sabato 10 gennaio 2009

Risposta di Corrado Augias su Repubblica

Sfogliando il giornale "la Repubblica" di venerdì 9 gennaio ho trovato questa lettera che, insieme alla relativa risposta di Corrado Augias, mi ha estremamente interessato e che voglio condividere sul mio blog:

Caro Augias, al di là di qualche protesta da parte degli studenti nei mesi scorsi e di qualche categoria minacciata nel posto di lavoro, mi pare che nel paese si respiri un' aria di profonda rassegnazione e impotenza. Spesso mi sono sentita chiedere (e ho chiesto a me stessa) perché ancora insisto a guardare certi dibattiti televisivi e programmi sulla realtà socio-politica italiana, perché vado a firmare per i referendum, perché vado a cercare anche le notizie non sempre riportate dai giornali... tanto le denunce delle ingiustizie non hanno mai conseguenze e nulla può davvero cambiare in un paese largamente fondato sull' illegalità. Sdegnarsi, arrabbiarsi, serve solo a rovinarsi la vita. Risponda alle mie domande: perché continuare a informarsi? Perché sdegnarsi di fronte alle ingiustizie? Come si può non passare dallo sdegno e dall' autocommiserazione ad una reazione che serva a qualche cosa? Davvero non è pensabile una lotta diversa da quella contro i mulini a vento? Che può fare la gente comune per cambiare lo stato così insoddisfacente delle cose?

Domande difficili. A ben guardare però si vede che, a parte la crisi economica nata negli Stati Uniti, le questioni sono per lo più riconducibili al fatto che la politica in Italia non funziona più. La politica è come il colesterolo: c' è quella che fa bene e quella che fa male. Noi abbiamo troppa politica che fa male mentre scarseggia la politica buona, quella che serve a far andare le cose nel modo migliore possibile. Il motivo di fondo è che i partiti politici, che non dovrebbero avere ruolo istituzionale, hanno al contrario occupato lo Stato ereditando, a destra e a sinistra, l' aspetto peggiore che aveva caratterizzato il lungo prevalere della Democrazia Cristiana. Partiti nelle Asl e nelle università, nella Rai e nella magistratura, negli istituti locali e negli enti di previdenza, nelle aziende pubbliche e nelle banche. Enrico Berlinguer lo aveva denunciato già nel 1981, undici anni prima che scoppiasse Tangentopoli. Una diffusione così vasta del partitismo è di per sé veicolo di corruzione. I partiti vogliono essere compensati per i benefici che possono elargire, tendono a trasformare il rapporto di cittadinanza in clientela, i diritti in favori. Niente è più lontano dalla funzione benefica che i partiti politici svolgono quando si limitano ad esercitare correttamente il loro ufficio. In Italia i partiti sono stati i tendini che hanno contribuito a tenere unito il paese, a formare dirigenti, ad elevare il tenore culturale delle discussioni. Oggi non è più così. Quale più quale meno sono tutti in qualche modo responsabili dell' inquinamento ed è rimasto solo il presidente della Repubblica a ricordarci con leale realismo lo stato di fatto. Proprio per questo bisogna continuare a sdegnarsi, a reagire, a firmare per ciò che riteniamo utile al paese, a prendere parte, a ribattere. In una parola a resistere. Servirà? Non lo so, non bisogna chiederselo, ci sono cose che vanno fatte e basta. -
CORRADO AUGIAS c.augias@repubblica.it

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