ROMA - Palazzo Savelli (o Monte Savello)
Il toponimo Monte Savello deriva dal rilievo creato dalle rovine di parte del Teatro di Marcello i cui materiali provenienti in particolare dalle strutture della scoena frons, cominciarono ad essere utilizzati sin dalla fine del IV secolo per il restauro del Ponte Cestio e come cava di marmi e di materiali da costruzione a cui vennero ad aggiungersi i detriti alluvionali depositati dal Tevere. Con la successiva fortificazione a partire dal secolo XI forse ad opera dei Pierleoni, prese poi il nome dai Savelli che ne furono i principali proprietari. Almeno a partire dal XII secolo, il monte era noto come monte Faffo o Faffi o Fabiorum, e talvolta Saxo; tale denominazione si ritiene prendesse nome da una non ben identificata famiglia dei Faffi poi Fabi, che per primi avrebbero fortificato il sito sul luogo della originaria cavea del teatro. Questi furono poi identificati, senza ulteriore documentazione, con i Fabi detti di Pescheria, noti però solo dal secolo XV. A questi successero i Pierleoni che, secondo il topografo e archeologo Giuseppe Marchetti Longhi ed altri, vi possedettero sin dal 1086 una fortificazione, eretta da un Pietro di Leone; essi rimasero presenti nell'area sicuramente fino al XV secolo, quando erano proprietari di parte del suolo confinante con la Munitio Montis Fabiorum. Le case dei Pierleoni, che possedevano anche la vicina
Tore sull'Isola Tiberina, in ogni caso occupavano sin dall'XI secolo parte di quel luogo se il 29 luglio del 1099 papa Urbano II moriva presso la chiesa di San Nicola in Carcere ospite di questa famiglia, che probabilmente dette ancora rifugio nel 1105 a papa Pasquale II. La presenza dei Savelli nell'area è attestata nei testamenti di Giacomo Savelli che, prima in veste di cardinale, poi come papa Onorio IV, sul finire del secolo XIII risultava proprietario della Munitio Montis Fabiorum. Solo a partire dalla seconda metà del secolo XIV, dopo essere stato ricostruito da Luca Savelli a seguito del violento terremoto del 1348, il luogo, nel quale sorgeva anche una chiesa dedicata a S. Cecilia, iniziò a prendere il nome di Mons Sabellorum. Il fortilizio medievale, che nel XV secolo doveva apparire irto di torri e chiuso verso il Tevere da un alto muro merlato in mattoni, fu successivamente profondamente modificato dai Savelli, che commissionarono a Baldassarre Peruzzi (secondo Sebastiano Serlio tra 1517 e 1519; altri autori sostengono durante il periodo 1525-1533) il rifacimento del palazzo tuttora esistente sopra le arcate della facciata. L'intervento comportò la demolizione di cospicue parti dell’antico teatro e la ricostruzione del terzo ordine; nella cavea fu installato il giardino. Il palazzo visse il suo massimo splendore con il cardinale Giulio Savelli il quale, a metà del Cinquecento, vi raccolse una ricca collezione di sculture antiche e vi istituì un cenacolo letterario. Nel 1712 alla morte di Giulio Savelli, III principe di Albano ed ultimo di casa Savelli a portare i titoli di Maresciallo di Santa Romana Chiesa, privo di eredi diretti, che già in vita aveva dovuto cedere parte del patrimonio per coprire il proprio ingente indebitamento, il palazzo passò agli Sforza Cesarini, come eredi più prossimi che lo cedettero a loro volta alla Congregazione dei Baroni. Nel 1729 il palazzo fu acquistato, per 29.000 scudi, da Ferdinando Bernualdo Filippo Orsini dei duchi di Gravina che Benedetto XIII, della stessa famiglia, aveva legittimato alla successione al ramo romano degli Orsini di Bracciano, anche nella carica di Principe assistente al Soglio pontificio. I nuovi proprietari trasferirono nella nuova residenza l'archivio di quel ramo, già conservato nel palazzo di Monte Giordano, e provvidero ad intervenire ulteriormente sul complesso, apportando profonde modifiche nelle strutture più antiche ed ampliandone con altri tre corpi di fabbrica il lato nord-ovest, disposti intorno al giardino al quale si accede dalla piazza omonima mediante un cancello posto tra due pilastri sormontati dagli orsi araldici della famiglia. L'edificio rimase di proprietà degli Orsini fino ai primi decenni del XX secolo quando, anche a causa di una istanza di esproprio da parte della Cassa di Risparmio di Roma, iniziata alla fine del secolo XIX, venne ceduto in gran parte a Leone Caetani. Questi, da poco succeduto al padre nel titolo di duca di Sermoneta, vi fissò nel 1919, assieme alla consorte Vittoria Colonna, la propria dimora, trasferendovi anche la biblioteca personale, ed assegnandogli la denominazione di palazzo Sermoneta; successivamente, anche a causa della sua separazione dalla moglie e della successiva emigrazione dall'Italia, lo cedette frazionandone la proprietà. Con i successivi lavori di liberazione (1926-1932), furono eliminate le numerose botteghe e abitazioni che occupavano le arcate e lo spazio circostante; contemporaneamente i fornici, allora interrati per circa 4 m di altezza, vennero sterrati. I restauri comportarono il consolidamento di una parte delle arcate interne, con speroni in mattoni, e il rifacimento di parte della facciata, con ripresa dello schema architettonico delle arcate in pietra sperone. Negli anni Cinquanta il palazzo passò a Iris Origo, l’autrice di “La guerra in Val d’Orcia, diario italiano”. Oggi il palazzo è composto da vari appartamenti. Nel principale l’ambiente padronale comprende tre stanze da letto, il salone grande, la biblioteca, la sala da pranzo e una sala da ballo. L’altro appartamento ha tre camere, una cucina, due bagni, una sala da pranzo e una gigantesca terrazza di 75 metri quadrati. Sotto il palazzo ci sono 431 metri quadrati di cantine. Il palazzo è stato messo in vendita nel 2012 alla cifra di 32 milioni di euro. Oggi l'edificio ospita l’Ambasciata del Sovrano Ordine di Malta presso la Santa Sede nei suoi saloni, splendidi sì ma, fino al gennaio del 2020, seriamente ammalorati. Fu allora, infatti, che l’ambasciatore Antonio Zanardi Landi si rivolse alla marchesa Giovanna Sacchetti, energica presidente della Fondazione Giulio e Giovanna Sacchetti Onlus, cui si devono numerosi, importanti interventi, chiedendole il suo supporto. Il restauro (condotto con la Soprintendenza romana) ha interessato il Salone Verde, di cui sono stati recuperati i cassettoni lignei del soffitto e il fregio dipinto con giochi di putti, il Salone Giallo, anch’esso con un importante soffitto a cassettoni, e la Sala da pranzo. Tutte sale arricchite da magnifici arazzi, due dei quali, molto preziosi (nel Salone Giallo) fanno parte della serie di 11 esemplari dei «Paesaggi con animali» (qui, due struzzi e un leopardo guardingo, dal muso vagamente antropomorfo, in una vegetazione rigogliosa), firmati dal famoso arazziere Jan Raes e tessuti tra il 1611 e il 1614 nella celebre Manifattura di Bruxelles di Catherine van den Eynde. Nobilissimo il pedigree: commissionati dal cardinale e collezionista Alessandro Peretti Montalto, passarono poi ai Chigi, ai Torlonia e agli Sforza Cesarini. Star del Salotto Verde è invece il superbo Tavolo Borghese, realizzato nel 1634-35 da Alessandro Algardi per il principe Marcantonio Borghese, montandovi una rara lastra di diaspro ereditata dal cugino, il cardinale Scipione Borghese: sebbene modificato nel 1773 da Luigi Valadier, è un esempio sbalorditivo del più sontuoso Barocco romano. Ma oltre alle pitture murali, ai soffitti e ad alcuni arredi, la Fondazione Sacchetti ha provveduto ai parati serici, danneggiati dalle infiltrazioni d’acqua e ora ritessuti sull’antico modello dalle tessiture di San Leucio, fondate dai Borboni nel 1778 e tuttora attive per le più alte committenze. Video consigliati: https://www.youtube.com/watch?v=DgMx4MklzIM (di Giovanna Vernarecci) e https://www.youtube.com/watch?v=PIGEc2h41O8 (di Silas Lozano Paz)
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Monte_Savello, https://it.wikipedia.org/wiki/Teatro_di_Marcello, https://www.vistanet.it/roma/2021/09/06/lo-sapevate-il-teatro-di-marcello-a-roma-ha-inglobata-una-grande-abitazione/, https://www.ilgiornaledellarte.com/articoli/casa-litta-palazzo-orsini-torna-al-suo-splendore/136891.html
Foto: la prima è di Nicholas Gemini su https://it.wikipedia.org/wiki/Teatro_di_Marcello#/media/File:Antico_palazzo_di_Roma.jpg, la seconda è mia ed è stata scattata in questi giorni
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