venerdì 30 giugno 2023

Il castello di venerdì 30 giugno



TODI (PG) - Castello di Cacciano

Il Castello di Cacciano, fu trasformato da villa in castello, ed è situato in una ridente conca circondata da vigneti e oliveti, a sud-est vi scorre il fosso Rio. Del castello di Cacciano, anticamente soggetto al Plebato di San Terenziano ed oggi ridotto a pochi fabbricati, si trovano notizie fin dal XIII secolo. Nell’anno 1277 vi si rifugiò la fazione guelfa di Todi, che resistette all’assedio dei ghibellini; nel 1347 vi dimoravano undici numerose famiglie. Tra il 1475 e il 1480 il territorio tuderte fu attraversato continuamente da milizie papali comandate dal cardinale Giuliano della Rovere e guidate dai suoi fidi condottieri: Lorenzo Zane, Braccio I Baglioni e Giulio Cesare Varano, signore di Camerino e marito di Caterina Cybo, per cui tutti i castelli subirono saccheggi e violenze. Nel 1503 Braccio I Baglioni si proclamò signore di Cacciano ma poco dopo Todi ne reclamò la giurisdizione e se lo riprese. La popolazione del paese ha sempre subito spopolamenti altalenanti, nel 1347 contava una sessantina di anime, nel 1523 nelle vicinanze di Cacciano si verificò lo straripamento del Tevere per cui, dopo decenni di guerre, carestie e pestilenze, aumentò ancora lo spopolamento della zona, in un successivo censimento del 1808 risultava una popolazione di 94 persone diventate 272 nel 1951. Il castello appare maestoso a pianta quadrilatera, con torri e beccatelli aperti da caditoie.

Fonte e foto: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-cacciano-todi/

mercoledì 28 giugno 2023

Il castello di mercoledì 28 giugno



CARPIGNANO SALENTINO (LE) - Palazzo Ducale Ghezzi

E' una struttura seicentesca edificata sui resti di un impianto precedente databile al XIV secolo. Il palazzo, che si sviluppa su due piani, sorge a metà strada fra la Chiesa Madre e il Castello, di cui rimane poco o nulla. Di esso, la parte più antica – definita nel progetto del 1881 come «(…) informe rovina medioevale – lugubre ricordo di un tempo che non verrà più» – venne distrutta proprio in quegli ultimi anni dell'Ottocento, quando il paese fu interessato, come tantissimi centri, piccoli e grandi, della penisola, da interventi volti a modernizzarne l'immagine e l'impronta urbanistica, distruggendo così interessanti testimonianze di un passato illustre. Di quell'antico castello, tanto per citare un esempio, furono abbattute le mura e al posto della precedente struttura fu eretto palazzo Chironi. La cartina del Pacichelli (1703) indica, accanto al castello, il palazzo del duca. Diviso in due parti da un ampio spazio, aveva giardini, scalinate e fontane. Doveva essere un palazzo antico attaccato da una parte al castello e con esso comunicante. In quel palazzo, la notte del 10 ottobre 1496, Isabella Del Balzo, moglie di Federico d'Aragona, ricevette la notizia che era diventata regina di Napoli. Qui vennero i nobili del Regno per accompagnarla a Napoli. Ai primi del Settecento i duchi Ghezzi, servendosi forse delle maestranze Margoleo di Martano, ristrutturarono e ampliarono l'edificio. La parte bassa del vecchio palazzo (lo stemma ancora esistente dei Del Balzo ne indica l'antichità) fu rafforzata e fu costruito il piano superiore. Il lungo prospetto è caratterizzato da un elegante e imponente portale barocco, incorniciato da quattro colonne scanalate, sormontato da un balcone su cui è visibile lo stemma dei duchi Ghezzi, feudatari di Carpignano nel Settecento, e l'iscrizione latina NON SIBI SED ALIIS ("non per sé ma per gli altri"), che richiama alla memoria la generosità dell'antico signore. I vari locali, dopo la metà dell'Ottocento, quando i Ghezzi si spostarono a Lecce, sono stati adibiti a differenti usi (deposito e lavorazione di tabacco, oleificio, molino, banca). Oggi finalmente è stato rilevato quasi completamente dal comune e sottoposto a restauro. Al piano terra, i locali delle scuderie quattrocentesche ospitano il museo archeologico Mus.Ar.Ca. inaugurato il 5 aprile 2017, il quale raccoglie i risultati delle attività archeologiche effettuate nel territorio caratterizzate dalla sinergia tra Comune, Sovrintendenza e Università del Salento. Altri link di approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=OWfdXtLtPSM&t=5s (video di Museo Palazzo Ducale Ghezzi), https://www.facebook.com/watch/?v=519632292492591 (video)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Carpignano_Salentino, http://www.prolocosalento.it/carpignano/main.shtml?A=p_carpi_2, https://www.comune.carpignanosalentino.le.it/vivere-il-comune/territorio/da-visitare/item/palazzo-ducale-ghezzi

Foto: la prima è presa da https://www.itinari.com/location/ecomuseo-di-palazzo-ducale-ghezzi, la seconda è presa da https://www.galatina24.it/inaugurazione-del-museo-virtuale-viaggio-in-3d-tra-la-storia-e-i-monumenti-di-carpignano-e-serrano/

martedì 27 giugno 2023

Il castello di martedì 27 giugno



CASTAGNETO CARDUCCI (LI) - Castello di Bolgheri

Il nome deriva da un insediamento militare di Bulgari alleati dei Longobardi, qui attestati in posizione difensiva contro un eventuale sbarco di truppe bizantine provenienti dalla Sardegna. È ignota l'epoca precisa in cui il castello di Bolgheri prese questo nome al posto del precedente di Sala del Duca Allone. Infatti così il distretto di Bolgheri fu designato nella bolla spedita il 20 novembre 1075 da papa Gregorio VII a Guglielmo vescovo di Populonia, là dove si prescrivono i confini della stessa diocesi dal lato occidentale. Come poi Allone duca di Lucca e di Pisa alla caduta dei Longobardi, confermato nella stessa magistratura da Carlo Magno, si fosse impadronito dei possedimenti dei conti Della Gherardesca, è attestato da una lettera di papa Adriano I scritta al nuovo re dei Longobardi, affinché volesse ordinare la restituzione dei possessi confiscati e presi dal duca Allone a Gunfredo abate del monastero di Monteverdi, cioè al figlio di San Walfredo fondatore della suddetta Badia e più remoto antenato della famiglia Della Gherardesca. Il primo documento noto che menziona il castello di Bolgheri è un atto del 23 gennaio 1158, spettante al monastero di Santa Maria di Serena presso Chiusdino, eretto dal conte Gherardo della Gherardesca. In questo atto si parla di cedere a Villano arcivescovo di Pisa una gran parte di beni, fra i quali alcuni possedimenti situati nella curia di Bolgari. Fin dalla sua origine Bolgheri fu dominio dei conti della Gherardesca, i quali vi ebbero castello e palazzo anche quando fioriva il potente conte Bonifazio Novello signore di Pisa; e fu probabilmente in Bolgheri dove quel conte per tre mesi alloggiò l'antipapa Pietro da Corvaja per indurlo a rinunciare alle sue pretesa al soglio pontificio. Il castello di Bolgheri subì nel tempo vari attacchi, sia nel 1393 quando fu bruciato dai fiorentini, sia nel 1496 quando fu saccheggiato dall'esercito dell'imperatore Massimiliano che uccise il conte Arrigo nel proprio castello. Con la sottomissione di Pisa da parte di Firenze, i conti di Bolgheri tornarono sotto la Repubblica fiorentina. Il castello di Bolgheri cominciò a risorgere da tante rovine all'inizio del XVIII secolo per opera dei conti che diedero un certo impulso alle attività agricole della zona, la bonifica di alcune zone paludose, la costruzione di un orfanotrofio nel 1817 e di un acquedotto che rifornì di acqua potabile il paese. L'imponente castello si innalza scenograficamente al termine del celebre viale dei Cipressi. Di origine medioevale, sin dal XIII secolo fu proprietà della famiglia Della Gherardesca. Nel 1895, su disegno di Tito Bellini, la facciata fu ristrutturata in stile con la realizzazione della torre merlata in corrispondenza dell'ingresso al paese di Bolgheri. Dalla contessa Alessandra della Gherardesca è passato alla figlia, contessa Franca Spalletti Trivelli, e successivamente ereditato dalla nipote. Il castello di Bolgheri è costituito da diversi corpi di fabbrica che si snodano attorno al nucleo originario del villaggio, nei pressi dell'antica chiesa dei Santi Giacomo e Cristoforo. L'elemento di maggior impatto è la torre, a pianta rettangolare, caratterizzata da un arco a sesto acuto che dà accesso al borgo; al di sopra è posto lo stemma della famiglia Della Gherardesca, mentre più in alto si aprono due finestre a bifora sovrapposte. Completamente rivestito in mattoni rossi, il prospetto del castello è definito dalla successione di analoghe bifore e monofore su due ordini ed è delimitato alla sommità da una fascia merlata su archetti impostati su beccatelli. Da segnalare all’interno, la sala d’arme. Il Castello di Bolgheri è da sempre proprietà dei Conti della Gherardesca e la sua cantina, datata cinque secoli dopo, è la più antica del territorio nonché l’unica presente nel paese di Bolgheri. Qui il vino si produce da secoli, ma il merito di avere trasformato la realtà agricola in un’azienda vitivinicola di alta qualità è dell’attuale discendente della famiglia, Federico Zileri Dal Verme (https://www.castellodibolgheri.com/it). Il castello è aperto al pubblico in data 16 luglio, in occasione di una festa religiosa del nucleo abitato.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Bolgheri, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Bolgheri, https://www.bolgheridoc.com/consorziati/castello-di-bolgheri/, https://www.fortezze.it/castello_bolgheri_it.html, https://www.tuscanysweetlife.com/item/castello-bolgheri/

Foto: la prima è presa da https://viaggi.corriere.it/weekend/gallery/bolgheri-tra-mare-e-barrique/, la seconda è una foto della mia collezione

domenica 25 giugno 2023

Il castello di lunedì 26 giugno



FOSSANO (CN) - Castello d'Acaja

Si staglia maestoso nell'omonima piazza di Fossano caratterizzandone il panorama urbano. Simbolo della città, fu costruito al centro dell'antico borgo, in posizione panoramica e ben difendibile, per volere di Filippo I di Savoia-Acaia. La sua costruzione iniziò nel 1324 e già otto anni dopo, nel 1332, furono ultimate le strutture fondamentali. Alla sua edificazione lavorarono centinaia di operai; furono necessari 3.355.000 mattoni, 26.000 tegole, 19.861 carri di pietre. La maggior parte delle notizie relative alla sua edificazione si possono trarre dai conti della tesoreria dei principi, che dimostrano quanto furono ingenti le spese e come procedettero alacremente i lavori a causa dell’incombente minaccia della guerra scoppiata nel 1327 tra gli Acaja, Roberto d’Angiò, il Monferrato e Saluzzo. Estinto il ramo dei Savoia-Acaia nel 1418, la città ed il castello passarono sotto il dominio diretto dei Duchi di Savoia. Il duca Amedeo VIII trasformò il castrum in palatium. Il castello mantenne le caratteristiche di fortezza, tanto che nel 1536 resistette per oltre un mese all'assalto dei francesi. Nel Quattrocento furono realizzate l'aula magna o sala del trono, l'alloggio del principe, la cappella, le cantine ed il cortile con porticato a colonne in marmo bianco, i cui capitelli furono scolpiti da Gaspare Solari. Sul lato nord fu eretta la quinta torre per le cucine, i forni ed i servizi. Dal 1500 al 1503 vi soggiornò Bona di Savoia, vedova di Galeazzo Maria Sforza; la leggenda vuole che all'interno del castello si aggiri il fantasma della duchessa (a tal riguardo suggerisco questo link per approfondimento). Nel novembre 1562 Emanuele Filiberto, alla presenza del cardinale di Lorena, del vescovo d'Orléans, dei signori di Allye e di Birague, firmò il Trattato di Fossano, che chiuse le ostilità con i francesi. Alla fine del ‘500 Carlo Emanuele e la consorte Caterina d'Asburgo vollero le due torri ad archi ad ovest delle logge. Allo stesso periodo risalgono le decorazioni del pittore fiammingo Giovanni Caracca. Parzialmente conservata è una volta dipinta a grottesche. Nella seconda metà del Seicento il castello fu trasformato in carcere. Nel 1689, 1800 Valdesi della Val Pellice vi furono rinchiusi: quasi tutti morirono di stenti. In seguito, il castello divenne un quartiere militare. Furono costruiti le caserme, le stalle, i magazzini del grano, nuovi corpi per ospitare le truppe. Dalla copertura del fossato si ricavò una piazza d'armi. Nel 1860 furono edificate le torrette addossate alle torri, per consentire l'accesso alle celle. Fino al 1943 il castello fu usato come reclusorio e caserma. Nel dopoguerra divenne rifugio per gli sfollati ed i senzatetto. Nel 1960 la Soprintendenza ai Monumenti iniziò i lavori di restauro che restituirono al castello la connotazione cinquecentesca. Scomparvero gli edifici adiacenti e si recuperò parte del fossato. Nel 1979 l'Amministrazione lo destinò ai beni e servizi culturali. Il castello dei Principi di Acaia è dal 1985 sede della biblioteca civica. Sono in consultazione oltre 100.000 volumi con un fondo storico di 20.000 volumi, arricchito nel 1998 dalla donazione di orientalistica di Mario Vallauri. Il centrorete del sistema bibliotecario serve circa 30 comuni del territorio di Fossano-Savigliano-Saluzzo. Nelle sale delle torri si trova la raccolta delle cartoline reggimentali, mentre il cortile interno e l'attrezzata sala polivalente accolgono durante l'anno manifestazioni storico-culturali. Nel mese di giugno l'edificio serve da ambientazione agli storici Palio dei Borghi e Giostra dell'Oca. È inserito nel circuito dei "Castelli Aperti" del Basso Piemonte. Il castello presenta la massiccia struttura originaria con paramento in mattoni, con pianta quadrata perfettamente regolare. Le quattro torri quadrangolari sono poste agli spigoli ruotate di quarantacinque gradi; le due anteriori hanno torrette scalari semicilindriche sullo spigolo interno. Si notano le logge costruite successivamente e un elegante porticato al piano terreno del cortile. Le torri sono collegate dai camminamenti di ronda, ancora percorribili: essi erano in origine passerelle in legno con tettoie, solamente più tardi vennero realizzati in pietra e coperti. Altri link suggeriti: https://www.castelliaperti.it/it/strutture/lista/item/castello-degli-acaia-di-fossano.html, https://www.museodiffusocuneese.it/siti/dettaglio/article/fossano-castello-degli-acaja/ (video vari),https://www.lastampa.it/cuneo/2019/04/05/video/il_castello_di_fossano_visita_guidata_alla_torre_che_diventa_faro_-154664/ (video), https://fondoambiente.it/luoghi/il-castello-degli-acaia?ldc, https://www.youtube.com/watch?v=54eWFMCus4I (video di Piemonteis), https://www.youtube.com/watch?v=UXflcbzFT6c (video di Stuffilm), https://www.youtube.com/watch?v=uJAfzmB4vIQ&t=22s (video di Visit Fossano)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_dei_Principi_d%27Acaja, https://archeocarta.org/fossano-cn-castello-degli-acaja/, https://www.museodiffusocuneese.it/siti/dettaglio/article/fossano-castello-degli-acaja/

Foto: la prima è presa da https://www.ideawebtv.it/2016/09/29/il-futuro-del-castello-dei-principi-d-acaya-di-fossano/, la seconda è una cartolina della mia collezione

venerdì 23 giugno 2023

Il castello di venerdì 23 giugno



POGGIO BUSTONE (RI) - Torre del Cassero

Le radici di Poggio Bustone si perdono nella notte dei tempi, ma i primi documenti che attestano la sua esistenza risalgono al XII secolo. Intorno al 1117 è nominato il castrum ed il podium di Poggio Bustone quando Berardo Berardi, signore del feudo, donò il territorio all'Abbazia di Farfa, ma il dominio dell'abbazia durò pochi anni per passare poi al regno normanno. Alla fine del XII secolo, il paese fu incluso nel territorio reatino. San Francesco, con i suoi primi sei compagni, prese a predicare nel 1208 nella Valle reatina prendendo dimora a Poggio Bustone. Il paese fu completamente raso al suolo dal terremoto del reatino del 1298, che provocò la morte di 150 abitanti. Della struttura medioevale dell'abitato troviamo le due porte che davano accesso al Borgo, quella del Buongiorno ad ovest e quella della Torre ad est. La porta est oggi è rappresentata dai resti della parte inferiore della Torre pentagonale del Cassero, in prossimità, secondo uno schema urbanistico ricorrente dell’età comunale, la Chiesa assai più grande di quella antica e la piazza. La Torre del Cassero, di cui rimangono resti della parte inferiore, faceva parte di un castello, del quale restano oggi poche vestigia. Nel 1388, nella torre, avvenne l'incontro tra i priori di Rieti e i rappresentanti di Cittaducale per stipulare la pace, poiché numerosi erano gli scontri tra Rieti e Cittaducale per il predominio su Poggio Bustone.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Poggio_Bustone, https://www.rietiinunclick.it/poggio-bustone/da-vedere/Torre-del-Cassero, https://comune.poggiobustone.ri.it/contenuti/372291/centro-storico

Foto: la prima è presa da https://www.marcomorettimusic.it/eventi/110-poggio-bustone-piazza-san-felice, la seconda è presa da https://www.qrtour.it/camfran7/

giovedì 22 giugno 2023

Il castello di giovedì 22 giugno



BELCASTRO (CZ) - Castello bizantino

Belcastro è uno dei più antichi centri abitati della Calabria. Le prime testimonianze risalgono all’età del bronzo e, poi, fu certamente un piccolo centro enotrico, magnogreco e, ancora, romano. Dai pochi resti di un castello bizantino, è verosimile che il primo nucleo abitativo si stabilì in località Timpe (Rupe), sopra la quale sono ancora visibili pochi ruderi superstiti di una costruzione militare bizantina. Si sa che le popolazioni enotriche, dopo le massicce colonizzazioni greche delle nostre coste e dell’immediato entroterra, si stabilirono sui massicci interni e, a Belcastro, l’acrocoro delle Timpe, con i suoi 562 metri di altezza e le sue pareti scoscese, costituiva una vera difesa naturale ai possibili attacchi dei coloni greci, sempre più avidi di terre. Assestatasi, poi, la supremazia delle colonie greche sul territorio costiero del Marchesato, gli abitanti di Belcastro, dalla cima del colle Timpe - dove, secondo le rivelazioni del Barrio, fu costruito un tempio dedicato a Castore e Polluce -, si trasferirono alle sue pendici, costruendo le loro capanne nell’attuale rione di Castellaci. Del castello bizantino, collocato sul promontorio opposto a quello dove si trova il Castello d'Aquino (https://castelliere.blogspot.com/2022/08/il-castello-di-sabato-13-agosto.html), sono ancora visibili la torre d’entrata di chiaro rifacimento medievale e spezzoni della cinta muraria

Fonti: https://www.belcastroweb.com/belcastro/piccolo/edilizia.htm, http://www.calabriaorizzonti.com/index.php/borghi/catanzaro/423-belcastro, https://bettylafeaecomoda.forumcommunity.net/?t=47533965

Foto: entrambe di S. Scarpino su www.belcastroweb.com

mercoledì 21 giugno 2023

Il castello di mercoledì 21 giugno



MAISSANA (SP) - Fortino prigione Fieschi

L'appartenenza di Maissana alla famiglia dei Conti di Lavagna è tuttora testimoniata da un edificio chiamato "prigione dei Fieschi". Dopo la celebre congiura, il borgo venne annesso dalla Repubblica di Genova alla podesteria di Castiglione Chiavarese.

Fonti: https://www.italia-italy.org/regione-liguria/E842-maissana, https://www.toltedalcassetto.it/magazine008_terra_passaggio.htm

Foto: la prima è di Daniela1946 su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/194581/view, la seconda è di Dapa19 su https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/a/a9/Maissana-palazzo_e_prigione_dei_Fieschi.jpg

martedì 20 giugno 2023

Il castello di martedì 20 giugno



MELLO (SO) - Castello di Domofole

E' una fortificazione posta su di un rilievo sito a ovest del borgo, lungo la zona denominata Costiera dei Cech, in posizione dominante la bassa Valtellina, sulla sponda idrografica destra dell'Adda. La prima menzione del castello si trova in un documento del 1023. Nel secolo XI la fortificazione era possesso dei Vicedomini, potente famiglia feudale comasca che si insediò nella bassa Valtellina prima dell'anno Mille. Alla fine del XIII secolo la Valtellina fu coinvolta nelle lotte fra famiglie comasche dei Vitani (o Vittani), guelfi, e dei Rusconi, ghibellini. Nell’agosto del 1292 i primi riuscirono a cacciare dalla Valtellina i Rusconi, ed i Vicedomini, amici di questi ultimi, pagarono le conseguenze della vittoria guelfa: in quel medesimo 1292 il castello, simbolo del potere ghibellino, venne fatto distruggere dai Vitani. I Vicedomini, però, lo ricostruirono subito dopo, ampliandolo e facendone la loro dimora. La Lombardini (op. cit., pg. 126), sostiene che, a metà del quattrocento circa, nel castello fu teatro di un nuovo dramma, quello di Giovannina, imprigionata dallo zio Andrea Vicedomini, che poi morì pazzo. Nel 1524 la fortificazione venne nuovamente distrutta per ordine delle Tre Leghe Grigie con il conseguente abbandonato e degrado. Venne recuperato negli ultimi anni ad opera del Comune di Mello che ha curato il restauro delle strutture rimaste. La parte meglio conservata è un possente torrione a base quadrangolare con spessi muri che un tempo erano provvisti di numerose feritoie, costituiti da due paramenti di blocchi di granito squadrati con intercapedini di malta e pietrame. La struttura era suddivisa su più piani illuminati da finestre e l’entrata, per ragioni di sicurezza, era sopraelevata rispetto al terreno circostante. Rimangono in vista parte delle murature che circondano la sommità del rilievo e i resti di una parte abitativa. La piccola chiesa dedicata a Santa Maria Maddalena, posta a nord del torrione, non appartiene alla costruzione originaria del castello, fu edificata alla fine del secolo XVI. La fortificazione era chiamata popolarmente Castello della Regina, essendo diffusa la credenza che vi avesse dimorato la regina longobarda Teodolinda. E' probabile che la fortezza sia stata piuttosto prigione di una meno nota regina longobarda, Gundeberga (figlia di Teodolinda), accusata ingiustamente di aver tramato per far morire il marito, il re Arioaldo (o Rodoaldo), con la complicità del duca di Toscana Tosone. Lo afferma lo storico settecentesco Francesco Saverio Quadrio, nelle sue "Dissertazioni critico-storiche sulla...Valtellina". Una leggenda popolare assai diffusa racconta che una regina è stata ingiustamente rinchiusa fra queste austere mura. Una regina che neppure dopo la morte ha potuto trovare pace per la calunnia che l’ha colpita. Una regina che, nelle chiare notti estive, torna a visitare il luogo delle sue sofferenze, vestita del colore dell’innocenza, cioè di bianco. Sembra che si aggiri, senza pace, nei sotterranei, ma talvolta esce all’aperto, forse a guardare il cielo. La si può scorgere, passando nei pressi del castello nel cuore della notte. Si può vedere una figura diàfana, la figura di una dama bianca, che si staglia contro il cielo, incerta e pallida come un riflesso della luna, alta, in cima alle mura diroccate, come una candida torre d’avorio, silenziosa, come il cuore di una notte senza vento. Una figura che ispira pietà più che paura. Ma di chi si tratta? Diverse le versioni in campo. Forse è l’illustre Teodolinda, la più famosa fra le regine longobarde, che ha legato la sua fama al tentativo di convertire il suo popolo dall’Arianesimo al Cristianesimo ortodosso. Il suo tentativo le attirò contrasti ed anche odi all’interno del suo popolo. In particolare, si narra che venne in Valtellina per convertire le genti di questa valle al Cristianesimo. La sua opera ebbe ovunque successo, si dice, tranne che fra le popolazioni della costiera che va dall’attuale Dubino a Paniga, popolazioni che rimasero ostinatamente attaccate ai culti pagani. Forse per dar maggiore vigore alla sua opera, allora, Teodolinda soggiornò proprio nel castello di Domofole, o, come si chiamava anche anticamente, Domophile. A nulla valse, dunque, l'infaticabile azione di Teodolinda presso le genti che contornavano l'orgoglioso castello della Regina: queste popolazioni rimasero sorde all’annuncio della nuova fede, e sembra che da allora furono denominate Cèch, vale a dire cieche di fronte alla luce della verità. Forse la dama bianca, dunque, è la grande regina che non si dà pace per il suo insuccesso. Un insuccesso che non rimase limitato all’opera di conversione. La leggenda, come abbiamo visto nel passo citato dalla Lombardini, ha un secondo è più misterioso risvolto. Narrano che i monti di fronte alla Costiera dei Cech vennero anticamente denominati “Orobie” perché custodivano nel loro cuore il più ambito dei metalli, l’oro. Ne venne a conoscenza l’ambiziosa regina, che, durante il suo soggiorno in Valtellina, non pensò solo alle cose del cielo, ma anche a quelle della terra, e mandò diverse spedizioni ad esplorare quelle misteriose valli che si nascondevano, più che aprirsi, al suo sguardo, quando, dal suo castello, guardava verso sud. Le spedizioni fallirono: i messi tornarono a mani vuote, oppure non tornarono affatto. Forse la dama bianca, che compare sulle antiche mura, è proprio Teodolinda che rivolge con insistenza lo sguardo alle montagne che non vollero dischiuderle il loro segreto, e che mai vollero dischiuderlo ad essere umano. Forse, invece, è sua figlia, la meno nota ed assai più sfortunata Gundeberga. Costei, come narra lo storico Sidonio Apollinare (ripreso, come abbiamo visto, da Francesco Saverio Quadrio), era andata in sposa ad Arioaldo, re dei Longobardi. Di lei si innamorò Adalolfo, che le manifestò i suoi sentimenti e le chiese di diventare suo amante. La regina rifiutò, ed Adalolfo, ferito nel suo orgoglio più ancora che nel suo amore, macchinò una perfida vendetta. Fece circolare, ad arte, voci calunniose che parlavano di una tresca della regina con il potente duca di Toscana Tatone (o Tosone), di un progetto che prevedeva, addirittura, la morte del re Arioaldo, e la sua sostituzione con il duca traditore. Più volte, infatti, il duca, durante i suoi viaggi alla corte di Pavia, aveva manifestato una particolare devozione per la sua regina, una devozione troppo accesa, come volevano le voci malevole, mentre, per converso, si era mostrato assai più freddo nei confronti del re. La calunnia giunse alle orecchie di Arioaldo, che ne chiese subito ragione alla consorte. Costei protestò vivacemente la propria innocenza, non tanto da persuaderlo interamente, ma quando basta per dissuaderlo dal comminare la pena che si deve ai traditori, la morte. Il re, nel dubbio, decise quindi di far rinchiudere la moglie in un castello lontano, dove, sicuramente, non avrebbe potuto continuare a tessere le fila del complotto, se di complotto veramente si trattava. Correva l’anno 634, ed egli scelse il castello che già aveva ospitato la madre Teodolinda, nella lontana Valtellina. Il castello di Domofole, appunto. Lì Gundeberga rimase rinchiusa, per tre lunghi anni, continuando a proclamare la propria innocenza. Intanto il re non se ne stette con le mani in mano, ma diede ordine di condurre un’approfondita inchiesta, interrogando innanzitutto il duca sospettato di tradimento. Tre anni, appunto, durò l’inchiesta: alla fine trionfò la verità, la calunnia venne scoperta come tale, ed a pagare fu il perfido Adalolfo, mentre la regina riebbe la sua libertà. Ma forse è lei che torna, di tanto in tanto, come fantasma, sui luoghi del dolore, di quel dolore amarissimo che non potè essere ripagato neppure dalla riabilitazione. Sempre che quel che scrive Sidonio, che parla di un castello di Amello, vada inteso come un riferimento al castello di Mello, e non a quello di Lomello, come vogliono altri interpreti. In questo secondo caso la dama bianca non sarebbe lei, ma, forse, una terza regina, Adelaide, vedova del re Lotario, anche lei, come narrano, imprigionata nel castello. O forse non si tratta di nessuna di queste regine, ma di qualche anima sventurata, senza pace, che, per motivi che ci sono ignoti, ha avuto a che fare con questo castello. Probabilmente non lo sapremo mai. Altri link di approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=j9PnbC7-DjQ (video di Drone 4K Italy), https://www.inalto.org/it/relazioni/escursionismo/il_castello_di_domofole, https://www.youtube.com/watch?v=oKGMX9YFqOo (video di Angelo Branchini), https://www.youtube.com/watch?v=jJxh2TfSPqs (video di Davide Galloni)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Domofole, http://www.paesidivaltellina.it/castelloregina/index.htm, https://portedivaltellina.it/castello-di-domofole/

Foto: entrambe sono prese da https://www.orobie.it/itinerario/2021/04/da-traona-al-castello-di-domofole/38303/

lunedì 19 giugno 2023

Il castello di lunedì 19 giugno



MAGIONE (PG) - Torre in frazione Monte del Lago

È uno dei più bei borghi che si affacciano sul Trasimeno. Nei secoli dell’alto medioevo, probabilmente fino al X, questa zona doveva far parte del territorio di una pieve dedicata a S. Giovenale che, all’indomani del Mille, risulta già scomparsa. Questa struttura doveva trovarsi nella zona dove ancora insiste il vocabolo S. Giovinale (sic). Su quest’area, a partire dal secolo XI, estese la sua giurisdizione la chiesa plebana di S. Maria di Campiano. All’inizio del secolo XI, presso Monte del Lago detenevano beni Marco figlio di Decio e sua moglie Aza che, nel 1033, li donarono al monastero di S. Maria di Farfa insieme ad altri beni degli stessi e di tal Grifone sparsi nel territorio di Perugia. Nel secolo XIII, a quanto sembra, l’insediamento di Monte del Lago doveva essere sprovvisto di mura di cinta o, se le aveva, non erano più efficienti. Sta di fatto che il 5 settembre 1312, in una seduta del governo della città di Perugia si stabilì di provvedere alla riparazione e alla custodia dei castelli di Castiglione del Lago, Monte del Lago – allora Mons Fontegianus – e degli altri fortilizi presenti nel contado. Ciò si rendeva necessario in quanto erano manifeste le intenzioni di Enrico VII di portare il guasto nel Chiugi Perugino – l’area tra il Trasimeno e le Chiane –, nonchè di attaccare Castiglione del Lago e gli altri castelli attorno al Trasimeno. In ragione di tali intenzioni si stabiliva di munire i detti fortilizi a spese della città. I camerari delle singole arti dovevano provvedere al pagamento degli stipendi dei militari di stanza nei fortilizi che ammontavano a 8 soldi di denari giornalieri per ciascuno di essi, per 10 giorni. Da questo periodo in avanti l’insediamento fu sempre indicato come castello. Questo, intorno alla metà del secolo XV, è descritto da Giannantonio Campano che, evidenziando alcune sue caratteristiche – la strada principale molto ampia, il suo essere interamente lastricato, il trovarsi a ridosso del lago ed altre ancora –, ne mette in risalto la bellezza e la pulizia. Il fortilizio era dotato di potenzialità difensive notevoli e questo dato non dovette certo sfuggire a quei ribelli del comune di Perugia che, a più riprese, tentarono di conquistarlo nei secoli XIV e XV. Nella comunità locale, nel 1282, si censirono 58 fuochi, per una popolazione ipotetica che si aggirava sui 300 abitanti che, nel 1410, salì a 331 unità. Durante la dominazione pontificia di Perugia questo insediamento divenne «sede della Camera Apostolica», per quanto concerneva l’amministrazione di quella notevole risorsa economica costituita dal Trasimeno. La possente torre medievale è oggi posta all'interno della Villa Aganoor Pompilj. Altri link suggeriti per approfondimento: https://www.facebook.com/100040613003182/videos/654771451239259?locale=it_IT (video), https://www.youtube.com/watch?v=MJ5e4QvwInU&t=94s (video di Siti Tellers)

Fonte: https://fondoambiente.it/luoghi/monte-del-lago?ldc

Foto: entrambe della mia amica Romina Berretti

venerdì 16 giugno 2023

Il castello di venerdì 16 giugno



NUSCO (AV) - Castello

Dal Catalogus Baronum emerge che, in epoca Normanna, Nusco rientrava nei feudi controllati direttamente dal re (Capite de domino Rege). Nel XIII secolo il feudo passò al dominio imperiale svevo, che lo donò a Tommaso III d'Aquino, il quale fu eletto signore di Nusco; egli sposò, nel 1315, Ilaria De Souz, vedova ed erede del feudo di Filippo di Joinville (primo conte di Sant'Angelo dei Lombardi) e alla morte della moglie Tommaso ereditò i suoi beni. Il feudo passò poi al figlio Nicoluccio. Nel 1401 il re Ladislao I di Napoli prese in consegna il castello di Nusco, così da assicurarsi la sicurezza delle vie di comunicazione tra Campania e Puglia. I feudi di Sant'Angelo e Nusco furono successivamente venduti ai conti Zurolo (o Zurlo), per poi entrare a far parte, nel 1422, del Giustizierato di Principato Ultra. Giovanna II D'Angiò, nel 1427, li diede in feudo ai nobili Zurlo-Marino Caracciolo di Napoli; successivamente, in seguito alla partecipazione della famiglia alla Congiura dei baroni, nel 1461 il castello di Nusco passò di nuovo ai Joinville e, negli anni successivi,ai Brancaccio d'Azzia, ai Carafa, ai Cotugno, ai Cossa, ai Cerasa e, infine, ai Caracciolo, per poi tornare ai Carafa. Negli anni successivi, Francesco Maria Domenico Carafa mise in vendita, a causa dei debiti, i beni di Nusco, Sant'Angelo, Oppido, Carbonara, Monticchio e Lioni; essi furono acquistati da Francesco Gaetani per incarico di Gian Vincenzo Imperiale, anche se l'atto d'acquisto fu diverse volte annullato. Nel 1636, infine, Gian Vincenzo fece acquistare i beni da un prestanome, Landolfo de Aquino e solo dopo il 1675 lo stato di Sant'Angelo, che comprendeva anche Nusco, poté passare ai successori di Imperiale. Il feudo rimase di loro proprietà fino all'emanazione delle leggi eversive della feudalità, avvenuta a partire dal 1806. Tra il 568 ed il 774 si ebbero, a Nusco, vari influssi di popoli stranieri portatori di gravi calamità, dai Saraceni Siciliani a quelli Spagnoli. A causa dei saccheggi subiti, si avvertì una generale esigenza di costruire castelli per fortificare le città e difendere meglio le popolazioni anche nei paesi limitrofi, in particolare a Montella, Baiano, Bagnoli, Montemarano, Castelfranci e Castelvetere, anche con lo scopo di garantire maggiore sicurezza a quello di Nusco, dove si rifugiarono molti signori longobardi del tempo. Il castello fu saccheggiato ed incendiato a seguito dell'adesione alla Repubblica Partenopea da parte del feudatario Giulio Imperiale e della successiva Restaurazione sanfedista (1799-1806). La nobile famiglia Ebreo, che nel 1833 aveva comprato il castello ed i terreni adiacenti, successivamente, lo cedette al Comune di Nusco. Fino al 1908, l'altezza delle mura era ancora quella originaria. Tuttavia, i ripetuti catastrofici terremoti, indussero le autorità a procedere ad una demolizione parziale. La struttura del castello è stata sempre identificata come un polo territoriale che, così come la Cattedrale, è in grado racchiudere i momenti principali della vita civile. Le indagini di scavo sono state funzionali alla descrizione delle successioni stratigrafiche, inerenti alle diverse fasi di vita della costruzione. La pianta si presenta quadrata, circondata da torri angolari e collocata sulla parte più alta della collina (a 914 metri); da questo è possibile dedurre la sua importanza prospettica su tutto il territorio, in particolare durante gli attacchi bellici. La muratura si propone a sacco con elementi litici e malta. All'interno di quest'ultima, negli anni ‘60, fu installata un'antenna RAI che è causa di un notevole impatto visivo, oltre ad essere artefice di radiazioni elettromagnetiche. Essa non è stata l'unica manomissione per il restauro della struttura: sono stati, infatti, realizzati anche una protezione per gli agenti atmosferici, una cisterna per l'accumulo dell'acqua potabile, un percorso pedonale e un sistema di illuminazione scenica. L'attenzione dell'amministrazione comunale locale si è incentrata principalmente sulla riqualificazione ambientale, per rispondere allo stato di degrado e di precarietà. In epoca recente, sono state avviate alcune indagini archeologiche che hanno riguardato principalmente il versante nord-est. Nella trincea 1, sono stati portati in vista tre ambienti. L'ambiente A è di pianta rettangolare e presenta una finestra di forma rettangolare, una scala in muratura e un piano pavimentale. Il pavimento presenta manufatti da tavola risalenti al XV-XVI secolo. Per permettere l'accesso all'ambiente B, realizzato tra il XVII e il XVIII secolo, è stata tagliata la parte est. In esso è situato anche un camino risalente al XIII secolo, mentre il muro è attraversato dalla caditoia a sezione quadrata. Nell'ambiente B I mancano le pareti perimetrali sud ed est, distrutte con molta probabilità durante la costruzione di opere moderne; le pareti nord ed ovest sono, invece, rivestite da un omogeneo strato di intonaco. È qui presente un altro camino, risalente al XIII secolo, di forma trapezoidale, alla cui base esterna si trova un piano in muratura. Nel settore nord-est della trincea sono presenti due aperture munite di feritoie. La pulizia preliminare che ha avuto luogo durante i lavori di scavo ha consentito di individuare la nicchia e la bocca di un forno. Nella trincea 2, sono stati invece individuati 5 ambienti la cui stratigrafia è stata alterata dall'innalzamento delle antenne televisive che ha inevitabilmente intaccato il valore culturale del complesso. Al XIII secolo si fa risalire l'edificazione del muro impiantato su un terreno argilloso e al cui interno, oltre a frammenti di ceramica, vi sono un grande vano e l'ingresso. Il vano presenta varie porte: tra di esse, vi sono quella che garantiva l'accesso alla corte e quella che permetteva il passaggio ai vani interni del castello; una finestra a bocca di lupo è ciò che resta del sistema di illuminazione. Probabilmente relativo al passaggio verso un ambiente adiacente, il piano dei litici resta ancora inesplorato; nella struttura sono presenti delle tracce di bruciato che, molto probabilmente, sono state provocate da dei focolari. I muri perimetrali conservano, infine, rispettivamente quattro fori quadrangolari e simmetrici legati all'alloggiamento delle travi lignee. Oggi gli scavi sono stati interrotti per mettere in sicurezza il muro più esterno. Per quanto concerne i manufatti rinvenuti nel corso degli scavi delle trincee, gli esami delle argille hanno determinato l'individuazione di tre impasti. Tra i reperti dell'unità di scavo 326 va segnalato un frammento di coppa, con decorazioni a tratti bruni e verdi sul bordo, a circonferenza bruna. Altro notabile reperto è un frammento di orlo, dal bordo arrotondato, con decorazioni brune, verdi e blu. I caratteri morfologici, decorativi e tecnologici consentono di datarli tra il XIII e il XIV secolo. Dall'unità di scavo 329 provengono frammenti che rientrano in diverse classi di ceramiche collocabili tra il XIII e il XV secolo. Negli strati risalenti al XX secolo, sono stati rinvenuti numerosi frammenti di ceramica moderna e terraglia. Una ricostruzione ideale del castello di Nusco venne fatta dell'artista G. Giordano, che dipinse un bell'acquerello. Altri link proposti: http://www.castellidirpinia.com/nusco_it.html, http://www.mionusco.it/Castello.htm, https://www.youtube.com/watch?v=3zCQVY-UavE (video di Castelli d'Irpinia)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Nusco, http://www.irpinia.info/sito/towns/nusco/castello.htm

Foto: la prima è presa da https://sworld.co.uk/02/1348/photoalbum/castello-di-nusco...%20-%20Secret%20World, la seconda è presa da https://www.museodeicastelli.it/castelli/nusco-castello-longobardo/

giovedì 15 giugno 2023

Il castello di giovedì 15 giugno



CARLOFORTE (SU) - Torre di San Vittorio

E' un edificio storico di Carloforte, costruito nel 1768 dall’Ingegnere Saverio Belgrano di Famolasco e dedicato a Re Vittorio Amedeo III. Scopo di questo edificio era, ovviamente, quello di essere un avamposto difensivo posto a sud della città, controllando questo lato della costa dell’Isola di San Pietro da possibili invasioni nemiche. Come in gran parte della Sardegna, infatti, anche a Carloforte viva era la necessità di proteggere e difendere le coste, costruendo delle torrette d’avvistamento che fungevano anche da avamposti militari come prima rappresaglia per respingere i nemici invasori. Nel corso del tempo, però, venuta meno questa necessità la Torre venne espropriata dai possedimenti comunali dall’allora Ministero della Pubblica Istruzione che, nel 1898, ne fece una Stazione Astronomica di Latitudine per esplicita richiesta della Commissione Geodetica Internazionale che, per i suoi scopi didattico-scientifici, necessitava di una stazione astronomica posta sul parallelo geografico 39° 08’ di latitudine mediana di Carloforte. Questa scelta portò la Torre di San Vittorio ad essere una delle 5 stazioni internazionali per lo studio della precessione degli equinozi: un ruolo importante ricoperto dalla torre carlofortina, tale da farla conoscere a livello mondiale. Ma nel corso degli anni ’70, ultimato il lavoro di studio e ricerca da parte della rispettiva commissione e degli studiosi di tutto il mondo, la Torre di San Vittorio venne chiusa e riaperta solo il 23 aprile del 2016 come sede del Museo Multimediale di Carloforte (https://www.carloforteturismo.it/attivita/il-museo-multimediale-torre-san-vittorio/). Il complesso, costruito in blocchi di trachite locale, è costituito da una torre centrale, di 12 metri di diametro, a cui si addossano tre torrioni di circonferenza minore, ognuna delle quali presenta delle troniere svasate per artiglieria in casamatta, secondo il "sistema del marchese di Montalambert". La costruzione si sviluppa su tre livelli fuori terra. L'interno è caratterizzato da una volta a botte su asse circolare. Il vano centrale, a pianta circolare, costituisce il collegamento verticale tramite scala a chiocciola in legno e muratura. I tre torrioni, i cui spazi sono in continuità con la parte centrale hanno impalcati piani in legno. La pavimentazione è originale in sassi di fiume o tavelle in laterizio. Nei punti di sovrapposizione tra la struttura centrale e i torrioni addossati, il corridoio anulare si amplifica fino a formare tre ambienti quadrangolari illuminati da una feritoia strombata all'esterno. Altri link di approfondimento: https://www.arketipomagazine.it/nuovo-museo-multimediale-di-carloforte-ci-hit-architects/, https://www.youtube.com/watch?v=n7ZkMsjyZtU&t=13s (video di Stefano Loi).

Fonti: https://www.carlofortesardegna.it/it/articles/402/torre-san-vittorio-di-carloforte.html, https://www.sardegnacultura.it/j/v/253?v=2&c=2488&t=1&s=18338, https://www.nautica.it/torri-costiere-sarde/torre-carloforte-forte-san-vittorio/, https://catalogo.beniculturali.it/detail/SARDEGNA/ArchitecturalOrLandscapeHeritage/2000226318

Foto: la prima è di shardana13 su http://wikimapia.org/2412270/it/Torre-di-San-Vittorio#/photo/5487152, la seconda è presa da https://www.sardegnacultura.it/j/v/253?v=2&c=2488&t=1&s=18338

mercoledì 14 giugno 2023

Il castello di mercoledì 14 giugno


ALESSANDRIA DELLA ROCCA (AG) - Castello della Pietra D'Amico

Situato in prossimità della diga Castello, al confine con il territorio di Bivona, il castello fu eretto su di un masso e assunse in poco tempo un ruolo fondamentale anche per i paesi limitrofi. Ne fu signore Pietro D'Amico, che diede il nome alla costruzione. Solitamente il termine feudale Petra in Sicilia designava una fortificazione isolata: unica eccezione fu la Petra D'Amico, che si trattava inizialmente di un casale, in seguito di una baronia. Nel XVI secolo il feudo della Pietra D'Amico, di proprietà dei nobili Abbatellis, fu avocato dallo stato. Nel 1542 fu venduto a don Nicolò Barresi, fondatore della vicina Alessandria della Rocca. Del castello rimane solamente qualche pezzo di muro, parte della scalinata e il masso su cui venne edificato. Le acque dell'Invaso Castello sommergono i ruderi del Mulino della Pietra; durante i lavori di costruzione della diga, negli anni ottanta, intorno al castello vennero trovati altri ruderi, cocci, vasellame e utensili che testimoniano la presenza di un insediamento che, probabilmente, veniva difeso proprio dal castello. Ne "I Beati Paoli", romanzo storico di Luigi Natoli ambientato nella Sicilia sabauda, sono tenute prigioniere nel castello la figlia e la moglie di don Raimondo duca della Motta, l'antagonista principale del romanzo. Il castello viene menzionato per la prima volta nel capitolo IX della terza parte del libro, ma il suo nome non viene rivelato fino all'inizio del capitolo XVII. Dai pochi avanzi che rimangono, si può ritenere che il castello constasse in primo luogo di una torre quadrangolare con un silo scavato nella roccia sottostante e forse ulteriori ambienti rupestri. Nel tempo, una parte della piccola rocca si è staccata, trascinando l'edificio nella sua caduta. Malgrado le pessime condizioni del castello di Pietra d'Amico, oggi in disfacimento totale, lo studio dei ruderi permette di classificare l'edificio tra i fortilizi rurali del Trecento. Altri link per approfondimento: https://www.vivasicilia.com/castello-della-pietra-d-amico-alessandria-della-rocca/, http://www.virtualsicily.it/Monumento-Castello%20della%20Pietra%20di%20Amico-Alessandria%20della%20Rocca-AG-1080, https://www.loquis.com/it/loquis/244333/Castello+della+Pietra+d+Amico

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_della_Pietra_d%27Amico, https://www.icastelli.it/it/sicilia/agrigento/alessandria-della-rocca/castello-di-pietra-damico

Foto: la prima è di Markos90 su https://it.wikipedia.org/wiki/File:Pietradamico1.jpg, la seconda è presa da https://www.icastelli.it/it/sicilia/agrigento/alessandria-della-rocca/castello-di-pietra-damico

martedì 13 giugno 2023

Il castello di martedì 13 giugno



SAN VENANZO (TR) - Castello di Ripalvella

L’abitato dal 1278 fece parte delle terre soggette ad Orvieto. Nello stesso anno Orvieto individuò cinque castelli e ventidue pievi (Piveri) come punto di riferimento amministrativo-fiscale per cui tutto il territorio a lei soggetto risultò diviso in plebari. Il castello fu fortificato da Orvieto nel corso del secolo XIV, prima di affidarne la difesa a un Montemarte. Ripalvella fu castello dei Monaldeschi di Orvieto e seguì tutte le loro vicende storiche. Messo a ferro e a fuoco nel 1395, fu distrutto di nuovo nel 1437. Dalla seconda metà del 1500 fino alla discesa in Italia dei francesi sul finire del 1700, Ripalvella insieme ad altri castelli, fece stabilmente parte del distretto di Orvieto che vi nominava a suoi rappresentanti podestà o vice podestà in luogo degli antichi visconti. Cessò di essere comunità autonoma nel 1816 quando, con la riforma Napoleonica, fu appodiato al Comune di San Venanzo insieme ad altre 10 “frazioni” ; Collelungo, Civitella dei Conti e Poggio Aquilone invece passarono sotto Marsciano Il borgo conserva tracce dell’assetto medievale, in particolare porzioni delle antiche mura e una torre dalla singolare pianta pentagonale. Ecco un breve video di Ripalvella: https://www.youtube.com/watch?v=f01rvaXwtk0 (di Graham Lane)

Fonti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-ripalvella-san-venanzo-tr/, https://www.visitsanvenanzo.it/i-borghi/ripalvella/, https://www.umbriain.it/pages/blog_dettaglio.php?idblog=911&titolo=SAN_VENANZO_by__L_Umbria_che_non_ti_aspetti_

Foto: la prima è di Studio Tecnico Romizi su https://www.romizi.com/portals/ripalvella/ripalvella0016.jpg, la seconda è presa da https://www.umbriain.it/pages/blog_dettaglio.php?idblog=911&titolo=SAN_VENANZO_by__L_Umbria_che_non_ti_aspetti_

lunedì 12 giugno 2023

Il castello di lunedì 12 giugno



TORNIMPARTE (AQ) - Castello di Castiglione

Il castello normanno di Castiglione, posto strategicamente tra la piana di Amiterno e la valle del Salto, ovvero tra il territorio aquilano e quello reatino, viene attestato per la prima volta nel 1173 nel Catalogus Baronum, l’elenco di tutti i feudatari del Regno di Sicilia, istituito da re Ruggero II d’Altavilla per stabilire un controllo più attento del territorio e dei rapporti vassallatici. Fu infatti nei primi anni del XII secolo che l’Abruzzo passò sotto il dominio dei normanni: popolo nordico che prediligeva, per le proprie costruzione, le alture naturali. In quanto conquistatori, i normanni avevano la necessità di costruire castelli molto in alto al fine di controllare quanto più possibile le zone circostanti. A tal proposito è verosimile pensare a Castiglione come un insediamento eccezionalmente adatto a tutte queste necessità. Successivamente si fa menzione della struttura in una bolla di Papa Alessandro III del 1178 con la denominazione di “Castello di Ballo”. In seguito nel 1204 in una bolla di Papa Innocenzo III al vescovo di Forcona viene sancito il passaggio del territorio di Castiglione di Ballo, tra gli altri, dal contando amiternino a quello forconese. Furono questi gli anni in cui i castellani, vessati da tasse elevate, si rivoltarono ottenendo solamente una dura repressione da parte dei nobili. La repressione a sua volta scatenò una violenta reazione del popolo culminata con la distruzione dei palazzi signorili. Il castello di Castiglione non seguì un destino diverso come ci testimonia Buccio di Ranallo nella sua “Cronaca Aquilana rimata” (1251). In cerca di protezione da un’eventuale rivalsa dei nobili, gli abitanti dei vari castelli, e quindi anche quelli di Castiglione, decisero di unirsi nella città dell’Aquila, di recente fondazione. Nel frattempo del castello, in seguito a un lungo periodo di abbandono e distruzione, legata non solo alla rivolta popolare ma anche ai numerosi terremoti che si succedettero nel XIV secolo, era rimasto ben poco. Nel 1364 Giovanna I d’Angiò, regina di Napoli, concesse agli aquilani di poter ricostruire rocche e fortificazioni nel contando, cosa che era stata vietata dopo la fondazione dell’Aquila. In questo contesto può essere allora inserita la ricostruzione del castello di Castiglione. Nel 1406 Ladislao I d’Angiò, re di Napoli, vendette Castiglione, con i suoi territori, le sue ville e i suoi uomini, a Nicolò Gaglioffi dell’Aquila. Da quel momento in poi, per volere di Nicolò, il castello non si chiamò più Castiglione ma diventò il “Castello di Tornimparte”. Dalla seconda metà del XV secolo il castello risulta già abbandonato. I violentissimi terremoti, che si erano succeduti nella prima metà del secolo, e le conseguenti pestilenze costrinsero la popolazione di Sant’Angelo a trasferirsi a Lucoli e poi definitivamente a valle nell’attuale paese di San Nicola Da allora il castello venne completamente abbandonato e i terremoti del XVIII e del XX secolo ne causarono la quasi totale distruzione. Il complesso ha una struttura che lo caratterizza come un castello-recinto: è costituito da una rocca, con una superficie di 600 m² circa, e da un borgo fortificato che, con un’estensione dieci volte più grande di quella della rocca, si estendeva lungo la dorsale della collina e raccoglieva le abitazioni del popolo. Il castello presenta un cassero con pianta allungata, con a nord mastio e dongione dell’originario impianto normanno e con un’altra torre a sud-est dai cui piedi si sviluppava l’abitato. Il castello ha un impianto approssimativamente triangolare, o a quarto di cono: con cassero turrito al vertice e le abitazioni che sviluppavano verso la base lungo il pendio collinare dentro il recinto murario trapezoidale. La rocca è la parte del castello meglio conservata, cinta da mura larghe 1,20 m e costituita da due torri. Quella collocata a nord conserva ancora buona parte della struttura, l’altra a sud è emersa sotto i resti di un crollo e presenta una struttura quadrangolare di cui rimangono evidenti gli stipiti dell’ingresso verso nord. Il resto della torre è crollato lungo la collina. La rocca presenta inoltre una serie di piccoli ambienti, forse occupati dalle guarnigioni. È stato anche individuato un varco, a ovest, che collegava la rocca al borgo di cui rimangono gli stipiti e i conci dell’arco crollati. Per la costruzione del castello è stata utilizzata pietra calcarea probabilmente di provenienza locale. Le strutture murarie sono a doppia cortina, cioè muri che presentano due paramenti esterni e un nucleo interno riempito da un conglomerato di malta e frammenti di pietra. Altro link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=VEcFtzE1xuM&t=11s (video con drone di Ercole Maurizio Manieri)

Fonti: Testo di Semi sotto la pietra su https://www.facebook.com/visitTornimparteAbruzzo/posts/il-castello-di-castiglioneil-castello-normanno-di-castiglione-posto-strategicame/272462797478011/, https://fondoambiente.it/luoghi/ju-castellacciu?ldc

Foto: la prima è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/ju-castellacciu?ldc, la seconda è un fermo immagine del video precedentemente citato

venerdì 9 giugno 2023

Il castello di venerdì 9 giugno



LANGHIRANO (PR) - Castello in località Castrignano

l castello originario di Castrum Regnani, citato per la prima volta verso la fine del X secolo, fu costruito accanto a un insediamento longobardo d'epoca altomedievale, secondo la tradizione da un certo Regnano. Nel 1028 Ildegarda, figlia di Oddone il Salico, vendette alla chiesa di San Pietro di Parma numerose terre del Parmense, tra cui Castroragnani. Nel 1116 l'imperatore del Sacro Romano Impero Enrico V di Franconia confermò all'abate del monastero di Sant'Apollonio di Canossa il possesso del maniero e delle terre circostanti. Nel 1137 l'imperatore Lotario II di Supplimburgo assegnò al monastero di San Prospero di Reggio Emilia il feudo di Castrignano, situato all'interno della diocesi di Parma. Nel 1186 l'imperatore Federico Barbarossa, subito dopo il matrimonio tra il figlio Enrico VI e Costanza d'Altavilla, donò in segno di riconoscenza il castello e il territorio da esso dipendente, comprendente anche Mattaleto e Langhirano, al vescovo di Parma Bernardo II, presente alla cerimonia nuziale nel duomo di Milano. L'autorità episcopale parmigiana fu confermata anche al successivo vescovo Obizzo Fieschi da parte degli imperatori Enrico VI di Svevia nel 1195 e Ottone IV di Brunswick nel 1210. Nel 1219 l'imperatore Federico II di Svevia concesse al Comune di Parma la conferma degli antichi diritti, tra cui il pieno potere sul territorio; ciò fu interpretato dal podestà Negro Mariani da Cremona quale attestazione della completa autonomia dall'autorità episcopale e del legittimo possesso dei feudi di Colorno, Poviglio, Gualtieri, Montecchio, Collecchio, Castrignano, Corniglio, Rigosa, Vallisniera, Berceto, Terenzo, Roccaprebalza, Pietramogolana, Corniana e Monte Bardone. Obizzo Fieschi si oppose e si rivolse al papa Onorio III, che l'anno seguente ristabilì l'autorità della diocesi su tutti i territori governati in precedenza; l'accordo tra il Comune e il vescovo fu ratificato nel 1221. Nel 1339 Azzo da Correggio chiese in feudo al papa Benedetto XII il monte di Castrignano, col pretesto che da tempo fosse inutilizzato dalla diocesi. Dopo alcuni anni il vescovo Ugolino de' Rossi, rientrato a Parma dall'esilio durante la signoria di Luchino Visconti, intraprese una causa contro Azzo, che nel frattempo aveva preso possesso di Castrignano erigendovi un castello; il nuovo signore di Milano Giovanni Visconti fece abbattere il maniero intorno al 1350. Nel 1355 Bernabò Visconti riconsegnò al Correggese il feudo, ma nel 1358 Ugolino de' Rossi avviò una nuova lite contro l'usurpatore, vincendola e ottenendo la restituzione della fortificazione di Castrumregnanum, di cui restavano in piedi soltanto le fondamenta; a nulla valse la richiesta di appello presentata da Azzo. Nel 1376 il vescovo investì del feudo il pronipote Rolando de' Rossi, in segno di riconoscenza per i servigi resi dal padre Giacomo all'episcopato parmense. I Rossi ricostruirono il castello, ove nel 1404 trovò rifugio Pietro dopo la sua cacciata da Parma; appena saputolo, Ottobuono de' Terzi attaccò il forte e lo depredò. L'anno seguente Giacomo Terzi e Guido Torelli, dopo aver conquistato i castelli di Pariano, di Lesignano e di Tiorre, tentarono l'assalto al maniero di Castrignano, ma furono bloccati da una intensa nevicata e ripiegarono sulla torre degli Alberi e sulla bastia di Mattaleto. Tuttavia, pochi mesi dopo il castellano di Guardasone Pietro del Borgo, nonostante la tregua dichiarata coi Rossi, attaccò inaspettatamente il maniero di Castrignano e lo occupò per conto dei Terzi. Nel 1408 i fratelli Giacomo e Pietro de' Rossi si allearono col marchese di Ferrara Niccolò III d'Este e gli presentarono istanza affinché quando fosse diventato signore di Parma garantisse loro la restituzione dei castelli di Carona, di Castrignano, di Tiorre e di Pariano e delle bastie di Sant'Andrea e di Mattaleto, oltre all'autorizzazione alla riedificazione delle rocche di Mulazzano, di Alberi, di Porporano, di Antesica e di Mamiano oppure della vicina Basilicanova. L'anno seguente Galeazzo da Correggio conquistò per conto dell'Estense il maniero di Castrignano e la sua dipendenza di Mattaleto, ma ne approfittò per prenderne possesso; nel 1410, dopo l'uccisione di Ottobuono de' Terzi, Pietro de' Rossi attaccò di sorpresa la fortificazione di Castrignano sottraendola al Correggese. I Rossi ricevettero conferma dell'investitura feudale da parte dell'imperatore Sigismondo di Lussemburgo nel 1413 e del duca di Milano Filippo Maria Visconti nel 1425. Ciò nonostante nel 1434 il vescovo Delfino della Pergola intentò una causa accampando diritti sul castello; nel 1448 minacciò di scomunica Pier Maria II de' Rossi se non avesse restituito alla diocesi di Parma le terre di Berceto, Roccaprebalza, Roccaferrara, Corniglio, Corniana, Bosco di Corniglio, Castrignano, Bardone e altre, ma alla fine fu costretto a desistere. Nel 1464 Pier Maria destinò nel suo testamento al figlio Guido i castelli di Sant'Andrea, Varano Melegari, Basilicanova, Felino, Torrechiara, Bosco, Roccaferrara, Castrignano, Cozzano e Corniglio. Tuttavia, la disfatta nella guerra dei Rossi del 1482 comportò la confisca di numerosi feudi; Castrignano, rivendicata dal vescovo Giovanni Giacomo Schiaffinato, fu restituita nel 1483 alla diocesi di Parma. Il castello, abbandonato, degradò nei secoli successivi; parte delle rovine fu adattata a portale d'accesso al sagrato della chiesa dell'Assunzione di Maria Vergine. I decreti napoleonici del 1806 abolirono infine i diritti feudali. Del castello medievale, collocato sulla sommità di un colle, si conservano soltanto pochi ruderi, costituiti da alcuni brandelli di muro seminascosti dalla vegetazione, posti tra la chiesa dell'Assunzione di Maria Vergine e il cimitero. L'ingresso al sagrato è costituito da un portale in pietra, edificato reimpiegando i materiali dell'antico maniero; la simmetrica struttura è impostata su tre fornici, di cui quello più ampio centrale ad arco a tutto sesto e i due più stretti laterali ad arco ogivale. Il fonte battesimale posto all'interno del luogo di culto è rivestito con due capitelli e un abaco risalenti all'incirca al 1450, recuperati tra le rovine del castello.

Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Castrignano

Foto: entrambe sono di Parma1983 su https://it.wikipedia.org/wiki/Castrignano_(Langhirano)#/media/File:Castello_(Pieve_di_Castrignano,_Langhirano)_-_ruderi_1_2022-05-11.jpg e su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Castrignano#/media/File:Castello_(Pieve_di_Castrignano,_Langhirano)_-_ruderi_2_2022-05-11.jpg

mercoledì 7 giugno 2023

Il castello di giovedì 8 giugno



NARNI (TR) - Castello di San Girolamo

E' un antico convento francescano di cui oggi non rimane altro che la chiesa, la base del campanile e pochi altri elementi incorporati nell'odierna costruzione risalente al XIX secolo. Un primo edificio appartenne alle monache benedettine dal secolo XII - XIII fino al 1413 circa. Fu poi trasformato in palazzo dalla famiglia Capococcia, che ne alterò alcune parti cancellando anche le pitture. Il cardinale Berardo Eroli nel 1471 lo ristrutturò con magnificenza per donarlo ai frati minori come convento. I frati francescani vi rimasero per quattro secoli. Dopo il 1860 il complesso subì la sorte di tutte le Chiese e Conventi per la legge della Soppressione e passò al Municipio. Fu spogliato di tutto e i mobili, compreso il coro, furono venduti all'asta. Il coro artistico è servito per fare mobili ed infissi di un palazzo privato e per fare il portone della Chiesa. Gli stalli del coro di legno, lavorati a specchi, dopo la soppressione dei frati malmenati in più modi, furono dal dominio venduti al S.G. Chiodi di Narni per lire duecentocinquanta benché valessero il triplo. L'edificio di proprietà del Municipio fu acquistato dal Principe di Valbranza (1896) per lire venticinquemila, e lo trasformò allo stato attuale con la costruzione di torri, merlature e finestre gotiche. Divenne dunque la residenza della figlia Enrica dei conti Weiss di Valbranca (1880-1947), andata sposa al principe Luigi Alfonso di Borbone-Due Sicilie conte di Roccaguglielma (1873-1940). In fondo all'abside si trova una grande tela che ritrae San Girolamo. Sostituisce la celebre pala "Incoronazione della Vergine di Narni" del Ghirlandaio, commissionata per questa chiesa dal cardinale Berardo Eroli attorno al 1486 e qui rimasta fino al 1871; dopo essere stata conservata per anni al Palazzo Comunale di Narni si trova oggi nel Museo Eroli. Anche gli affreschi non sono più presenti: distaccati al momento dei restauri e riportati su tela, sono conservati altrove. Nel periodo che va dagli anni venti/trenta agli anni sessanta/settanta è stato residenza degli allievi e dei padri Missionari del Sacro Cuore di Gesù, istituto religioso che ha la sede italiana in Roma in Corso del Rinascimento e che si occupa di attività missionarie nel mondo. Il collegio/seminario ha formato parecchi giovani, alcuni diventati poi sacerdoti e missionari. Tra gli ultimi giovani ospitati è da evidenziare il cantautore Rino Gaetano. Dopo il ritiro dei missionari dal castello, l'edificio ha conosciuto un periodo di degrado ed abbandono. Nel dicembre 2010 il Comune di Narni ha ceduto l'immobile. Gli acquirenti, tra i quali spicca l'Istituto Diocesano Sostentamento del Clero del luogo, hanno progettato di destinarlo a struttura ricettiva a quattro stelle a vocazione principalmente religiosa senza però escludere quella sportiva, culturale e didattica. Possiamo ammirare il monumento in questo breve video di Terninrete: https://www.youtube.com/watch?v=ci_vrt6u4xw, mentre qui possiamo sentire l'audio con la sua storia: https://www.leaudioguide.net/b-it/Narni/1283-Castello

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_San_Girolamo, http://scuole.provincia.terni.it/itg_narni/S.Girolamo/storia.htm,

Foto: la prima è presa da https://www.leaudioguide.net/b-it/Narni/1283-Castello, la seconda è di u0086mg su http://rete.comuni-italiani.it/foto/2009/372913

martedì 6 giugno 2023

Il castello di martedì 6 giugno



BORGO A MOZZANO (LU) - Torre e Rocca Castracani in frazione Diecimo

Fra l’XI e il XII secolo a Diecimo, sorse uno dei più grandi castelli della valle del Serchio che, nel Placito della Contessa Matilde di Canossa, del 1078, viene descritto, con un’ampia cinta muraria, difesa da torri, con delle Porte, protette da ponti levatoi e con un grande fossato (la Pedogna,) roccaforte che al suo interno racchiudeva, gli edifici della curia, le case della comunità e una piccola rocca vescovile (eretta fra Zandori e la Pieve). Dimensioni rilevanti per l’epoca, ma anche per quelle precedenti. Visto che Matilde di Canossa in quell’anno ristrutturò un castello già esistente, in questo caso, non è da escludere una prima fortificazione, eretta a difesa del “Pagus” romano, al tempo delle invasioni gotiche, un insediamento di quell’importanza (una piccola Curtis, simile a quella di Bonifacio in Vivinaia), sicuramente doveva essere fortificato, comunque, le prime notizie del castello, le troviamo in un documento del 1033, nel quale Ingizio di Hoficia, vende la sua parte del castello di Diecimo, locato in colle Pastino, a Oddo del fu Griffo, mentre la località di Pastino, dove sorse il castello, viene già citata in una pergamena del 901. Il castello venne edificato nella parte più alta dell’attuale Pastino (detta Colle Pastino), vicino probabilmente al ponte sulla Pedogna, costruito sulla strada diretta a Pescaglia, naturalmente al di là del torrente (riva sinistra), dato che dopo il Mille, vengono nominati dei ponti levatoi e un grande fossato (il letto della Pedogna e forse anche un canale artificiale, alimentato dallo stesso torrente, realizzato lungo le mura). Di questo castello, oggi si sono perse le tracce, probabilmente l’esistenza della Jura, dalla metà del XIV secolo, ha salvato il paese, dalle dispute scoppiate in tutta la lucchesia, fra i lucchesi, pisani e fiorentini, la protezione della Santa Sede, mise al sicuro questa Terra che nessuna armata, osò mai sfidare apertamente, lo stesso mercenario Fortebraccio, il più spietato, venuto in lucchesia alla caduta della Signoria di Paolo Guinigi (1430) e al soldo dei fiorentini, si guardò bene dal toccare questo feudo vescovile, l’unico ad infischiarsene, fu Castruccio Castracane che nella sua breve Signoria, annesse la Jura alla Repubblica, rafforzando il castello e costruendo una nuova rocca lungo le pendici del Bargiglio, a levante di Diecimo. Dopo la ristrutturazione di Castruccio, il castello non subì altri interventi ma, col passare dei secoli, persa l’importanza strategica (la politica difese il borgo), iniziò a decadere. Alcune sue parti furono inglobate nei nuovi edifici o riconvertite ad uso civile, altre andarono completamente distrutte e, forse, anche utilizzate come materiale edile, per le nuove costruzioni civili. Oggi le uniche vestigia rimaste sono alcuni ruderi della nuova rocca di Castruccio e una vecchia torre, presente in piazza e attribuita a Matilde. La torre di Castruccio Castracani è una della molte che il condottiero lucchese lasciò dietro al suo passaggio nel tentativo di rendere Lucca città egemone della Toscana trecentesca. Nel 2017 è stata ripulita da erbacce e detrici che nel corso del tempo si erano accumulati, inoltre le pietre che la compongono sono state pulite e quelle che si erano mosse sono state sostituite. Sono anche state poste delle reti di protezione per evitare l’accesso dei piccioni al monumento. L’intervento importante dal punto di vista conservativo è stato finanziato dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e diretto dal municipio della Mediavalle. Castruccio Castracani, una volta annessa la Jura di Diecimo, per ottenere il massimo controllo della valle del Serchio, decise di rafforzare il castello di Diecimo e di costruire una nuova rocca, molto più in alto, in località detta ancora oggi “Castello”, sopra un piccolo sperone roccioso delle pendici del Monte Bargiglio, in uno dei tratti più impervi, della via romana Clodia Nova o di una sua variante che transitava poco più in basso, unendo Diecimo con Cune. Un punto strategico che pochi uomini erano in grado di difendere, sbarrando la strada ad eventuali bande armate, provenienti da nord, per evitare così eventuali colpi di mano su Lucca, ma nello stesso tempo la rocca gli serviva anche per controllare ciò che avveniva a Diecimo, la roccaforte di quella Jura, che non aveva ancora digerito l'annessione alla Repubblica di Lucca e che sicuramente stava tramando qualcosa per liberarsi. La nuova rocca di Castruccio, nonostante le sue modeste dimensioni, venne costruita con accuratezza, progettata solo per la guerra, una torre ricoprì il ruolo di mastio e un rivellino (muro di difesa), fu messo a sua difesa e per favorire il contrattacco. Furono aperte nel rivellino, due sortite ben fortificate da cui si usciva facilmente ma, nello stesso tempo, era molto dura entrarvi. Pochi uomini erano in grado di bloccare la strada e di resistere fino all’arrivo dei rinforzi. Possiamo ammirare i ruderi della rocca in questo video con riprese aeree (di Castelli & Rovine): https://www.youtube.com/watch?v=YKmhkjrlTsU

Fonti: https://www.serchioindiretta.it/senza-categoria/2017/07/01/la-torre-di-diecimo-torna-al-suo-antico-splendore/83637/, http://www.contadolucchese.it/Borgo_a_Mozzano_11.html,

Foto: la prima (relativa alla torre) è presa da http://rocchevalledelserchio.it/it/cultura-e-territorio/borgo-mozzano/pieve-di-s-maria-assunta-diecimo/, la seconda (relativa alla rocca) è presa da http://www.contadolucchese.it/pagina%20Borgo%20a%20Mozzano/Diecimo/rocca%20castruccio/rocca_castruccio_1.JPG

giovedì 1 giugno 2023

Il castello di giovedì 1 giugno

                                        


ANDRIA (BT) - Castello normanno svevo

Il primo nucleo del castello di Andria fu costruito dai Normanni nell’ambito del processo di “incastellamento” dagli stessi attuato durante e dopo la conquista dell’Italia meridionale. Ubicato in corrispondenza del punto più alto della città, nei pressi della porta omonima (demolita nel XIX secolo), la struttura normanna originaria doveva consistere probabilmente in poco più che un palazzo fortificato (dongione) costruito a ridosso del ciglio delle mura. Nel periodo svevo il castello fu ampliato con la costruzione di una imponente torre quadrangolare, il cui lato esterno misura circa 15 metri, protesa verso l’esterno, con il lato ovest appoggiato alla cinta muraria. Il tratto inglobato di quest’ultima è visibile all’interno. La torre è dotata di una sortita in direzione dell’attigua porta detta “del Castello”, per consentire di sorprendere sul fianco eventuali assalitori della porta. Verso il 1239-40, quando le spese per la guerra nell’Italia settentrionale imposero una riduzione della frenetica attività edilizia nel Meridione, esso compare nello Statutum federiciano sulla manutenzione dei castelli di pertinenza regia.
Successivamente, probabilmente in periodo aragonese, a seguito dell’aumentata potenza distruttiva delle armi da fuoco, la torre sveva fu inglobata in un baluardo poligonale con muratura esterna configurata a scarpa. Inoltre, per renderla meno esposta al tiro delle artiglierie, la torre fu ridotta in altezza. Nel contempo il castello fu ampliato verso Sud con la costruzione di alloggiamenti militari. Successivamente, in epoca imprecisata a partire dal XVI secolo, gli alloggiamenti militari furono trasformati in mulini dalla famiglia Carafa, ultimi duchi di Andria. Il castello non ebbe altre trasformazioni sostanziali sino al 1799, quando fu utilizzato per l’ultima volta dagli andriesi che, dalla sommità del bastione poligonale, cannoneggiarono i francesi durante la battaglia del Venerdì Santo, conclusasi con la capitolazione della città. Venuta meno la sua funzione militare, verso la prima metà dell’800 la struttura originaria normanna divenne proprietà privata e trasformata in abitazioni civili. Il bastione poligonale e parte della zona dei mulini, invece, rimasero di proprietà dell’Università. Nel 1810 il bastione risultava adibito a deposito di salnitri. Successivamente, nel 1827, il bastione fu trasformato in sede del corpo di guardia urbano: una porta aperta a forza attraverso lo spessore murario reca nel cartiglio di chiave l’iscrizione «Custos Domus 1827». Successivamente l’intera struttura, compresa la zona dei mulini, è divenuta di proprietà privata. Nella seconda metà del XIX secolo la parte a nord del bastione è stata demolita per la costruzione di un edificio civile. Quello che resta del castello svevo-aragonese è oggi incastrato tra un palazzo tardo ottocentesco a sinistra, costruito sull’area delle fossate, ed un palazzo contemporaneo sulla destra. Per approfondire suggeriamo questi link: https://www.academia.edu/43024775/IL_CASTELLO_NORMANNO-SVEVO_DI_ANDRIA_Una_questione_controversa, http://andriantica.altervista.org/Pubblicazioni/castello_normanno_svevo_di_Andria.pdf, https://www.andriarte.it/BorgoAntico/porta_castello_bastione.html

Fonte: testo di Vincenzo Zito su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/bat/andria.htm

Foto: la prima è presa da https://www.domus-re.it/andria/porta-castello/, la seconda è presa da https://www.andriarte.it/BorgoAntico/porta_castello-vicende_storiche.html