Sipicciano ebbe nei secoli passati ordinamenti comunali propri, un proprio Statuto ed un proprio sigillo municipale, al cui centro campeggiava una grande S con in tondo l’iscrizione «Com. Castr. Sipicciani». Viene menzionata per la prima volta nell'anno 840, in cui si cita un Fundo Sepiciano in un documento dell'imperatore carolingio Lotario I. Dotato di statuto comunale autonomo, il centro fu danneggiato varie volte nel XII secolo durante le guerre fra guelfi e ghibellini. Esso fu sotto il dominio comunale di Viterbo allorquando, nel XIII secolo, passò sotto quello della famiglia perugina dei Baglioni di Castel di Piero, "famiglia molto potente al di qua ed al di là del Tevere" che, con vicende alterne, influenzarono la vita e le sorti del paese. Il piccolo centro, prevalentemente agrario, rimase pressoché autonomo fino al 1872, quando fu aggregato al comune di Roccalvecce, oggi frazione viterbese situata fra Graffignano e Celleno. Dopo aver inoltrato domanda varie volte, a partire dal 1887, per l'aggregazione al comune di Graffignano, l'ottiene infine nel 1928. Il castello di Sipicciano, con le sue torri ottagonali, è già nominato in un documento del 1263 (processo di Selva Pagana). Nel secolo XII, durante le continue guerre fra i guelfi ed i ghibellini nate fra le famiglie dominanti Viterbo e la Tuscia, quali i Di Vico, i Gatti, gli Orsini, i Monaldeschi, Sipicciano subì notevoli danneggiamenti, il più grande dei quali il 20 giugno 1293, con la distruzione del borgo per opera delle truppe orvietane. Sipicciano ritornò definitivamente sotto la dominazione della Chiesa grazie all’intervento militare e politico del Legato del Patrimonio di San Pietro, cardinale Egidio Albornoz, e grazie anche all’aiuto del capitano Simonetto Baglioni di Castel di Piero il quale, in ricompensa, ricevette metà del castello di Graffignano. Il castello, oggetto di omaggi e ricompense per i servizi prestati alla Chiesa, passò dal capitano Angelo di Lavello detto il Tartaglia che lo possedeva nel 1414, a Giordano duca di Paliano nel 1420, per poi essere offerto da papa Martino V nel 1424 a Giordano Colonna, principe salernitano, che nello stesso anno lo cede ai conti di Capranica Pandolfo, Giovanni e Giacomo. Il 3 marzo 1431 papa Eugenio IV elevò a contea i feudi di Castel di Piero, Graffignano e Sipicciano, concedendo a Francesco o Cecco III, di Giovanni I Baglioni, il titolo di Conte, quale benemerenza che la stessa famiglia Baglioni aveva acquisito nel difendere i diritti della Chiesa. Con esso iniziò un lungo periodo di dominio sui tre castelli della Teverina da parte della famiglia Baglioni. Nel 1434 Cecco Baglioni pagò il censo dovuto per i diritti acquisiti su Selva Pagana, vasta tenuta tra i territori di Sipicciano, Graffignano, Montecalvello e Pian Torena, mentre si rafforzò con gli anni e con nuove nobili parentele il dominio su Sipicciano. Fu infatti il figlio Pandolfo a tenere il castello ancora nel 1464 insieme alla moglie Maddalena, figlia di Matteo Orsini di Mugnano e di Agnese degli Anguillara. Dopo una serie di controversie nate per la spartizione dei beni fra gli eredi, il castello di Sipicciano passò ai fratelli Giovan Paolo e Fierabraccio di Pandolfo, che ne furono Signori nel 1514, e successivamente ai figli di quest’ultimo, Giovan Carlo e Pirro I. Morto Giovan Carlo e con Pirro I privato dei suoi beni dopo gli oltraggi di lesa maestà da lui commessi nei confronti di papa Adriano VI, il castello passò ad un altro Baglioni, Alfonso figlio di Antonio e di Beatrice Farnese, e da questi alla sorella Ortensia Baglioni-Farnese che nel 1545 diede avvio ai lavori di ristrutturazione del castello di Sipicciano che completò nel 1548, avvalendosi di valenti maestranze del tempo, quali lo scalpellino Musacco da Settignano. Ma Ortensia, sposatasi per ben tre volte in pochissimi anni, lasciò il castello per andare a vivere a Vignanello, cedendo la sua quota di proprietà al cugino Alberto Baglioni di Pierbaglione, che ne diventò padrone assoluto dopo aver acquistato anche l’altra quota, appartenuta a Francesca Baglioni, figlia di Pirro I Baglioni. Alberto visse prevalentemente a Sipicciano, curando i molteplici interessi che aveva nella ricca valle Teverina e dando inizio ad importanti lavori, segno della sua potenza e sensibilità artistica, fra i quali il decoro dell’aula magna del suo palazzo (a. 1566) e la commissione ad affrescare la Cappella di famiglia (a. 1582) nella chiesa di Santa Maria Assunta in Cielo. Morto Alberto il castello passò ai figli Federico e Pirro II i quali, oltre a terminare i lavori della Cappella commissionati dal padre, continuarono a curare i molteplici interessi che avevano non solo nella Teverina, ma anche a Viterbo, a Bolsena e nella Tuscia settentrionale. Ma la loro capacità amministrativa era di gran lunga inferiore a quella del padre, e per questi motivi il castello si avviò ad un lento decadimento ed a una lenta spogliazione, per via dei debiti e delle spese ormai insostenibili, anche da parte dei figli di Pirro II, Vincenzo e Paolo Antonio, a tal punto che i creditori fecero ricorso alla Congregazione dei Baroni. Il castello venne così venduto a Pietro d’Altemps, duca di Gallese, che nel frattempo si era offerto di comprare Sipicciano per la somma di 60.000 scudi, «cum pacto redimendi intra 8 annos...». I Baglioni si rivolsero successivamente al principe Barberini di Montelibretti offrendolo al prezzo di 90.000 scudi, di cui 30.000 per pagare le ipoteche e le cauzioni, e da questi Francesco Baglioni l’11 agosto del 1632, ricevuta la somma concordata, riscattò il castello a favore del principe Taddeo Barberini, nipote di Urbano VIII. Poco dopo moriva Francesco al quale succedettero i fratelli Vincenzo e Paolo Antonio i quali, il 15 gennaio 1633, confermarono la vendita al Barberini. Dal Barberini, che in quegli anni aveva dato in affitto il castello e le sue proprietà ai viterbesi Andrea Maidalchini e Tommaso Malvicini, Sipicciano passò il 19 dicembre del 1644 e per la somma di 90.000 scudi, a Prospero Costaguti del fu Antonio, patrizio genovese e cittadino romano, la cui famiglia tenne il castello sino all’anno 1879. Prima di essere ceduto all’Università Agraria di Sipicciano, nel 1923 il castello fu di proprietà anche delle famiglie Vanniccelli e Balestri. È da questa data che il piccolo castello godette della sua tranquillità. Sotto l’egida dell’Università Agraria, che ha una sua sede nel paese, il complesso è stato restaurato e adibito a museo archeologico, per i reperti provenienti dalla villa romana scoperta nella zona nel 2009. Le stanze presentano inoltre interessanti fregi affrescati raffiguranti membri della famiglia Baglioni. Altri link suggeriti: http://iviaggidiraffaella.blogspot.com/2018/03/sipicciano-sulle-tracce-della-famiglia.html, https://www.facebook.com/proloco.sipicciano
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Sipicciano, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Sipicciano, https://fondoambiente.it/luoghi/sipicciano?ldc, http://proloco-sipicciano.blogspot.com/p/cenni-storici.html
Foto: la prima è di Luciano Trenta su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Sipicciano#/media/File:Castello_Baglioni_a_Sipicciano.jpg, la seconda è presa da https://fondoambiente.it/luoghi/sipicciano?ldc
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