MARANO DI VALPOLICELLA (VR) - Castello
Nell'alto medioevo il territorio venne diviso in numerosi "vicus", alcuni dei quali sono identificabili ancora oggi con alcune delle contrade presenti. Nel XII secolo Marano e Valgatara erano attestati come comuni rurali che godevano di una non comune indipendenza da qualsiasi ente ecclesiastico. Tuttavia, a partire dal 1183 essi vennero sottomessi, seppur pacificamente, al comune di Verona. Con la crisi dell'epoca comunale, Marano fu teatro di numerosi scontri tra le varie fazioni politiche, mentre formalmente fu sotto controllo dei conti Sambonifacio. A scopo difensivo, intorno al X secolo la popolazione costruì un castello sull'odierno monte Castelon. Mentre nel XIII e XIV secolo i castelli della Valpolicella appaiono generalmente in via di definitivo abbandono, il castello di Marano fu mantenuto ancora in efficienza. Di esso si occuparono i membri della famiglia della Scala: Bartolomeo e, in particolare, Federico, figlio di Piccardo. Fu forse quest’ultimo a entrare per primo in possesso del castello di Marano in virtù di una non meglio precisata donazione ricevuta da Bonifacio de Bella, erede della famiglia da Marano, che poteva avere per oggetto proprio il castello. I legami tra Federico della Scala e la Valpolicella furono molto forti. Nel 1311, sulla base degli ampi possessi del padre e di un bando emanato dall’imperatore Enrico VII, egli costituì la sua signoria con il titolo di conte della Valpolicella. Due anni dopo stipulò con i rappresentanti del Comune di Verona e dei Comuni della Valpolicella importanti patti che sancivano i limiti dell’autorità di ciascuna parte in causa. Federico esercitò la sua giurisdizione in Valpolicella per quindici anni, cioè fino al 1325, quando, per aver ordito una congiura contro Cangrande, dovette fuggire in esilio, perdendo ogni diritto sul comitato. Continuò tuttavia con orgoglio a fregiarsi del titolo di conte della Valpolicella e nel suo testamento, redatto nel 1339, ricorda il comitato che «tempore meo de meis operibus cum auxilio Dei aquisivi» («al tempo del mio potere acquisii grazie alle mie opere e con l’aiuto di Dio»). Raccomanda inoltre ai suoi eredi di mantenere sempre il titolo e di non vendere o alienare i diritti relativi al comitato che ormai non possedeva più. Al tempo di Federico il castello fu dunque utilizzato come deposito di un ingente quantitativo di farina (più di 80 quintali) appartenente ai comuni della Valle ed è significativo che Federico della Scala rammenti la circostanza anche dopo molti anni di lontananza. Assai interessante è la notizia della distruzione del castello, avvenuta con ogni probabilità nel 1325, anno della caduta in disgrazia di Federico. Non si hanno informazioni su una sua successiva ricostruzione, che forse non avvenne. Il castello compare in un elenco di «castra Verone» dei primi decenni del Quattrocento e verso la metà del secolo, in occasione della visita pastorale del vescovo Ermolao Barbaro, la chiesa di Santa Maria di Minerbe viene ubicata «in Valleverda sive in castro»: il castello, o ciò che ne restava, doveva ancora essere ben riconoscibile. Con la venuta dei Veneziani, Marano entrò a far parte del Vicariato della Valpolicella, sorretto da un proprio statuto che gli riconfermò una certa autonomia. Sulla collina dominante Pezza, nei pressi della chiesa di Santa Maria della Valverde, ancora oggi si possono individuare i resti del castello di Marano: brani in muratura e una volta che doveva condurre ai sotterranei. Le vicende di questo castello risultano particolarmente interessanti. .... Il documento più antico finora noto menzionante il castello era infatti datato 1213 e in esso si dava in realtà notizia della sua esistenza solo indirettamente: la località di Canzago veniva ubicata nel castelaticum di Marano, cioè nel territorio facente capo a tale castello. Nel corso del XIII secolo fu distrutto dal terremoto del 1223 e successivamente ricostruito e mantenuto in efficienza. Non si sa quale fosse stato il suo ruolo nel periodo delle lotte di fazione, ma si può ipotizzare che fosse servito ai da Marano per scopi militari e fosse poi finito sotto l’autorità del Comune di Verona. Un documento del 1288 ricorda in modo casuale una marogna fatta «occasione forteze castri Marani»: si tratta di un muro a secco o di un mucchio di sassi fatto nel corso di lavori di rafforzamento (forteze ) al castello, effettuati con ogni probabilità pochi anni prima, forse per conto del Comune di Verona. Nello statuto cittadino del 1276, tra i luoghi fortificati di cui si deve occupare il podestà di Verona, figurano anche «castrum et turris Marani», il castello e la torre di Marano. Tale torre, che si trovava all’interno della cinta murata, veniva sorvegliata da una guarnigione di quattro guardie, rinchiuse, secondo la consuetudine, nella torre stessa per un mese.
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Marano_di_Valpolicella, http://www.maranovalpolicella.it/temi/castello/index.htm, http://laveja.blogspot.com/2008/12/verona-il-castello-di-marano-di.html
Foto: entrambe prese da http://laveja.blogspot.com/2008/12/verona-il-castello-di-marano-di.html
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