mercoledì 30 settembre 2020

Il castello di martedì 29 settembre

 



LICCIANA NARDI (MS) - Torre in frazione Apella

Quando siano sorti i villaggi di Apella e Taponecco, e la stessa Torre non è possibile dirlo. L’edificio sovrasta il borgo di Taponecco, di cui in passato ne era in qualche modo il “castrum”, poiché sembra si possa affermare che intorno ad esso sia esistito un borgo murato, di cui la torre era l’elemento dominante, con scopo difensivo, per l’avvistamento e il collegamento ottico del territorio circostante. Dall’alto della Torre è ancora possibile vedere il campanile del villaggio di Varano e i resti del “castellaro” di Torre Nocciola, molto più a valle. Si può, infatti, ritenere che in passato si effettuassero, attraverso segnalazioni luminose e giochi di specchi tra queste torri, comunicazioni tra territori distanti anche molti chilometri, sulla importantissima viabilità dell’epoca, la “Via del Sale” o “Strata Lizane”, di collegamento tra la Pianura padana e il mare Tirreno, attraverso il Passo del Lagastrello (o di Linari). Si ipotizza che la Torre sia sorta poco oltre il Mille e a quella data è anche ascrivibile il sorgere di Taponecco, che negli antichi documenti è indicata sempre come “castrum” ossia luogo fortificato; di una “cappella” di Taponecco ne abbiamo notizia già nel 1187, citata nei documenti della Diocesi di Luni-Sarzana. Il sito apparteneva sino ai primi del ‘400 ai marchesi Malaspina di Olivola, uno dei tanti feudi in cui la Lunigiana era suddivisa, il cui centro nell’alta valle era l’abitato di Varano. Vuole la tradizione, accolta dagli storici, che nel 1411 Varano e le sue dipendenze si sollevassero contro i Marchesi di Olivola, uccidendone due in Varano (anche se una diversa tradizione racconta che furono uccisi nella torre di Apella, in quello che è ricordato come “eccidio della Torre”). A dar vita a tale rivolta , sarebbe stato un certo capitano Rossi di Tavernelle che tornato dalla Francia apprese che i marchesi avevano abusato della moglie. In effetti, dal 1413 Apella e Taponecco, insieme a Varano, e paesi vicini, quali Ripola e Tavernelle, si dettero agli Estensi, con capitale a Ferrara e poi a Modena. Fino praticamente all’Unità di Italia, salva la parentesi napoleonica, il territorio restò soggetto agli estensi con capoluogo di podesteria Varano. Sia Apella che Taponecco ottennero alcune condizioni particolari e agevolazioni, in virtù della loro antica importanza. Taponecco conserva tracce della propria antichità nello sviluppo del borgo e nelle caratteristiche delle strutture murarie: si tratta di un interessantissimo “borgo in galleria” con numerosi passaggi voltati in pietra che ricordano un percorso labirintico. La chiesa odierna, intitolata a Santa Maria Assunta, collocata vicino alla Torre, è citata nella relazione della visita pastorale del 1568, da cui si evince che si trovava dove l’attuale, separata dalle abitazioni ed esposta al vento delle “Alpi” cioè dell’Appennino, che in effetti in passato gli abitanti chiamavano Alpi. Si legge anche che la costruzione del campanile della chiesa è stata interrotta, e si deduce quindi che sia stata scelta come collocazione della cella campanaria, forse qualche tempo più avanti, la stessa sommità della Torre, dove ancora oggi sono conservate le antiche campane in bronzo che scoccano le ore nella valle (con la sola interruzione serale e notturna). In precedenza la costruzione era stata modificata nei secoli per i continui rifacimenti dovuti ai danni causati dai fulmini. Il tessuto murario della fascia basamentale è attribuibile al XIII-XIV secolo. La Torre divenne pertanto un luogo religioso, con successivi ampliamenti della struttura muraria ad essa connessa che divenne sede di un monastero, e infine, prima di essere abbandonata, canonica con abitazione del parroco. L’ultimo parroco, Don Candido visse qui fino al 1956, successivamente la Torre fu abbandonata e disabitata fino agli anni novanta. Fu proprio nel 1990 che Mario Maffei iniziò gli imponenti lavori di ristrutturazione e recupero dell’immobile, con l’ambizioso scopo di farne un agriturismo, uno dei primi della Lunigiana e della Toscana stessa. Altro link suggerito: https://www.regione.toscana.it/documents/10180/12369765/scheda+BORGO+ANTICO.pdf/f5db5c14-a264-4337-8ebb-8e680b5cdafd,

Fonti: https://montagnaverde.it/index.php/montagna-verde/storia/, https://www.terredilunigiana.com/castelli/torreapella.php

Foto: entrambe del mio amico, e inviato speciale del blog, Claudio Vagaggini, realizzate all'inizio di questo mese

lunedì 28 settembre 2020

Il castello di lunedì 28 settembre


GENOVA - Castello D'Albertis

E' una dimora storica di Genova, sede del Museo delle culture del mondo e del Museo delle musiche dei popoli. Fatto edificare nel 1886 su di un antico bastione delle Mura trecentesche dal capitano di mare Enrico Alberto D'Albertis, il castello, col suo colore rosso acceso, è oggi una delle case-museo più apprezzate del capoluogo ligure. Situato sulla collina di Montegalletto (o Monte Galletto) nel quartiere di Castelletto, al pari dell'omologo castello Mackenzie domina la città affacciandosi con una vista aperta sul Mar Ligure. Scrisse il cronista del Supplemento al giornale "Il Caffaro" il giorno 1º maggio 1892:«Dalla torre maggiore si scorge Genova tutta, affascinante come odalisca addormentata».
Il castello è raggiungibile da piazza Acquaverde-via Balbi (stazione ferroviaria di Piazza Principe) con l'ascensore Castello d'Albertis-Montegalletto, oppure con le linee di autobus AMT n. 36, 39 e 40. Un particolare servizio favorisce il trasporto e la visita al museo da parte di persone disabili. In auto è raggiungibile per chi proviene dalle autostrade uscendo al casello di Genova-Ovest. Il toponimo Montegalletto è da intendersi come "monte delle ginestre", una zona un tempo brulla e priva di alberi per il passaggio delle Mura trecentesche della città, che faceva parte della parrocchia di San Tommaso e chiudeva a monte il sestiere di Prè. Quando fu edificato il castello, vi era stata recentemente aperta la parte finale della Circonvallazione a Monte, una lunga concatenazione di viali a mezza costa destinati dall'espansione urbanistica ottocentesca alle abitazioni signorili per l'agiata borghesia cittadina. Ideato dallo stesso capitano D'Albertis, che ne fece la sua dimora, con un gusto del collage architettonico in grado di mescolare castelli valdostani e palazzi fiorentini, il castello si richiama prevalentemente allo stile medioevale revival architettura neogotica ottocentesca, riprendendo e sintetizzando i particolari degli edifici medioevali di Genova (tra cui la torre degli Embriaci e le polifore del Palazzo San Giorgio). Fu edificato sui resti delle antiche fortificazioni trecentesche rinforzate nel XVI secolo (la torre a pianta quadrata era stata sostituita dal bastione cinquecentesco) dagli ingegneri Graziani e Francesco Parodi, con il supporto degli scultori Allegro e Marc'Aurelio Crotta per la parte decorativa, con la supervisione dell'architetto Alfredo d'Andrade. Le opere di edificazione avvennero tra il 1886 e il 1892 e l'inaugurazione fu fatta coincidere con le celebrazioni per il quattrocentesimo anniversario della scoperta dell'America da parte di Cristoforo Colombo. Il capitano D'Albertis, alla sua morte avvenuta nel 1932, donò il castello e le sue collezioni alla città di Genova, che poté così beneficiare della dimora del capitano fantasiosamente arricchita di rimandi esotici, neogotici ed ispano-moreschi; delle collezioni etnografiche frutto dei suoi numerosi viaggi; e del bastione della cinta muraria cinquecentesca contenente i resti basamentali di una torre della precedente cinta medievale, su cui è andata a poggiarsi la costruzione del castello stesso. Un non meno importante truciolo di storia - come ebbe a sottolineare un anonimo cronista nel supplemento al "Caffaro" del 1º maggio 1892 - lega le mura fortificate di Monte Galletto alla storia locale: su su queste mura, infatti, nel 1747 il popolo genovese trascinò (per l'ascesa di Pietraminuta) "i cannoni destinati a [far] battere la ritirata al nemico [austriaco]", a dimostrazione che, "anche strategicamente, [questa altura] è stata sempre un punto di grande importanza". Dopo anni di semi-abbandono (durante gli anni settanta il parco veniva utilizzato nella stagione estiva, sull'onda delle serate romane a Massenzio, come café chantant), il castello è stato oggetto di un accurato intervento di restauro edilizio per l'adeguamento della struttura alle esigenze di una fruizione pubblica moderna. In corrispondenza dell'apice geometrico del bastione è stata sostituita la copertura del tetto con una struttura in vetro ed è stato svuotato il bastione cinquecentesco dal riempimento di terra, liberando le strutture murarie al suo interno e recuperando in questo modo non solo un nuovo spazio espositivo, ma anche le diverse componenti architettoniche dell'intero complesso. Questo ha permesso inoltre di afferrare in un solo colpo d'occhio i resti trecenteschi, la sobria spazialità dell'architettura rinascimentale e, in alto, bene stagliate contro il cielo, le merlature e la torre di invenzione ottocentesca. Circolano alcune leggende sul castello. Pare ci sia una porta che, anche se lasciata sempre chiusa a chiave dai gestori del castello, di tanto in tanto, sempre di notte, sbatte violentemente e si apre, costringendo i custodi a tornare a chiuderla a chiave. Un'altra leggenda dice che il capitano D'Albertis avesse fatto costruire un tunnel sotterraneo che conduceva dalle sue stanze direttamente al porto, alla sua nave, nel caso avesse dovuto fuggire improvvisamente. Tale tunnel sarebbe poi stato usato dalla resistenza durante la seconda guerra mondiale. Il complesso si compone di due manufatti tipologicamente e architettonicamente distinti: il bastione cinquecentesco coi possenti muri a scarpa in pietra a spacco e il castello neomedievale, ad esso addossato per due piani, con basamento in pietra di promontorio e prospetti in mattoni faccia a vista ritmati da polifore e conclusi da merli di coronamento. La forma articolata determinata dalle fortificazioni preesistenti, è dovuta all'aggregazione di diversi corpi di fabbrica intorno ad un elemento principale secondo lo schema della costruzione medievale a cui il castello intende alludere. La "Torre di mattoni" a sezione quadrata è il fulcro della costruzione, in posizione baricentrica sui resti di una torre del XIV sec. e realizzata su modello di Torre Embriaci con coronamento a triplo ordine di archetti pensili in aggetto su peducci. L'ala di levante, costituita da un corpo doppio strutturale addossato al terrapieno culmina in una "loggia" a pianta quadrata accessibile dal terrazzo-giardino costruito sul sedime dell'originario cortile cinquecentesco. Percorrendo un lungo porticato si accede alla "Torre del vento", a forma circolare con scala su modello di quella di Porta Soprana; addossata ad essa un piccolo edificio a due piani colla "Sala Nautica", conclude il complesso. A ponente il corpo di fabbrica si articola nella "Loggia colombiana", nella "sala del capitano" ed infine nella "Torre quadrata", piccolo edificio a due piani in pietra a spacco coronato da merli in mattoni. Fuori dal palazzo, un bellissimo giardino romantico fa da cornice a questo luogo con giochi d’acqua, un ponte levatoio e molte specie di piante esotiche. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=KrW4rIAtOMA (video di Explorando Italia), https://www.ilsecoloxix.it/genova/2020/07/11/news/il-castello-d-albertis-e-il-suo-museo-delle-culture-del-mondo-riapre-dopo-il-lockdown-1.39070024 (con video), https://www.youtube.com/watch?v=RLtvmQJDJig (video di Amicidell'artevarese)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_d%27Albertis, https://www.loveliguria.it/itinerari-in-liguria/castello-dalbertis/, http://www.culturagenova.it/cultura/it/Temi/Luoghivisita/architetture.do;jsessionid=BA0C46E51E807D3886DE3C1014FBC833.node1?contentId=29315

Foto: entrambe sono cartoline della mia collezione

domenica 27 settembre 2020

Il castello di domenica 27 settembre



CASTEL SAN PIETRO TERME (BO) - Torre Malvezzi in frazione Varignana

La prima fonte scritta che attesti l'esistenza di Varignana risale all'anno 999. Si tratta di un contratto stipulato tra due privati circa l'affitto di un bene immobiliare, nel quale viene citata la vicinanza della proprietà in questione al "castello chiamato Variniana". Tuttavia si ritiene che la nascita del borgo risalga a molti anni prima, dal momento che essa sembrerebbe essere strettamente legata alla distruzione della grande città romana di Claterna, avvenuta nel V secolo, e al fenomeno dell'incastellamento tipico della fine del primo millennio, secondo cui le popolazioni della pianura, per ragioni militari di difesa, erano solite ritirarsi nelle colline. A conferma di una fondazione già precedente all'anno Mille vi è anche la presenza di una cripta risalente addirittura al IX secolo. La cripta rappresenta il nucleo originario di una chiesa che venne poi ampliata fino a diventare, insieme alla canonica adiacente un vero e proprio castello. Varignana infatti, come del resto varie realtà cittadine nel Medioevo, subì diversi attacchi militari da varie compagini militari, e per questo motivo fu costretta a rinforzare le sue infrastrutture di difesa. In particolare a seguito di un attacco avvenuto nel 1297 per mano di Maghinardo da Soseana, il paese si vide costretto a costruire nuove fortificazioni, fra le quali una torre posta a sud-ovest del paese. Nel 1360 Varignana, entrata in possesso del Cardinale Egidio Albornoz, dovette abbattere le sue fortificazioni, come punizione per l'atteggiamento ribelle avuto nei confronti del prelato. Sempre in quel periodo tuttavia, il Comune di Bologna costrinse il paese a ricostruire le sue fortificazioni e a ristrutturare le torri ad esso annesse. Tra le diverse vicende militari susseguitesi nei secoli successivi, è degno di nota l'attacco del celebre Duca Valentino, il figlio di Papa Alessandro VI Borgia, il quale nel 1501 conquistò e saccheggiò anche il piccolo castello di Varignana. Durante il corso dell'Età Moderna, Varignana fu costantemente legata alla numerose vicende che riguardavano le più importanti famiglie bolognesi. Nel Seicento infatti, con l'insediamento e la ristrutturazione di diverse proprietà di campagna da parte di alcune famiglie senatorie bolognesi, il territorio attorno al castello di Varignana conobbe un periodo florido. Tra le famiglie più importanti che si insediarono nei pressi di Varignana vi furono i Malvezzi - dei quali oggi si può ammirare l'imponente Palazzina Malvezzi -, gli Ercolani e i Bargellini - dei quali oggi si può ammirare il Palazzo Bargellini Bentivoglio, costruito nel 1705. Da stampe e disegni pervenuti ai nostri giorni, risulta evidente la presenza di una consistente cinta muraria lungo tutto il perimetro della frazione, sovrastata da una Rocca che aveva funzioni di difesa. Delle mura restano purtroppo pochissime testimonianze, mentre è ancora presente la rocca, di proprietà privata. La torre di Varignana si trova al centro del paese e può essere visitata solo dall'esterno. Delle vecchie mura non restano che poche testimonianze ricoperte in parte dalla vegetazione. Altri link suggeriti: https://www.rivistaprogetti.com/corrado-scagliarini-la-casa-torre, https://www.paolococchi.it/portfolio/torre-varignana-residenza-privata/, https://divisare.com/projects/191267-corrado-scagliarini-architetto-fabio-mantovani-casa-torre

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Varignana, https://collezioni.genusbononiae.it/products/dettaglio/16900,

Foto: la prima è presa da https://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/bologna/varignan03.jpg, la seconda è presa da https://divisare.com/projects/191267-corrado-scagliarini-architetto-fabio-mantovani-casa-torre

venerdì 25 settembre 2020

Il castello di sabato 26 settembre



CRUCOLI (KR) - Castello normanno (o del Marchese)

Il centro abitato di Crucoli si sviluppò nel medioevo come un'area fortificata, delimitata da mura, dirupi e porte d'accesso. Al centro dell'abitato, sul promontorio che domina il paese, venne realizzata una Torre a pianta quadrata, che fu ampliata poi in un castello sede baronale prima e dei marchesi poi. Dall'eversione della feudalità (1806) il castello venne abbandonato, ed oggi restano solo le possenti mura e le torri circolari a testimoniarne l'esistenza. La matrice originaria del castello, la torre quadrata, a parere unanime degli storici, può essere fatta risalire all’epoca normanna, verosimilmente agli anni tra il 1158 ed il 1166, durante le dominazioni di Guglielmo I il Malo e Guglielmo II il Buono, quando era già da tempo avviato il processo di “incastellamento” delle campagne. Di questo primitivo nucleo normanno, successivamente ampliato e stravolto, oggi rimangono ancora ben visibili l’impianto costruttivo della torre a pianta quadrata posta a sud-est della struttura e gli adiacenti contrafforti. L’importanza cui, nei secoli successivi, dovette assurgere il baluardo difensivo crucolese, nell’ambito delle strutture difensive locali, può essere comprovata anche dalla sua menzione nella nota carta geografica del Regno di Napoli del 1583 realizzata da Cola Antonio Stigliola e, successivamente, anche all’interno delle tavole illustrate nell’“Additamentum quintum Theatri orbis terrarum” dell’Ortelio del 1595, dove trova puntuale indicazione la struttura fortificata qui in esame. Hanno invece struttura più recente le torri circolari delimitanti il perimetro della struttura da attribuirsi all’epoca della successiva dominazione aragonese.Nella stratigrafia della struttura emergono, infatti, i segni dei numerosi rifacimenti di cui la stessa, in particolar modo tra il XV ed il XVII secolo quando il feudo di Crucoli fu retto da varie famiglie tra cui i D’Aquino prima e gli Amalfitano poi (ma ricordiamo anche i Gentili, i Caponzacco, e i Torres). Il rifacimento fu necessario dapprima dopo che il 14 dicembre 1674 un incendio divampato casualmente aveva avvolto l’intera struttura e poi, appena ricostruito, il 20 agosto 1697, dopo che un assalto di pirati turchi aveva apportato nuovamente danni significativi. Al momento dell'incendio il castello era "consistente di ventitré stanze". Nel Catasto onciario di Crucoli del 1784 (atto notarile rogato dal notaio De Luca) il castello del Marchese è descritto come “magnifico ed inespugnabile castello, posto in mezzo all’abitato, che certamente ha dovuto essere di regia erezione, e per tale nelle antiche croniche viene portato. In questo castello si sale per una nobil insilciata, e lunga, che fa un falso piano, per cui anco vi si può salire in carozza. Infine della grada vi è un atrio scoverto, e questa fabbrica è separata dal castello, col quale comunica per mezzo d’un ponte di legname. Tal castello è fortificato da sei bastioni, o turrioni, che guardano in differenti punti dell’orizzonte... In mezzo di tal castello v’è una specie di rocca, o sia fortezza, e le muraglie tutto che antichissime, ed abbandonate pure si mantengono per più secoli. Per comodo di questa gran fortezza vi sono tre cisterne, cantine, guardarobe, quartini abitabili al piano del gran cortile, e quarti nobili superiori, talché in caso di necessità possonci acquarterare fino a mille persone”. L’utilizzo del castello quale dimora è durato fino alla prima metà del XIX secolo. L'abbandono del territorio degli Amalfitano ha comportato la cessione della struttura e la sua trasformazione d'uso dapprima come deposito del grano per il locale Monte Frumentario, e poi a sede delle vasche dell'acquedotto municipale, sancendone la definitiva decadenza. Da un altro atto notarile, datato 1900, e richiesto dal Comune al notaio Iuzzolini, si viene a sapere di “sei torrioni che si distribuiscono lungo le mura di cinta” e di una rocca posta al centro del castello che, già in stato di rovina, probabilmente era ciò che restava del dongione, la torre più alta, così progettata sia come punto di osservazione che di ultimo rifugio in caso di presa del resto della rocca da parte dei nemici. Lo stesso notaio descrive il castello che “si estende per tutti i lati al punto che la sola prospettiva è teatrale; infatti si vede sia il mare, sia i monti uniti da colline e pianure, la cui vista rende felice chiunque guardi”. Altri importanti atti della fine del 1900 ne comprovano l’evidente stato di abbandono. Più volte, infatti, le amministrazioni comunali succedutesi negli anni hanno cercato di riportarlo alla sua bellezza originaria. Si arriva così al progetto di recupero fortemente voluto dall’amministrazione comunale su proposta dell’assessore alla Cultura Francesco Siciliani, il quale ha sottolineato l’importanza di tale traguardo “in quanto ciò è una prima tappa che ci dovrà consentire di sperare in un futuro più positivo per intervenire sui ruderi del castello e poter recuperare eventuali locali esistenti, ma oggi sotterrati”. Dopo uno studio volto alla ricerca storica, architettonica e di confronto con gli altri castelli presenti sul territorio, è previsto un proseguimento sul piano diagnostico e con un progetto di recupero che ora, dopo l’ambito riconoscimento, pare finalmente possibile. Nel 2013 il monumento è stato riconosciuto ufficialmente di interesse storico. Per approfondimenti suggerisco questi link: https://www.comune.crucoli.kr.it/index.php?action=index&p=10339, http://www.archiviostoricocrotone.it/chiese-e-castelli/il-castello-e-la-torretta-di-crucoli/, https://www.youtube.com/watch?v=xKK9kViu2is (video con drone di Angelo Magliano)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Crucoli#Il_Castello_del_Marchese, testo di Sara Camposano su https://www.calabriaonweb.it/index.php/news3/ambiente/1389-crucoli-un-castello-normanno-dinteresse-storico, http://atlante.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=114, https://www.strill.it/citta/crotone/2013/02/crucoli-kr-il-castello-riconosciuto-ufficilamente-dinteresse-storico/

Foto: la prima è presa da https://www.calabriaonweb.it/index.php/news3/ambiente/1389-crucoli-un-castello-normanno-dinteresse-storico, mentre la seconda è di Ingcelsi su https://it.m.wikipedia.org/wiki/File:Crucoli_TorreNormanna.jpg. Infine la terza è una cartolina della mia collezione.

Il castello di venerdì 25 settembre



AVIO (TN) - Castello di Sabbionara

E' tra i più noti ed antichi monumenti fortificati del Trentino. È situato nella frazione di Sabbionara d'Avio e, dalla sua posizione, sulle pendici del Monte Vignola, domina la Vallagarina. Era naturale che la collina di Sabbionara d'Avio, protetta alle spalle dalla montagna e dominante gli antichi guadi sull'Adige, venisse scelta come punto di difesa e vedetta della valle, nonché luogo prestigioso di un potente. La Vallagarina, che il castello domina, fu una delle principali vie di comunicazione tra il Mediterraneo e l'Europa settentrionale, la Pianura Padana col mondo germanico. Le stesse arterie moderne non fanno che ripercorrere il medesimo tracciato dell'antica via Claudia Augusta, che attraversa la valle dal 15 a.C. Le prime fonti storiche che parlano di una fortezza costruita proprio in questo luogo, con il nome Castellum Ava, sono datate 1053. quando il monaco bavarese Gotschalcus vi fece sosta sulla via del ritorno da Verona. Sul finire del XIII secolo le fonti divengono più consistenti, quando è assodato l’incastellamento da parte della famiglia Castelbarco. Con Guglielmo “il Grande” il maniero assunse funzione di rappresentanza, poiché divenne –unitamente al castello di Lizzana – residenza castrobarcense. A Guglielmo si deve la ricostruzione del castello secondo i dettami stilistici testimoniati negli affreschi della “Casa delle Guardie”, di cui probabilmente fu anche il committente. Guglielmo, uomo d’armi ma anche abile nel curare gli aspetti politici e gestionali del territorio, intrattenne relazioni diplomatiche con gli Scaligeri, grazie a cui riuscì a consolidare il potere del suo casato. Agli inizi del Quattrocento, a seguito della volontà testamentaria di Azzone, i domini castrobarcensi vennero acquisiti dalla Repubblica di Venezia, che ne consolidò le strutture difensive e li affidò ad una guarnigione. Dopo questo passaggio di proprietà il Castello di Avio venne ampliato e decorato con una cappella in onore di San Michele insieme ad una facciata riportante gli stemmi dei loro dogi. Il dominio Veneziano si protrasse fino al 1508, quando le truppe imperiali di Massimiliano I (che fece dipingere le proprie insegne araldiche nel castello) liberarono tutta la Vallagarina; il castello venne dunque ipotecato a Gerardo conte d’Arco, che avviò un’imponente opera di restauro, necessaria dopo gli eventi bellici. Nel 1533 il principe vescovo ne riscattò l’ipoteca; i Quattro Vicariati, e con essi il castello di Avio, finirono sotto la reggenza del nuovo principe vescovo, Cristoforo Madruzzo, la cui casata dominò la zona fino alla sentenza del consiglio aulico di Vienna del 1654, che riassegnò i Quattro Vicariati ai Castelbarco – ramo di Gresta. Nel 1703, come molti altri castelli lagarini, il maniero venne dato alle fiamme ad opera dei soldati francesi guidati dal generale Vendome; il castello per quasi due secoli subì continue spoliazioni, che portarono alla sua trasformazione in zona agricola. Dopo la nuova acquisizione da parte dei Castelbarco nel 1937 vennero avviati lavori di consolidamento delle strutture; decisiva per il recupero e la valorizzazione del castello fu la cessione al F.A.I. (Fondo Ambiente Italiano) nel 1977 da parte della contessa Emanuela Rezzonico di Pindemonte di Castelbarco, nipote di Arturo Toscanini. Il castello è costituito da tre cinte murarie che circondano a guisa di corona l'insieme del sistema difensivo e può vantare 5 torri, tra cui quella della picadora, dove in passato venivano eseguite le condanne capitali per mezzo dell'impiccagione; il suo perimetro irregolare eppure armonioso si appoggia al terreno seguendone il dislivello. Per entrare si attraversa una porta-torre coronata da merli a coda di rondine. Dentro le mura le vie sono delimitate da muri, terrazzamenti, passaggi coperti e torri aperte; le porte, le mura e gli interni sono illuminati da notevoli affreschi. Attorno al potente mastio, risalente all'XI secolo, si trovano numerosi edifici tra cui la Casa delle Guardie, la Cappella, il Palazzo Baronale e la Casa d'Amore all'ultimo piano del mastio, tutti quanti affrescati. Gli studiosi hanno individuato negli affreschi la mano di due differenti artisti, con le relative équipe; il primo, già attivo nella chiesa dei Domenicani di Bolzano, è il decoratore della Casa d'Amore: un ciclo di affreschi di grande qualità, pieno di allusioni, allegorie e rimandi. Forse dopo due o tre decenni, opera nel castello un altro artista, di vena più semplice e popolare rispetto al precedente; a lui si devono le battaglie della Casa delle Guardie. Ulteriori scoperte si sono avute nel corso degli accurati restauri: l'esame degli affreschi ai raggi ultravioletti ha rivelato la presenza di disegni preparatori sotto i dipinti attuali. Gli affreschi della Casa delle Guardie rappresentano le arti della guerra necessarie alla formazione del cavaliere. Essi sono opera di un maestro trentino della metà del Trecento che risente sia della pittura veronese sia di stilemi transalpini (contorni marcati e luci violente). Gli affreschi della Camera di Amore nel mastio, raffinati e ricchi di una colta simbologia (pittura cortese), sono ascrivibili a un pittore di ambiente veneto-emiliano vissuto alla metà del Trecento. Di tutto quello che rimane del Castello di Avio, il mastio, in virtù della sua solida costruzione, è la parte che risulta oggi meglio conservata. Di pianta trapezoidale con due lati retti e paralleli che si uniscono ad altri tre lati disuguali e curvilinei, presenta una struttura particolarmente rara in edifici simili. Una porta arcuata serve da ingresso, oggi raggiungibile tramite una scaletta costruita probabilmente intorno al 1957. L'intero complesso è diviso in quattro piani, raggiungibili oggigiorno tramite una scala in legno anch'essa di epoca recente. I quattro piani sono illuminati da tre finestre soltanto, disposte tutte nella facciata principale. Dell'intero castello, la stanza che più desta interesse, grazie ai suoi affreschi, è certamente la cosiddetta "Camera dell'amore". Essa si trova all'ultimo piano del mastio e presenta una pianta di forma circolare ma con ampie irregolarità. La volta è a sesto ribassato con cinque finestrelle strombate. Gli affreschi che qui si trovano rappresentano un raro esempio di pittura profana del primo Trecento. I temi qui raffigurati sono, infatti, per lo più inerenti ad allegorie d'amore e di vita quotidiana. In particolare si può ammirare un uomo trafitto al cuore da una lancia, una dama con un cagnolino - simbolo di fedeltà - e Amore bendato, con arco e frecce. In tutto il ciclo pittorico possiamo osservare colori chiari con scelte di tinte pastello, vivacizzati da inserti di rosso chiaro. Così si può trovare un verde ripetuto più volte per le vesti del cavaliere e del gentiluomo, il rosa per le dame e il verde chiaro per architetture dei troni. Ma il colore più presente è il bianco delle varie fasce disegnate che circondano la stanza. Oggi rimane molto poco di quello che potevano essere gli affreschi di un tempo. La volta, originariamente totalmente affrescata, appare in condizioni rovinose, e anche tutto il resto del ciclo pittorico soffre dell'incuria e soprattutto degli sfregi e del vandalismo dei visitatori. Altri link consigliati: https://www.raiplay.it/video/2018/03/FAI-Tesori-d-Italia-Castello-di-Avio-b4544a9c-fd76-448e-8926-1534933f38dd.html (video), https://www.trentinofilmcommission.it/it/locations/detail/castello-di-avio/, https://dueminutidiarte.com/2018/11/27/castello-avio-trentino/, https://www.youtube.com/watch?v=hSTeVWlyjf8 (video di MiBACT), https://www.youtube.com/watch?v=JUfYSaukMVc (video di Renzo Manganotti)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Avio, https://www.visitrovereto.it/scopri/castelli/castello-di-avio/, https://www.visittrentino.info/it/guida/da-vedere/castelli/castello-di-avio_md_2628, https://www.dolomiti.it/it/luoghi-da-visitare/castelli-e-fortezze/castello-di-avio/, http://www.castellideltrentino.it/Siti/Castello-di-Avio/(language)/ita-IT

Foto: la prima è presa da https://www.fondoambiente.it/luoghi/castello-di-avio, la seconda è presa da https://www.trentino.com/it/cultura-e-territorio/castelli/castello-di-sabbionara-davio/

giovedì 24 settembre 2020

Il castello di giovedì 24 settembre



BLERA (VT) - Castello di San Giovenale dei Di Vico

A circa 7 km da Blera una sterrata porta alla zona archeologica di S. Giovenale. L’antica città etrusca sorge su un ripido pianoro tufaceo, difeso naturalmente dalla confluenza di due torrenti e con un solo lato protetto da fossato e mura. A testimonianza della continuità della frequentazione del sito rimangono, lungo i 2 corsi d’acqua, estese necropoli, mentre nel pianoro si trovano gli scavi del borgo etrusco (una delle poche testimonianze dell’architettura civile etrusca con case a blocchi di tufo), i ruderi del Castello, della metà del XIII secolo, dei prefetti Di Vico, ed i resti della chiesetta altomedievale, dedicata al vescovo martire S. Giovenale da Narni. Con molta probabilità la terribile pestilenza del 1476 spopolò quasi completamente S. Giovenale, così come avvenne nel 1348 per le vicine Luni sul Mignone e Piantangeli, definendo l’inizio dell’inesorabile oblio. Non lontano dai ruderi della zona industriale dell'antica città etrusca sorgono, verso occidente e al termine di una leggera salita, le mura del castello dei Di Vico, la cui edificazione, voluta forse da Pietro Di Vico e realizzata sui resti di mura databili al IV° secolo aC e in un'area abitata già durante l'età del bronzo medio, fu resa particolarmente difficile dalle continue dispute che coinvolsero i finanziatori del progetto e le famiglie rivali. Del Castello, risalente al XIII secolo, con funzione di controllo della strada di collegamento tra Viterbo e Tolfa, oggi rimangono la dritta facciata occidentale con le 2 torri sui lati, una parte del muro ad essa collegato a forma di semicerchio e resti del corpo centrale. Altri link suggeriti: https://www.sentieriperblera.it/altri-luoghi/san-giovenale, https://www.youreporter.it/video_san_giovenale_zona_archeologica_blera_viterbo_italy/?refresh_ce-cp (video), https://www.youtube.com/watch?v=wtYLzN1RHIY (video di Franco's Artist)

Fonti: https://www.tesoridellazio.it/tesori/blera-vt-san-giovenale-castello-dei-di-vico-ruderi/, https://it.wikipedia.org/wiki/Area_archeologica_di_San_Giovenale, http://pagineveloci.net/articoli/blera_giovenale.html

Foto: entrambe del mio amico Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10157948358125345/447995600344 e su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10157948358125345/447995585344

mercoledì 23 settembre 2020

Il castello di mercoledì 23 settembre





BELFORTE ALL'ISAURO (PU) - Castello Beaufort

Nei secoli XIII e XIV Belforte era uno dei castelli della Massa Trabaria sotto la dominazione della Chiesa, fino al 1378 quando, in seguito alle rivolte di tutto il territorio contro i rappresentati pontifici, fu assegnato, insieme ad altri castelli, al conte Antonio da Montefeltro. Il paese rimase di proprietà dei Montefeltro fino al 1631, quando il Ducato di Urbino venne assoggettato alla Santa Sede. Gli anni di governo dei Montefeltro furono caratterizzati dalle continue lotte contro la famiglia dei Malatesta; da ricordare una lunga guerra, tra il 1439 e il 1463, dove un giovane Federico da Montefeltro fu gravemente ferito in battaglia per difendere il suo Castello. Nonostante i numerosi conflitti la vita economica del paese era fiorente, si costruivano ville e case signorili (Federico fece anche ristrutturare il Castello dall’architetto Francesco di Giorgio Martini) e questa condizione rese Belforte uno dei più importanti centri della zona. Infine nel 1872, continuando a godere di un certo benessere economico, il borgo diventò un comune autonomo, al quale furono annesse alcune frazioni limitrofe. Già citato in precedenza, una delle principali attrattive di Belforte è il Castello, di origine longobarda (VII secolo): di elevata rilevanza artistica, è formato da due torri di guardia poste alle estremità, tra le quali si inserisce il palazzo che conserva le caratteristiche dei diversi periodi storici e delle molteplici dominazioni a cui è stato soggetto il paese; si possono, ad esempio, ammirare elementi architettonici del periodo pre-romanico, gotico e rinascimentale. La sua storia è legata al Barone prussiano di Beaufort (dalla cui famiglia deriva la denominazione del borgo) che scese a Belforte dopo l’Unità d’Italia sostenendo che il maniero era appartenuto ai suoi avi in periodo medievale e quindi reclamava dei diritti di proprietà sullo stesso. I belfortini però non furono molto ospitali nei suoi confronti e non presero in considerazione i diritti che pretendeva, quindi egli tornò in Germania a mani vuote. Dopo una decina d’anni arrivarono i documenti con il testamento del Barone che prevedeva un lascito al Comune per l’acquisto del Castello (che era in mano a una delle nobili famiglie del luogo) con la clausola di adibirlo ad uso scolastico e comunale (a differenza di quello che era stato per anni sotto l’autorità dei Montefeltro, vale a dire una fortificazione difensiva). Dopo i restauri del dopoguerra è stato adibito a scuola elementare, mentre dal 1994, dopo altre ristrutturazioni, è diventato la sede della Scuola di lingua italiana per stranieri. Altri link suggeriti: https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-beaufort-belforte-allisauro-pu/ (ricco di foto), https://www.youtube.com/watch?v=OnzXeOo02oY (video di Raffaella Vagnerini)

Fonte: https://www.borghipesarourbino.it/castelli-e-rocche/belforte-allisauro/ 

Foto: le prime due sono del mio amico Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10158020456080345/10151349440720345 e su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10158020456080345/10151349439855345. La terza è una cartolina della mia collezione.

martedì 22 settembre 2020

Il castello di martedì 22 settembre


FARINDOLA (PE) - Castello e Palazzo Farnese

Il borgo medievale fu fondato nell'XI secolo dai Normanni, arroccato attorno a un castello, in cima allo sperone roccioso. Immediatamente le sorti del paese furono legate a Penne, che deteneva il dominio del circondario. Nel Cinquecento, acquistò una grande fama essendo un Castello di Penne. In quell’epoca Carlo V concesse a sua figlia, Margherita D’Austria, il possedimento di Farindola e ne fu proprietaria dal 1539 al 1586. Successivamente il Castello di Farindola passò sotto il comando dei Duchi Farnese di Parma e Piacenza, i quali ebbero il dominio fino al 1731, anno in cui con la morte dell’ultimo esponente dei Farnese la casata si estinse e Farindola passò sotto il dominio del re di Napoli. Vi fu il ritorno dei Borbone. Durante il loro dlminio, i Farnese si installarono nel castello, trasformato in palazzo gentilizio. Nel 1933 un terremoto tra la Majella e il Gran Sasso fece crollare quel che rimaneva del castello, in stato di abbandono e di cui ne rimangono solo i ruderi. La sua posizione strategica giustifica la collocazione prettamente difensiva del territorio. Nei diversi libri dedicati alla storia di Farindola, si parla dell’esistenza di un sistema difensivo medievale costituito da quattro torri. Oggi di esse abbiamo traccia nel basamento di una casa che si trova alla fine della piazza principale del comune; un’altra, probabilmente quattrocentesca ben conservata, si trova in zona Fonte, un’altra probabilmente fu inglobata nel Palazzo Farnese, della quarta torre, infine, rimane ben poco poiché è stata coperta da una nuova muratura per evitare il collasso e si trova nelle vicinanze del monumento dei caduti di Marcinelle, sopra il piazzale antistante la Chiesa Madre di Farindola. Il Castello vero e proprio aveva sede nella piazza oggi dedicata a Papa Wojtyła e le sue rovine furono demolite nel 1952, anno in cui iniziarono i lavori per la costruzione della suddetta piazza. Anche le porte d’accesso del paese erano quattro, tre delle quali sono ancora esistenti e ben visibili: Porta della Fontana, in fondo al paese; Porta del Mulino e Porta Farnese. Il quarto arco d’accesso, Porta San Rocco, probabilmente si trovava nelle vicinanza dell’attuale palazzo comunale, dove sorgeva l’omonima chiesetta. Tali archi prendono anche il nome di porte del castello (castello inteso come paese fortificato) venivano chiuse per evitare l’ingresso del bestiame e quando veniva radunato il consiglio, convocato con il suono del corno, strumento tradizionale farindolese. L'imponente palazzo Farnese, costruito a ridosso delle mura civiche medievali, fu adibito a sede comunale, per poi passare alla potente famiglia dei Frattaroli, famiglia di medici, sindaci e amministratori di giustizia. Ancora oggi si narra che una suora dalla finestrella della cappella del palazzo abbia assistito all’omicidio dell’ex sindaco Vincenzo Barbieri, ingegnere di Parma, per la cui uccisione non fu mai trovato un colpevole. L’edificio è stato edificato tra le fine del ‘500 e gli inizi del ‘600 ed attualmente è una residenza privata divisa in tre appartamenti. Ha subìto diverse trasformazioni negli anni ma all’interno si possono comunque ammirare resti originari di affreschi. Anche nella parte esterna sono ancora visibili tratti tipici del tempo ancora rimasti intatti come le caratteristiche finestrelle dalle inferriate ondulate, il passaggio voltato che collegava il palazzo alle abitazioni adiacenti (tra le quali vi era il carcere), rimane ancora oggi il grande portone d’accesso al palazzo dal quale si accedeva ad un androne da cui parte una grande scalinata sovrastata da un grande loggiato che portava al piano superiore, piano nobile, dalla pavimentazione in cotto. Nel salone principale è ancora ben visibile l’affresco che rappresenta la scena del “Giudizio di Re Salomone”. La storia dell’affresco, che proviene dalla Bibbia, narra che vi erano due madri che si contendevano un bambino, ognuna delle due sosteneva di essere la madre reale del bambino, il bambino è raffigurato ai piedi del re che viene chiamato per giudicare chi fosse la vera madre, Salomone ordina allora di tagliare a metà il bambino, subito dopo quell’ordine la vera madre del bambino disse di affidarlo all’altra donna, dicendo così fu riconosciuta come la vera madre del bambino. Ai quattro angoli del grande salone affrescato vengono rappresentate le quattro virtù cardinali: la Giustizia con una Bilancia, la Fortezza accanto ad una colonna, la Prudenza che ha in mano uno specchio nel quale non si guarda e la Temperanza intenta a versare acqua fredda nell’acqua bollente per temperare. Troviamo nello stesso edificio un altro affresco che raffigura un angelo tra due putti che indica la Trinità, non conosciamo ad oggi il nome dell’artista ma probabilmente è di origine pennese ed allievo di Ronzi. La tecnica usata per gli affreschi è tempera a secco mista ad affresco. Con molta probabilità l’affresco è stato commissionato dai Frattaroli . Altri elementi degni di nota sono: la croce in ferro battuto posta oggi dove un tempo sorgeva la cappella del Palazzo, un camino d’epoca, una tela raffigurante la Madonna del Carmine, testimonianza devozionale dei Frattaroli, che dedicarono alla Madonna del Carmelo anche una chiesa nella contrada farindolese di Trosciano Inferiore. Davanti ad uno degli attuali ingressi del palazzo troviamo i resti di un arco rinascimentale che un tempo costituiva la Porta Farnese, uno dei quattro accessi al paese. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=DTNXvuhNupw e https://www.youtube.com/watch?v=h0vVXnoPOb8 (entrambi i video di, Riccardo Paracchini, mostrano gli affreschi interni del palazzo)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Farindola, https://www.inabruzzo.it/farindola.html, https://visitfarindola.kuboweb.it/storia/, https://visitfarindola.kuboweb.it/palazzo-farnese/

Foto: è presa da https://abruzzoturismo.it/it/farindola, e mostra l'ubicazione del castello, all'altezza delle mura sotto alla chiesa. Del Palazzo Farnese sul web non sono riuscito a trovare immagini (l'edificio dovrebbe essere presente in basso a destra in questa foto https://www.alamy.it/abruzzo-villaggio-di-farindola-in-inverno-image259431419.html), a breve dovrei riceverne alcune da inserire nell'articolo.

lunedì 21 settembre 2020

Il castello di lunedì 21 settembre


SCIACCA (AG) - Castello dei Conti Luna

Fu eretto nel 1380 da Guglielmo Peralta, conte di Caltabellotta e, dopo la morte di Federico III, uno dei quattro vicari della Sicilia. Il Castello passò in mano ai conti Luna quando, morto Nicolò Peralta (figlio di Gugliemo), Margherita, una delle sue tre figlie, andò in sposa al conte Artale de Luna, catalano e zio di re Martino. In seguito, la proprietà passò a Sigismondo Luna che lo possedette fino al 1529, anno in cui si concluse quello che è passato alla storia come il "caso di Sciacca". Dopo il 1529, l'imperatore Carlo V avocò alla corona il castello con il nome di Castello Nuovo, per distinguerlo dal preesistente Castello dei Perollo, dal quale dista poco meno di 200 mt. Il complesso a pianta poligonale sorge sulla viva roccia nella parte alta e orientale di Sciacca. Anticamente era composto da due piani: il piano terra per la servitù e il piano superiore per l'alloggio del conte e dei suoi familiari. L'ingresso era situato a nord e prevedeva un ponte levatoio; dall'ingresso si accedeva a un cortile che precedeva il castello e cui vi erano inserite le scuderie e un cappella dedicata a San Gregorio. Oggi l'edificio si compone di quattro parti: la cinta muraria, la torre grande (mastio) e quella cilindrica entrambe a nord, e il Palazzo del Conte a ovest. La cinta è formata da alte e robuste mura che servivano alla difesa, munite di torri sporgenti, rivestite agli spigoli di blocchi tufacei squadrati che contribuivano a dare un aspetto imponente al complesso. Della grande torre a pianta quadrangolare (che aveva la funzione di sorvegliare la cinta) rimane la base, mentre la torre cilindrica che si presenta a due piani con conci accostati a coltello, si conserva ancora. Rimane ben poco invece del Palazzo del Conte, posizionato fra mastio e torre cilindrica e di cui ci resta solo i tetti e gli alti muri, dove si possono notare dipinti dell'epoca e ammirare (tramite le sue finestre) un bel panorama di Sciacca. Dall'ingresso, situato a Nord e munito di ponte levatoio, si entrava nel cortile, dove erano le scuderie, i locali degli uomini d'arme, e una cappella dedicata a S. Gregorio. L'arco di ingresso portava in alto lo stemma dei Peralta, e la porta era difesa dalla torre maestra, che rimase integra sino al quando un violento terremoto non la rovinò parzialmente, (la completa demolizione di questa torre avvenne invece ad opera del comune nel 1867). Il castello è uno dei più interessanti esempi di architettura civile e militare del '300 esistenti in Sicilia. L'imponente costruzione è legata al “caso di Sciacca”, la secolare lotta sanguinosa tra la famiglia dei Luna (catalana) e quella dei Perollo (normanna), in conflitto per un amore segreto, quello di Giovanni Perollo per Margherita, moglie di Don Artale Luna, ma anche per interessi politici ed economici. Il Castello costituiva un piccolo microcosmo con proprie regole socio-economiche... Si dice che arrivasse ad ospitare sino a 100 persone. Al Conte era demandato il potere politico economico e giudiziario attraverso l'esercizio del "mero e misto imperio". Altri link suggeriti:https://www.balarm.it/eventi/la-visita-al-castello-luna-per-scoprire-l-intricato-caso-di-sciacca-amore-segreto-o-interesse-107197, http://www.guidadisciacca.it/index.php?pag=Castello%20Luna (visita virtuale), http://www.virtualsicily.it/Monumento-Castello%20di%20Luna-AG-197, https://www.risoluto.it/videonotizie/riapre-castello-luna-fruizione-turistica-ticket-unico-un-circuito-museale/ (video), https://www.youtube.com/watch?v=ccChKoWul14&feature=emb_logo (video di Tele Radio Monte Kronio Sciacca)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Sciacca, http://www.distrettoturisticoselinuntino.it/a.cfm?id=387, http://www.guidadisciacca.it/index.php?pag=Castello%20Luna, https://www.fotoartearchitettura.it/sciacca/castello-dei-luna.html

Foto: la prima è una cartolina presa dal gruppo FB "Castelli rocche e fortificazioni in Italia" (https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10158055264395345/10150588567560345), la seconda è di Matthias Drosdek su https://mapio.net/pic/p-44741247/

Il castello di domenica 20 settembre


MULAZZO (MS) - Castello in località Gavedo

Il castello di Gavedo si trova al di fuori del paese in posizione sopraelevata. Risalente al più vivo Medioevo, databile forse al XI-XII secolo, era della famiglia Obertenga e sorge a destra del fiume Magra. Faceva parte di una linea di difesa fortificata, formata da mura, castelli e torri, che partiva proprio da questa costruzione, costeggiava il corso del torrente Geriola, e arrivava fino a fondovalle. Di questa linea facevano parte anche la torre dello stesso castello e poi, a scendere, la torre inglobata nella settecentesca villa Brignole-Sale, la torre chiamata "del Sole", e infine nella torretta a ridosso del fiume ormai in pianura. Il sistema torre-recinto sorto sul colle di Groppoli come presidio militare principale della linea fortificata che raggiunge la pianura con una serie di torri otticamente collegate, conservò sostanzialmente intatte le proprie caratteristiche fino a tutti il XIV secolo. A partire dal '400 con la caduta di interesse strategico della linea fortificata, il semplice impianto fortificato originario viene gradualmente e progressivamente trasformato in residenza castellana. Una rappresentazione cartografica degli inizi del XVI secolo individua il maniero con alte cinte murarie, e un documento del 1560 fa menzione di una "sala nuova" ove si ratifica un trattato di accomandigia con il marchese di Groppoli (divenuto autonomo dal 1546) ed il Duca di Firenze. Il complesso cinquecentesco che ci appare, e che è stato attualmente restaurato, si presenta con una imponente struttura regolare a pianta quadrangolare dalla quale emerge una torre quadrata medievale pre-malaspiniana una delle innumerevoli presenti sulla riva destra del Magra, circondata da un primo recinto murario e da un involucro residenziale posteriore, risalente al XVII-XVIII secolo. Secondo i cronisti dei primi anni del ‘600 fu un castello quasi imprendibile e solo successivamente divenne una ricca dimora malaspiniana. Dopo i Malaspina di Mulazzo divennero signori di Gavedo i Malaspina di Groppoli (1546), il Granduca di Toscana (1549). I marchesi Brignole l’acquistarono dal Granduca di Toscana, e più tardi per la loro residenza estiva, si costruirono una villa sul vicino colle di Gavedo, progettata da Matteo Vinzoni. I Brignole hanno comunque sempre continuato ad interessarsi al Castello come documentano le numerose spese sostenute per la sua conservazione e per continuarne l’utilizzo. Divennero proprietari i Sale di Genova (1592), poi Brignole-Sale i quali diedero eccezionale impulso all'attività edilizia con il disegno di tutto il territorio del feudo, la costruzione di vari edifici e con la completa e definitiva ristrutturazione del Castello di Gavedo, conferendogli l'aspetto che ancor oggi conserva. Il progetto di ristrutturazione, redatto dal colonnello cartografo della Serenissima Repubblica Genovese Matteo Vinzoni, e portato a termine nel corso del XVIII secolo, dà origine a un vero e proprio palazzo, saldando in un unico blocco gli elementi originari (torre, recinto e le aggiunte del XV e XVI secolo) alle parti di nuova costruzione. Altri link suggeriti: https://www.amalaspezia.eu/gavedo.htm (foto), https://www.facebook.com/Lunigianaworld/posts/castello-di-gavedo-mulazzo-forza-lunigiana-/2608627456073910/ (foto), https://www.youtube.com/watch?time_continue=18&v=ZCi4qM2KGPI&feature=emb_logo (video di Forrest Spears)

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Gavedo, https://www.terredilunigiana.com/castelli/castellogavedo.php, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Toscana/massa/provincia000.htm

Foto: entrambe del mio amico, e inviato speciale del blog, Claudio Vagaggini

domenica 20 settembre 2020

Il castello di sabato 19 settembre



APPIANO SULLA STRADA DEL VINO (BZ) - Castel Paschbach

E' un castello che si trova nella frazione di San Michele (St. Michael) . I primi documenti scritti che parlano di questo maniero risalgono al 1248, quando era costituito solamente dalla cosiddetta "torre di Pasquay" che oggi costituisce, assieme alla sua splendida stube gotica, la parte centrale di Castel Paschbach. Nel 1463, la struttura è indicata "das gesæss Pascua", ovvero quale maniero. Nel 1570 il castello fu acquistato da Jakob Aichner, che nel 1585 lo fece ampliare in stile rinascimentale da Luca d'Allio. Il nome del maniero risale proprio al XVI secolo quando il figlio dell'allora proprietario Jakob von Aichner fu annobilito "von Paschbach". Nel tardo medioevo e durante il rinascimento, la rocca fu ampliata: oggi si possono individuare i diversi stili architettonici. Rimase nelle mani della famiglia Aichner, che intanto era stata investita del predicato nobiliare "von Paschbach", fino alla fine del XVII secolo quando passò ai signori von Mörl. Nel XIX secolo divenne di proprietà dei Wohlgemuth e poi passò di mano in mano fino agli attuali proprietari, la famiglia Zanghi. Attorno al 1900, Hermann von Zastrow lo fece ricostruire nello stile del romanticismo, alzando la torre e completando le merlature. Nel secondo dopoguerra fu il domicilio del pianista Arturo Benedetti Michelangeli (1920 - 1995), che vi tenne anche dei corsi di perfezionamento. Il suo pianoforte si può ammirare all'interno della rocca che fa da cornice ai corsi di perfezionamento dell'Accademia Pianistica di Appiano. Oggi l'edificio è diventato un hotel e non è quindi liberamente visitabile (https://www.schlosspaschbach.it/it, dove trovare info, foto e video). Con le sue mura di cinta con merli e le imposte bianco-rosse, questo storico edificio sembra un gioiello nel paesaggio e dá agli ospiti una sensazione di solennità.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castel_Paschbach, https://www.weinstrasse.com/it/cultura-e-territorio/castelli/castel-paschbach/

Foto: la prima è presa da https://www.schlosspaschbach.it/it/cultura-atmosfera, la seconda è presa da http://www.visititaly.it/info/952577-castello-paschbach-appiano.aspx

venerdì 18 settembre 2020

Il castello di venerdì 18 settembre



ALTO (CN) - Castello dei Conti Cepollini

Fece parte dei possedimenti di Bonifacio del Vasto, quindi, dopo lo smembramento di questi, pervenne ai Marchesi di Clavesana (già signori di Albenga) che il 25 luglio 1320 lo infeudarono ai conti Cepollini. Questi, nonostante numerose vicissitudini, ne sono rimasti tuttora in possesso. È da segnalare il fatto che Caprauna seguì sempre le sorti di Alto in quanto parte dello stesso feudo. Nel 1736, in seguito al trattato di Vienna, il feudo passò ai Savoia e divenne così piemontese. Durante la seconda guerra mondiale Alto è stata teatro di numerosi episodi di resistenza partigiana, tra cui la battaglia in cui trovò la morte Felice Cascione, il medico autore del popolare motivo "Fischia il vento". Il castello, costruito probabilmente su un'antica fortificazione nel 1320 dalla famiglia Cepollini investita del feudo dai Marchesi Del Carretto di Clavesana, è collocato in uno strategico punto di transito dell'importante via di comunicazione fra Albenga e la Valle Tanaro. Durante l’invasione francese del 1796 il Castello fu saccheggiato e in parte distrutto, restando in queste condizioni fino al XIX secolo, quando venne riadattato con l’abbattimento delle parti più alte dei due torrioni e la copertura a falde. Oggi, con il cadere dell’intonaco esterno, emergono i merli ghibellini sotto il cornicione del tetto. L'imponente costruzione, elegante e raffinata, con le sue linee essenziali e il corpo ingentilito da due torrioni circolari, è oggi uno dei manieri meglio conservati del territorio. La facciata sulla verdissima Val Pennavaire si caratterizza per una loggia panoramica del XV secolo (che offre un'ampia vista che spazia sino al Mar Ligure), testimonianza di una funzione di sola residenza, così come le ampie finestre e il terrazzo. Le cause dell’ampliamento sono probabilmente dovute al fatto che nel 1500, venendo meno il ruolo di fortezza che aveva avuto nei secoli precedenti, assunse la sola funzione di castello-residenza. A testimonianza dei due diversi utilizzi sono le strette feritoie sulle facciate nord-est e sulle torri, necessarie in funzione difensiva, e le ampie finestre, il terrazzo e specialmente la loggia, chiari segni di un’epoca più serena. Inserito nel circuito dei "Castelli Aperti" del Basso Piemonte, è visitabile nel periodo estivo.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Alto_(Italia), http://www.galmongioie.it/castelli-e-torri/visitare/castello-dei-conti-cepollini-di-alto-e-caprauna-alto-alto, https://www.piemonteexpo.it/expo/8698/castello-dei-conti-cepollini-di-alto-e-caprauna-cn/, https://www.beniculturali.it/luogo/castello-dei-conti-cepollini-di-alto-e-caprauna

Foto: la prima è presa da https://www.comune.alto.cn.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-dei-cepollini-17693-1-339d48b85f348339b3007cc601795fda, la seconda è di nomen omen su https://www.flickr.com/photos/25938067@N04/4711388950/

giovedì 17 settembre 2020

Il castello di giovedì 17 settembre


PACECO (TP) - Torre Nubia

La torre di avvistamento fu costruita nel secolo XVI e ristrutturata nel 1585 dall’architetto Camillo Camilliani che la inserì nel sistema difensivo della costa siciliana, voluto dal governo spagnolo, integrando in parte torri preesistenti. Il suo nome deriva dal luogo che la ospita, anche se questa veniva denominata con l’appellativo di torre Castro, in onore di Francesco Lemas, conte di Castro, viceré dal 1616 al 1622. In caso di pericolo i torrari dovevano suonare la brogna (conchiglia) e con fumo e fuochi, dalla terrazza eseguire segnali (fani) per avvisare le altre torri e gli abitanti dell’entroterra del pericolo imminente. Ancora oggi gli anziani siciliani ricordano il grido d’aiuto: Mamma, li turchi, con i quali si identificavano barbari e pirati. Il panorama spazia dalla torre della Colombaia di Trapani, a Nord, alla torre di Marausa, verso Sud. All’orizzonte si notano le silhouette delle tre Isole Egadi: Favignana, Levanzo e Marettimo. Fu una torre di Deputazione, scrive Camilliani nel 1584 “alla punta di Nubbia si trova una torre incomplita con una loggia adattata all’uso di tonnara”. Si tratta di una torre di tipo camilliano a base quadrata che nei secoli ha subito dei rimaneggiamenti per la trasformazione in abitazione. Probabilmente durante la II guerra mondiale, infatti, su di essa è stato realizzato in ulteriore piano. Il lato est è stato accresciuto per l’alloggio del bagno, in terrazza è sorto un torrino, mentre l’accesso è stato arricchito di una scalinata esterna in muratura. Attualmente l’altezza complessiva della costruzione è di m. 14,65 mentre quella originaria era di m 10,85. Con il recente restauro da parte della Soprintendenza alle Belle Arti di Trapani la torre di Nubia ha riacquistato il suo aspetto originario. Oggi la torre si presenta su tre livelli: al piano terra è sistemata la cisterna; il primo ed il secondo piano, costituiti da un unico ambiente, presentano delle aperture. In particolare nel soffitto del secondo piano si apre una botola che, tramite una scala metallica estensibile, conduce alla terrazza. Link suggerito: https://www.youtube.com/watch?v=IVOhXRnECLM (video di Valderice Web).

Fonti: http://www.turismo.trapani.it/it/1427/torre-di-nubia.html, http://www.salinenatura.it/?page_id=37, http://www.distrettosiciliaoccidentale.it/fr/node/20143, https://trapaniedintorni.altervista.org/torre-di-nubiatra-gli-specchi-delle-saline/?doing_wp_cron=1600368513.1605908870697021484375

Foto: la prima è presa da http://www.turismo.trapani.it/it/1427/torre-di-nubia.html, la seconda è di ferdonio su https://mapio.net/pic/p-23709280/

mercoledì 16 settembre 2020

Il castello di mercoledì 16 settembre




POPPI (AR) - Castello in frazione Castelluccio di Riosecco

La fortificazione è ricordata per la prima volta nel 1124, in una donazione fatta dai monaci di S. Fedele di Strumi, riguardo alcune terre poste in “Riosicco castro et in pendice”. Da circa mille anni di storia, dallo sperone roccioso di rimpetto e sulla destra dell’Arno, la torre sorveglia la valle. In totale al suo intorno, dalla terrazza sul tetto, si possono vedere: sette ettari di bosco puntellato da cipressi, il giardino terrazzato a vari livelli, uno specchio d’acqua di sorgente fresca e rivitalizzante, che scaturisce dalla roccia e che serve da piscina. Il restauro della torre è stato mirato a preservare l’edificio e al tempo stesso adeguarlo ad un uso residenziale compatibile col carattere dell’edificio medievale e quindi proteggere i suoi resti come ci sono pervenuti per le generazioni future. I criteri per la ricostruzione sono basati sull’idea di ricreare un nuovo volume all’interno del volume antico ossia un po’ arretrato, in modo da renderlo riconoscibile ripercorrendo fedelmente il perimetro del paramento murario originario. In contrasto con la severità delle strutture portanti in blocchi di pietra lasciate a vista, si è pensato di suddividere gli spazi interni con strutture leggere tessili, così mantenendo inalterate le proporzioni dell’ambiente originario. La rocca e la fortezza di Riosecco, possesso dei conti Guidi di Battifolle, dopo la sconfitta di Anghiari e la caduta del castello di Poppi, si sottomisero a Firenze nel 1440. Il governo della comunità era affidato a due priori o consiglieri, uno di Riosecco e uno di Lucciano, vi erano poi un campaio per entrambi i comunelli. oggi l'edificio è privato e non visitabile. 

Fonti: http://www.casentino.it/it/soggiorna/struttura/132.html, https://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=30808

Foto: la prima è presa da http://www.casentino.it/it/soggiorna/struttura/132.html, mentre la seconda è del mio amico, e "inviato speciale" del blog, Claudio Vagaggini, scattata di recente

martedì 15 settembre 2020

Il castello di martedì 15 settembre

 


CAZZANO SANT'ANDREA (BG) - Torre medievale

Cazzano deve questo nome agli antichi nobili Cazzani, i quali avendo donato un lascito al paese ebbero tale onore. Il paese è citato lo si trova con il nome di Borgo Sant’Andrea nell’Atto di Emancipazione del Comune di Gandino del 6 luglio 1233. Cazzano, così come le terre vicine, subì devastazioni e scorribande dovute alle vicissitudini conseguenti alle lotte tra guelfi e ghibellini. Dopo il 1435, anno in cui i paesi della Valle si strinsero in Confederazione, Cazzano si staccò da Barzizza e nel 1459 il borgo si costituì in parrocchia. Il suo edificio più importante, sia a livello architettonico che storico, è senza dubbio la torre medievale. Presente anche sullo stemma comunale, venne edificata nel XIII secolo quando, durante le lotte di fazione tra guelfi e ghibellini, la famiglia dei Cazzani decise di dotare la propria abitazione di un baluardo difensivo. Posta nella parte Sud del paese, la torre permette una vista che domina su gran parte della val Gandino, spaziando fino castello dell'Agro di Casnigo, da cui era poi possibile controllare la zona che arrivava fino al castello di Cene. Questa situazione faceva sì che le fortezze fossero visivamente collegate tra loro, garantendo così un'ampia rete difensiva. Questa ipotesi è suffragata dal fatto che un tempo la torre possedeva camminamenti utilizzati dai militari come vedetta. Attualmente è di proprietà comunale e sede municipale, tanto che nella torre e nella porzione Ovest sono collocati uffici comunali, mentre l'ala Est è adibita ad uso agricolo. Alta 15 metri, presenta differenti tipi di muratura, indice del fatto che fu costruita e rimaneggiata in epoche differenti. Alla struttura principale, la più antica, nel XIV secolo fu affiancato un corpo utilizzato a fini abitativi, con l'aggiunta di un secondo nucleo (l'attuale cascina Dosso), realizzato tra il XV ed il XVI secolo, che diede alla struttura la configurazione definitiva, simile ad un palazzo fortificato. La tradizione narra che attorno ad essa vi fossero molti cunicoli sotterranei, il principale dei quali avrebbe dovuto condurre all'edificio denominato come casa Greppi, situata a fianco della parrocchiale ed un tempo probabilmente adibito a prigione. Ristrutturato in modo significativo nel corso del XVIII secolo, fu abitato dal casato dei Greppi che ebbe poi in Antonio Greppi il suo più illustre rappresentante, divenendo uno dei banchieri più affermati nella Milano asburgica. Altri link suggeriti:https://www.youtube.com/watch?v=CoToWFN8NUI&feature=emb_logo (video di PiccolaGrandeItalia.it), https://www.youtube.com/watch?time_continue=11&v=Jlto0w7aoDQ&feature=emb_logo (altro video di bergamo valseriana news)

Fonti: https://www.lecinqueterredellavalgandino.it/territorio/cazzano-s-andrea/, https://it.wikipedia.org/wiki/Cazzano_Sant%27Andrea,

Foto: entrambe di Ago76 su https://it.wikipedia.org/wiki/Cazzano_Sant%27Andrea#/media/File:CazzanoSA_torre.jpg e su https://it.wikipedia.org/wiki/Cazzano_Sant%27Andrea#/media/File:Cazzano_SAndrea_Torre_03.JPG

lunedì 14 settembre 2020

Il castello di lunedì 14 settembre



DIAMANTE (CS) - Castello in frazione Cirella

Conosciuta e frequentata dai Greci e poi dai Romani, Cirella conserva i resti della città di origine medioevale, il cui antico borgo fu distrutto dalla flotta napoleonica nel 1806. Le rovine del borgo medievale si stagliano sulla sommità di un promontorio che domina il mare e l’antistante Isola di Cirella, al centro della quale si conserva una torre di avvistamento posta a guardia delle incursioni saracene. Abbandonati all’incuria del tempo, interi colonnati di templi greci e romani sono stati completamente depredati e tanti affreschi cancellati dall’intemperie. Uno dei frammenti superstiti raffigura “La Madonna degli Angeli”, eseguita da un anonimo nel tardo Cinquecento e staccato alla fine degli anni settanta dall’ormai cadente muro per essere pazientemente restaurato a cura della Soprintendenza ed oggi esposto nella chiesa parrocchiale. Si possono ammirare ancora i resti del castello costruito dal principe Carafa nel XVIII secolo. Vi si accedeva un tempo attraverso una imponente torre d'ingresso, di forma quadrangolare, sul cui fronte è ancora visibile una apertura ad arco. La torre si innalzava su due livelli: il primo era coperto da una vistosa volta a botte, il piano superiore era invece merlato. Lateralmente ad essa si innalzava un'altra torre, oggi definita "rettangolare". All'interno di essa sono conservati i resti di diversi piani. Un livello sotterraneo doveva ospitare una cisterna o un magazzino, fatto deducibile dagli ampi fori che sorreggevano il solaio in legno. Il primo piano era, invece, a carattere residenziale e s'intravedono ancora le volte a crociera che lo ricoprivano un tempo. Il secondo livello doveva essere anch'esso merlato. Sul lato nord-est del castello è situata la "torre cilindrica". La costruzione, che doveva presentare almeno due livelli, è probabile che in età medievale ospitò una piccola cappella di culto. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=qG2D-dXYcTg (video con drone di ttproductiontv), https://www.calabriaportal.com/cirella/2866-cirella-ruderi.html (foto e video), http://www.visitcalabria.it/2020/06/i-ruderi-di-cirella-i-segni-della.html

Fonti: http://www.turiscalabria.it/website/?lang=it&categoria=/dove-andare/grotte-isole/&view_type=s&id=113&title=il-fascino-antico-dei-ruderi-di-cirella.html, https://www.comune-diamante.it/vivere-a-diamante/turismo/cosa-vedere-a-diamante/i-ruderi-di-cirella/, testo su https://www.indaginiemisteri.it/2017/06/10/il-borgo-abbandonato-di-cirella-vecchia/

Foto: la prima è presa da http://www.paesifantasma.it/Paesi/cirella.html, la seconda è presa da https://www.archeomedia.net/chiara-madalese-i-ruderi-di-cirella-in-calabria/

sabato 12 settembre 2020

Il castello di domenica 13 settembre




SAN LEO (RN) - Fortezza

Il possente masso calcareo di San Leo, trasportato nel Miocene dal Tirreno verso l´Adriatico, con le pareti perimetrali scoscese e perpendicolari al suolo, costituisce di per sé una fortezza naturale. I Romani, consapevoli di tale straordinaria attitudine, costruirono una prima fortificazione sul culmine del monte. Durante il Medioevo, la fortezza venne aspramente contesa da Bizantini, Goti, Franchi e Longobardi. Berengario II, ultimo re del regno longobardo d’Italia, venne qui stretto d’assedio da Ottone I di Sassonia, tra il 961 e il 963. In questo periodo la fortezza assunse il ruolo di Capitale d'Italia. Intorno alla metà del XI secolo, da Carpegna scesero a San Leo – allora chiamata Montefeltro – i conti di Montecopiolo; da questo importantissimo feudo, essi trassero il nome e il titolo di conti di Montefeltro. Nella seconda metà del Trecento, la fortezza venne espugnata dai Malatesta che si alternarono nel suo dominio ai Montefeltro sino alla metà del secolo successivo. Nel 1441, il giovanissimo Federico da Montefeltro fu protagonista di un’ardita scalata della Rocca. Nel frattempo, l’arte della guerra aveva conosciuto determinanti innovazioni e la fortezza con la sua struttura medioevale, composta di semplici torri quadrangolari scarpate, disposte a recinto del mastio centrale, non era più in grado di sostenere l’avvento delle armi da fuoco. Federico affidò al grande architetto e ingegnere senese Francesco di Giorgio Martini il compito di ridisegnare il mastio medievale, difeso dalle quadrangolari torri malatestiane e approntare la rocca alle nuove esigenze di guerra. La nuova forma, che ridisegnò completamente l’architettura del forte, prevedeva una risposta al fuoco secondo i canoni di una controffensiva dinamica che potesse garantire direzioni di tiri incrociati. Per questo motivo i lati della rocca erano dotati di artiglieria e le vie d’accesso, defilate dalla traiettoria del fuoco nemico, erano protette da avamposti militari. Egli escogitò la doppia cortina tesa in punta fra torrioni circolari forgiati di beccatelli, la munì del grande rivellino rivolto a sud, al di sotto del quale pose una caratteristica casamatta. La fortezza veniva a costituire così il culmine di un sistema guerresco che si estendeva a tutto il masso. Il forte di San Leo assunse così un emblematico significato tanto che il Bembo ebbe a definirle ‘’fortissimo propugnacolo e mirabile arnese di guerra’’, ammirevole punto d’incontro tra natura e arte. Nel 1502, Cesare Borgia, detto il Valentino, sostenuto da Papa Alessandro VI, riuscì ad impadronirsi della fortezza. Tuttavia, alla morte del Papa (1503), Guidobaldo da Montefeltro ritornò in possesso dei suoi domini sino al 1516, quando le truppe fiorentine capitolate da Antonio Ricasoli, spalleggiate alla corte papale da Leone X de’ Medici, penetrarono nella città e fecero capitolare la fortezza. I Della Rovere ripresero San Leo nel 1527 e la tennero sino alla devoluzione del Ducato di Urbino al dominio diretto dello Stato Pontificio nel 1631. Da quell'anno la Fortezza venne adattata a carcere, le cui anguste celle vennero ricavate dagli originari alloggi militari. Nel 1788, essendo le carceri della Fortezza di San Leo per la loro forma e situazione molto insalubri e minacciando uno di quei Baluardi imminente ruina, Giuseppe Valadier, nominato da Pio VII architetto dello Stato della Chiesa, fu incaricato di apportare all’intera struttura le necessarie migliorie. Qui vennero imprigionati patrioti risorgimentali, dei quali il più celebre fu Felice Orsini, oltre che liberi pensatori. Dal 1791, fino alla morte avvenuta il 26 Agosto 1795, vi fu rinchiuso il palermitano Giuseppe Balsamo, noto come Alessandro conte di Cagliostro, uno dei più enigmatici ed affascinanti avventurieri dell’età dei Lumi, condannato per eresia dalla Santa Inquisizione (ancora oggi all'interno del forte è possibile vedere il Pozzetto, la cella dove egli fu imprigionato). Anche dopo l’Unità d’Italia, la fortezza continuò ad assolvere la sua funzione di carcere, fino al 1906. In seguito, per otto anni, ospitò una ‘’compagnia di disciplina’’ fino al 1914. Oggi la Rocca, ripulita dalle sovrastrutture ottocentesche che ne alteravano le eleganti linee rinascimentali, è tornata al suo splendore architettonico che ne fa una delle più celebrate testimonianze di arte militare, in una cornice di storia e di arte tra le più belle d’Italia. Dal dicembre 2014 il Ministero per i beni e le attività culturali lo gestisce tramite il Polo museale dell'Emilia-Romagna, nel dicembre 2019 divenuto Direzione regionale Musei. Attualmente gli ambienti della fortezza ospitano un museo d'armi (nel torrione maggiore, accessibile dall'ampia piazza d'Armi sono custoditi cannoni, alabarde, balestre e armature) e una pinacoteca.Nella rocca sono presenti due parti abbastanza distinte: il mastio, che con i suoi torricini quadrati e l'ingresso gotico è la parte più antica e l'ala residenziale, i torrioni rotondi e il muraglione a carena con beccatelli che li collega, di fattura più recente. I due torrioni, il muro di cinta e il mastio delimitano inoltre la cosiddetta piazza d'armi. Altri link consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=4g_srgspfRk (video con riprese aeree di houseofglam.it), http://www.fortezze.it/sanleo/index.html, https://www.appenninoromagnolo.it/castelli/sanleo.asp, https://www.youtube.com/watch?v=ua7Xhvrn9Lc (video di Francesco Premoli), https://www.youtube.com/watch?v=jjgY2jguUMs (video con drone di Officina Video srl), http://www.progettoserp.com/indagini-sopralluoghi/sopralluoghi/fortezza-di-san-leo-cagliostro-rimini/

Fonti: https://www.san-leo.it/monumenti-musei/centro-storico/il-forte-rinascimentale.html, http://www.comune.san-leo.rn.it/index.php?id=7671&L=2%2525252525252525252525252525252525252525252Findex, https://it.wikipedia.org/wiki/Forte_di_San_Leo, http://www.atlantide.net/amaparco/fortezzasanleo/, https://www.polomusealeemiliaromagna.beniculturali.it/musei/fortezza-di-san-leo

Foto: la prima è presa da http://www.progettoserp.com/indagini-sopralluoghi/sopralluoghi/fortezza-di-san-leo-cagliostro-rimini/, mentre la seconda è una cartolina della mia collezione. Infine, la terza, è presa da https://www.pinterest.it/pin/388787380330673595/

Il castello di sabato 12 settembre



ACCADIA (FG) - Castello

Durante l'occupazione normanna dell'Italia Meridionale, l'organizzazione sociale di Accadia era molto semplice e le dimensioni dell'abitato modeste. Fu feudo dei Conti Normanni di Loretello, poi degli angioini Adam de Bruyers e dei De Scotto, della regina Sancia e in seguito dei De Balzo–Orsini. La cittadina fu danneggiata dal terremoto del 1456 ed entrò nella leggenda durante la guerra che nel 1462 oppose Angioini e Aragonesi per la successione al Regno di Napoli. La fiera cittadina oppose una eroica resistenza alle truppe di Ferrante d’Aragona per ben 19 giorni (21 luglio – 9 agosto)prima di essere incendiata. Alla fine capitolò e il Re Ferrante ne eternò il valore nei due ultimi pannelli della porta bronzea del Maschio Angioino di Napoli, tramandando insieme due magnifiche vedute quattrocentesche di quella che egli soprannomina “URBS FORTIS”. L’atto di rinascita della cittadina venne stilato nel 1488 quando ne diventò feudatario Federico D’Aragona che ricolmò di benefici il feudo incamerato. Dal 1496, però, iniziò una girandola di feudatari e di famiglie (Brancaccio, De Stefano, Lantaro-Caracciolo) finchè nel 1675 non sopraggiunsero i Recco e ottennero per il nuovo feudo il titolo Ducale. Il Feudo passò poi ai Dentice, ultimi feudatari di Accadia. Il binomio Dentice-Accadia sopravvisse alla soppressione della feudalità (1806,sotto Giuseppe Bonaparte) e alla caduta del Regno delle Due Sicilie. Ultimo duca borbonico fu Fabrizio III(1802-1878). Nel 1861 il paese fu riaggregato all’Irpinia, da cui era passato alla Capitanata nel 1811, per poi passare definitivamente alla provincia di Foggia il 1° febbraio 1928. Solo osservando le architetture che compongono Accadia ci si rende conto di quanti secoli di storia hanno influenzato questi luoghi. Tra gli affascinanti palazzi storici e i ricordi di architetture e strutture ormai cancellate dal tempo e dai frequenti terremoti che hanno afflitto la zona, spiccano le rovine dell’antico castello, sorto nel periodo di fortificazione dell’antico borgo medioevale. Nonostante le poche tracce del castello conservate nei secoli, per lo più inglobate nelle successive abitazioni del rione Fossi, oggi abbandonato, sono sicuramente una tappa suggestiva se si vuole scoprire i tesori storici e culturali di Accadia

Fonti: https://www.comune.accadia.fg.it/index.php/informazioni-e-numeri-utili-4, https://www.mondimedievali.net/Castelli/Puglia/foggia/provincia000.htm#accadia, https://it.wikipedia.org/wiki/Accadia

Foto: la prima è presa da https://www.weekendpremium.it/accadia/, la seconda è presa da https://www.turismo.it/segreti-italia/articolo/art/puglia-il-paese-abbandonato-del-rione-fossi-id-18980/