lunedì 20 agosto 2018

Il castello di martedì 21 agosto



ALBIZZATE (VA) – Castello Visconti

Benché le prime notizie storiche scritte su Albizzate risalgano al XIII secolo (l'esistenza di una chiesa parrocchiale è citata nell'elenco del "liber notitiae sanctorum Mediolani"), il ritrovamento nel territorio di un ara votiva romana fa risalire a quell'epoca i primi insediamenti e forse l'origine del nome che potrebbe derivare da latino Villa Albuciatis. Probabilmente entrata a far parte del territorio del contado del Seprio, viene più tardi citata come in un documento datato 997 d.C. in cui Ottone III la concede al Conte di Angera divenendo poi uno dei primi possedimenti viscontei del sepriese (1142) e rimanendo possesso dei Visconti di Albizzate fino al XVII secolo. A testimonianza di questa signoria rimangono lo splendido Oratorio Visconteo, affrescato con scene della vita di San Ludovico di Tolosa e di San Giovanni Battista alla fine del XIV secolo, e il Castello, affacciato sul ciglione prospiciente la vallata dell'Arno in posizione strategica a controllo della vallata e in collegamento con le altre opere difensive viscontee della zona. Agli inizi del Seicento esso fu trasformato in residenza di villeggiatura per poi divenire, a metà del XIX secolo, centro di attività produttive legate all'allevamento del baco da seta e all'attività di una filanda. Rimase contemporaneamente centro produttivo e residenziale fino agli anni '40 del Novecento. La sua importanza all'interno del suo paese è confermata dall'espandersi del centro storico albizzatese con andamento radiale, mantenendo sempre al centro il castello, che venne continuamente ampliato e adeguato negli anni alle nuove esigenze. Le vicende relative al Castello di Albizzate, le sue modifiche e trasformazioni sono direttamente legate alla presenza della famiglia Visconti. Eletto feudo nel 1142, Albizzate restò loro possedimento sino alla fine del XVIII secolo, con l’estinzione del ramo nobiliare e la confluenza della discendenza rispettivamente nelle famiglie Archinto e Taverna. La scarsità delle fonti documentarie e la complicatezza delle sovrapposizioni di elementi architettonici cronologicamente disomogenei non consentono di datare o di formulare alcuna ipotesi per collocare con precisione il periodo di costruzione del manufatto. Le prime notizie certe sulla sua presenza risalgono al XVII secolo. Alla morte di Cesare Visconti (1633), in data 6 luglio è redatto un elenco completo dei beni immobili in suo possesso; in esso, fra “li beni immobili ... in Albizate”, compare il castello, descritto come “una casa da nobili d.a (detta) il Castello con suoi appartamenti giardini corte et torchio con un roncho avidato”. La descrizione è senza dubbio parca di informazioni tuttavia, da quanto riporta di seguito, si rileva la centralità della fabbrica rispetto all’antico borgo; infatti nel documento si legge che il castello è “circondato da case coherenti da tre parte strada e dalla altra strada da li beni del Sig. Cesare Visconti”. Risale al 1665 il primo intervento edilizio sull’edificio del quale siano giunte notizie. Una targa tuttora affissa al portico del castello precisa che ne furono artefici la marchesa Anna Stampa Visconti (discendente diretta di Cesare) e il marito, il marchese Geronimo Stampa. Le informazioni sono di nuovo poche ma precise: infatti il documento riporta che lo stato di conservazione era “fatiscens” e che i lavori erano finalizzati “ad avorum memoriam ed rusticationis commoda”, trattandosi di una casa di villeggiatura. Gli eventi che da allora interessarono il ramo albizzatese dei Visconti ebbero conseguenze anche sulle sorti del castello. Nel 1666 morì Geronimo Stampa; nonostante il suo testamento (rogato l’11 ottobre 1666 da Francesco Maria Purino) sia andato perduto, è certo che i suoi beni (castello incluso) furono ereditati dall’unica figlia Camilla Stampa, sposa del Conte Senatore Filippo Archinto. Successivamente, tramite testamento rogato in punto di morte da Giovanni Francesco Stellari il 21 gennaio 1715, Camilla nominò suoi eredi i figli Carlo e Gerolamo, monsignore Nunzio Apostolico. Non è certo a chi dei due passò l’edificio ma è sicuro che ne divenne erede Carlo Archinto, figlio di Filippo. Nel Catasto Teresiano, pubblicato nel 1722, il Castello è riportato a suo nome, con il numero di mappa 460, come “casa parte di proprio uso e parte da massaro. Quantità p. 5,17”. La mappa teresiana è il primo documento grafico dell’edificio; il perimetro è incerto, ma la collocazione è precisa e inconfondibile: dominante sulla valle del Torrente Arno, centripeta rispetto al borgo. I documenti d’archivio disponibili consentono di ricostruire, sino a circa metà del XIX secolo, i soli passaggi di proprietà avvenuti per via ereditaria all’interno della famiglia Archinto. Nuovi interventi sull’edificio risalgono agli anni tra il 1847 e il 1857; l’Annotatorio dell’estimatore riporta che in quel periodo vennero aggiunti 14 luoghi dei quali 4 furono ricavati da vani esistenti. Fra i documenti redatti per la formazione del nuovo Catasto si ricavano altre utili notizie dalle “Tavole per la descrizione e stima dei fabbricati”. L’edificio è riportato con il numero di mappa 62: di condizione mediocre, 42,1/4 luoghi di abitazione per un totale di 49 ambienti; la proprietà non è più la famiglia Archinto, ma il Consorzio dei Creditori del Conte Luigi Archinto. Molto importante è il cambio di destinazione a “fabbrica per azienda rurale”. Nel 1873, mantenendo la funzione rurale, subentrò nella proprietà, per acquisto di tutta la partita degli Archinto, Francesco Bruni, ingegnere attivo nel campo della produzione setiera. Una seconda targa affissa nel portico del Castello indica che questo passaggio di proprietà comportò modifiche all’edificio ed in particolare che “Bruni Franciscus aquirens / iterum concinnavit anno MDCCCLXXIII”. Nel 1880 la particella n. 62 venne frazionata nei numero 62 (casa rurale) e 989 (il castello), casa di abitazione, pertiche 2,00, due piani, 10 vani. La registrazione sulla mappa catastale, nel 1880, riporta la forma dell’edificio, invariata rispetto a come compariva nel Cessato Catasto Lombardo nel 1873. Una modifica sostanziale fu compiuta fra il 1880 e il 1890, riportata nella revisione generale del 1890; si tratta di un ampliamento mediante aggiunta di un volume verso il giardino. Contestualmente i registri catastali annotano un importante cambiamento di composizione (2 piani, 32 vani) e di destinazione d’uso, mediante l’introduzione della dizione “casa con filanda”. Nel 1915 al cambio di proprietà avvenuto tra gli eredi componenti della famiglia Bruni corrispose una divisione anche delle funzioni con l’introduzione di una nuova destinazione; l’edificio, passato nel 1904 al Catasto Urbano, venne frazionato in due proprietà, la n. 25 “casa e filanda” e la n. 1113 “casa e bottega”. Le notizie riguardanti interventi successivi che comportino modifiche alla fabbrica sono relative al secondo dopoguerra. E’ sicuramente importante la realizzazione di un “Progetto per l’attuazione di n. 6 appartamenti in un edificio esistente in Albizzate e di proprietà della Sig.ra Maria Bruni Fagnani”. La modifica, localizzata sopra la filanda, comportò notevoli trasformazioni con la demolizione di una volta al primo piano per realizzare una scala di accesso e con la divisione di un salone, al primo piano, in alloggi. Nel 1965 nel piano ammezzato del lato sud fu ricavato un alloggio mediante “trasformazione di una bigattiera in locali di abitazione”. Altro link suggerito: http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00475/

Fonti: http://www.comune.albizzate.va.it/c012002/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/20002

Foto: entrambe di Maria Marinella su http://www.ilvaresotto.it/Castelli/Albizzate_Castello.htm

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