martedì 20 luglio 2021

Il castello di martedì 20 luglio



GOITO (MN) - Castello Gonzaga

Sul finire del V secolo, dopo la caduta dell'Impero romano d'Occidente, divenne una fortezza dei Goti (Ostrogoti, Visigoti o entrambi), dai quali appunto deriverebbe il nome Goito, per essere successivamente conquistata prima dai Longobardi e poi dai Franchi. La sua cruciale ubicazione geografica lungo il Mincio e la via Postumia ne determinò l'importanza anche in epoca medievale, prima sotto il dominio imperiale (rappresentato dalla potente famiglia Canossa) e poi come libero comune. Nel XV secolo Goito fu contesa da Visconti e Gonzaga finché, dopo la battaglia del 14 giugno 1453, entrò a far parte stabile dei possedimenti del marchese di Mantova Ludovico III Gonzaga, che diede notevole impulso al rilancio dell'economia locale (la costruzione del cosiddetto Naviglio di Goito, il ponte in mattoni sul Mincio e il restauro delle fortificazioni) e vi eresse una propria residenza (cui lavorò anche il Mantegna nel 1463-64) dove morì di peste nel 1478. Nella seconda metà del Cinquecento la città conobbe nuova prosperità con i duchi Guglielmo e Vincenzo I Gonzaga. Seguirono il declino della dinastia e la decadenza dei possedimenti gonzagheschi, che nel 1708 furono annessi al ducato di Milano in mani austriache, non prima di aver subito gli ingenti danni del terremoto del 5 luglio 1693 (crollo della borgata del Merlesco, delle mura della rocca e di parte della chiesa parrocchiale). Alla fine del Settecento la città fu conquistata dai francesi e più tardi riconquistata dagli austriaci. Si fa cenno del castello, edificato sulle rive del Mincio, già ai tempi di Matilde di Canossa e del vescovo di Mantova Manfredo dal 1109 al 1147, che donò alcuni beni del castello al monastero di Polirone. Durante il corso dei secoli, la struttura subì attacchi e devastazioni. Tra questi è noto l'attacco posto da Federico II di Svevia nel 1236 e da Ezzelino III da Romano nel 1251. Al tempo del marchese di Mantova Ludovico III Gonzaga (1460), l'antica rocca venne collegata ad un palazzo dotato di vasto parco, divenendo così una sontuosa dimora signorile immersa nella campagna mantovana. Già prima di diventare Signori di Mantova i Gonzaga vivevano tra gli svaghi e gli ozi campestri nella loro "Contea di Marmirolo", nel cuore della quale si erano fatti costruire un massiccio palazzo, irto di torri ma allietato da leggiadre bellezze interne. Tale palazzo antico era circondato dalle acque del «RE DEI FOSSI» oggi denominato semplicemente « RE » che avevano funzione di rafforzarne la difesa secondo l'uso del tempo. Quando, però, la potente famiglia poté giungere alla Signoria di Mantova, il vecchio edificio non parve più adeguato alla nuova dignità principesca. Fu allora che si pensò alla costruzione di dimore che potessero meglio appagare la smodata ambizione gonzaghesca, non mai smentita nell'interrotto dominio di quasi quattro secoli. Sorsero così ville e palazzi in tutti i punti del loro vastissimo territorio. Con Francesco II (1500) l'edificio venne abbellito e dotato di importanti opere d'arte e decorazioni, popolando il parco di numerosissimi e svariatissimi animali selvatici. Divenne poi questa la residenza preferita del Duca Guglielmo ch'egli rese magnifica secondo i suoi gusti personali. Benché compiuta negli ultimi anni della sua vita (1584-85-86-87), l'opera riuscì un gioiello d'arte, che nulla ebbe da invidiare alle più rinomate ville dei Gonzaga sparse in quasi tutti i punti del loro vasto territorio. Economico par suo, per non dire avaro, Guglielmo volle usare una magnificenza attalica, profondendovi l'ingente somma di trecentomila scudi d'oro. Tale cifra è accettabile perchè la floridezza economica del Casato toccò l'apice sotto il suo governo. Nonostante le numerose spese per una corte che contava un migliaio di persone, e pur con le grandiose costruzioni, Guglielmo aveva nei suoi bilanci annuali un avanzo medio di circa cinquantamila ducati e, alla sua morte, pare vi fossero nel "Camerino ferrato di Cortevecchia" due milioni d'oro in contanti ! Non fa meraviglia, quindi, che egli ne spendesse a profusione per il Castello di Goito, cioè per un'opera che doveva rappresentare l'apoteosi di Mantova e dei Gonzaga. Guglielmo vi morì il 14 agosto 1587. Nel castello fu rinchiuso e trovò la morte il 24 maggio 1571 Flaminio Paleologo, figlio naturale di Giovanni Giorgio del Monferrato, ultimo marchese del Monferrato della dinastia dei Paleologi, reo di aver tramato contro il duca Guglielmo Gonzaga. La durata della fase di splendore del castello fu breve e di poco superiore a quella della dinastia gonzaghesca che lo possedette. Un primo alleato del tempo fu quello spaventoso del terremoto del 5 luglio 1693 "che tanti danni portò al Ducato Mantovano", e per il quale crollarono alcune stanze di questa residenza. Per poco, non ci rimase sepolto il Duca Ferdinando Carlo. Ma quando le cose dei Gonzaga volgevano a precipizio, la rovina politica traeva con sè anche la rovina di tutti quanti gli stupendi palazzi. Nella guerra per la successione spagnola che infuriò sul mantovano, e in particolar modo sul nostro territorio, dal 1701 al 1707, Goito patì orrendamente; il palazzo era ancora in uno stato tollerabile, e rimase tale fino al 1735, quando vi pose il suo Quartiere Generale il re di Sardegna, Carlo Emanuele III, che nella guerra di successione con la Polonia, comandava i Gallo Sardi sul Mantovano. In queste scorrerie di eserciti nemici, la Villa Ducale era esposta a tutti i malanni, erano rubati i quadri, gli arazzi, i rasi, i cimeli preziosi; erano devastati i giardini, il parco, uccisi gli animali, infrante le fontane; il palazzo, danneggiato dal tiro delle artiglierie e non mai restaurato, ora caserma dei soldati, ora in balia dei villici, che lo consideravano senza padrone, era diventato quasi irriconoscibile. Un giorno cadeva un soffitto, un altro cadeva un muro; andarono in pezzi gli usci, le imposte; era tutto una rovina, e nessuno pensava ad arrestarla. Nel 1734, per ordine dell'imperatore Carlo VI, furono intrapresi i lavori per il risarcimento dei baluardi della Fortezza. Quella superba mole, che in pochissimi anni si sfasciò totalmente, di cui non rimase altro che la memoria. Di fatti a rendere più eloquente la mutevolezza delle ultime pietre della storica Villa, esistono nell'archivio di Stato di Torino documenti comprovanti il Castello di Goito, come ad esempio un magnifico disegno del Prefetto delle Fabbriche Ducali "Domicilio Moscatelli", detto "Battaglia". Dell'antica roccaforte risalente al XII secolo situata nel centro di Goito, oggi, come detto, rimangono solo i ruderi.

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Goito, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Goito, https://www.comune.goito.mn.it/it-it/vivere-il-comune/cosa-vedere/castello-dei-gonzaga-e-cinta-murarie-resti-43837-1-5b62afc07752afc82cbee49f37f0ce86

Foto: la prima è di Massimo Telò su https://it.wikipedia.org/wiki/Goito#/media/File:Goito-Ruderi_del_castello.jpg, la seconda è presa da https://www.mypacer.com/it/routes/10648/percorso-di-salva-nr-17-mincio-camminata-pista-goito-provincia-di-mantova-italia

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