I Rossi, nominati nuovi rappresentanti amministrativi del Principe Vescovo di Bressanone, in base alle direttive del Concilio di Trento, si stabilirono a Pozza e costruirono la Torre di Pozza (oggi dietro al municipio) ma, pur tenendoci al titolo legato al castello, abitarono a Pozza nella casa con il portico a due archi, che era stato il Vecchio Dazio a difesa del Ponte sull'Avisio, prima che il Rio di San Nicolò smottasse la costa e spostasse con i suoi detriti l'alveo dell'Avisio. La valle da sempre è particolarmente soggetta a frane e ad alluvioni. Da tener presente a questo proposito che Pozza di Fassa, si chiama Pozza proprio per l'immenso lago che si era formato in quel punto, a causa della frana che scese da sopra Vigo fino a sotto San Giovanni, bloccando il corso del fiume e formando un grande lago detto la Pozza. Si dà la paternità della superstite Torre di Pozza alla nobile Famiglia de' Rossi proveniente dalla Val di Non o dalla Val di Sole. I de' Rossi, rappresentanti ministeriali del Vescovo di Bressanone, entrarono così, alla fine del '500, a far parte dei giochi di potere all'interno della Valle di Fassa. Di famiglia colta e ricca, si vantavano di essere un ramo cadetto dei ben più famosi Rossi di Parma, cosa probabilissima. Negli anni dell'insediamento del Rossi in valle, il Vescovado di Belluno era retto da un Rossi di San Secondo di Parma. Anche se è ancor più probabile che fossero discendenti dei Conti Flavon del Rosso, i quali discendenti dei Signori di Merania, furono la prima famiglia ad essere investita del feudo di Castel Ruina dei Flavon e della Contea della Val di Non. Quando il nobile de Rossi si trasferì in Val di Fassa, la sua famiglia aveva perso i diritti sulla Contea di Non da secoli. Era una ricca famiglia notarile, completamente dimentica delle proprie origini, ma deteneva ancora l'avito stemma del casato Flavon con i due leoni d'oro dei due rami, il blu e il rosso, riconfluiti in un'unica discendenza prima di venir spodestati. Non portavano più sullo stemma la pila di conti avvocati ecclesiastici e nemmeno l'immagine del castello, perché erano legate al titolo perduto. Molte famiglie italiane dell'area dei liberi comuni durante il Rinascimento videro i rampolli dei loro rami cadetti quasi rispuntare dal nulla e costruirsi ingenti fortune indipendenti, acquisendo nuove patenti di nobiltà. Tanti tentarono la fortuna nelle valli alpine ricche di miniere, boschi e mulini, o per mare come mercanti. Tante famiglie alpine, viceversa, soprattutto di area veneta e trentina, approfittarono del Porto di Venezia, e si arricchirono tanto da acquistare feudi lungo l'Adriatico fino all'estremità pugliesi, alla Grecia e al Medioriente. L'avversione ai nuovi signori, i Rossi, amministratori rappresentanti del Principe Vescovo, diede luogo da parte dei vecchi cortesi signori di Vigo a una esasperata e intricata parcellizzazione del potere in frammenti sempre più piccole, per sfuggire al nuovo dominatore e non lasciare il potere in mano dei nuovi arrivati. Il potere antico passò di mano in mano tra le famiglie dei nobili maggiorenti della valle, tramite compravendite e matrimoni. Il disordine amministrativo arrivò a un livello così elevato che nel '700 parte della Valle di Fassa, circa un terzo, varcò il confine e passò in territorio veneziano con i rispettivi diritti feudali sotto forma di dote matrimoniale di una fanciulla sposa di un ragazzo zoldano. I due sposi non avevano secondi fini, ma essendo intestatari di un territorio di confine constrinsero il Principe Vescovo di Bressanone a solertemente ricomprarsi questo pezzo del suo principato pagandolo in oro per scongiurare la guerra con la Serenissima Repubblica di San Marco. I Rossi, presto nuovamente dipartiti dalla valle, a caccia di nuove cariche più lucrose, lasciarono il Castello e la Torre in amministrazione e poi in eredità a nipoti e parenti avuti con i matrimoni con la nobiltà locale, frutto dell'estesa e sapiente politica matrimoniale volta a dirimere bonariamente le controversie sulla spettanza dei diritti feudali. Il primo ed efficace matrimonio fu quello con la figlia del Notaio Costazza, dalla quale i Rossi ricevettero in dote i primi diritti feudali in valle da poter esercitare in proprio, senza scomodare le proprie prerogative di nuovi ministeriali. Il ramo principale dei Rossi del Castello della Torre di San Nicolò fu presto chiamato a prestare i propri servigi a Corte dal Principe Vescovo e abbandonarono così la valle di Fassa. Ora vivono a Vienna con il nome di VonRossi. Fra gli edifici più antichi conservatisi merita una segnalazione quello denominato “la Torn” (‘torre’), ora abitazione civile, di struttura quadrangolare dalle possenti mura e munita di strette feritoie sotto un tetto a spiovente, che rappresenta l’unico esempio di antica fortificazione presente in valle (XV-XVI sec.). Una costruzione analoga, sede nei secoli passati dell’autorità giudiziaria della Val di Fassa, era visibile a Vigo di Fassa fino al 1935, anno in cui fu demolita. La Torn (detta anche Mas per le sue finalità agricole durante l'800) è un austero edificio, superstite a svariate demolizioni e ricostruzioni, anche recenti. Sorge su di un'altura all'imboccatura della Val San Nicolò dove confluisce il Rio San Nicolò nel Fiume Avisio ed è il residuo del Castello di San Nicolò, cioè della Corte Bassa di Fassa, che aveva al centro un edificio voluminoso che è l'attuale Casa Costazza, con le pertinenze ed annessi cioè magazzini in legno per la raccolta dei proventi della valle. In più, però, aveva degli edifici un po' particolari tutt'intorno, cioè delle semplici casette basse a pianta quadrata, ma che volevano apparire come cinta difensiva, ed erano collocate lungo il ciglio del pianoro, che per la verità in alcuni punti si staccava dal fondo valle di soli pochi metri, ma circondato dalle acque torrentizie dell'Avisio e del S.Nicolò, risultava comunque in posizione isolata ed elevata se viste dal basso. Il Rossi fu citato in giudizio dai Fasani per l'edificazione della Torre d'angolo, a strapiombo sulla scarpata. Fu in quell'occasione che esibì le sue patenti nobiliari, ma l'esperienza spense le sue velleità feudali, e quindi si limitò nel costruire. Una volta abbandonata in quanto i Rossi vennero chiamati a servizio a corte, la torre fu poi adattata ed adibita ad abitazione passando di mano in mano alle famiglie della piccola aristocrazia locale. All'interno, non visitabile, belle volte candide, una interessante stube settecentesca con intarsi e policromie, altri elementi semplici in legno. L'edificio della Torre si stagliava fino alla fine dell'800 in posizione isolata al termine dell'immenso prato del Dosso di Sotto (Dassè) ed era il protagonista del paesaggio della valle. Recenti restauri ne hanno alleggerito la struttura, rendendola più delicata.
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Pozza_di_Fassa, https://www.comune.senjandifassa.tn.it/Vivi-Sen-Jan-di-Fassa/Ex-Comune-di-Pozza-di-Fassa/Pozza-di-Fassa-in-breve, https://www.visittrentino.info/it/guida/da-vedere/torre-di-pozza_md_2403,http://castelli.qviaggi.it/italia/trentino-alto-adige/torre-di-pozza-di-fassa/
Foto: la prima è presa da https://www.visittrentino.info/it/guida/da-vedere/torre-di-pozza_md_2403, la seconda è di Chiara Tomasoni su https://www.cultura.trentino.it/Media/Images/castello_torre-di-pozza-di-fassa
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