LERMA (AL) – Castello Spinola
Proprietà dei marchesi di Morbello, Lerma passò a Genova nel 1233 e in feudo
ai Malaspina. Feudo di Cassano Doria, sotto la signoria del marchese del
Monferrato, tornò brevemente a Genova, per poi passare definitivamente agli Spinola.
Simbolo di Lerma è il castello, che conserva intatto all’interno della cinta
muraria l’antico “ricetto”, il primo nucleo del villaggio che prese il nome di
l’Herma. Il maniero risale nelle sue strutture fondamentali alla fine del XV
secolo (1499) quando la costruzione venne realizzata da Luca Spinola, ricco ed
influente patrizio genovese, creato Cavaliere di Sproni d’oro da Carlo VIII Re
di Francia. L’imponente edificio si erge su una rocca tufacea che sovrasta il
fiume Piota. Lo schema costruttivo è a corpo unico in stile francesizzante e
simile come impianto ai castelli di Montaldeo, Mornese e Silvano d’Orba. La
costruzione ha così assunto una pianta a pentagono irregolare, con il lato sud
difeso dal torrione. Lo stesso apparato difensivo rivela un edificio di
transizione, tra la fortificazione ed il maniero signorile, infatti si può
notare la mancanza di caditoie tra un beccatello e l’altro, e i merli stessi
sono parte integrante di finestre e del tetto formando un apparato a sporgere
divenuto quasi un elemento decorativo. Inoltre è da segnalare una sobria
presenza di bifore nella parte più alta e dal lato nord. Sotto ogni finestra vi
è una feritoia strombata da usare come bombardiera e sui lati due fuciliere
completano gli apprestamenti bellici. Simbolo di comando e signoria, nella
parte nord, rivolta verso il borgo, s’innalza la nuova torre quadrata e sulla
parete est è dipinto un enorme stemma degli Spinola col motto “Potius mori quam
foedari”. Al centro del castello è ricavato un caratteristico cortile
triangolare quattrocentesco, con arcate e colonne in pietra e bifore. Situato
su un displuvio a pendio con strapiombi su entrambi i lati, il borgo era
pressoché inespugnabile. Una delle torri cilindriche di origine medievale è
stata trasformata nel ‘400 in abside della chiesa parrocchiale, ma ha
conservato la struttura originaria propria delle torri dei castelli del
Monferrato. Attraverso una porta ad arco, presso cui funzionava anticamente un
ponte levatoio, si accede nella piazza, sulla quale si affacciano il castello e
la chiesa. All’interno, i numerosi saloni, le sale ed altri ambienti espongono
alle pareti una ricca collezione di quadri, completano l’arredamento mobili
d’epoca e suppellettili antiche, e una galleria degli stemmi della casa Spinola
che ancora oggi appartiene al marchese Andrea Spinola. Pregevole la
galleria degli stemmi, così chiamata perché in essa sono affrescati cinque
grandi stemmi della casa Spinola inquartati con quelli delle famiglie
congiunte: Doria, Pallavicino, Neurone… Usciti dalla chiesa c’è il
“ricetto”
che si sviluppa su di uno sperone strapiombante su due lati e, quindi, privo di
fortificazioni su di essi, disposto su di un asse nord ovest-sud est. Il
complesso del ricetto era munito di due accessi: uno a valle e l’altro di
pertinenza del castello. Secondo uno schema molto regolare, dalla via
principale si dipartono, a pettine ed a distanze costanti, le vie che
delimitano le varie isole edilizie. Dall’accesso inferiore del ricetto si
dipartiva un sentiero scosceso che scendeva in fondo valle e, costeggiando la
riva del torrente, un tempo, raggiungeva la Chiesa di S. Giovanni. Una
leggenda, che ancora si narra tra gli abitanti del luogo, è legata al soggiorno
al castello nel 1565 di donna Isabella Corvalan, dama d’onore della regina di
Castiglia. Si narra che in quel tempo un gruppo di cavalieri appartenenti alla
Repubblica Marinara genovese si recarono al castello per consegnare a donna
Isabella, la quale era in procinto di ritornare in patria, uno scrigno di
cristallo contenente tre rose d’oro i cui petali erano tempestati di rubini
rossi per la Regina. Il dono nascondeva, nella disposizione delle pietre
preziose, nel loro colore, nella loro dimensione e nel loro numero un messaggio
in grado di essere interpretato solo dagli appartenenti ad alcuni ordini cavallereschi
segreti, iniziati all’esoterismo. Infatti la sovrana, che era affiliata ad uno
di essi e svolgeva un’intensa attività politica, era da tempo in relazione
segreta con la Repubblica. Donna Isabella, visto i tempi perigliosi, volle
mettere al sicuro il dono prezioso in un nascondiglio segreto, pare, in una
cavità del cortile fra il loggiato e la scala esterna. In quei giorni ella fu
richiamata dal Viceré spagnolo a Milano per ricevere istruzioni per il suo
rientro in patria e per cause ancora sconosciute, purtroppo non riuscì a
tornare al castello per riprendere lo scrigno, così le rose rimasero occultate
nel nascondiglio. Per alcuni secoli le vicende di quel tempo persero
importanza, finché nell’Ottocento il ritrovamento fortuito di alcuni appunti
fra le pagine di un vecchio volume risvegliò il ricordo di quei fatti che
portarono a numerose ricerche con l’aiuto di un rabdomante, ma invano. Tuttavia
il documento ritrovato forniva indicazioni precise sul nascondiglio segreto,
affermava che in un determinato giorno dell’autunno inoltrato, che peraltro non
indicava, e solo in quel giorno, il sole, verso il tramonto, raggiungeva con i
suoi raggi obliqui la nicchia segreta, facendo avvampare i rubini che
riverberavano attorno al loro splendore. Allora il castello pareva avvolto da
una luce infuocata che incuteva un vago senso d’inquietudine. In quel momento,
e solo in quel momento, il vecchio maniero svelava il suo segreto, ma era
questione di attimi, poi il colore si stemperava nelle rosate iridescenze di un
quieto tramonto monferrino e per un altro anno lo scrigno poteva ritornare a
dormire il suo sogno indisturbato.
Fonti:
http://www.comune.lerma.al.it,
http://it.wikipedia.org,
http://www.marchesimonferrato.com,
http://www.welcomeinliguria.com/web/ita/l_oltregiogo/lerma/il_castello_di_lerma.htm,
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