venerdì 5 aprile 2013

Il castello di venerdì 5 aprile






RIMINI – Castello Malatesta

Residenza e fortezza della famiglia Malatesta, fu realizzata tra il 1437 e il 1446 dal signore di Rimini e Fano, Sigismondo Pandolfo, che la volle chiamare con il proprio nome. Fu concepita di grandiose proprozioni, perchè rappresentasse visivamente il potere e la supremazia della signoria malatestiana, in un periodo di grande prosperità. Sigismondo, celebrato come architetto dell’opera dagli scrittori di corte, fu verosimilmente ispiratore e coordinatore del progetto, per la sua esperienza di condottiero e la grande conoscenza delle arti belliche. Di certo egli fu affiancato da progettisti ed ebbe la consulenza, poco dopo l’inizio dei lavori, di Filippo Brunelleschi, architetto di grande prestigio chiamato a Rimini nel 1438 per eseguire sopralluoghi nelle principali fortezze malatestiane in Romagna e nelle Marche. Alla fabbrica inoltre lavorarono, prima dell’arrivo di Brunelleschi e ancora nel 1454, Cristoforo Foschi e Matteo Nuti. La costruzione della rocca sfruttò in parte strutture preesistenti: un grande complesso fortificato costruito da Galeotto Roberto, fratello di Sigismondo e suo predecessore, case malatestiane duecentesche (forse torri residenziali) e un breve tratto delle mura urbane di età federiciana. Il complesso originario, sorto nella zona denominata Gattolo di Santa Colomba, nel rione Cittadella doveva probabilmente risultare angusto e inadeguato per la corte di Sigismondo. Era costituito da una serie di edifici raccolti intorno ad un torrione centrale, con l’ingresso sulla piazza della cattedrale difeso sulla sinistra da una seconda torre. Lo storico cinquecentesco Baldo Branchi ricorda come il signore avesse proceduto distruggendo gli antichi palazzi e le abitazioni dei suoi avi, ad eccezione del "palazzo maggiore", intorno al quale costruì il nuovo complesso, probabilmente ricavando materiali da costruzione di recupero dalla demolizione delle fabbriche originarie. Le fortificazioni esistenti furono rafforzate e adattate alle nuove esigenze militari con il rialzamento dei camminamenti e del muro di cinta, la regolarizzazione e l’ampliamento del fossato, la costruzione di nuove torri e, dopo la morte di Sigismondo, con l’edificazione di una seconda cinta, più esterna, aperta da due doppie porte di ingresso, una rivolta verso la città e l’altra verso la campagna. La costruzione iniziò il 20 maggio 1437 alle ore 18.48: il momento della fondazione fu deciso dal Malatesta sulla base di calcoli elaborati con precisione dagli astrologi di corte. Durante i lavori, al fine di creare un’ampia fascia di rispetto intorno al fossato, fu demolito un intero complesso di edifici, tra i quali il battistero di San Giovanni, il convento di Santa Caterina e il vescovado. Per esigenze difensive, inoltre, fu ordinata la demolizione della parte superiore del campanile della cattedrale. I lavori di costruzione del castello durarono circa 15 anni, anche se le iscrizioni apposte sul portale d'ingresso e su alcuni torrioni fanno risalire la sua inaugurazione al 1446, anno particolarmente fortunato per Sigismondo; tuttavia taluni lavori si protrassero fino al 1454, ed è possibile che la rocca non sia mai stata compiuta secondo il progetto originario. Il complesso era circondato da un grande e profondo fossato, superato da due ponti levatoi che immettevano in due distinte corti fortificate: la corte a mare verso la città e la corte del Soccorso verso l'entroterra. Il nucleo centrale, che divideva le due corti esterne, era composto da un grande cassero, difeso da poderosi terrapieni, da cinque torri e da un corpo meridionale denominato "Palazzo di Isotta". L'impianto poligonale irregolare di Castel Sismondo era pensato per fronteggiare i colpi delle bocche da fuoco, secondo le tecniche militari dell'epoca; i bastioni e le torri, rivolti verso la città, dovevano difendere il signore dalla cittadinanza ancor prima che dai nemici esterni. Nel suo amatissimo castello Sigismondo morì il 9 ottobre del 1468. Il declino dei Malatesta, alla fine del XV secolo, determinò l’inizio di un lungo periodo di decadenza. Il castello fu destinato unicamente a scopi militari, perdendo definitivamente il carattere di residenza, e fu soggetto a radicali lavori per rispondere alle mutate necessità di difesa dovute al rapido sviluppo delle armi da fuoco. Nel 1503, durante il breve periodo di dominazione veneziana, il complesso fu oggetto di un sopralluogo del provveditore Vincenzo Valier, che lo ritenne inadeguato dal punto di vista balistico alle moderne esigenze difensive. Importanti cambiamenti del perimetro murario, come l’introduzione di bastioni poligonali in luogo di quelli quadrangolari del XV secolo, sono documentati dalla più antica planimetria esistente di Castel Sismondo, disegnata nel 1526 da Antonio da Sangallo il Giovane. Tra il 1624 e il 1626 il maniero fu interessato da nuovi restauri e trasformazioni, con l’aggiunta di cannoniere, la demolizione delle sommità delle torri per sistemarvi i mortai, il rialzamento delle quote esterne e la demolizione del rivellino verso la campagna, e assunse il nome di Castel Urbano, in onore del pontefice Urbano VIII. Nello stesso periodo furono ricostruiti i muri di controscarpa e i tetti e furono rinnovati la cappella e i magazzini. Nel 1821 il castello venne adibito a caserma dei Carabinieri. L’assetto della fortezza subì nel 1826 ulteriori estese modifiche con la distruzione della cinta e dei baluardi esterni, il riempimento del fossato, la demolizione della terza torre e la costruzione di un magazzino di sale addossato ai bastioni. La rocca fu adibita a caserma, deposito e infine nel 1857 a prigione, funzione che mantenne fino al 1967. Della fortificazione originaria è dunque oggi superstite solo l'imponente nucleo centrale. In anni recenti Castel Sismondo è stato oggetto di un generale restauro, diretto da Carla Tomasini Pietramellara, che ne ha permesso la fruizione da parte del pubblico, la conservazione e la comprensione delle fasi costruttive. L’accessibilità è stata garantita con l’introduzione di ascensori, passerelle e nuovi corpi scala di disegno contemporaneo all’interno del mastio e dell’ala di Isotta. Nel corso dei lavori sono emerse preesistenze di età romana e altomedievale, tra cui i resti delle mura tardo imperiali (il cui tracciato segue esattamente il fronte sud-occidentale del mastio), una porta e le fondazioni di una torre, che sono stati resi visibili e integrati nella nuova sistemazione dei percorsi e degli spazi espositivi. Castel Sismondo è stato considerato il primo castello moderno per l’impianto vagamente stellare rafforzato da torri protese verso l’esterno. La grande conoscenza del Malatesta dell'arte militare del tempo e delle nuove artiglierie, permise la commissione di una struttura fortificata alla moderna, capace cioè di resistere alla forza distruttrice delle armi da fuoco. Le cortine infatti, sono molto più robuste del solito e gli stessi grandi torrioni quadrangolari accoglievano al loro interno un cannone in bronzo ciascuno. Castel Sismondo era un complesso di grandiose dimensioni, simile ad una cittadella fortificata, e interamente circondato da un’enorme fossato asciutto, al centro del quale scorreva un rigagnolo denominato “fustigata”. Il fossato era predisposto per l’allagamento, che poteva avvenire solo sfruttando particolari sistemi idrici, essendo posto ad un livello superiore rispetto al fiume Marecchia. Complessivamente, tra parti coperte e cortili, la rocca ha una superficie di oltre 3.300 mq. È nota attraverso i documenti storici l’esistenza di passaggi sotterranei percorribili a cavallo che comunicavano direttamente con l’esterno e di trabocchetti con pozzi a rasoio, utilizzati con efferatezza dal nipote di Sigismondo, Pandolfo IV, detto “Pandolfaccio”. Egli era solito condurre gli sventurati innanzi ad un’immagine della Vergine dipinta sul muro, in un punto in cui nel pavimento si apriva, al di sotto di una tavola di legno, una profonda fossa dalle pareti ricoperte di ferri acuminati. Castel Sismondo conserva un notevole fascino, con le sue grosse torri quadrate e le poderose muraglie a scarpa, il cui effetto originario, quando si innalzavano dal profondo fossato, doveva essere formidabile; e Roberto Valturio non a torto le paragonava, per la loro inclinazione e la loro grandiosità, a piramidi. L’ingresso verso la città, che era costituito un terrapieno e da un doppio rivellino con ponti levatoi, è ornato da uno stemma costituito dal classico scudo con bande a scacchi, sormontato da un cimiero a testa d’elefante crestato e affiancato da una rosa quadripetala: si tratta di un rilievo d’ispirazione pisanelliana, di buona qualità, scolpito da un artista probabilmente veneto, come dimostrano le cadenze goticheggianti della figurazione. A sinistra e a destra dello stemma è scritto "Sigismondo Pandolfo" in caratteri gotici minuscoli, alti e pittoreschi. I lavori di restauro su Castel Sismondo sono stati intrapresi con lo scopodi farne un luogo permanentemente visitabile sotto il profilo monumentale e in grado di ospitare iniziative in campo culturale e artistico. Per chi volesse ulteriormente documentarsi, segnalo il sito web dedicato al castello: www.castelsismondo.it/

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