MONTEU ROERO (CN) – Castello Roero
Il castello dei Roero, in posizione dominante l'abitato, è stato rimaneggiato più volte ma conserva all'interno capitelli trecenteschi in armeria e affreschi e decorazioni del Seicento raffiguranti il mito di Dedalo e Icaro, il mito di Fetente, il mito delle Ore, le allegorie del Giorno e della Notte. Nel salottino adiacente al salone centrale è raffigurata la protezione della Vergine nella liberazione di Bonifacio Roero dalla prigionia durante le Crociate. Secondo alcune fonti venne edificato intorno al X secolo, ma la prima menzione della struttura difensiva risale al XII secolo. La storia di Monteu è legata a quella di due famiglie che vi regnarono a lungo: i Biandrate, che lo ottennero nel 1153 da Federico Barbarossa il quale, così vuole la tradizione, vi lasciò una sbalorditiva somma di denaro – chi dice 9.000 e chi 48.000 fiorini – agli stessi Biandrate per averne il feudo. I Roero giunsero a possedere diversi feudi ma Monteu restò sempre il più frazionato: tutti i rami della famiglia vi vollero conservare quote di possesso. Con il tempo i due terzi del feudo si accentrarono nella seconda linea dei Monteu che si estinse nel 1747 con Baldassarre Michele. I Roero aggiunsero il loro nome alla denominazione del luogo: così Monte Acuto diventò Monteu Roero. Il castello, antica roccaforte dei Biandrate, venne in parte ricostruito dai Roero nel 1570 che lo trasformarono in villa residenziale. Il maniero fu ulteriormente ristrutturato dopo i danni del terremoto del 1887. Oggi si presenta come un massiccio parallelepipedo in laterizio con le cortine aperte da finestre e dominato da una torricella centrale. Al castello è legato un curioso episodio, raccontato nel libro "Storia e leggenda dei tesori nascosti nei castelli piemontesi" di Albero Fenoglio. Vi si racconta che, non molti anni fa, il bibliotecario del barone di Winterman, riordinando dei libri, constatava come la parte superiore della rilegatura di un volume fosse circa il doppio della parte inferiore. Tagliata la pelle, dal nascondiglio uscì fuori un foglio di pergamena, che il tempo aveva ingiallito, e su cui erano annotati dei segni incomprensibili. Col permesso del Barone e con l'aiuto di un professore universitario di appurò che si potevano decifrare con le indicazioni provenienti dai testi delle filosofie occulte. Saltò fuori la vicenda di alcuni Spagnoli che, mentre si ritiravano dal Monferrato, dovettero, arrivati su una collinetta in vista del Po, cercare rifugio nei boschi e nascondere il bottino che portavano con loro. Si trattava di un vero e proprio tesoro (sacchetti di monete d'oro, forzieri di monete d'argento, collane, braccialetti, tavolette d'oro e d'argento con intrecci d'angeli lavorati a sbalzo) che sarebbe stato sepolto tra quattro querce, una vecchia torre ed antiche mura su una collinetta prospiciente un paesino. Bisognava dunque, sulla scorta di queste sommarie e piuttosto generiche indicazioni, determinare il luogo. Studiando il possibile percorso degli Spagnoli, considerando che alcuni oggetti presenti nell'elenco del bottino erano sacri, di concluse che non poteva che arrivare da una abbazia del Monferrato; seguendo poi le colline ed il percorso del Po, i ricercatori scorsero la torre di Monteu che si richiamava a quella citata nel documento. Si iniziarono gli scavi che furono presto interrotti perché il Barone dovette trasferirsi per affari e vennero a mancare i mezzi per finanziare una così difficile impresa.
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