PIANCASTAGNAIO (SI) – Rocca Aldobrandesca
Fin dall' XI° secolo l'area della Toscana meridionale attorno al castello di Piancastagnaio fu oggetto della politica espansionistica della potente famiglia comitale degli Aldobrandeschi, che possedeva già numerosi castelli tra Maremma e Amiata e che nel corso del XIII secolo rafforzò il proprio dominio contendendo la Toscana meridionale a Siena, Viterbo e Orvieto. Tutto il territorio è ricco di testimonianze storiche legate al loro potentato. Come quasi sempre parlando dei possedimenti Aldobrandeschi anche Piancastagnaio fu conteso alla nobile famiglia dai monaci dell'Abbazia San Salvatore a partire dall'anno 1000. La rocca sorse in un luogo facilmente difendibile, dal quale si poteva controllare la vallata sottostante, in un'area di confine spesso disputata. La fortificazione fu menzionata per la prima volta in un diploma imperiale dell'imperatore Enrico VI nel 1194 e in uno di Ottone IV di Brunswick del 1210 che ne confermavano la proprietà all'Abbazia di San Salvatore. Passata agli Aldobrandeschi, la rocca finì sotto il controllo di Orvieto nel 1333. Solo fra il 1415 e il 1430 Siena riuscì finalmente ad impossessarsi di Piancastagnaio, che fu annesso al Capitanato di Radicofani. Nel 1450, la Repubblica di Siena cominciò un'indagine sulle condizioni delle fortezze dei propri territori e si decise di compiere un'opera generale di restauro delle difese, inclusa la rocca di Piancastagnaio. Tra il 1465 e il 1478 gli interventi di restauro e ammodernamento diedero alla rocca l'aspetto attuale. Dopo che nel 1559 Siena fu annessa ai domini dei Medici, i Granduchi di Toscana concessero Piancastagnaio in feudo ai Bourbon del Monte Santa Maria, che ne divennero marchesi nel 1601 e trasformarono la rocca in una prigione. La costruzione ha forma quadrata ed è dotata di alte muraglie fortemente scarpate. Dal recinto si innalzano due torri, la più grande, sia come solidità che altezza, aveva funzioni di cassero, l'altra (chiamata localmente Rocchetta), che in origine doveva svolgere il duplice compito di sorvegliare sia le porte del paese che l’antica porta di accesso al castello, che si trovava sotto di essa, con il conseguente vantaggioso risparmio di personale nei turni di guardia. Tutto il complesso era dotato di apparato difensivo a sporgere su beccatelli e merlatura, ancora oggi quasi intatto. I beccatelli avevano uno scopo decorativo e, come usanza del tempo voleva, stavano a simboleggiare la corona sovrana. Servivano come abbellimento di fortezze militari che sarebbero risultate rozze e brutte. Il mastio fu apposto sulla primitiva costruzione negli anni 1471-1478. Per salire nei locali superiori della possente torre, il cui accesso si trova a quota notevolmente alta rispetto al cortile, era necessario che il nemico salisse le due rampe della scala esterna e opposta all’ingresso più recente quindi durante la salita avrebbe potuto essere colpito ancora una volta. Ma pur supponendo che anche in tale salita l’assalitore avesse potuto cavarsela non sarebbe riuscito ugualmente ad accedere al mastio: infatti il ripiano seguente al termine della seconda rampa della scala in pietra era invece di legno e facilmente ribaltabile dal mastio stesso. Il mastio dunque era ben predisposto per un’ultima ma nient’affatto disperata difesa ad oltranza: era una fortezza nella fortezza. Esso era totalmente attrezzato per partecipare appieno alla difesa dell’intero castello: si osservi e si pensi anche alla torre sporgente dall’angolo esterno al paese, alta quanto il mastio stesso, istituita con l’evidente intento di rafforzare questo e tutto il complesso nell’angolo più esposto agli attacchi esterni. Il mastio è interamente in pietra squadrata. Anche le coperture sono realizzate con volte a botte in pietra: a serie di coppie sovrapposte nel mastio che a causa della sua grandezza non sarebbe stato facile coprire con un’unica volta. I piani superiori del mastio erano ottenuti con impalcati sovrapposti in legno; essi presentavano numerosi vantaggi: più economici e leggeri, meno ingombranti e, interamente protetti da murature in pietra, non potevano essere incendiati dall’esterno. Le terrazze superiori della rocca sono pavimentate con lastre in pietra. Nella Rocchetta, sul lato est, è murato lo stemma in marmo degli Aldobrandeschi. Altro stemma della stessa casata nonché lo stemma di Siena sono posti sul lato settentrionale del mastio. Tali stemmi sono in pietra o marmo e tutti a forma di scudo. Altri graffiti appartenenti a commissari o capitani che si avvicendarono nel castello tra i secoli XIV e XV si trovano sugli stipiti della porta d’ingresso al mastio. Due ulteriori graffiti, riportanti le date 1471-1478 si trovano sulle pietre della scarpata in prossimità della porta dal lato settentrionale. La rocca è in ottime condizioni grazie ad un'attenta opera di restauro svolta in più fasi (dal 1962 al 1970, grazie all'allora proprietario il Commendator Gino Bigazzi, e negli anni Novanta, dopo essere divenuta proprietà del comune). Oggi, grazie all'individuazione di spazi espositivi, ospita mostre d'arte. La rocca è il simbolo della contrada Castello. Nel mese di Luglio nella piazza del castello viene organizzato il Roccone Festival. Altri link suggeriti: https://www.prolocopiancastagnaio.it/la-rocca-aldobrandesca/, https://www.facebook.com/scopripiancastagnaio/videos/la-rocca-di-piancastagnaio-monte-amiata-toscana/277031150174738/ (video), https://www.youtube.com/watch?v=CjqUNAIQMzM (video di Amiata Film), https://www.youtube.com/watch?v=_x-UIncltuA (video di Bjane G.), https://www.youtube.com/watch?v=0JzmBrZPTG4 (video di My Amiata Experience)
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Rocca_aldobrandesca_(Piancastagnaio), https://castellitoscani.com/piancastagnaio/,https://www.scopripiancastagnaio.it/la-rocca/
Foto: entrambe sono cartoline della mia collezione
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