martedì 20 dicembre 2011

Il castello di lunedì 19 dicembre



SISSA (PR) - Rocca Terzi

Il nome di Sissa deriva dal termine latino "sixia" ossia scisso, cioè il distacco del suo territorio da quello di Palasone, al quale in origine era unito, a causa delle alluvioni del torrente Taro. Nel 1084 fu feudo del Capitolo della Cattedrale di Parma e venne poi concesso dal figlio del Barbarossa, Enrico VI, in signoria alla Curia nel 1195. Incominciò così per il borgo un periodo ricco di gesta medievali che lo portarono ad un alto grado di potenza. I nuovi feudatari abbatterono la torre quadrangolare, eretta a difesa dai tempi del Capitolo, e costruirono una rocca difensiva imponente, munita di randelli e salienti. Con il dominio di Ottobono Terzi, gran capitano di Gian Galeazzo Visconti, Sissa conobbe il periodo di maggiore splendore e dovette sostenere innumerevoli, sanguinosi attacchi, specialmente da parte dei Rossi di San Secondo. Ottobono ebbe successo in diversi assalti sino alla morte avvenuta nel 1409, ucciso a tradimento da Attendolo Sforza. Per la sua vicinanza al Po, Sissa fu oggetto di contesa tra la Repubblica di Venezia e il ducato milanese. I Veneziani si impossessarono di Sissa nel 1440 e rasero al suolo la Rocca, già molto danneggiata: le cronache del tempo dicono che il restauro fu ritenuto troppo costoso... Tornati i Terzi in possesso della Rocca, la ricostruirono in proporzioni modeste e, col passare degli anni, la città perse sempre più importanza. Della costruzione primitiva venne mantenuto solo il mastio che conserva ancora l'aspetto antico, con caditoie e beccatelli, seppur privato del ponte levatoio. La rocca subì un nuovo saccheggio nel 1551 durante nuovi scontri fra Rossi e Terzi, che videro la prevalenza ancora una volta di questi ultimi. Nella prima metà del XVIII secolo, l'ultimo conte Terzi diede in sposa la figlia Corona al marchese Bonifacio II Rangoni che assunse anche il nome di Terzi. Nel medesimo periodo, venne chiamato Sebastiano Galeotti ad affrescare le stanze della Rocca. Gran parte dell'aspetto attuale della rocca è frutto di una ristrutturazione settecentesca che ha collegato l'antico torrione-mastio cinquecentesco con i corpi residenziali laterali facendogli assumere l'aspetto di un palazzo signorile. Nelle parti settecentesche si notano degli inserimenti in cotto (finestre, fasce marcapiano, scalette, bugnati). La storia prosegue fino al 1805 quando furono sopressi i feudi e al conte di Sissa rimasero terreni, case e il castello. A metà Ottocento tutti i beni dei Terzi passarono in mano ai Raimondi. Per tutto il secolo la Rocca era accessibile frontalmente per mezzo di uno stretto ponticello in muratura. Dalla “piazzola” un altro ponticello, ortogonale al precedente, congiungeva l’abitato con la sede del dazio comunale, isolato da un muretto che insieme alle spallette dei ponti formava un quadrilatero nettamente staccato dalla parte occidentale del paese. Una serie di abbattimenti successivi ha portato, agli inizi del Novecento, alla costruzione di un monumentale scalone in muratura, cemento e marmaglia, posto dirimpetto alla strada ritagliata nel verde della vecchia ortaglia. Gli interventi più recenti riguardano la scala laterale, posta nella facciata orientale, ricostruita in cotto e cemento negli anni Cinquanta, e lo scalone d’ingresso sorto nel 1986, previo abbattimento del precedente. I Raimondi nel 1900 vendettero la rocca per 45 mila lire al Comune di Sissa, il quale la fece diventare sede degli Uffici Municipali, funzione che mantiene tuttora. All'interno si trovano vaste aule settecentesche con volte a vela e a crociera (una delle quali, con l'affresco del Giorno che scaccia la notte di Sebastiano Galeotti) funge da sala consiliare. Medaglioni ovali a soggetto mitologico corrono lungo le pareti dello scalone rifatto in marmo. Al primo piano si trova l'atrio con un Ganimede rapito sul soffitto. In una stanza è custodito un orologio esemplare di indiscusso valore, in ferro forgiato a due treni, restaurato e perfettamente funzionante: al tempo fu posto sulla torre e, poiché a carica manuale, richiedeva la presenza costante di un addetto. La campana dove batteva le ore è datata 1548 ma l'orologio è senza dubbio di parecchi anni più vecchio. Di grande effetto sono i bui sotterranei, illuminati da piccole “bocche di lupo”, con i loro soffitti a volta e le pareti in mattoncini faccia a vista.

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