domenica 15 ottobre 2017

Il castello di domenica 15 ottobre



PALAIA (PI) – Castello di Usigliano (o “Usiglian del Vescovo”)

Usigliano di Palaia, meglio conosciuto come "Usiglian del Vescovo" per essere stato in epoca medioevale feudo dei vescovi di Lucca, costituisce una rilevante testimonianza di quel profondo processo di conversione che ha visto molte strutture fortificate trasformarsi in eleganti e suggestive ville-fattoria. Il feudo esiste da 10 secoli con le sue particolarità: è ad una altitudine di 200 m.s.l.m., guarda il mar Tirreno e i suoi terreni sono i fondali di un oceano preistorico. L'insediamento di Usigliano, come ci riporta lo storico Emanuele Repetti e accertato sin dal 1078, quando la contessa Matilde di Toscana ne fece dono al vescovo di Lucca. Tale dominio, confermato poi da una bolla papale e da alcuni diplomi imperiali, fu tuttavia ampiamente contestato dalla Repubblica Pisana in forza della bolla di Innocenzo II (cinque marzo 1137), con la quale riconosceva a Pisa il possesso del castello e della "corte di Usigliano". Dopo varie e lunghe rivendicazioni tra le parti, in virtú dei rispettivi titoli, solo nel 1284 due giudici, nominati dal Papa Martino IV, misero fine a questa incessante controversia: alla Repubblica Pisana fu assegnato il dominio diretto, mentre al vescovo di Lucca l'usufrutto. In seguito, come gli altri castelli della zona, anche il piccolo insediamento di Usigliano non pote sottrarsi alle alterne vicende che interessarono tutta la Valdera. Conquistato nel 1406 da Firenze, tornò nuovamente sotto Pisa nel 1495; decisivo fu il contributo degli abitanti del luogo che, assieme alla guarnigione pisana, occuparono il castello mettendo in fuga il comando fiorentino (pare che in questa periodo soggiornasse ad Usigliano anche l'imperatore Sigismondo mentre era diretto verso Roma). Ma la risposta di Firenze fu rapida e decisa: un esercito guidato da Rinuccio De' Baschi di Marciana fece irruzione ad Usigliano e, una volta ripreso possesso del castello lo saccheggio e lo devastò. Solo con la schiacciante vittoria del 1509 Firenze riusci a tenere ben saldo il controllo su Pisa e sul suo contado per tre secoli consecutivi. La stabilità politica che si generò, fu, sin dall'inizio, molto importante non solo per la rinascita delle arti e del commercio, ma anche per l'affermazione di una nuova filosofia di vita, improntata a godere i piaceri e la bellezza della campagna, fino ad allora repressi per i pericoli che questa spesso nascondeva. Uno degli aspetti che sicuramente contribuì a realizzare questa periodo di apparente tranquillità fu la profonda organizzazione territoriale amministrativa espressa attraverso la creazione di vicariati, podesterie e capitanie, controllate non a caso dagli esponenti delle più importanti famiglie fiorentine. Al comando della Podesteria di Palaia, troviamo ad esempio, i Ferrucci, i Portinari, gli Strozzi, gli Acciaioli, i Pecori, gli Alfani, i Tomabuoni, i Gaetani, i Peruzzi ed altri ancora. La lora presenza sul territorio fu sicuramente importante per l'arrivo di nuovi fiorentini che, arricchitisi con il commercio e l'attività bancaria, diedero inizio ad una massiccia opera di investimento sino a formare vere e proprie fattorie. Gli sgravi fiscali poi, pensati dalla politica economica del governo centrale per incentivare questo tipo di investimento fondiario, avrebbero permesso di rafforzare in maniera ragguardevole il controllo sopra la campagna pisana. I presidi militari normalmente posti in posizioni dominanti per ragioni di sicurezza, nelle quali, quindi, era migliore lo scenario paesaggistico, si prestarono perfettamente per realizzare il nuovo concetto di villa-fattoria, in cui, oltre all'edificio principale, concepito come residenza extraurbana per il piacere e l'ozio del signore, trovarono luogo anche tutti i servizi necessari per la conservazione e la lavorazione dei prodotti della terra. Se tutto ciò fu possibile, fu grazie anche alla nuova e nascente organizzazione agricola fondata sul contratto mezzadrile, che venne a sostituire rapidamente il contratto di affitto sempre più gravoso e poco vantaggioso da parte del contadino. In poco tempo, la campagna pisana, ancora non molto popolata, secondo quanto emerge dal catasto del 1428-29, registrò un sensibile aumento. Questa organizzazione, capace di realizzare la fortuna di molte nobili famiglie fiorentine, gettò le basi per il primo vero processo di antropizzazione della campagna. A titolo esemplificativo, non si può non ricordare la fattoria Riccardi di Villa Saletta, quella dei Serragli di Palaia, dei Gondi di Colleungo, dei Biffoli e degli Ubaldini di Montefoscoli, dei Rucellai di S. Gervasio, degli Orlandini di Toiano, tanto per rimanere nei confini del Comune di Palaia, oltre a quelle degli Strozzi di Collegalli, dei Medici di Ospedaletto, dei Biondi di Castelfalfi, dei Bardi di Monti, degli Almeni di Peccioli, degli Alamanni di Cedri, dei Pucci di Capannoli, dei Capponi di Varramista ecc., tutte famiglie provenienti da Firenze. In questa contesto rientra pienamente anche la fattoria di Usigliano, una fattoria che, a differenza di altre, venne ad acquisire una propria identità patrimoniale solo verso la fine del 1700, quando specialmente la villa, composta da piu fabbricati, passò da tre ad un solo proprietario. Se valutiamo i beni di alcuni contadini "possidenti", quelli spettanti agli Agostini, impegnati nella costituzione della fattoria di Colleoli, quelli della chiesa di S.Piero di Usigliano, della Spedale Nuovo, e del Priorato del S. Sepolcro di Pisa (spesso costituiti da pochi pezzi di terra e qualche podere), vediamo che prevalgono in maniera consistente i beni della famiglia Baldovinetti di Firenze, estesi non solo ad Usigliano, ma anche nel "Comune" di Marti, all'epoca facente parte della podesteria di Palaia. Questa proprietà riconducibile a Giovanni di Guido Baldovinetti (n. 1443), era nel 1563 gia divisa ed assegnata ai di lui nipoti: Francesco di Niccolo di Giovanni (m. 1593) e al cugino Giovanni di Francesco di Giovanni Baldovinetti (m. 1587). All'epoca la villa, o quantomeno i vari fabbricati che costituivano il complesso, edificati recuperando i fondamenti o parti intere dell'antico castello, appartenevano in maniera distinta ai due Baldovinetti e ad un certo Alessandro di Bernardo Mancini. Tre erano le colombaie presenti sopra i tetti della villa, una per ciascun proprietario, ma, una volta venuto meno l'allevamento del piccione, o la loro stabilità, queste sono state eliminate eccetto una alla quale, attraverso una serie di trasformazioni, è stata conferita un'immagine neo-medioevale. Dai primi poderi allora esistenti, Vico, Fonte, Serravallino, Gorgora, risultano presenti al 1622 anche i poderi denominati Botra, Poggio, Capocollina, Poggio Cacio e S. Piero. Dopo il passaggio della proprieta di Giovanni di Guido Baldovinetti nelle mani dei suoi due nipoti, Francesco e Giovanni, la tenuta restò (salvo alcune eccezioni), perennemente divisa, seguendo in maniera distinta un diverso destino. Mentre il patrimonio di Giovanni rimase nel corso dei secoli nell'asse patrimoniale degli eredi Baldovinetti per essere poi, di volta in volta alienato, quello di Francesco di Niccolò venne, invece, a costituire il nucleo della nuova tenuta di Usigliano. Questa parte passata a Giò Antonio di Luca Tornaquinci nel 1654, in quanta figlio di Maria Baldovinetti (m. 1674), e per successiva eredità, al Marchese Francesco Aldebrando de' Medici (1786), venne a costituire, dal 1797, la nuova fattoria di Usigliano, determinando la ricomposizione immobiliare della villa, rimasta sino ad allora divisa in tre proprietari. Attraverso quindi tre atti notarili, Giovan Niccola di Niccolo Bertolli (o Bertolla), esponente di una ricca famiglia di Livorno distintasi nell'arte del commercio, acquistò dal Marchese de' Medici tutto il patrimonio già di Francesco di Niccolò Baldovinetti, ovvero: tutti i terreni, il podere Le Botra, Vico, Poggio (tutti e tre con colombaia), "Un casamento ed più stanze e colombaia ( ... ) ed un poco d'orto"(villa), tre casette ed un frantoio; da Giuseppe Maria, erede dell'avo Francesco, acquistò sei unità immobiliari: "Una casa ed colombaia ed un poco di orto" (villa), tre casette, la casa del fattore, un frantoio per la spesa di 1200 scudi; dai Matteucci di Montopoli e Ponsacco, eredi Mancini, acquistò alcuni terreni, il podere S. Piero, "Una casa con colombaia per il padrone"(villa) e alcuni pezzi di terra per la spesa di 809.22 scudi. Anche se attraverso queste acquisizioni, la parte fondiaria crebbe di poco (per la parte relativa ad Usigliano), il Bertolli riuscì, quantomeno, a riunire tutta la villa ed avviare una politica di notevole investimento, una politica che lo portò ad acquisire, di lì a breve, anche la fattoria Riccardi del Terrafino di Empoli nel 1798 e quella Salviati del Castellonchio di S. Miniato nel 1806. Nel 1822 la fattoria di Usigliano passata nel frattempo a Giovacchino e Niccola, rispettivamente figlio e nipote di Giovan Niccola, si estendeva per 230 ettari, distribuiti prevalentemente tra Usigliano, Marti e Colleoli, con circa dieci poderi. Riunita nel 1856 nelle sole mani di Francesco di Niccola Bertolli, pervenne nel 1872 alle di lui figlie: Pia ed Alessandra. Mentre la prima sposò nel 1885 il Barone Livio Carranza, Alessandra andò in sposa a Costantino Pappudoff di Livorno con ogni probabilità nel 1883, anno in cui la fattoria di Usigliano le pervenne come patrimonio dotale. Con la morte del Pappudoff (1908), e quella di lei (1938), in mancanza di eredi diretti, Alessandra Bertolli preferì lasciare i propri beni, anziche alla sorella o ai nipoti, alla "Casa della Divina Provvidenza di Torino", meglio conosciuta come "II Cottolengo": correva l'anno 1942. Da questa momento in poi, la fattoria di Usigliano conobbe, nell'arco di alcuni decenni, vari proprietari che hanno profondamente minato l'impianto iniziale creato dai primi Bertolli. Percorrendo velocemente i vari passaggi, dopo il Cottolengo, la fattoria fu acquistata dal prof. Gherardo Casini di Roma (1957), poi dalla famiglia Gargelli di Firenze (1961 c.), dall'ing. Bruno Corrada di Milano (1971/2), dai Perletti di Bergamo (1982) ed infine, ne1 2001, dagli attuali proprietari. A segnare pesantemente l'impianto fondiario, dopo il fallimento del prof. Casini che condusse la proprietà all'asta, fu sicuramente la famiglia Gargelli, la quale, se riuscì inizialmente a ricomporre l'estensione fondiaria lasciata in essere al tempo del Cottolengo (l'acquisto in due volte), con il fallimento delle sue attività (1969), gettò nel baratro ancora una volta la tenuta di Usigliano e stavolta in maniera irreversibile: divisa in due lotti, la parte denominata di "poggio", contenente la villa e vari poderi di collina, fu acquistata dai Corrada, mentre la parte di piano dai Bianchi di Castelfiorentino. La fattoria, quindi, dimezzata e ulteriormente ridotta per la cessione di alcuni poderi, vive ancora oggi per la parte più importante e rappresentativa composta cioè dalla villa e dai poderi denominati Casabianca, Fanuccio, i Pini, Fomace, Vico, Casina, Usigliano, il Poggio e Val di Strame.

Fonti: http://www.usigliandelvescovo.it/, http://invaldera.it/azienda.php?id=65

Foto: la prima è presa da http://www.palaiatoscana.it/strutture/usiglian-del-vescovo/, la seconda è presa da http://www.wineblogroll.com/2015/04/in-toscana-un-terroir-pliocenico-per.html

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