martedì 20 aprile 2021

Il castello di martedì 20 aprile


FIVIZZANO (MS) - Castello dell'Aquila in frazione Gragnola

Il Castello dell’Aquila domina dall’alto di un colle il borgo medievale di Gragnola, abitato posto alla confluenza tra i torrenti Aulella e Lucido. Le origini dell’insediamento fortificato sul colle sono incerte, probabilmente da correlare al controllo sui transiti medievali che dal centro Europa raggiungevano Roma, incrociandosi in corrispondenza del nodo viario del borgo sottostante. Non esistono documenti che ci consentono di delineare con certezza le fasi costruttive del fortilizio. Secondo alcuni storici Gragnola sarebbe Forum Clodi, località riportata nel più antico “atlante stradale europeo” che la storia ricordi, noto come Tabula Peutingeriana e risalente ai primi secoli dell’alto medioevo. La prima struttura fortificata fu forse edificata da antichi nobili locali tra il IX e il X secolo, i Bianchi d’Erberia. Il castello e i suoi feudi passarono a Spinetta II il Grande nel periodo che coincise con la sua espansione in gran parte nella Lunigiana orientale, ovvero tra il 1327 e il 1352, data della sua morte. Due sono le dinastie di marchesi che prendono il nome da Castel dell’Aquila, entrambe provenienti dal ramo malaspiniano di Fosdinovo: la prima ebbe origine da Galeotto di Fosdinovo nel XIV secolo, la seconda iniziò con Lazzaro, figlio di Antonio Alberico marchese di Fosdinovo, la cui discendenza si estinse nella prima metà del XVII secolo. Tra le ultime modifiche rilevanti vi è la costruzione della cinta muraria esterna, tra i secoli XV e XVI, ad opera dei nuovi marchesi di Castel dell’Aquila per adeguare le ormai obsolete difese medievali inadeguate alle armi da fuoco. Fu totalmente cambiato l'accesso al fortilizio: il percorso dalla prima porta corre esterno lungo le mura ed è difeso da una torretta rotonda, aggettante su beccatelli in pietra, la costruzione di un barbacane rotondeggiante - più un torrione in verità - con corpo di guardia dotato di feritoie ad occhiello e troniere rivolte alla vallata, nel quale si apre una seconda porta con arco a tutto sesto, accesso al cortile esterno/lizza, completava il sistema di difesa. Tutto il percorso fino al portale di ingresso al cortile interno è "murato" e dotato di ulteriori feritoie. In pratica l'accesso al castello fu trasformato un corridoio dal quale era quasi impossibile deviare. Anche la scarpatura della quale sono dotate gran parte delle mura e il mastio, sembrerebbe risalire a questo periodo, non esistono infatti tracce nè testimonianze dell'esistenza di un apparato difensivo a sporgere precedente e sembra assai improbabile il loro utilizzo contro una guerra di mina a queste altitudini e su un terreno così roccioso. Il declino politico ed economico dei Malaspina portò all’abbandono del Castello. Fu il Novecento però il secolo buio del Castel dell’Aquila, danneggiato dal terremoto del 1920 e da anni di incuria, abbandonato dopo che gli ultimi proprietari ne minarono la torre, allora pericolante, con la dinamite. Sono serviti due anni per liberarlo dalla sterpaglia, dieci per riportarlo alla sua originale imponenza, grazie ad un importante lavoro di restauro fatto eseguire con passione dall’attuale proprietà. Durante i lavori sono stati compiuti studi che hanno permesso di comprendere le varie fasi di sviluppo dell'insediamento e le successive modifiche apportate nei secoli. Oggi il Castello dell'Aquila appare come una possente struttura costituita da un unico corpo di fabbrica che ingloba il mastio di forma quadrilatera, con quattro piani (tre interni e il quarto a copertura - originariamente i soffitti erano in pietra con volta a botte, oggi ricostruiti in legno), per dimensioni uno dei più grandi della Lunigiana insieme a quello della vicina Verrucola dei Bosi, e altre tre torri angolari, quella di nord-ovest attraversata da una porta, principale accesso al cortile interno dopo le modifiche rinascimentali. Bello l'accesso al cortile interno, rialzato rispetto al piano della lizza e difeso da un primitivo antemurale-rivellino quadrato, con doppio portale rifinito in pietra serena, ai cui lati si aprono due feritoie. Nell'atrio, subito sulla destra, troviamo la cappella, restaurata e riconsacrata nel 2005. Il cortile interno è dominato dalla mole del mastio, sulle mura a nord sono ancora visibili parti di merlatura guelfa (chiaramente inserimento postumo quello due merli a coda di rondine), su di esso affacciano tutti gli edifici abitativi e militari. Fra questi merita di essere menzionato il grande salone, sul lato opposto dell'ingresso, con copertura a botte. Il mastio, o almeno una sua versione embrionale, sembra risalire al XIII secolo, ma le fasi costruttive più importanti del castello possono essere datate essenzialmente secolo XIV, quando divenne sede marchionale e una linea malaspiniana prese il titolo di Castel dell’Aquila. In questo periodo sono da associare al maniero figure importanti, come Spinetta Malaspina e Leonardo I, ai quali potrebbero essere attribuite le radicali trasformazioni architettoniche mirate ad innalzare modeste strutture al rango e al prestigio di importante residenza. Molte le dame e nobildonne che hanno vissuto al Castello dell’Aquila. Dalla Marchesa Cleria Malaspina a Madonna Aurante Orsini, cognata di Lorenzo il Magnifico, dalla Marchesa Fiammetta Soderini a molte altre, ricordate nei nomi delle stanze della torre ove si può soggiornare in ambienti raffinati carichi di fascino d’altri tempi. Ma tra tante dame al Castello ci fu per certo un Cavaliere… misterioso. Durante le fasi di restauro del Castello dell’Aquila, sotto il pavimento di quella che doveva essere stata una vecchia porcilaia, gli operai dell’impresa edile impegnata nei lavori di scavo rinvennero casualmente, nel tardo pomeriggio del 19 febbraio 2004, dei frammenti ossei. La mattina successiva, il 20 febbraio, l’antropologo Stefano Ricci (Università di Siena) riconosceva quei frammenti come appartenenti ad un uomo adulto di circa 35 anni: si trattava, infatti, di reperti di una sepoltura umana in tomba terragna. Informati studiosi e autorità locali, ebbero inizio i lavori di recupero dei resti umani ritrovati nel castello. Fin dalle prime operazioni di scavo, giunti al teschio, l’antropologo e l’archeologa rilevarono una strana frattura di alcuni denti superiori, netta ma avvenuta poco prima della morte dell’individuo. Alle ore 17:30 del 26 febbraio 2004, sotto la base del cranio, la terra restituiva alla luce un oggetto di ferro concrezionato ancora conficcato nella seconda vertebra cervicale… si trattava di una punta di freccia (questa la prima stima) tirata in bocca al malcapitato, che gli aveva provocato la frattura dei denti e, conficcandosi proprio nella seconda vertebra cervicale, la morte istantanea. Le radiografie dell’oggetto in ferro hanno poi permesso di accertare che si tratta di un dardo di balestra (verrettone) molto diffuso nel XIV secolo, dato storico confermato dalla datazione scientifica effettuata poche settimane dopo, con le analisi al Carbonio 14 (C-14) a cui erano stati sottoposti alcuni campioni dei resti ossei. Il referto del C-14 ha diagnosticato la morte intorno all’anno 1340. Le ossa sono state trasportate al laboratorio di Antropologia dell’Università di Siena, dove il reperto è stato ricomposto, analizzato ed è tuttora oggetto di studio; sono stati interpellati i massimi esperti del settore; presso l' Università di Foggia è stata realizzata una vera e propria autopsia virtuale. Incredibilmente sul verrettone si sono scoperte, ben conservate, esuvie di ditteri cadaverici (mosche), riconosciute dagli entomologi come mosche carnaie che si nutrono dei residui della decomposizione della carne. Ciò accrediterebbe l’ipotesi che l’uomo del Milletrecento sia stato ucciso e immediatamente sepolto, affinché il delitto non venisse scoperto. Gli studi antropologici hanno evidenziato che trattasi quasi sicuramente di un cavaliere, date la conformazione propria delle ossa degli arti (la consunzione del femore dovuta all’atto di cavalcare a lungo), la prova del carbonio 14 nonché tracce di stivali e di una fibbia bronzea. Numerosi sono stati i convegni che si sono svolti in Italia e all’estero avendo a soggetto il Cavaliere di Gragnola, a partire dal primo in ordine di tempo, svoltosi proprio presso Castel dell’Aquila il 30 maggio 2004, con l’intervento di diversi studiosi e ricercatori. Tutti i convegni che si sono svolti e gli studi che proseguono tuttora hanno dato risposte scientifiche molto attendibili sulla dinamica del delitto, sullo stato di salute del cavaliere, sulla sua attività in vita, ma altrettanti interrogativi sono rimasti aperti: chi era quell’uomo? Perché è stato ucciso? Perché è stato sepolto all’interno di Castel dell’Aquila, proprio alla base dell’imponente torrione? Sul mistero stanno indagando ora gli storici. Secondo un’ipotesi, sarebbe giunto al castello da lontano, in qualità di messaggero. Una ricostruzione che non fa che infittire il mistero attorno al delitto medievale. Perché colpire un messaggero? Il sepolcro di quello che ormai viene definito (anche nei siti web di numerose organizzazioni scientifiche e storiche) il cavaliere di Gragnola è visitabile, previa prenotazione e-mail o contatto telefonico con il management del Castello dell’Aquila. Altri link suggeriti: https://it.wikipedia.org/wiki/Gragnola_(Fivizzano), https://www.youtube.com/watch?v=vvGWHnwBcik e https://www.youtube.com/watch?v=A91yjZvtS7o (entrambi i video dell' E.P.A.S.), https://www.youtube.com/watch?v=2lQnVnWcYMs (video con drone di Carlo Lorenzani), https://youtu.be/AE4PNwlDD18 (video di Dragon Aged)

Fonti: http://www.castellodellaquila.it, https://www.visittuscany.com/it/attrazioni/il-castello-dellaquila/, https://castellitoscani.com/gragnola/, https://www.istitutovalorizzazionecastelli.it/il-castello-dellaquila-e-il-mistero-del-cavaliere/

Foto: la prima è di Luca Spinelli su http://www.magnificaitalia.altervista.org/index_file/GRAGNOLA.htm, la seconda è di biloba74 su https://mapio.net/pic/p-6163287/

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