CARISIO (VC) – Castello Avogadro
L'origine romana del paese, che sorge nella pianura a destra del torrente Elvo, è comprovata dall'etimologia del nome, che deriva da Carisius, nome gentilizio romano, e anche dal rinvenimento d'una tomba di epoca romana. Nel Medioevo fece parte del comitato di Vercelli e il feudo appartenne ai de Carisio. All'inizio dell'XI secolo Roberto di Carisio subì la confisca dei beni da parte dell'imperatore Enrico II per aver parteggiato per re Arduino d'Ivrea; nel 1014, poi, l'imperatore assegnò questi beni alla chiesa di Vercelli e il vescovo infeudò il Castello ai Soleri (o Solaro), che poi mantennero il feudo coi Ratari e gli Avogadro. Questi ultimi controllarono Carisio dal 1126 alla metà del XV secolo. Il castello, così come tutti i possedimenti degli Avogadro, fu strategicamente importante nell'ambito delle guerre che, tra il XII e il XIV secolo, opposero guelfi e ghibellini. Dopo il 1373 i signori di Carisio si sottomisero al conte di Savoia e il luogo entrò a fare parte del capitanato di Santhià. La porta, visibile oggi insieme ad una parte di cortina, è quanto rimane della ricostruzione del castello dopo l'occupazione e la distruzione ad opera delle milizie viscontee di Facino Cane, tra il 1399 e il 1402, anno in cui il maniero venne restituito ad Amedeo VIII di Savoia e reso agli Avogadro con una nuova infeudazione. Parti del fortilizio stesso passarono nel 1459 a Gottardo dei signori di Buronzo, nel 1518 a Francesco e Bartolomeo Tomatis e nel 1567 a Filippino Gillio. I Gillio nel 1614 vendettero la loro parte a Gerolamo Langosco. Nel 1628 il duca di Savoia Carlo Emanuele I diede il luogo al figlio Tommaso, principe di Carignano, che nel 1630 lo vendette ai fratelli Alberto e Giuseppe Caresana, signori di Nebbione, con il titolo comitale. I Caresana di Carisio mantennero il feudo fino alla fine del Settecento. La porta d'ingresso mostra ancora le aperture della porta carraia e della porta pusterla, un tempo servite da ponti levatoi. A fianco, in direzione nord ovest, si sviluppa ancora una parte delle poderose cortine, che costituirono la cinta esterna del castello. Il complesso fortificato di Carisio, fra i piú interessanti del Vercellese, non è stato adeguatamente studiato e valorizzato. Il castello, situato sull'altura, non ha lasciato se non qualche tratto di muro in ciottoloni e la zona si presenta quindi come area di interesse archeologico. La parte bassa con le cortine esterne e i resti del ricetto, sicuramente affiancatosi alla rocca in epoca tarda, conserva parecchi elementi di interesse architettonico oltre alla torre-porta. L'insieme meriterebbe molta piú attenzione e qualche intervento di restauro. Dovrebbe essere stato murato un tesoro raffigurante una chioccia d’oro con 12 pulcini. Ma, nonostante molti smuramenti non è mai stato trovato nulla. Si ipotizza che il gioiello sia nascosto nei sotterranei del castello. Per quanto riguarda i sotterranei, un probabile tunnel lo metterebbe in contatto con il castello di Vettignè. Data la vicinanza con Nebbione si può ipotizzare anche l'esistenza di un passaggio tra Carisio e Nebbione stesso.
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