venerdì 28 marzo 2014

Il castello di venerdì 28 marzo






PERETO (AQ) - Castello Colonna

Fu edificato nella forma attuale da Federico II di Svevia che per le dimore strategiche e panoramiche aveva un debole. Fu così che nel XIII secolo furono edificate le alte torri e la cinta muraria. Posto a guardia della frontiera del Regno di Napoli con gli Stati della Chiesa di Roma, questa tipica fortezza normanna divenne sede della giurisdizione feudale della zona. Facendo un passo indietro, è da ritenersi che quando il protoconte Berardo, nella prima metà del X secolo, fece erigere dai Peretani la prima torre, questa altro non fosse che un semplice ed embrionale apprestamento difensivo a tutela dei domini. Quando il conte Rainaldo, dopo la prima metà dell'XI secolo, decise di andare ad abitare a Pereto, che era l'insediamento più popoloso ed in posizione centrale rispetto ai suoi domini (Oricola, Rocca Incamerata e Fossaceca), allora la costruzione meritò la più adeguata qualificazione di castello o, come viene chiamata dal volgo, di corte. Purtroppo, la partenza di Rainaldo per la crociata in Terrasanta, la sua morte e la successiva decisione della vedova Algegrima di risiedere in Oricola, a seguito degli attriti sorti con il conte dei Marsi in ordine all'eredità del marito, privarono il castello di una presenza viva, importante e nobile, riducendolo ad essere presidiato solo da armati posti alle dipendenze del castellano, ma investendolo della missione di proteggere la popolazione inerme ed i loro beni durante le invasioni, le razzie ed i passaggi di eserciti nemici lungo la via Valeria. Certamente per la sua posizione strategica (centrale rispetto alle altre torri di vedetta, ideale per il controllo delle vie secondarie di accesso al Regno e vicina all'insediamento umano più popoloso) il castello dovette essere uno dei primi costruiti nel territorio carseolano. Solo in un secondo momento, quando i conti dei Marsi vollero infittire e rendere efficiente la trama di una rete difensiva, sorsero gli altri capisaldi militari a Celle e ad Oricola. Oricola in special modo divenne, dai Normanni in poi, la vedetta più avanzata, incaricata di vigilare, osservare e trasmettere i segnali a Celle e a Pereto. Ciò appare confermato dal fatto che, come risulta da un anonimo manoscritto antico, il castellano di Oricola doveva fare al presidio di Pereto i seguenti segnali: un fuoco davanti ad una finestra se il nemico transitava nella valle dell'Aniene; due fuochi davanti a due finestre se il nemico era nei pressi di Arsoli e non arrivava a 200 uomini; tre fuochi davanti a tre finestre se il nemico si dirigeva con tutto il campo verso la pianura carseolana. In quest'ultimo caso si dovevano mandare nunzi a cavallo a Pereto che ne porgessero certo ragguaglio. Da Pereto poi partivano altri nunzi con cavalli freschi per notiziare Tagliacozzo. Da Celle, invece, si continuava a fare e trasmettere segnali di fuoco alle vedette arretrate. Nel frattempo tutta la popolazione doveva raccogliere le proprie cose e rifugiarsi nelle fortificazioni. L'elemento architettonico più antico del castello di Pereto fu senz'altro il mastio, ricostruito su un basamento forse di origine longobarda, che - pur in seguito a successive elaborazioni - rimase sempre la torre più massiccia e più alta dell'intero complesso difensivo. Esso rappresentò il baluardo estremo, il simbolo della forza e della resistenza e la sua conquista significava il decisivo possesso dell'intero fortilizio, il definitivo assoggettamento al nemico e la perdita della liberta e dei beni. Era suddiviso in cinque piani sovrapposti, che comunicavano tra loro per mezzo di una scala a chiocciola (quelle superiori) e per mezzo di botole incolonnate (quelle inferiori). La disposizione in linea di massima dovette essere quella che vede ai piani inferiori il corpo di guardia, i magazzini e le prigioni; al primo piano nobile la sala di giustizia dove ancora oggi si vedono pitture murarie, di cui una rappresenta una immagine di S. Maria in Cellis; al secondo ed al terzo piano la residenza del signore, costituita da due stanze che servivano di abitazione per tutta la famiglia e da un piccolo oratorio; all'ultimo livello, probabilmente costruito in legno, vi era un locale per la precipua funzione del mastio, come torre di vedetta e di difesa. Ha pianta quadrata, con lati di m. 11,70, spessore delle mura di m. 2,50 ed altezza di m. 27. Costruttivamente si presenta realizzato con grossi blocchi di pietra perfettamente squadrati e connessi, di dimensioni molto grandi nella zona inferiore e di media grandezza nella rimanente parte superiore. Questo tipo di muratura isodoma e stata fatta risalire da insigni studiosi (L. Martella e A. M. Medin: Sistemi fortificati dell'Aquilano) al X secolo d.c.. I lati nord ed est, i più esposti all'attacco nemico, nella prima edificazione non avevano finestre; tale fatto è una caratteristica dei castelli anteriori all'epoca comunale. Fa eccezione sulla parete est una apertura, situata a 20 metri circa dal suolo, che serviva per accedere dal camminamento di ronda nel mastio. I lati sud ed ovest, i meglio esposti al sole ed i meno accessibili, presentano finestre che servivano per l'aria e la luce e per trasmettere i segnali nelle direzioni prestabilite. Nei profondi vani di queste finestre vi sono dei sedili di pietra. Molto interessante appare il sistema delle tre canne fumarie che servono tre camini utilizzati sia per il riscaldamento sia per le segnalazioni e sia per portare ad ebollizione i liquidi da gettare sugli assalitori. Sulla parete nord, ad una altezza di circa 4 metri rispetto al piano di calpestìo della corte interna ed in conformità della sistematica propria delle torri di avvistamento isolate, si apriva l'ingresso (le due porte di accesso al piano terra ed allo scantinato sono state realizzate in epoca posteriore a quella della costruzione). L'ingresso rettangolare in origine dovette essere sormontato da un architrave monolitico arricchito da due mensolette laterali, direttamente ricavate nei due blocchi costituenti le imposte (la qual cosa costituisce motivo decorativo tipico dell'area marsicani). Inferiormente, ai lati della soglia, comparivano due beccatelli aggettanti a duplice ordine, che avevano la funzione di sorreggere la scala quando questa veniva ritirata dagli occupanti la torre. Quando furono costruite le altre due torri e le cortine di raccordo, probabilmente sotto i De Ponti, particolare cura fu riservata alla costruzione degli ingressi, notoriamente la parte più debole di ogni complesso difensivo. La cortina sud-ovest (m. 23 di lunghezza, m. 15 di altezza e m. 1,55 di spessore) che con andamento angolare unisce la terza torre più piccola con il mastio accoglie, a ridosso di quest'ultimo, l'ingresso principale. Questo appare ancora ad un'altezza di circa quattro metri da terra, rinforzato da un parapetto e da un'apertura superiore piombante che lo rendeva ancora più impenetrabile. Interessantissime sono le scanalature poste nei montanti di pietra ai lati dell'apertura tra le quali dall'alto venivano fatte scivolare robuste traversine di legno che difficilmente potevano essere scardinate. Questo ingresso è ancora sormontato da uno stemma di casa Orsini, probabilmente inserito nella cortina all'epoca dell'acquisto del castello da parte del conte Giacomo. La cortina est (m. 24,5 di lunghezza, m. 13 di altezza e m. 1,45 di spessore) all'interno di due robusti contrafforti custodisce una postierla d'ingresso (la portella, che ha dato il nome alla piazza antistante) a sei metri di altezza da terra, che doveva servire anche, eccezionalmente, per improvvise sortite. La cortina nord (m. 22,40 di lunghezza, m. 14 di altezza da terra e m. 10 dal piano di calpestìo della corte interna e m. 1,45 di spessore) ospita un'altra postierla che originariamente doveva trovarsi a quattro metri da terra e che con la successiva costruzione di una cisterna (demolita nel 1950) si è trovata al livello della volta di questa. Anche quest'ultimo ingresso era ed è difeso da due robusti contrafforti e da una piombatoia; ma in caso di assedio esso veniva murato. Le cortine di raccordo, che mettono in comunicazione il mastio con la seconda e la terza torre e queste tra di loro, hanno sulla sommità il camminamento di ronda. Questo consentiva una difesa manovrata, con la possibilità di scorrere agevolmente lungo il perimetro, permetteva di continuare a combattere e colpire il nemico che malauguratamente si fosse infiltrato nella corte interna e forniva l'opportunità estrema di rifugiarsi nel mastio, ultimo baluardo difensivo. Il piano di ritirata prevedeva che gli armati abbandonassero primieramente la cortina sud-ovest con il distacco del ponte mobile che la univa alla cortina nord, poi questa con la rottura del ponte mobile che la univa alla cortina est ed infine quest'ultima, con il ritiro del ponte mobile che consentiva l'ingresso al mastio. Al camminamento di ronda si accede mediante una scaletta in muratura ricavata nella cortina est ed appoggiata alla seconda torre (nei tempi più remoti la scaletta era di legno ed aderiva alla cortina ovest). Le cortine, come è nella tradizione dei castelli anteriori al 1200, non hanno finestre e feritoie. I merli, contrariamente a quanto affermato dal Perogalli, non ornarono la nostra fortezza, che basava la sua sicurezza ed inviolabilità soprattutto sulla sua dislocazione e sulla sua altezza. Solo le cinte murarie di epoca successiva li ebbero. Al loro posto vi era una struttura lignea che poggiava su beccatelli, che ancora oggi e possibile vedere. Sotto il profilo della difesa attiva assumono rilevanza le feritoie verticali ad arciere (formate da due semplici blocchi di pietra accostati e lavorati nella zona di combacio) e le torri. La seconda torre (m. 24 di altezza e m. 6,60 di lato) e la terza (m. 16 di altezza e m. 4,60 di lato) hanno pianta quadrangolare e sopravanzano le cortine, senza tuttavia minacciare l'imponenza del mastio. La seconda torre aveva cinque piani in muratura, di cui gli ultimi due collegati da una scaletta ricavata nello spessore delle mura. La terza non aveva né piani né finestre né ingressi e probabilmente serviva solo come caposaldo murario per le cortine e come punto di vedetta. Nella parte superiore tali torri dovevano avere delle macchine belliche e moltissimi proiettili e materiali occorrenti per la difesa piombante. Certo, gli accorgimenti tattici, la posizione, l'altezza, la mole, la valentìa degli armigeri nulla potevano contro un nemico che, rinunciando a conquistare d'assalto il castello, si limitava a farlo cadere per fame e per sete. Ma all'anonimo architetto di quel tempo non era stato chiesto il miracolo di salvare la popolazione ad ogni costo, bensì solo di fornire uno strumento di dissuasione per il nemico frettoloso diretto altrove ed in cerca di rifornimenti ed una più concreta possibilità di difesa e di salvezza. E tanto meno potettero la tecnica e le virtù umane quando, il 5 dicembre 1456, le forze violente e disgregatrici della natura si abbatterono impietose sul paese cancellandone le vestigia, i monumenti, le chiese, gli averi. Anche la torre fu gravemente scossa e danneggiata: crollarono i solai, si lesionarono le cortine e la parte più alta delle pareti. Da allora e per molto tempo cessò ogni presenza umana all'interno di essa e, nonostante che alcuni conti (Roberto e Virginio Orsini) si fossero interessati delle fortificazioni del paese, la torre rimase diruta e sola, senza castellano né armigeri. Dopo essere passato dai gran conti dei Marsi ai signori De Ponte, ai conti Orsini e alla famiglia Colonna (che ne detenne il possesso a partire dal tardo XV secolo, quando il re di Napoli donò ad essa il paese), può presumersi che il castello sia stato acquistato per usucapione dalla famiglia Maccafani, la quale nel 1813 aveva domandato ai Colonna il permesso per utilizzare la seconda torre come piccionaia. In verità i Colonna non lo vendettero mai né è risultato in alcun catasto o negli atti in possesso della famiglia Maccafani come questi ne siano diventati i proprietari. Agli inizi del 1900 Antonio Maccafani, già segretario comunale, vendette la torre all'avv. Carlo Vicario, che l'acquistò in buona fede. Dalla famiglia Vicario, che si rese per molti versi benemerita a Pereto, la torre fu acquistata nel 1966 dal Prof. Aldo Maria Arena. Questi, che aveva ripetuti legami di parentela con antiche famiglie peretane, visitato il castello, che era allora un rudere poderoso e pittoresco, avendone compreso il raro valore storico ed architettonico, iniziò un'opera di attento e coscienzioso restauro che durò per più di diciassette anni. I lavori, condotti in collaborazione con la Soprintendenza alle Belle Arti ed opera dell’architetto irlandese Alfred Cochrane, ricevettero il premio della Comunità Europea nel quale miglior restauro in Italia nel 1983. Nella ricostruzione degli interni traspare il gusto e la grande raffinatezza del proprietario, gli antichi mobili e gli oggetti di arredamento rendono calda e accogliente quella che dall’esterno appare al visitatore un’aspra e inespugnabile rocca. Come tutti i castelli che si rispettano anche nel Castello di Pereto è presente un fantasma, quello del Conte Rostainuccio Cantelmo, imprigionato e poi giustiziato dagli Orsini nel 1400. L’area abitabile del Castello si trova nella grande Torre di Federico e si dispone su quattro livelli. Al primo livello si trova una grande cucina abitabile dotata di tutti gli accessori, una grande corte verde impreziosita da piante ornamentali, un pozzo, tavoli e poltrone per dare la possibilità agli ospiti di mangiare all’aperto, una grande sala da pranzo per 12 persone con camino. Al secondo livello si trova un grande salone con divani impreziosito da affreschi originali del XIII secolo, arazzi e dipinti del XV e XVI secolo oltre ad un grandissimo camino che dona all’ambiente un’atmosfera regale. Al terzo livello si trova la camera di Federico II, una grandissima suite con un letto matrimoniale spagnolo del 600, una grande libreria, una stanza armadio guardaroba, bagno con vasca. Al quarto livello si trova la zona degli ospiti composta da due camere matrimoniali, una camera singola, bagno con vasca. Numerosissime le preziose opere d’arte Italiana e Spagnola del XV e XVI secolo che completano tutti gli ambienti del Castello di Federico di Svevia, una dimora unica che saprà regalare ai propri ospiti la sensazione di fare un vero viaggio nella storia. Per approfondire consiglio di visitare i seguenti link: http://www.pereto.info/documenti/castello/castello-bozza.pdf e http://www.pereto.info/castello.htm
Fonti: http://www.rentalcastles.com/federicodisvevia/federicodisvevia_ita.htm, http://www.terremarsicane.it/content/castello-medioevale-di-pereto, http://it.wikipedia.org, http://www.regione.abruzzo.it, http://www.borghiautenticiditalia.it/bai/comune-di-pereto-aq/
Foto: di Filippo27 e di Roberto Cavalensi su http://www.panoramio.com

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