venerdì 1 maggio 2020

Il castello di venerdì 1 maggio



GUBBIO (PG) - Castello di Caresto

Il castello di Caresto sorge su una collina a circa 700 metri di altezza, di fronte al castello di Biscina e a quello di Giomici. Si possono osservare ancora alcuni ruderi, fra cui l'imponente torre di avvistamento, i resti di una casa colonica ed una chiesa dedicata un tempo a San Bartolomeo. Il toponimo deriva forse da Carysto, secondo la tesi del Bensi, nome della città da cui potrebbero provenire gli antichi progenitori degli abitanti di Caresto, la cui ascendenza risalirebbe allora all'antico popolo dei Liguri. Si racconta infatti che i Romani guidati da Marco Popilio Lenate si scontrarono con le tribù liguri degli Statellati nel 173 a.C. A seguito della loro sconfitta, i Liguri furono fatti schiavi e relegati dai vincitori a vivere lavorando nei campi, forse nel territorio montuoso che sovrasta la valle del Chiascio. Le prime notizie del castello di Caresto risalgono al X secolo d.C., quando un console del libero Comune di Gubbio, chiamato Mattia, risulta essere il proprietario di un terreno in località Caristi. La fortezza fu distrutta durante gli scontri dovuti al tentativo orchestrato da Giovanni di Cante Gabrielli di diventare il tiranno di Gubbio. Venne ricostruito nel 1352, fortificato con l’aggiunta di due torricelle e una torre nel 1377. Fu conquistato da Giovanni di Cante Gabrielli nel 1388. Quattro anni dopo il castello venne occupato con un colpo di mano da Giovanni Cattivello che lo rivendette al Conte Antonio di Montefeltro per 1500 fiorini d’oro, il quale lo fece subito demolire. Su richiesta degli abitanti di Caresto, Carbonesca e Magrano nel 1414 il Castello venne ricostruito, rimanendo per molto tempo un cardine della difesa del territorio eugubino. In un atto del 28 febbraio 1559 gli uomini di Caresto chiesero ed ottennero il permesso di poter restaurare la torre del vecchio castello che andava deteriorandosi per poterla abitare. Oggi le condizioni sono disastrose, i pochi ruderi del castello e della piccola chiesa sono inseriti in un’azienda agrituristico – venatoria che ha recintato tutta l’area intorno per consentire il pascolo agli animali allevati allo stato brado. Quello che resta è letteralmente invaso da spine e rovi tanto da aver fatto scomparire ogni tipo di manufatto, si nota solo da lontano in mezzo alle spine il piccolo campanile a vela che anch’esso tra non molto scomparirà. Nella corte, molto spaziosa, sopravvive al tempo uno splendido esemplare di Taxus baccata, raro in Italia e tipico delle regioni del nord Europa. Questa specie è una delle piante più longeve oggi note. Sin dai tempi dei Celti, il tasso era considerato l'albero della morte, ma era visto anche come simbolo di immortalità dell'anima e veniva posto in prossimità dei cimiteri. La sua connessione con la morte era data probabilmente dal potente veleno contenuto nelle sue foglie e nei suoi semi, nonché dal colore cupo del suo fogliame. 

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