittimo. Essa guarda la torre de li Frascinari ad oriente, quella di Santa Sabina a Nord-Est. Risulta raggiungibile a mezzo di una strada recentemente asfaltata, dopo aver percorso 2 Km dall'incrocio di Santa Sabina, nella direzione di Brindisi. Il complesso masserizio di Morgicchio è dotato di una ben organizzata fortificazione rimasta, in gran parte, allo stato antico. Caratteristici risultano i puntellamenti di protezione a contrafforte della cinta muraria ben visibili nel lato rivolto alla marina. Il complesso si è sviluppato su di una zona pianeggiante e priva di vegetazione che attualmente viene sfruttata per pascolo vaccino. La torre, di forma quadrata, si vede rinforzata agli angoli da blocchi di tufo. La torre è coronata da beccatelli compositi sui quali si erge un parapetto alto più di due metri, da cui era possibile osservare la zona circostante. La torre di Morgicchio venne costruita sugli inizi del sec. XVII per difendere il complesso masserizio ad essa facente capo dalle incursioni di pirati e barbareschi che riuscivano ad eludere la vigilanza nel tratto di mare compreso fra le torri di Santa Sabina e Guaceto. Nel 1628 la troviamo di proprietà di Francesco Mezzacapo della città di Brindisi, il quale, successivamente, la alienò in favore dell'Arcivescovo Scipione Costaguti feudatario di Carovigno. Quando costui morì, prima del 1659, la torre e masseria di Morgicchio furono ereditati dai suoi fratelli, il Cardinale Vincenzo e dai Marchesi Luigi e Giovanbattista. Quindi il complesso masserizio passò ai Castaldo, baroni di Carovigno dal 1661 al 1665. Alla morte di Benedetto Castaldo senza eredi, dopo l'incameramento in favore della Corona, e dopo la messa all'asta di tale Torre e Masseria, venne dichiarato aggiudicatario il Marchese di Serranova Giuseppe Granafei nel 1665.A questi subentrò Michele Imperiali ed il feudo di Carovigno, in mancanza di successori legittimi venne reincamerato dalla Corona che ritenne di dare in fitto la masseria di Morgicchio a Giacomo De Milato. Nel 1792, ancora, la masseria di Morgicchio venne acquistata dal Principe di Frasso Gerardo Dentice. La famiglia Dentice  tenne la torre di Morgicchio per oltre un secolo, e prima della abolizione della feudalità (1806) era custodita da un suo vassallo al quale successero, quali affittuari, altri privati cittadini. Affinché fosse facilmente riconosciuta come facente parte dei loro possedimenti, fu posto, sul portale d'ingresso l'arma rappresentante la famiglia Dentice ("un Dentice d'oro ricurvo su un campo azzurro, contornato da sedici pezzi di ungheria"). Nel 1964 tale nobile famiglia ha ritenuto opportuno vendere tale masseria al signor Lorusso Donato di Locorotondo che ne è tuttora l'attuale proprietario.

Fonti: http://www.lalanternadelpopolo.it/Torri%20Carovigno.htm, http://www.comune.carovigno.br.it/territorio/da-visitare/item/masseria-morgicchio

Foto: la prima è presa da http://www.agendaviaggi.com/cosa-vedere-a-carovigno/, la seconda è presa da http://www.lalanternadelpopolo.it/Torre%20Morgicchio.gif