mercoledì 2 febbraio 2022

Il castello di mercoledì 2 febbraio



SANTA MARIA DI LICODIA (CT) - Torre arabo-normanna

L'odierna Santa Maria di Licodia nacque nell'agosto 1143, anno in cui Simone del Vasto, conte di Policastro e signore di Paternò, unitamente alla contessa Tommasa, affidarono il cenobio e la chiesa dedicata alla Vergine Maria di Licodia a Geremia, monaco benedettino della chiesa di Sant'Agata. Il conte diede facoltà ai monaci di fondare un casale, soggetto solo alla giurisdizione del priore del monastero di Licodia. Il diploma di infeudazione fu confermato da Guglielmo II, Re di Sicilia, nel 1168. Il monastero fu elevato ad abbazia nel 1205 dal vescovo catanese Ruggero Oco, che nominò frà Pietro Celio primo abate di perpetuo di Santa Maria di Licodia, dandogli anche facoltà di estendere ai suoi successori le insegne pontificali e pastorali. L'abbazia possedeva una biblioteca dove, nel XIV secolo, furono scritte, in siciliano, "le Costituzioni Benedettine". Con la riforma istituzionale del 1816, e la nascita del Regno delle due Sicilie, l'abitato perse la sua antica signoria monastica essendo stato aggregato a Paternò. Riottenne l'autonomia amministrativa nel 1840 con un decreto di Ferdinando II. La torre giurisdizionale, chiamata anche di San Nicolò, è per eccellenza il simbolo glorioso del Comune. L'edificio a pianta quadrangolare e coronato dalla merlatura ghibellina, è un'opera del 1143, edificata dai normanni su una precedente fortificazione d'epoca araba. Lo stile di transizione la colloca nell'epoca di passaggio dal romanico al gotico. La torre ha la facciata principale rivolta ad oriente su cui si aprono bifore dagli archetti con l'intradosso a tutto sesto e l'estradosso a sesto acuto, decorato con motivi ornamentali e animali di stile romanico. Gli elementi decorativi fanno da cornice alle bifore e alla monofora che si aprono sui quattro lati. La bifora più elaborata è quella che si apre sulla facciata principale a ponente. Le due ogive sono incorniciate da una doppia cimasa, della quale la più esterna, più aggettante, presenta un fitto fregio che prosegue sugli abachi. I piedritti esterni sono di pietra bianca, mentre quello centrale in pietra lavica. Sugli angoli esterni degli abachi e nell'innesto centrale della cimasa, tre teste di animali, due civette e una volpe. La presenza della colonna nera e degli animali legati all'idea della notte (la volpe è un predatore notturno, e le civette rapaci notturni da sempre legati a infausti eventi), ci porta a immaginare che questa facciata, rivolta sul lato del tramonto, sulla quale era inserito anche l'orologio, fosse carica di simboli legati alle tenebre e della morte, e quindi un continuo memento mori ai fedeli che ricordassero sempre la transitorietà della vita e quindi la necessità di ricorrere costantemente alla grazia divina. Non di meno va anche considerato che la civetta, già dall'epoca classica in quanto animale sacro ad Atena, è anche simbolo della sapienza, si può perciò anche supporre che la presenza di queste nel campanile, che regolava sia i ritmi del lavoro che della preghiera, sia un richiamo alla Sapienza a cui ogni uomo deve anelare in ogni momento e condizione della propria esistenza. Sui restanti lati della cella si aprono altre due bifore, sulla facciata nord e a levante, e una monofora a tutto sesto, espressioni del mutato linguaggio delle tendenze artistiche delle maestranze operanti in Sicilia nei secoli XIV e XVI. La parte superiore del campanile è abbellita da una gradevole decorazione a intarsio murario a due motivi: il superiore a bande orizzontali alternate di pietra lavica e bianca, e a scacchiera quello inferiore. Questo elemento decorativo è quello che caratterizza la cella della torre campanaria, e trova molte affinità con le decorazioni murarie delle chiese del Val Demone dei secoli XI-XII, nonché con quelle dei campanili della Campania, o del basso Lazio come quello di Santa Maria di Itri. Sulla facciata principale dell'edificio, è impresso lo stemma dell'Abate Vescovo Platamone, restauratore dell'edificio nel 1454. Il quadrante circolare di un antico orologio sovrasta la grande monofora decorata. Al pian terreno dell'edificio si osservano tracce della medioevale cappella di San Leone, antico luogo di sepoltura dei monaci, da cui proveniva una quattrocentesca tavola San Leo del Panacchio che adesso si trova a Catania. La torre svolgeva anche la funzione di anello di congiunzione tra il castello di Adrano e quello di Paternò per le segnalazioni luminose. Attualmente solo la torre campanaria e una parte dell' edificio, che ora è adibita a sede del Municipio, sono scampate alla distruzione del complesso monastico, avvenuta nel 1929, per far posto all'attuale edificio scolastico.

Fonti: http://www.comune.santamariadilicodia.ct.it/la_citta/storia.aspx, https://it.wikipedia.org/wiki/Santa_Maria_di_Licodia, http://www.comune.santamariadilicodia.ct.it/la_citta/La_torre_arabo_normanna.aspx, https://it.wikipedia.org/wiki/Chiesa_del_Santissimo_Crocifisso_(Santa_Maria_di_Licodia)#La_torre_campanaria

Foto: la prima è presa da https://www.buonastrada.eu/pdi/torre-campanaria/, la seconda è presa da https://www.typicalsicily.it/sicilia/Elenco/comune-della-sicilia-santa-maria-di-licodia/

Nessun commento: