SCHEGGIA E PASCELUPO (PG) - Torre civica
Il paese di Scheggia sorge sulle sponde del torrente Sentino, alle pendici del Monte Calvario e Le Pianelle sulla strada Flaminia. Nella Tabula Peutingeriana degli inizi del III secolo, la località, situata sull'antica via Flaminia a 134 miglia da Roma nel punto in cui la strada valicava gli Appennini, è segnata come ad Ensem. Vi si trovava probabilmente una stazione per il cambio dei cavalli (mutatio). Nei pressi sorgeva il santuario oracolare di Giove Appennino. Dopo essere appartenuta, in età medievale, a Gubbio, passò ai Montefeltro per poi essere incorporata nello Stato Pontificio. Scheggia è ancora classificata provincia di Pesaro ed Urbino in data 1813 all'interno del catasto gregoriano. Il comune, già denominato Scheggia, assunse nel 1878 l'attuale nome in seguito all'aggregazione, nello stesso anno, del comune di Pascelupo. Il catasto gregoriano del 1813, conservato nell'archivio di stato di Roma, fornisce numerose informazioni riguardo alla struttura urbana del centro abitato, sulle destinazioni d'uso degli edifici e sull' utilizzo del suolo. Scheggia aveva sei torri, chiaramente rappresentate, seppure schematicamente, insieme alle mura ed alla porta dell’angolo sudorientale della cerchia muraria (quest’ultima anche nella carta della Diocesi di Gubbio del Giorgi, del secolo XVI), in una carta della Biblioteca Apostolica Vaticana (Codice Barberino Latino 4434, f. 66 r.). Una di esse (già nel secolo XVII adattata a torre campanaria) era corrispondente all’attuale campanile, in cui si vedono ancora due bocche da fuoco per archibugi, una seconda, ora mutila, si identificava, invece, con l’attuale sede della Croce Rossa, mentre, la terza, era, naturalmente, quella “maestra” (in pietra arenaria della Salita della Lama), altissima, bastionata e spettacolare, nella quale ha trovato degna quanto insolita collocazione la sede comunale: una delle più belle torri, con tanto di gogna, dell’intera fascia appenninica. La città aveva, poi, altre importanti torri sparse per il territorio castellano: una, trecentesca molto alta e tuttora presente, a difesa dell’abbazia di Sant’Emiliano, un’altra a guardia del lato meridionale del castello di Pascelupo (ora mutila e trasformata in abitazione civile) ed una terza, antichissima e poderosa, con tanto di barbacane, a difesa dell’eremo di Monte Cucco o di quanto ad esso preesisteva, forse un presidio militare dell’Ordine religioso e cavalleresco dei Templari. Una quarta torre di vedetta sorgeva, assai significativamente, nella località La Torretta. I suoi ruderi testimoniano come essa fosse costituita da pietra arenaria. Una tradizione popolare vuole che, dalle diverse torri della curia del castello di Scheggia, in caso d’allerta, fossero repentinamente scambiati segnali sonori (grida) e visivi (fumo) d’allarme. Il centro del paese (escludendo le adiacenti espansioni edilizie avvenute dal 1950 in poi) è costituito da un vero e proprio nucleo centrale, agglomerato e compatto (dentro le mura) e da una seconda zona esterna chiamata ancora oggi “Il Borgo” (fuori le mura) che si sviluppa lungo l’odierna via Sentino. Ancora intatto si trova “l’arco etrusco” così erroneamente e comunemente denominato, che rappresenta una delle antiche porte medievali di accesso dell’antico castello.
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Scheggia_e_Pascelupo, https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-scheggia-scheggia-pascelupo-pg/
Foto: la prima è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/castello-di-scheggia-scheggia-pascelupo-pg/, la seconda e la terza (altra torre adattata a campanile) sono prese da http://www.galaltaumbria.it/project/scheggia-e-pascelupo/
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