lunedì 8 febbraio 2021

Il castello di lunedì 8 febbraio


AGIRA (EN) - Castello

L'antica città ritorna nella documentazione storica fin dalla prima età normanna con il toponimo Mons Argirium o Sanctus Philippus de Monte Argyri, dovuto alla presenza di una chiesa e di un monastero eretti in onore di San Filippo siriaco almeno fin da età bizantina. Nel 1094 fu signore di San Filippo il comes de Auceto Guglielmo detto Malospatarius o Maloseporarius che, secondo quanto testimonia Pirri, concesse all'abate Ambrogio di Lipari «ecclesiam Sancti Philippi in Monte Argyrio cum terris et quinque villanis et etiam partem omnium decimarum terrarum suarum quas habet in territorio Montis Argyri». A detto abate nel 1095 il signore di San Filippo, Roberto, figlio di Guglielmo, donò dieci villani. A partire dal 1187 la signoria di San Filippo finì nelle mani dei de Parisio, fino al 1274, quando il borgo diventò terra demaniale. Nell'età di Federico III vi si stanziarono gli Spatafora, partigiani degli Alagona e dei Chiaromonte, assediando il castello. Quando più tardi i sovrani Martino e Maria concessero San Filippo ad un loro fedele, Pedro de Sanchez de Calatayub, la cittadina, istigata da Artale II Alagona, si ribellò. Nel 1415 il castrum e la terra di Agira entrarono a far parte dei beni dotali delle regine di Sicilia. Nel periodo sicano forse esisteva già il Palazzo sulla cima del monte Teja (poi divenuto Castello), nel quale abitavano i Capi dei primi Agiri e nel quale abitarono successivamente i principi-tiranni siculi. Oltre al Castello si narra esistesse una fortificazione muraria munita di porta ciclopica. Durante il periodo greco, romano e bizantino, il Castello rivestì soltanto un ruolo di rappresentanza ad uso delle varie autorità della città. Con gli arabi, invece, riacquistò il ruolo originario, tornando nuovamente fortezza e costruzione di interesse primario. La fortificazione della città era formata da tre cinte murarie: la prima girava ad anello attorno al monte subito sotto il castello; la seconda circoscriveva una quota più bassa del monte; la terza, molto irregolare perché seguiva l'andamento delle rocce, si sviluppava all'altezza delle Rocche di S. Pietro. La porta, detta Eraclea, doveva trovarsi in prossimità di via Adamo. Nel 1354 il Castello ospitò Ludovico d'Aragona. Nei secoli XVI e XVII, perduta la propria funzione militare, cominciò a decadere sino a diventare una rovina già nel secolo XVIII. Durante il terremoto del 1693 il mastio del castello crollò e la torre centrale ottagonale fu gravemente danneggiata. Nel 1778 Vivant-Denon annotava che sulle fondamenta delle antiche mura erano state costruite le nuove case. Quanto oggi rimane del Castello di Agira può suddividersi agevolmente in due parti, poste a livelli altimetrici differenti. La prima è costituita dalla cinta muraria inferiore che cingeva con un perimetro irregolare di ca. 350 m la sommità del monte. I resti più cospicui si trovano, come già accennato, sul lato ovest, e sono costituiti da parti della cortina intervallate da tre torri di pianta e dimensioni diverse. La prima torre, posta sull'angolo sud-ovest della cinta (e denominata da Giuseppe Agnello 'torre C') ha pianta di trapezio rettangolo. Essa presenta all'esterno paramento regolare in blocchetti, totalmente differente dall'apparecchiatura incerta che caratterizza il tratto di muraglia che dalla torre prosegue in direzione nord. La torre si è conservata per una sola elevazione oltre al piano terra. I lati lunghi misurano rispettivamente m 12 e 10; quelli brevi m 8 e 6. Gli spessori murari variano leggermente, non superando comunque m 1,75. All'interno, il piano terreno era separato dal primo mediante un solaio ligneo testimoniato dai fori per le testate delle travi; il primo piano è coperto da una volta leggermente ogivale. Il tratto di muro che dalla torre si dirige verso nord è lungo m 29,50 e spesso m 1,70. Sulla parte interna si addossava un edificio di cui esistono le fondamenta. A questo segmento di muraglia seguiva probabilmente l'accesso principale del castello, guardato da una torre a pianta ottagonale ('torre B' di Agnello) di cui sono rimaste, parzialmente interrate, solo le mura perimetrali del piano inferiore coperto da una volta emisferica. Anche questa torre, come la prima, non aggetta dal muro. Del primo piano sussiste solo un avanzo sui lati nord e nord/nord-est, ornato da una bella finestra strombata. La tecnica muraria del paramento della torre ottagonale riconduce a quella della torre trapezoidale. A questa seconda torre segue una lacuna nel muro di cinta per la lunghezza di ca. m 26,50. Si incontra quindi una terza torre che la distruzione del muro di cinta ha lasciato completamente isolata. Si tratta della 'torre A' della ricostruzione di Agnello e presenta pianta quasi quadrata (m 8,70 x 8), spessori murari di m 1, 70. La torre sorge a cavallo di una scarpata naturale e pertanto il livello di base all'interno e quello all'esterno differiscono di ca. 5 m. La torre presenta un solo vano coperto da volta a botte spezzata ed illuminato, oltre che dalla porta, da due feritoie strombate. Alla terza torre segue un'altra lacuna muraria lunga ca. 15 m, quindi alcuni ruderi relativi probabilmente ad una quarta torre posta sull'angolo nord-ovest della cinta esterna. Delle altre parti di quest'ultima, sui lati nord, est e sud-est sussistono solo pochi avanzi. Lo stesso può dirsi per la cinta interna che racchiudeva una sorta di mammellone posto al centro della spianata difesa dalla cinta esterna. Dentro la cinta interna, oltre a scarsi avanzi di altre costruzioni, si conserva la chiesetta di San Filippo che nella sua facies attuale appare piuttosto recente, ed un vasto ambiente semi sotterraneo coperto da volta a botte con arco centrale di sostegno, quasi certamente una cisterna. La tradizione parla di un sotterraneo che si apriva all'interno del castello e che doveva arrivare fino a valle. Gli storici e gli eruditi locali hanno a lungo affermato che le origini del castello risalgono ad epoca islamica; in realtà, anche se l’esistenza di un complesso fortificato in età musulmana non può essere esclusa, non sussiste però a tal proposito alcuna testimonianza certa. Giuseppe Agnello, il grande pioniere della castellologia siciliana, non si pronunciò in maniera definitiva circa la datazione del castello di Agira, pur mettendo in evidenza le caratteristiche assimilabili alle architetture sveve meglio databili. Bruschi e Miarelli Mariani pur includendo il castello nel loro repertorio dei monumenti svevi, si limitarono a "non escludere la partecipazione del sovrano svevo alle sue vicende costruttive". Piuttosto prudente è anche il recente intervento di Alberti, secondo il quale la cinta interna ed i suoi edifici sarebbero da ascriversi al XIV secolo, mentre le tre torri del lato ovest e la cisterna sotterranea dovrebbero ascriversi ad una fase costruttiva precedente. Una forte impronta sveva nell’architettura delle tre torri superstiti del castello appare in realtà innegabile. Difficile rimane però valutare quanto a lungo sia potuta durare anche in età angioina e nella prima età aragonese l’influenza delle grandi fabbriche castrali realizzate per ordine dell’imperatore. L’esame delle strutture superstiti del castello di Agira portò già Giuseppe Agnello ad escludere l’esistenza di importanti interventi costruttivi o anche solo di adeguamento in epoca moderna. Il castello era già in rovina alla metà del XVIII secolo, come testimonia Vito Amico. Nel triennio dal 2008 al 2010, quando la Soprintendenza di Enna e l’Associazione Regionale SiciliAntica hanno fatto confluire le forze in un progetto teso a indagare questo che è tra i più importanti siti archeologici dell’antica Agyrion, attraverso tre importanti campagne di scavo. Il primo, scavo Agyrion 2008, è stato organizzato dalla Presidenza regionale di SiciliAntica sotto la direzione scientifica di Beatrice Basile, con il finanziamento di un’amministrazione comunale che si è dimostrata sensibile al recupero di tracce del passato della propria comunità: così sono state individuate nell’area del castello medievale, coincidente con l’acropoli della città greca, “diversi ambienti della zecca greca che hanno restituito una notevole quantità di reperti metallici (tondelli non battuti, scarti di fusione) afferenti all’attività della zecca nella seconda metà del IV sec. a.C.”. Altri link suggeriti: https://youtu.be/YV1PknIfko0 (video di Storie Enogastronomiche), https://www.vivienna.it/2015/11/22/castello-di-agira/, https://www.youtube.com/watch?v=oBKAV75-M1M (video di salvorussoct), https://www.youtube.com/watch?v=yF0TCLo_wVc, (video con drone di Gaetano Barbarino)

Fonti: http://www.comuneagira.gov.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-37100-1-9df4f5cd5eb159c27fe15f49f6aa2d0c, http://www.storienogastronomiche.it/il-castello-medioevale-di-agira-enna-testimone-della-sicilia-antica/, https://www.icastelli.it/it/sicilia/enna/agira/castello-di-agira-o-san-filippo-d-argiro, testo di Vita Russo su https://www.mondimedievali.net/Castelli/Sicilia/enna/agira.htm, http://iccdold.beniculturali.it/medioevosiciliano/index.php?it/112/catalogo-generale/9/, https://digilander.libero.it/agira1/castello.htm

Foto: la prima è presa da http://camminosanfilippo.com/cosa-vedere/castello-di-agira#/, la seconda è una cartolina della mia collezione

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