giovedì 10 ottobre 2013

Il castello di giovedì 10 ottobre






CAMPOLI APPENNINO (FR) – Torre

Benché non si abbiano notizie precise circa la fondazione di Campoli, è chiara la sua origine medievale, le cui tracce sono ravvisabili nella maestosa torre, nei resti della cinta muraria, in alcune torrette di avvistamento e nei caratteristici spazi o piazze del centro storico. Lo storico atinate Tauleri fa risalire i natali di Campoli al 293 a.C. i consoli Lucio Papirio Cursore il giovane (figlio dell’eroe della seconda guerra sannitica) e Spurio Carvilio Massimo distrussero con i loro potenti eserciti Atina, Cominium ed Aquilonia. Dalla depopolazione di dette città ebbe inizio la fondazione di Campoli e di altri comuni. Un’altra versione sull’origine di Campoli è data dal canonico don Andrea Di Pietro, il quale la fa risalire a Plestinia, città dei Marsi-Atinati, più volte citata da Livio e distrutta dai Romani nel 291 a.C. Invece in un documento pubblicato nella rivista Il Regno delle due Sicilie nell’anno 1856 (trascritto da originale esistente nell’Abbazia di Montecassino) si dice che Campoli deve la sua origine a Gandolfo, conte di Sora e di Aquino, il quale rialzò dalle rovine il paese distrutto dai Longobardi che nel VII secolo infestavano tutta la provincia di Terra e Lavoro e devastavano molti luoghi tra i quali anche Campoli e, nell’anno 843, dai Saraceni. Nel secolo IX l’esistenza di Campoli è attestata nella Vita di S. Restituta del vescovo di Terracina Gregorio e nelle Memorie di Sora del padre Domenico Tuzzi. Nella cronaca della celebre Abbazia cistercense di Fossanova si narra che verso il 1150, a causa della rivalità fra Guglielmo di Sicilia ed il papa, presumibilmente Anastasio IV o Adriano IV, Campoli fu incendiato da Andrea Conte di Ceccano. Questi, esiliato dal re, volle vendicarsi invadendo lo stato di Comino. Alcuni paesi furono saccheggiati ed altri, tra i quali Campoli, distrutti. Nell’archivio di Montecassino risulta infatti che Campoli fu ricostruito tra il 1160 ed il 1180 dal duca Landolfo. Fino alla metà del XIII secolo si avvicendarono in Campoli i Landolfi ed i Pandolfi, nobili di origine longobarda che detenevano le contee di Aquino e di Capua. Da menzionare il feudatario Landolfo II il quale fu il padre del celebre San Tommaso d’Aquino, quest’ultimo conosciuto con gli appellativi di dottore angelico ed Aquila dei teologi. Dal 1325 al 1340 una parte di Campoli era in possesso di Bernardo conte di Loreto e del nipote Adenolfo; morto questi la metà del feudo fu ceduta alla regina Giovanna I d’Angiò. Questa ne fece dono, insieme agli altri feudi lasciati dal detto Adinolfo a Tommaso di Ceccano, fratello del cardinale arcivescovo di Muscolo e legato apostolico. L’altra metà di Campoli rimase ad Berardo di Aquino, conte di Loreto. Dopo tale epoca non è stato possibile precisare i feudatari successivi. Notizie frammentarie si possono rintracciare nelle vicende del ducato di Alvito. Agli inizi del secolo XIV Cristoforo d’Aquino riunì sotto una stessa bandiera i feudi di Campoli, Alvito, S. Donato e Settefrati. Nel 1313, i beni che Carlo I aveva tolti nel 1273 a Tommaso conte d’Aquino, vennero dati, da Carlo II ad Eustasio de Faylle, e da questi a Goffredo de Jonville. Nel 1319, il paese tornò ai d’Aquino. I Cantelmo, nel 1382, riuscirono a spodestare i d’Aquino e da allora tutto il territorio seguì le sorti della signoria dei Gallio, Duchi di Alvito, i quali tennero il paese fino al 1806, anno dell’abolizione dei feudi. Nella parte più alta del paese, a quota 650 slm, si eleva la bellissima torre di Campoli. Costruita su una preesistente base quadrata del IX secolo dal feudatario Landolfo d’Aquino, anticamente di proprietà della nobile famiglia dei Clary, da loro restaurata ed abbellita, fu loro donata dal duca Cantelmo di Alvito. Usata come rocca difensiva, simbolo di potere e punto di osservazione, in origine la torre era collegata al palazzo ducale tramite un passaggio sopraelevato; oggi il monumento appare imponente ma isolato dalle altre costruzioni. La torre, alta circa 25 metri, presenta una muratura a bugnato in pietra locale, con evidenti differenze dovute ai vari interventi di restauro eseguiti nel corso dei secoli. Un tempo doveva esservi una piccola cappella e sulla sommità la terrazza. La base è troncoconica e misura mt. 12 di lato; le pareti sono di spessore molto considerevole e, nella parete est, vi è una scala a chiocciola, che giunge fino a tre quarti circa dell’altezza della torre. La parte superiore si raggiungeva presumibilmente con una scala in legno, di cui non restano tracce. Nel primo piano a sinistra si trova la prigione ed il trabocchetto, mentre le stanze superiori hanno tutte un soffitto in legno, non originale. Di particolare pregio le orlature del paramento murario sovrastante; non esistono più tracce della merlatura. Sulle pareti della costruzione si possono osservare le feritoie dalle quali un tempo si potevano lanciare dall’interno frecce, olio bollente o pietre, contro eventuali nemici. Esternamente nella parete sud, sovrastante la prima finestra in basso, si vede scolpito nella pietra un leone rampante, simbolo della famiglia Cantelmo. Un simile leone si osserva pure nella chiesa parrocchiale, entrando a destra nell’antica Cappella dei Conflitti. Nel secolo scorso la torre è stata utilizzata come serbatoio dell’acqua. Oggi è diventata un luogo d’interesse culturale, infatti viene aperta al pubblico con visite guidate nel corso di speciali ricorrenze. Negli ultimi anni l’edificio è stato restaurato ed è stata posizionata sulla sua sommità una copertura in legno e rame, una sorta di “cappello”, applicata per diverse motivazioni, fra le quali spicca la necessità di proteggere la struttura muraria dal dilavamento meteorico responsabile della disgregazione della malta alla calce usata come legante e che potrebbe causare lo sgretolamento delle murature. Una visita virtuale alla torre ? E’ possibile qui ! http://www.campoliappenninotour.it/virtualtour/6/


Foto: di Cultores Artium su Facebook e di AndreaDB su http://www.avventurosamente.it

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