LICOLA DI GIUGLIANO (NA) – Torre Sanseverino
La sua storia ha inizio in epoca romana. Il Castrum serviva
allo stazionamento delle truppe dirette a Miliscola e la torre faceva parte
della serie di edifici analoghi dislocati sul litorale per l'avvistamento dei
Saraceni e per la comunicazione ottica tramite segnali di fumo. Appartenne poi
al Duca Di Benevento, Gisulfo II, che nel 750 lo donò ai Monaci Benedettini di
Cassino. Intorno al sec. XII fu annesso al monastero napoletano dei Ss.
Severino e Sossio, che ne affidò l’amministrazione ad un suo delegato. La
grancia funzionò come un’azienda agricola, con personale laico ed
ecclesiastico, fino alla Repubblica Napoletana del 1799. I benedettini furono
strenui sostenitori della repubblica e così, dopo la restaurazione di
Ferdinando IV, ritornato a Napoli dopo la fuga in Sicilia, furono espulsi dal
Regno dopo la confisca dei loro beni. La masseria di Torre San Severino fu
alienata e, in esecuzione dei Reali Dispacci del 18 marzo e del primo maggio
1800, fu concessa all’ufficiale austriaco Giuseppe de Thurn, brigadiere di
marina per la flotta borbonica.
Poi fu assegnata a Don Pasquale Dentice del casale di Mugnano, su indicazione
di tale Andrea Palma, delegato di Ferdinando IV. Affidato poi dal Re al Duca di
San Teodoro, Ambasciatore del Regno delle Due Sicilie alla Corte di Spagna, fu
venduto da questi al banchiere Filippo Micillo, che lo trasformò in una azienda
agricola. Ancora oggi essa rappresenta una delle maggiori realtà produttive
della zona, condotta con passione dal pronipote Enrico. Talvolta Torre San
Severino apre le porte mettendo a disposizione le sue sale a chi sa apprezzarne
la storia e assaporare tutta la magia del luogo. Malgrado i restauri subiti, la
masseria conserva l’impianto originario: varcata la porta carraia con volta a
botte, si accede alla vasta corte, sulla quale prospetta un casamento a tre
piani. Al pianterreno si svolge una successione di archi, in cui si aprono i
locali di servizio. Una scala esterna conduce al primo piano, dove sorgevano le
celle dei monaci, precedute da una terrazza con pergolato. Presso le celle è
visibile l’antico refettorio, lungo più di 50 metri, che fu utilizzato dal re
Ferdinando IV e dalla duchessa di S. Teodoro, Teresa Caracciolo, come sala da
ballo e da ricevimento. Il secondo piano è un’aggiunta posteriore, come si
rileva dall’esame della tessitura muraria sul fronte esterno, nonché dalle
fotografie degli anni ‘30. Alla porta carraia è addossata una modesta cappella
con il campanile a vela. Di fronte al casamento si eleva una torre di epoca
vicereale, con basamento a scarpata e bocche di lupo. Col venir meno delle
esigenze difensive, alla fine del ‘700 la torre fu dotata di due portali
d’accesso e di una copertura a falde con lucernario, non più esistente. Sul
basamento è murata una lapide marmorea, molto rovinata, in cui si legge appena
il nome di Ferdinando IV: è presumibile che la lapide riferisse della confisca
della masseria ad opera del governo borbonico. I due piani superiori della
torre sono crollati per i danni subiti nella seconda guerra mondiale. Infatti
l’esercito alleato vi appiccò le fiamme per bruciare le carogne di animali ivi
raccolte, onde scongiurare il pericolo di epidemia. Ha una pagina Facebook: https://www.facebook.com/pages/Torre-San-Severino/205113606252640
Fonti: http://www.torresanseverino.it/
(sito ufficiale dove si possono vedere diverse foto nella galleria), http://www.iststudiatell.org/rsc/art_8n/agro_giuglianese.htm
Foto: da http://www.torresanseverino.it e da giuseppe-peluso.blogspot.com
Nessun commento:
Posta un commento