martedì 6 marzo 2018

Il castello di martedì 6 marzo




MOLFETTA (BA) - Torre Navarino (o Casale Navarrino)

E' situata al confine dei territori di Bisceglie, Terlizzi e Molfetta (cui appartiene) ed è la più lontana dal centro urbano: 8,5 km, in contrada Macchia di Gadaleta. Il nome Navarino, è di origine incerta poiché quella zona verso Terlizzi viene denominata Masseria di Annamaria, verso Bisceglie di Navario e a Molfetta di Navarino. Il toponimo "Navarino", quasi certamente, ricorda la regione Navarra della Spagna della quale, forse, doveva essere oriundo don Ferrando Briones Yspanus, marito di Costanza Gadaleta, proprietario di un fondo rurale ubicato in questa zona. Il complesso (il cui primo nucleo risale alla metà del XVI secolo), edificato in più fasi dalla famiglia Gadaleta, comprende il casale con cappella, il palmeto e due torri gemelle con recinto e colombaia. Il fabbricato principale, alto 10 metri su due livelli, presenta a piano terra quattro vani, l'accesso ai sotterranei, un focolare e un pozzo. Una scala in pietra conduce al piano superiore, dotato di due grandi focolari, dal quale si accede alle terrazze ai lati della costruzione e al tetto, provvisto di garritte pensili, barbaramente deturpate. Sono addossati su un lato del casale una stalla e un deposito comunicante all'esterno con una grande cisterna e, sul lato opposto, la chiesetta di S.Francesco di Paola del 1763, ormai priva del campaniletto a vela. Di fronte al casale si trova il vecchio palmento a tre archi. Ancora più dietro un fabbricato in pietra con due torri a cupola con pinnacoli, a base quadrata, alte 10 metri e a tre piani, destinate alla vigilanza dell'agro circostante. Le due torri sono collegate da una singolare colombaia. Questo luogo è legato ad un triste episodio: è il 1749, tuoni, lampi e una pioggia scrosciante agitano una notte di novembre. L’abate Gregorio Gadaleta si trova nella sua dimora e sta per andare a dormire quando sente qualcuno bussare alla sua porta. Apre e si ritrova davanti tre uomini, bagnati dalla pioggia, che si presentano come pellegrini in cerca di un alloggio dove poter passare la notte. Gregorio li accoglie nella sua casa con molta tranquillità, ma sarà, questo, un gesto di cui si pentirà amaramente. Nel giro di pochi istanti sente delle mani che lo tengono immobilizzato mentre i presunti viandanti mettono a soqquadro le stanze della dimora arraffando tutto ciò che di prezioso trovano: argenti, oro e denaro. Ancora pochi attimi e l’abate, dopo essere stato liberato, vede fuggire nel buio tre figure. Impaurito, cerca di scorgere nell’oscurità i suoi aggressori dei quali però non c’è più traccia. È chiaro che i tre pellegrini altro non erano che briganti che avevano approfittato della generosità del religioso per derubarlo delle sue ricchezze. Un fatto che Gadaleta non vuole far passare impunito e denuncia il tutto al Re Carlo III di Borbone che prontamente dispone l’arresto e l’uccisione dei colpevoli. Qualche tempo dopo, i tre briganti vengono individuati e catturati. Tutto viene predisposto per l’impiccagione: proprio sul luogo del misfatto si alzano le forche e si scelgono tre alberi di ulivo dove essi verranno appesi. Molti sono giunti dalle città vicine per assistere all’esecuzione che avviene rapidamente. Nel punto dove ancora pendolano i corpi ormai morti dei tre condannati viene posta una lapide con su scritto:

IL 4 LUGLIO 1749 RE CARLO III DI BORBONE FECE IN LOCO ALBERINI, IMPICCARE TRE LADRONI: M. ARCERI, A. CARIATI, C. PITURRO, A TRE ALBERI DI ULIVO.

Giustizia era stata fatta, ma da allora quel posto non sarebbe stato più lo stesso, tanto da meritarsi il nome di Macchia delle Forche. Secoli dopo, un turista in vacanza in Puglia, durante un’escursione tra gli uliveti secolari, si imbatte in una struttura fatiscente, coperta da sterpaglie e in evidente stato di degrado. Una struttura che non nasconde le pareti deturpate da scritte di ogni genere, priva di porte e all’interno della quale vige ovunque un vero e proprio scempio. Nonostante l’aspetto poco accogliente, l’uomo decide di addentrarsi in quella che un tempo era stata una dimora sfarzosa. In una delle sue stanze scorge un caminetto molto particolare e non resiste alla tentazione di scattare una foto. Quello che apparirà in seguito sull’immagine è sconcertante: si nota chiaramente una figura maschile vestita elegantemente. Questo è solo uno dei tanti episodi inspiegabili legati a quel luogo. Altri link suggeriti: https://www.youtube.com/watch?v=6QdBISno-7I (video di TreccaniChannel), https://ru-clip.com/video/XTQIiABcOvk/molfetta-masseria-navarino-tra-storia-e-leggenda.html (video di News24.City), http://www.laltramolfetta.it/content_/news_zoom.asp?id_news=285

Fonti: http://www.rilievo.poliba.it/studenti/aa00/depinto/tnavarino/tnavarino.htm, http://magazine.polis-sa.it/fantasmi-in-puglia-le-presenze-oscure-di-torre-navarino/, https://it.wikipedia.org/wiki/Molfetta#Le_Torri_di_avvistamento

Foto: la prima è presa da http://magazine.polis-sa.it/fantasmi-in-puglia-le-presenze-oscure-di-torre-navarino/, la seconda è presa da http://www.visititaly.it/info/957730-torre-navarino-molfetta.aspx

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