lunedì 28 febbraio 2011

Il castello di lunedì 28 febbraio



PUMENENGO (BG) - Castello Visconti-Barbò

Fu fatto edificare nel XIV secolo da Beatrice della Scala, moglie di Bernabò Visconti Duca di Milano. Il castello faceva parte di una serie di fortificazioni poste a difesa delle rive occidentali del fiume Oglio, da sempre terra di confine tra entità politiche, e conseguentemente sede di scontri volti ad ottenerne il predominio. Questa zona fu spartiacque anche tra la Repubblica di Venezia ed il Ducato di Milano, tanto da essere considerata una vera e propria zona franca, chiamata Calciana, senza tasse da versare e con una propria amministrazione. Passato in seguito alla famiglia Barbò, il castello fu oggetto di un feroce assedio all’inizio del XV secolo da parte di Cabrino Fondulo signore di Cremona. Dopo quattro mesi di strenua resistenza la popolazione si arrese e il feudo venne annesso a Cremona, ma successivamente tornò ai Barbò, ai quali rimase per lungo tempo. L’edificio, con il suo ampio cortile interno, fu trasformato in una grande casa colonica, perdendo molte delle sue caratteristiche di fortezza, ma conserva ancora un aspetto compatto e austero. Attualmente è di proprietà comunale e impiegato per spettacoli e altri eventi culturali.

sabato 26 febbraio 2011

Il castello di domenica 27 febbraio



ROVIANO (RM) - Castello Brancaccio

Sorge in posizione dominante non solo il paese ma anche la sottostante Via Tiburtina Valeria, strada anticamente molto importante poichè collegava il Lazio e l'Abruzzo. Le prime notizie del borgo dell’antica Rubianum e di un castello sono riportate in alcuni documenti datati al IX secolo e relativi a donazioni pontificie ed altri del 967 in cui l’imperatore Ottone I assegnò il controllo di Roviano all’abbazia benedettina di Subiaco. Fu papa Benedetto VII a sancire con un atto del 983 il legittimo possesso di Roviano e del suo castello al monastero sublacense. Intorno al 992 il castello venne preso con la forza da alcuni feudatari locali che riuscirono a tenerlo solo per circa 10 anni, restituendolo all’abbazia di Subiaco. Il castello si sviluppò intorno ad un cortile pentagonale adiacente ad un mastio merlato a pianta quadrata, nel quale ci si rifugiava con gli animali da allevamento in caso di assedio. Successivamente vennero erette nuove mura difensive con spalti e camminamenti che correvano perimetralmente lungo il castello. Il castello subì numerose modifiche e aggiunte nei secoli successivi, frutto delle diverse proprietà che si susseguirono (Colonna, Barberini, Massimo, Brancaccio). Tuttavia il complesso così come si presenta oggi è piuttosto omogeneo, anche per l'utilizzo costante della pietra locale e dei mattoni nelle varie fasi edilizie. Nel 1227 il feudo passò a Landolfo Colonna di Riofreddo che con bolla del 1297 venne confiscato da papa Bonifacio VIII. I Colonna vi rimasero fino al 1625 e a loro si deve la caratteristica struttura "a recinto" ed il collegamento (nord-est) tra la torre d'angolo e il mastio. I Colonna fecero realizzare anche ampi saloni nel lato ovest dell'edificio, destinati per le udienze. Il castello aveva anche delle carceri, attive dal 1567, posizionate sotto la torre. Nel 1625 Filippo Colonna di Paliano vendette il maniero a Carlo Barberini. Altre importanti aggiunte si ebbero con i principi Massimo (il loro stemma nobiliare è ancora visibile sul portale d'ingresso del Palazzo) ai quali si deve ad esempio la merlatura del mastio. Dopo alterne vicende il castello passò nel 1902 ai principi Brancaccio ed infine nel 1979 divenne a far parte delle proprietà comunali di Roviano. Obiettivo dell'amministrazione locale è quello di farlo diventare sede del Museo di Civiltà Contadina dell'Alta Valle dell'Aniene.

venerdì 25 febbraio 2011

Il castello di sabato 26 febbraio



RONCIGLIONE (VT) - Castello Della Rovere 

Fu eretto nell'alto medioevo dai Prefetti di Vico a guardia dell'unico accesso naturale alla città, nei secoli successivi mutò spesso proprietà, destinazione e forma. Passò di proprietà dei Conti, degli Anguillara, dei Della Rovere e dei Farnese dal 1526 al 1649. Durante l'appartenenza ai Della Rovere la rocca subì i maggiori cambiamenti, in particolare tra il 1475 e il 1480 con la ristrutturazione voluta da Papa Sisto IV e commissionata all'architetto fiorentino Giovanni Dolci che vi aggiunse il mastio circolare e le quattro torri fortificate agli angoli, che tra l'altro diedero al castello l'attuale nome popolare "I Torrioni". Questi lavori si erano resi necessari per i notevoli danneggiamenti riportati dalla rocca nel 1465 durante la guerra sorta tra Paolo II e gli Anguillara. Nel 1527 paese e castello furono saccheggiati dalle orde dei Lanzichenecchi ormai vicini alla meta, Roma. Pochi anni dopo il cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III, fu eletto vicario dell’intera zona e si dedicò anche ad alcuni restauri e migliorie da apportare alla rocca. Nel 1537, ormai già papa, eresse Ronciglione insieme alla vicina Castro, il vecchio feudo in ducato, affidandolo al figlio Pier Luigi Farnese. Dopo la distruzione della cittadina di Castro, avvenuta nel 1649 per mano di papa Innocenzo X Pamphilj, si concluse l’era farnesiana e sia il Ronciglione che la sua Rocca pervennero nei beni della Camera Apostolica. La Santa Sede cedette il castello nel 1756 al genovese Girolamo Marè, il quale, pur impegnandosi alla sua conservazione ed all'abbellimento, lo lasciò allo stato di abbandono. Oggi si presenta imponente nella parte alta del vecchio borgo, con la sua forma quadrangolare e i massicci torrioni cilindrici angolari.

Foto: la prima è una cartolina della mia collezione, la seconda è del mio amico Claudio Vagaggini su https://www.facebook.com/CastelliRoccheFortificazioniItalia/photos/a.10157950009945345/10151108053430345

Il castello di venerdì 25 febbraio



SANT'AGATA DI MILITELLO (ME) - Castello Gallego

E' il risultato di diverse fasi edilizie: intorno al secolo XIV per volontà aragonese, venne promossa la realizzazione di presidi costieri, ovvero torri cilindriche sorvegliate da soldati; tra la fine del XV secolo e gli inizi del XVI, l'edificio divenne di proprietà dei Baroni Rosso di Cerami e Militello; nella seconda metà del XVI sec. venne eretta accanto alla precedente una seconda torre e venne realizzato il corpo di collegamento tra le due; all'inizio del XVII sec. furono edificati i bastioni di sostegno alle torri cilindriche; nella seconda metà del XVII sec. si realizzò il completamento dell'attuale struttura con l'edificazione dei corpi di fabbrica che cingono la corte in due elevazioni fuori terra. Infatti nel 1663 Luigi Gallego, appartenente ad una nobile famiglia di origine aragonese, nominato Marchese e poi Principe di Sant'Agata, fece costruire il palazzo, a presidio della costa, per concessione del re Filippo IV di poterlo edificare attorno alle torri preesistenti. Il possente edificio dalle severe linee architettoniche, sorge su una altura rocciosa, guardando da un lato il centro cittadino e dall'altro un ampio arco di costa. Sull'ampio prospetto ornato da classici finestroni, si apre il fornice d'ingresso, difeso in passato da ponte levatoio. Dal cortile si accede agli ambienti destinati a scuderie, magazzini ed abitazione dei servi. Da una scala a chiocciola si sale al piano nobile, con gli appartamenti del principe, da cui si accede alle torri e ai terrazzi. Nel 1821 l'ultimo erede fu costretto a consegnare, per debiti, i suoi vasti feudi e lo stesso Castello al Principe Lanza di Trabia, che rimasero di sua proprietà fino all'abolizione della feudalità. Vari passaggi di occupanti e diverse utilizzazioni caratterizzano le vicissitudini del monumento nel nostro secolo, il quale viene acquistato dal Comune di S. Agata Militello nel 1991. Il Castello Gallego, dopo parecchi anni di degrado e di abbandono, ha riacquistato il suo aspetto originario solo nel 2008 dopo un attento lavoro di restauro. Inaugurato nel dicembre 2008, il complesso monumentale accoglierà a piano terra un ampio Museo, mentre il piano superiore sarà adibito a Biblioteca, Pinacoteca e Sala Riunioni.

giovedì 24 febbraio 2011

Il castello di giovedì 24 febbraio



ORBETELLO (GR) - Torre (o Forte) Spagnola della Tagliata ad Ansedonia

Situata nei pressi dalla colonia romana di Cosa, dinanzi alle prime spiagge ferrifere che hanno inizio a est del promontorio di Ansedonia, trae il nome dalla vicina “tagliata etrusca”, famosa opera di ingegneria idraulica impropriamente attribuita agli Etruschi (in quanto in effetti è opera romana), posta nei pressi della fortificazione. La torre, edificata sui resti di una villa di età romana, è il frutto dei lavori di ricostruzione avvenuti nel corso del Cinquecento che si resero necessari per implementare il sistema difensivo costiero dello Stato dei Presidi. L'edificio ha subito alcuni interventi di restauro nei secoli successivi volti a trasformarlo in abitazione. Tra la fine dell'Ottocento e i primi decenni del Novecento, vi soggiornò più volte anche il celebre compositore Giacomo Puccini che qua trovò ispirazione per la composizione di molte sue opere, tra le quali anche la Turandot. E' perciò chiamata anche Torre Puccini. Nella sua struttura questa torre è inconsueta rispetto alle altre: infatti è a planimetria semicircolare verso il mare, rettangolare verso terra. Nella parte bassa si consolida una casermetta, cui si accede per una stretta gradinata un tempo munita di ponte levatoio. Una caratteristica rampa di gradini conduce al primo piano, dove il portone di ingresso è preceduto da un ponte; la parte alta presenta su un lato un'ulteriore costruzione, mentre all'angolo sud-occidentale è presente un piccolo posto di guardia a sezione circolare, con copertura a cupola. Oggi è un edificio di proprietà del Genio Civile ed è adibita ad uso residenziale privato

mercoledì 23 febbraio 2011

Il castello di mercoledì 23 febbraio



SAN GIORGIO PIACENTINO (PC) - Castello Anguissola di San Damiano

E' situato in zona pianeggiante, sulla strada provinciale che porta a Carpaneto e la sua posizione decentrata fa pensare ad una più antica torre, attorno alla quale si è sviluppata la fortezza. Costruito quasi interamente in pietra e mattoni, è del tipo piacentino a pianta quadrangolare con due torri circolari poste all'estremità del lato settentrionale, poco più alte del corpo di fabbrica. Il mastio, a base quadrata, sul lato opposto, è nettamente superiore alle torri e in origine si contraddistingueva per il coronamento a merli ghibellini, oggi tamponati. Al castello si accedeva attraverso un passaggio, uno pedonale e uno carrabile, entrambi muniti di passerella e ponte levatoio che si abbassavano sul fossato circostante. Interessante è la disposizione della torre d'ingresso, traslata verso l'esterno rispetto ai corpi di fabbrica, ma allineata con i torrioni rotondi angolari. Il coronamento della torre, ripropone i merli di foggia ghibellina, di cui i due centrali provvisti di feritoia; nei torrioni angolari, trovano sede le finestrelle ad arco scemo molto diffuse nel territorio piacentino. Anche i corpi di fabbrica fra la torre d'ingresso e i torrioni angolari rotondi, erano probabilmente in origine coronati da merli, come si deduce dalle tracce presenti nel sottogronda della muratura attuale. La struttura muraria è principalmente in pietrame, con inserti in mattoni nelle finiture degli spigoli, finestre e merli. Il castello venne distrutto nel 1242 ad opera di forze cremonesi e bergamasche, comandate dal marchese Lancia al servizio di re Enzo, per poi essere ricostruito nel 1436 da Bartolomeo Anguissola, la cui famiglia ne rimase proprietaria fino al XIX secolo. Il maniero è stato recentemente ristrutturato.

martedì 22 febbraio 2011

Il castello di martedì 22 febbraio



MADDALONI (CE) - Castello normanno-angioino

Il primo documento che cita il castello a Maddaloni è datato 1099 (Castrum Kalato Maddala).L'insediamento fortificato, che sorge in una posizione strategica, a guardia della via Appia, domina ancora oggi gran parte della pianura tra Nola e Capua ed è costituito da tre nuclei: 1) il castello, costruito in posizione centrale, a cui si accede da nord-est attraverso una torretta quadrata. L'edificio è a pianta irregolare ed ha subito nei secoli molte modifiche. All'interno vi sono collocati su due o tre piani molti locali abitativi e nel sotterraneo, usato come deposito, vi erano locali per cisterne e cunicoli adatti alla fuga in caso di pericolo. Sempre nel castello vi è una sala molto grande, coperta da una volta a padiglione, più elevata di circa 60 cm rispetto ad altre sale, dotata di pareti affrescate con motivi geometrici ed un camino laterale. Accanto vi sono altri ambienti anch'essi affrescati, forse adibiti a camere da letto. All'esterno vi è una cinta muraria, a difesa del castello e di un giardino ricco di piante esotiche. 2) La torre di Artus, alta 33 metri, innalzata a sud del castello. Essa si presenta con un fossato circostante, in parte colmato da una muraglia con lunette di guardia e da una torretta quadrata che copre la porta d'ingresso. Alla torretta è addossata, all'interno del fossato, una scala in muratura che conduce al terrazzo da dove, attraverso un ponte levatoio, si raggiungeva l'apertura d'accesso al primo livello della torre. Nel lato sud della torre era conservato fin dal 1975 lo stemma degli Artus. 3) La torre superiore, più piccola e detta "Castelluccio", posta su una collina più alta ed isolata . Essa nell'antichità aveva una forte funzionalità difensiva. Era circondata da una doppia cinta muraria e aveva un'ampia veduta da tutti i lati. La costruzione consiste in una torre cilindrica, alta circa 20 m, sviluppata in due piani. Attualmente la parte superiore della torre non è integra e numerosi crolli avvenuti nel corso degli anni ne rendono impossibile la visita.
In epoca normanna, Ruggiero II nel 1134 fortifico' il Castello, che divenne luogo di incontri e di soggiorno di importanti personaggi della monarchia. Il Castello di Mataluni fu riparato in epoca sveva, durante il regno di Federico II, e si arricchì in epoca angioina della torre cilindrica in tufo con base poligonale. Questa torre, simbolo di Maddaloni, eretta fra il 1390 ed il 1402 da Carlo Artus d'Angiò, feudatario dell'epoca, rappresentava un rafforzamento del sistema difensivo. Nel 1413 Maddaloni, con il suo castello, fu concessa ad Ottino e Riccardo Caracciolo, confermatagli anche dal papa Martino V nel 1419. Nel 1420 la fortificazione aveva bisogno di riparazioni e la regina Giovanna II ne ordinò i lavori di ristrutturazione. Nell'autunno del 1460, il castello fu assalito, conquistato e dato al fuoco da Ferrante d'Aragona in guerra contro Giovanni d'Angiò ed i baroni ribelli. Dopo l'incendio i nuclei abitati furono spostati e ricostruiti in pianura e tutta la zona pianeggiante sottostante il castello fu sistemata dai Carafa, divenuti feudatari sotto il dominio aragonese. Essi non abitarono il castello, ma costruirono la loro dimora nel piano, lasciando che esso, già danneggiato, andasse in rovina. La nobile famiglia regnò a Maddaloni per 350 anni, quando nel 1799 con l'abolizione del feudo e le stranezze dell'ultimo duca Marzio Domenico V, la dinastia finì. Il castello, abbandonato e diroccato, fu ereditato con le colline sottostanti dal Principe di Colobrano che nel 1821, li vendette ad Agnello De Sivo, figlio di Giacinto, che trasformò il castello e le torri in una splendida dimora che fu sede nell'età borbonica di splendide feste e battute di caccia. Il 14 settembre 1860 Maddaloni fu occupata dai garibaldini. Con Garibaldi a Maddaloni finì l'epoca borbonica e il Reame durato 730 anni e cominciò un periodo di degrado. Al tempo della II guerra mondiale il castello fu definitivamente abbandonato e lasciato al saccheggio delle truppe alleate. Per approfondire si può visitare il seguente link: http://xoomer.virgilio.it/ilcastelloweb/castello.htm

lunedì 21 febbraio 2011

Il castello di lunedì 21 febbraio



URGNANO (BG) - Rocca Viscontea

Fu collocata in posizione strategica all'incrocio di due importanti vie di comunicazione: la strada "Francesca", che giungeva da Milano e proseguiva verso Ghisalba, portando a Brescia e la strada 'Cremasca' che univa Bergamo a Crema. La Rocca ha una struttura a pianta quadrata, con quattro torri agli angoli e altre due sopra le porte d'ingresso. Circondata dal fossato, efficace difesa contro i nemici, fu realizzata interamente in cotto, secondo una tradizione dell'età viscontea. Ha due entrate, una nel lato nord e si apre nel corpo del massiccio torrione posto a guardia del ponte levatoio; il secondo ingresso si apre nel lato opposto nel corpo dell'altro torrione. Delle due torri angolari è rimasta solo quella a nord-est mentre quella a sud-est crollò completamente nel 1968. L'area complessiva interna è divisa a metà: sul lato ovest il cortile, sul lato est il giardino pensile, dove vi sono nove statue nane caricaturali, tipiche espressioni del grottesco settecento. Venne costruita nel febbraio del 1354, sul luogo di una fortificazione antecedente al periodo medievale, dopo che il governo del Ducato di Milano, morto Luchino Visconti, era passato nelle mani del fratello Giovanni, arcivescovo della città stessa. La Rocca fra il '300 ed il '400 fu teatro di lotte fra le fazioni che si combatterono questo territorio. Alcuni decenni più tardi i veneziani occuparono la rocca di Urgnano che poi venne cinta d'assedio dalle truppe del duca di Milano, Gian Galeazzo Visconti e nel 1391 fu costretta alla resa. Divenne di proprietà di Venezia nel 1428, quando Bergamo passò spontaneamente sotto il dominio della Repubblica della Serenissima. Nel 1454 la val Camonica ed il bergamasco passarono a Bartolomeo Colleoni che in disaccordo con Venezia era passato temporaneamente sotto la bandiera di Francesco Sforza. Alla morte di Bartolomeo Colleoni, il castello passò alla famiglia degli Albani, fra i quali a lasciare maggiormente il segno nella storia del castello fu Gian Gerolamo Albani (1509-1591) divenuto cardinale in seguito alla morte della moglie con cui aveva avuto sette figli. Nel secolo scorso la Rocca ha cambiato spesso proprietario, quindi è stata acquistata dal Comune. Attualmente è sede di frequenti iniziative culturali. Per approfondire si può visitare anche il link http://www.duepassinelmistero.com/Rocca%20Urgnano%20i%20simboli.htm

sabato 19 febbraio 2011

Il castello di domenica 20 febbraio



SAN VITO ROMANO (RM) - Castello Theodoli

Presenta una curiosa struttura a nave, sottolineata dall’alta scarpata che la circonda e che si insinua come una prua verso il corso Mario Theodoli. Si tratta di una struttura complessa, risultato dell’addizione di una serie di corpi di fabbrica di epoche diverse. Un primo castrum a San Vito Romano dovrebbe risalire al X secolo quando il luogo, a dominio della valle del Sacco, venne scelto dai monaci benedettini della potente abbazia di Subiaco per proteggersi dalle scorrerie delle orde barbariche prima dei saraceni poi. Un documento del 1180 testimonia il passaggio della vecchia rocca alla famiglia Colonna, la quale rafforzò il castello con nuove murature perimetrali. Nel 1365, come attestato da una lapide interna al castello, si narra che vi sia nato Oddone Colonna, futuro papa Martino V, anche se vi sono testimonianze simili anche nel feudo Colonna di Genazzano. Con alterne vicende San Vito rimase in mano alla nobile famiglia romana fino al 1563, quando fu venduto ai principi Massimo, che e loro volta lo cedettero ai marchesi Theodoli dieci anni dopo per l’ingente somma di 20.000 scudi romani. Fu con il marchese Alfonso e con il fratello Mario Theodoli, cardinale nel 1643, che la struttura del Castello, così come quella del paese, cambiò radicalmente. Egli fece spianare le asperità del suolo oltre la porta del Borgo, e quindi oltre il Castello, e diede vita alla lunga e comoda via che da lui trasse il nome di Borgo Mario Theodoli. Il castello venne rafforzato nelle sue strutture esterne ed abbellito con una graziosa loggia ad arcate. L’interno subì allo stesso modo radicali restauri ed abbellito con una ricca pinacoteca e le sale vennero sapientemente decorate con affreschi. Il principe Carlo continuò le migliorie iniziate dal cardinale Mario, mentre a Gerolamo Theodoli si deve la trasformazione in cappella domestica della stanza in cui era nato Oddone Colonna. Il castello ancora oggi è proprietà dei Marchesi Theodoli e non è aperto al pubblico.

Il castello di sabato 19 febbraio



FONDI (LT) - Castello Caetani

Da sempre simbolo della città, rappresenta uno dei rari esempi di fortezza costruita in pianura. La struttura principale è composta da un maschio o torrione cilindrico a merlatura spiccante da una torre squadrata sottostante a pareti irregolari e dozzinali le sue parti della torre (la circolare e la squadrata) sono separate da un'intercapedine. L'altezza complessiva dei due blocchi è di circa 33 metri. Alla stessa epoca della torre appartengono le restanti parti della rocca con le alte torri cilindriche agli angoli, costruite con pietrame irregolare e caratterizzate dall'orlatura con le "piombatoie", che permetteva ai difensori di essere protetti anche quando erano costretti a lanciare in verticale qualsiasi tipo di proiettile o strumento di offesa contro gli assalitori. Si hanno così tre epoche distinte nella costruzione: base o zoccolo (prima parte del XIII secolo circa), torre quadra e torri laterali (principio del secolo XIV), mastio (seconda metà del secolo XV). La costruzione del castello iniziò nel 1319, insieme alla ristrutturazione della cinta muraria di Fondi, per volere di Roffredo III Caetani desideroso di farne il centro della sua signoria. Contestualmente ad esso fu eretto il Palazzo Baronale, utilizzato come elegante abitazione e collegato al castello. La famiglia Caetani ebbe un ruolo rilevante a Fondi, fu infatti sotto la protezione di Onorato Caetani che nel 1378 venne eletto nelle sale del castello l'antipapa (scisma d'occidente) Clemente VII. Nel 1504 il ducato passò ai Colonna e poi ai Gonzaga. Importante è la figura della principessa Giulia Gonzaga (cantata dall'Ariosto nell'Orlando Furioso), vedova di Vespasiano Colonna duca di Fondi, che fece del suo palazzo un ritrovo culturale tanto che in età Rinascimentale Fondi venne ribattezzata come ''la piccola Atene''. Possente struttura ricca di fascino, il castello venne più volte rimaneggiato e subì diversi restauri e adattamenti, mantenendo però le sue caratteristiche architettoniche. Nel 1840 per ragioni di sicurezza venne abbattuta la merlatura del mastio. Dal 1861 al 1931 venne trasformato in carcere. In taluni antri si possono ancora mirare dei graffiti di prigionieri. L'ultimo lavoro di restauro ha trasformato il castello in una struttura visitabile che ospita il museo civico (accoglie reperti di epoca romana) e meta' del salone al pian terreno funge da sala-incontri e aula per il consiglio comunale.

venerdì 18 febbraio 2011

Il castello di venerdì 18 febbraio



CORNIGLIO (PR) - Castello Rossi

L'origine del castello non è documentata, si presume che appartenesse ai vescovi di Parma, in quanto Corniglio era antico feudo vescovile (dopo il mille). La zona fu oggetto di contesa tra le città comunali di Parma e Piacenza, ma tornò nel 1221 a Parma. Situato su uno sperone di roccia, fu costruito per essere a guardia degli scambi viari della zona. Per la prima volta viene citato in documenti del 1240.
Fu fatto costruire da Ugolino Rossi e fu proprio la famiglia Rossi che ne rimase proprietaria per un lungo periodo. A fine Quattrocento, dopo la caduta dei conti Rossi che si opponevano - con Pietro Maria - a Ludovico il Moro, anche questo castello passò di mano, per tornare ai Rossi ai primi del Cinquecento. In seguito all’esplosione del deposito di munizioni del 1560, l’edificio fu molto danneggiato. A partire dal 1593 il feudo passò nelle mani dei Farnese. Nel 1820, la duchessa Maria Luigia lo donò al Comune di Corniglio. Della costruzione originaria rimangono l’edificio realizzato completamente in arenaria, resti delle mura esterne e due bastioni angolari. Oggi il castello è sede degli uffici comunali e di uno splendido Ostello, realizzato al suo interno nel 2000 e punto di forza per il turismo e ricettività del territorio. Per approfondire si può visitare il sito www.ostellocorniglio.it

giovedì 17 febbraio 2011

Il castello di giovedì 17 febbraio



MOASCA (AT) - Castello Pacherano-Secco Suardo

Fu costruito nel 1351, così come indicato sulla sommità del suo portale d'ingresso, su una precedente fortificazione, di cui non si conosce nè l'origine nè la forma, rasa al suolo nel 1308 dopo un lungo e difficile assedio nell'ambito delle sanguinose lotte fra Guelfi e Ghibellini che segnarono la vita del Comune di Asti nel Trecento. I Guelfi assediarono il castello di Moasca, baluardo Ghibellino, e gli assediati resistettero 22 giorni poi vennero a patti ed abbandonarono la fortezza; conquistato finalmente il maniero i Guelfi Solaro lo distrussero. La ricostruzione fu voluta dai Signori del luogo i Pacherano che fecero innalzare un Castello ancora più imponente. Sotto la proprietà dei Secco Suardo l'interno della costruzione medioevale fu sicuramente abbellito e reso più confortevole con stanze e grandi sale. Di particolare interesse era, senza dubbio, la cantina: essa occupava tutta la zona interrata del castello; da quest'ultima si accedeva ancora ai sotterranei cunicoli adibiti a prigioni. Nelle torri del castello vi erano quattro prigioni ed in particolar modo, secondo lo storico Canalis, la sotterranea "conteneva anelli e cancelli di ferro: ivi si detenevano i rei, ed anche i prigionieri di guerra."
Ancora nella prima metà del nostro secolo, il castello era in condizioni discrete e abitato, come testimonia lo svolgimento nel suo salone (70 mq.) di una rappresentazione teatrale avvenuta nel 1926. La rovina completa va datata a questo dopoguerra, quando il completo abbandono produsse un rapido e irreversibile degrado della struttura. Attualmente è rimasto in piedi solo un ultimo frammento delle poderose mura di mattoni della facciata orientale, alla cui estremità i due torrioni cilindrici svettano maestosi sul terrapieno conservando il ricordo della loro suggestiva imponenza. L'attuale amministrazione comunale ha avviato un programma di recupero e valorizzazione del castello proponendo, dopo aver attuato gli urgenti interventi di restauro conservativo, il recupero della vasta cantina interrata. Attualmente questa si presenta riempita dalle macerie dei muri laterali: ambizioso sarebbe pertanto scavare liberando questo vasto locale e ridandogli il suo antico splendore.

mercoledì 16 febbraio 2011

Il castello di mercoledì 16 febbraio



MORESCO (FM) - Castello Fermano

Sorge sulla sommità di un colle a controllo della sottostante valle dell’Aso. Il castello fu roccaforte strategica del Comune di Fermo nella guerra contro Ascoli e i suoi alleati. Completamente cinto di mura, ha forma triangolare con al vertice l’imponente Torre Eptagonale del XII sec. Perché sia stata costruita con gli inconsueti sette lati non è chiaro - forse solo per distinguersi dagli altri torrioni del sistema difensivo fermano. Alta ben 25 metri e costruita originariamente come torre di avvistamento e di difesa, ha subito nel corso dei secoli numerose e profonde modifiche strutturali. Al suo interno è stata costruita una moderna scala per salire sulla sua sommità dalla quale godere una stupenda veduta dell'intero paesaggio delle colline, delle valli e dei paesi picentini. Nel 1918 la cuspide in stile arabo è crollata ed è stata sostituita da una merlatura ghibellina. La grande campana del '500 scandisce ancora i suoi rintocchi ogni giorno, alternandosi con quella della torre dell'Orologio, guardiana del castello eretta a difesa dell'antico accesso. La torre dell'Orologio sovrasta la vecchia porta di accesso al castello ed è affiancata da un elegante portico cinquecentesco.
La Terza torre non esiste più come la chiesa che era all’interno delle mura (S. Maria in Castro) di cui rimane oggi solo la navata sinistra. La Torre Eptagonale viene utilizzata d’estate come sede museale-espositiva, così come la Torre dell'Orologio, ristrutturata nel 2001, ospita mostre ed eventi.

martedì 15 febbraio 2011

Il castello di martedì 15 febbraio



CARASSAI (AP) - Castello di Montevarmine

Fu costruito nel sec. XIV sui resti di un antico maniero del sec. X, di probabile origine longobarda. È uno dei pochi esempi di fattoria fortificata del Piceno, di certo l'unica interamente conservata. Situato a 4 km dal paese di Carassai, conserva mura poderose e un’alta torre con merli ghibellini (35 metri), munita di arciere e piombatoi. All'interno del castello si trovano il cortile e la Chiesa di San Pietro.
Nel secolo scorso vi è stata rinvenuta la "Bombardella manesca", datata 1341: la prima arma da fuoco maneggevole conosciuta. Il castello è meta di visitatori e costituisce un polo di attrazione per tutta la zona ed un punto di riferimento storico per i paesi circostanti, oltre ad un punto paesaggistico, visto che si erge su un colle tra il verde di piante secolari. Dall'alto mastio della rocca, si può ammirare e contemplare un meraviglioso paesaggio multiforme. Pur insistendo sul territorio di Carassai, Rocca Montevarmine è proprietà del comune di Fermo, che l'ha ereditata dall'Opera Pia Brefotrofio, insieme ai suoi 700 ettari di terreno.

lunedì 14 febbraio 2011

Il castello di lunedì 14 febbraio



SANGINETO (CS) - Castello Angioino

Detto anche castello del "Principe", si eleva su un alto basamento naturale. Si accedeva, dal lato monte, tramite un ponte levatoio, oggi sostituito da un ponte ligneo.E' a pianta quadrangolare con quattro torri cilindriche sporgenti sui quattro angoli. Il maniero di origine angioina fu edificato probabilmente dai conti Sangineto di Belvedere nel XV secolo, passò poi ai Giunti, ai Sanseverino, ai Marchesi Majorana (1605), ai Firrao di Luzzi (1737) ed infine ai Principi di S. Agata, che in parte lo restaurarono. Conserva ancora oggi una parte del fossato, l’arcata monumentale dell’ingresso principale e un grande loggiato con quattro eleganti arcate del 1500. Sugli altri tre lati del castello vi sono solamente finestre, disomogenee per dimensione. La torre sud, fortemente degradata da gravi lesioni, è parzialmente crollata. Le coperture si conservano solamente sui lati sud-ovest e sud-est, mentre tratti di merlatura sono superstiti sulle torri a nord-ovest. All’interno si possono ammirare il cortile delle armi dotato di una piccola costruzione di guardia e, in un secondo cortile, un ulivo piantato dai prigionieri austriaci in segno di pace il giorno dell'armistizio il 4 novembre 1918. Una visita meritano anche le cantine, le scuderie e la cappella gentilizia, nonché il salone delle cerimonie collocato al piano superiore. Il castello è stato a lungo abbandonato. Dagli anni '60, il castello è di proprietà privata ed è adibito a discoteca (vedere www.castellomc.it).

sabato 12 febbraio 2011

Il castello di domenica 13 febbraio



FABRICA DI ROMA (VT) - Rocca Farnese

Svetta, con la sua alta torre sull’abitato. Una prima fortificazione venne probabilmente realizzata durante l’XI secolo quando il fondo di Fabrica fu donato da Ildebrando di Odelerio al potente monastero di Farfa, per passare dopo il 1177 tra i possedimenti dell’abbazia di Castel Sant’Elia. E’ in questo periodo che si colloca la ricostruzione dell’attuale rocca, forse da parte dei potenti prefetti di Vico. Nel corso dei primi del XV secolo papa Eugenio IV ne fece dono all’Ospedale romano di Santo Spirito in Sassia che lo annoverò da quel momento tra i suoi numerosi possedimenti nell’Alto Lazio e provvedendo ad una prima ristrutturazione del vecchio fortilizio del XI-XII secolo. Agli inizi del XVI secolo sia la rocca che il borgo vennero concessi per breve tempo in enfiteusi a Lucrezia della Rovere per poi passare ai Farnese, entrando a far parte del ducato di Castro. Fu il cardinale Alessandro Farnese a provvedere a sua volta ad alcune migliorie apportate alla rocca, trasformandola in residenza. La rocca ha forma quadrangolare e la severa mole fortificata si erge al centro del piccolo borgo. Venne originariamente costruita su uno sperone di roccia viva ancora visibile sul lato occidentale della rocca. Dopo le trasformazioni dei secoli XV e XVI, dell’impianto medievale rimase visibile solo l’altissima torre – tra le più alte del Lazio -, e parte delle rampe interne del cortile. Il lato verso il borgo venne cinto da due poderosi torrioni circolari angolari, mentre l’ingresso venne posto sul lato opposto. Le notizie sulla Rocca Farnese sono ricavate dal sito www.castellidellazio.com

venerdì 11 febbraio 2011

Il castello di sabato 12 febbraio



TREVI NEL LAZIO (FR) - Castello Caetani

E' situato sull’alto di un colle a 870 metri nell’Alta valle dell’Aniene tra i monti Simbruini e i monti Ernici. Occupa oggi una superficie di oltre 800 mq ed è racchiuso da poderose mura alte dai 12 ai 16 metri realizzate in pietra cardellina squadrata. Il castello si compone di tre parti principali: la prima verso settentrione utilizzata originariamente quale residenza del signore; la seconda orientata verso meridione ed utilizzata per scopi prettamente militari di difesa verso la porta d’ingresso; la terza costituita invece dal possente Maschio a base quadrata di 8 metri per lato, alto 16 metri e con mura spesse alla base oltre 1 metro. Sulla sua origine non esistono fonti storiche che ne consentano una datazione precisa; probabilmente fu fondato intorno all'anno Mille, con il decollo del fenomeno dell'incastellamento. Nel 1257 Papa Alessandro IV concesse al nipote Rinaldo de Rubeis il feudo della città di Trevi con le annesse proprietà, castello compreso. Pochi anni dopo, nel 1262, con l'avvento di Papa Urbano IV il feudo fu ceduto in proprietà al monastero di Subiaco. Da qui una serie di vicissitudini alternarono più di una volta il papato a De Rubeis come proprietari del castello fino al 1299, anno in cui fu acquistato da Pietro Caetani, fratello di Papa Bonifacio VIII. Quest'ultimo fu più volte ospite del castello e qui ricevette le ambascerie di Edoardo I d’Inghilterra. E' in questo periodo che il castello visse il suo massimo splendore, protrattosi poi per tutta la durata della signoria Caetani. A loro si deve l'ampliamento del maniero e la predisposizione ad uso abitativo di alcuni ambienti. Il loro dominio su Trevi terminò nel 1471, quando Cristoforo Caetani fu cacciato dalla popolazione per malgoverno. Nel 1473 Trevi tornò al monastero di Subiaco ed il castello divenne sede della Curia; nel 1753 Benedetto XIV diede al Comune una differente organizzazione amministrativa ed il castello perse quasi del tutto ogni funzione rappresentativa. Con il passare del tempo le abitazioni del borgo si addossarono alle sue mura, riducendone notevolmente le potenzialità difensive. Nel 1915, dopo il terremoto, con la ricostruzione dell'abitato, una parte del castello venne inglobata nelle case adiacenti.
Da allora la Rocca è stata completamente abbandonata con il conseguente crollo di alcune porzioni di murature e di tutti i solai lignei. Nel 1984 iniziarono i lavori di restauro ormai terminati e grazie ai quali oggi è visitabile.

Il castello di venerdì 11 febbraio

 

PACENTRO (AQ) - Castello Caldora-Cantelmo

E' uno dei più conservati d'Abruzzo, posizionato sui primi contrafforti del Morrone a 650 metri di quota. Il suo ruolo è stato costantemente fondamentale nel sistema di controllo e di difesa della Valle Peligna. La storia del castello di Pacentro è associata a quella più antica del borgo, le cui origini vengono fatte risalire al VIII secolo. Il primo signore di Pacentro fu Beraldo a cui seguirono i figli di Transarico di Balba. Dalla fine del IX secolo fino al XVI il territorio fu dominato dai di Valva. Negli anni seguenti, sotto i duchi Caldora-Cantelmo, il castello venne ampliato e potenziato diventando uno dei più potenti della ragione. Il castello fu il protagonista ed il perno della lotta angioina contro gli aragonesi (sostenuti da Sulmona) per il controllo del Regno di Napoli. In seguito alla sconfitta dei primi, il signore Antonio Caldora fu costretto a cedere le sue proprietà e conseguentemente anche Pacentro che passò alla famiglia Orsini. Con l’avvento della dinastia aragonese vennero apportate delle modifiche radicali che coinvolsero l’aggiunta delle torri cilindriche. Il castello passò attraverso i Colonna, i Barberini ed altre dinastie per diventare nel 1957 proprietà comunale. La pianta del castello non è perfettamente rettangolare (più a forma di trapezio) e rispetta l'esigenza di arroccare la costruzione in maniera da avere il pendio montano alle spalle. Negli angoli vi sono delle torri, a base quadrata, di cui oggi ne sono visibili soltanto tre, molto slanciate. Vi sono pure tre bastioni circolari. La struttura presenta una doppia cinta muraria; quella interna è più antica, e quella esterna è dell'epoca dei Cantelmo. Diversi sono gli stemmi presso l'ingresso e sulle torri. Il più leggibile è quello degli Orsini. L'apparato decorativo rivela una matrice rinascimentale, prossima al cornicione del campanile di Santa Maria Maggiore, tranne i portali ogivali. Le torri medievali sono: 

- Torre del Re, a nord ovest, dietro il ponte levatoio, alta 25 m. Ha cinque lati e prende il nome dal feudatario che si affacciava sopra di essa in rito cerimoniale, dopo aver preso possesso del castello;
- Torre fantasma, a nord est, chiamata così per la leggenda del barone Roberto di Licinardo, che vi fece scolpire il volto della moglie Margherita di Brai, dopo che lei si gettò dalla torre, disperata alla falsa notizia della morte del marito. In alternativa la scultura potrebbe ritrarre Rita Cantelmo, madre del condottiero Jacopo Caldora. La torre è del XIV secolo, alta 27 m;
- Torre d'assedio, a sud est, è la più antica, alta 12 m, con la parte superiore mozza perché danneggiata nel 1230 dall'attacco di Federico II di Svevia.

Il primo nucleo della fortezza dovrebbe risalire all’ XI secolo, come citato nel Chronicon Casauriense di quello stesso secolo, forse al XIII, e comprendeva la torre monca orientata a nord-est e una cerchia di mura più stretta rispetto a quella attuale. Presumibilmente tra la fine del Trecento e l’inizio del Quattrocento vennero fatti lavori di ristrutturazione, con l’ampliamento delle mura e la costruzione delle altre due torri. Un ulteriore potenziamento della fortezza avvenne nella seconda metà del Quattrocento, quando i nuovi padroni, gli Orsini, fecero aggiungere due possenti torrioni circolari per adeguare il castello alle nuove esigenze difensive. Un terzo torrione, sempre di forma circolare, messo a chiusura del lato sud-ovest, reca uno stemma che alcuni studiosi ritengono sia da collegare agli Orsini. Sempre in quel periodo di grandi lavori furono aggiunte anche nuove mura, alzate lungo il perimetro esterno per rinforzare quelle più antiche ritenute ormai insufficienti. Ripercorrendo la sua importante storia, appertenne con alterne vicende ai Caldora di Sulmona e ai Cantelmo di Popoli per gran parte dei secoli XIV e XV; quindi passò agli Orsini, ai Colonna e a Maffeo Barberini in quelli successivi fino alla sua alienazione in favore del Comune di Pacentro nel 1957 da parte dell'ultima proprietaria. Ricco è stato pure il percorso di restauri che ha interessato la fortezza a partire dagli anni '60: nel 1964 si è proceduto al consolidamento della torre a nord-est; nel 1974 è stata la volta delle torri medievali, dei torrioni e delle mura di cinta; nel 1977-78 il muro è stato ricoperto con pietre del posto e lo sperone con cemento armato, in modo assai discutibile, provocando strascichi polemici. L'ultimo restauro, risalente agli anni '90, è consistito nel recupero del salone a sud e nella riapertura dei passaggi chiusi durante la fase quattrocentesca di rafforzamento delle mura. Grazie ai numerosi restauri effettuati, parte del castello (comprese alcune torri) è attualmente visitabile su prenotazione con la possibilità di accesso a una delle torri da dove si gode del bel panorama sulla Valle Peligna. Inoltre oggi l’imponente monumento è ammirarabile anche in notturna grazie ad una scenografica illuminazione che lo rende visibile a km di distanza. Altri link per approfondimento: https://www.youtube.com/watch?v=KHaSWXgZElg (video di Ferdinando Renzetti), https://www.facebook.com/majambiente/videos/oggi-siamo-sulla-torre-del-castello-caldora-di-pacentro/895260437811874/ (video), https://www.youtube.com/watch?v=jBpAq09Fkog&t=1s (video di Explore Italy), https://it-it.facebook.com/100058006542557/videos/pacentro/574080896945297/ (video), https://www.youtube.com/watch?v=VbcKNlsZ5y0 (video di Maurizio DroneMan), https://www.iluoghidelsilenzio.it/borgo-e-castello-caldoresco-pacentro-aq/

Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Caldora_(Pacentro), https://abruzzoturismo.it/it/castello-caldora-pacentro-aq, https://www.sulmonalive.it/castello-caldora-pacentro, http://www.visit-pacentro.it/poi/1132/castello-caldora/9#sthash.P7yVSvrp.dpbs,https://www.comunepacentro.aq.it/c066066/zf/index.php/servizi-aggiuntivi/index/index/idtesto/34

Foto: la prima è presa da https://www.iluoghidelsilenzio.it/borgo-e-castello-caldoresco-pacentro-aq/, la seconda è una cartolina della mia collezione

giovedì 10 febbraio 2011

Il castello di giovedì 10 febbraio



FIUMEFREDDO BRUZIO (CS) - CASTELLO ALARCON-DELLA VALLE

Conosciuto anche come Castel Freddo, fu fatto edificare intorno al 1050 dal normanno Roberto il Guiscardo che ritenne il luogo adatto a frenare gli assalti dei nemici. E' infatti situato nella parte sud-est del paese, in un sito, un tempo inespugnabile per gli strapiombi naturali del vallone Scuro. Nel 1201 venne trasformato e ampliato da Simone de Mamistra, governatore della Calabria, sulla torre normanna preesistente. Nei secoli successivi il maniero visse momenti di gloria e grande splendore ricoprendo un ruolo importante dal punto di vista strategico e politico. Numerose e importanti sono le personalità che lo hanno abitato: il Duca di Somma, il Vicerè di Calabria, Don Pietro Consalvo de Mendoza, marito di Isabella Della Valle. Nel 1536 il castello venne abbellito proprio dal Vicerè Fernando d'Alarcon secondo i canoni estetici dell'epoca e furono costruite, le mura di cinta del paese, e due torri chiamate Golette. Nel 1807 il maniero fu purtroppo semidistrutto in modo irrimediabile durante l'occupazione napoleonica intenta a sottomettere gli insorti partigiani dei Borboni. Infatti, tra le sue mura, si rifugiarono le residue masse borboniche, comandate dal Presidente della Provincia, Giovan Battista de Micheli da Longobardi. Questi si preparava a sostenere l’ultimo,disperato tentativo di difesa, allorché, caduta Amantea, il generale Reynier, l’8 febbraio 1807,sostenuto anche da una compagnia civica del luogo, ordinò al colonnello Berthelot d’espugnare il castello di Fiumefreddo. Il 12 febbraio di quell’anno, il forte venne bersagliato con due pezzi d’artiglieria e fu creata una breccia praticabile; ma gli assediati non attesero l’assalto e si arresero, aprendo le porte al nemico.
Nonostante la loro resa, il castello subì la distruzione per aver offerto rifugio ai rivoltosi. I sotterranei sono stati in gran parte recuperati, grazie ad un restauro durato quasi 10 anni che ha permesso al Castello della Valle di riacquistare parte della sua inequivocabile bellezza. Esso inoltre custodisce i murales di Salvatore Fiume, pittore siciliano del 900 di fama mondiale. L'artista dipinse, infatti, alcune pareti interne ed esterne dell'antico castello semidiroccato, durante il suo soggiorno a Fiumefreddo Bruzio.

mercoledì 9 febbraio 2011

Il castello di mercoledì 9 febbraio



BRIENZA (PZ) - CASTELLO CARACCIOLO

Sorge su un colle scosceso e difficilmente raggiungibile. Nel medioevo si presentava protetto, secondo il metodo delle fortificazioni longobarde, con le case addossate le une alle altre, che costituivano una valida difesa da eventuali attacchi nemici. Potremmo definire il castello come una corona posta sul borgo medievale di Brienza. Una corona preziosa, perché, secondo la leggenda, custodisce il tesoro di donna Bianca, castellanna conturbante e vittima dei pirati saraceni. Un'altra antica tradizione attribuisce al castello 365 stanze, una per ogni giorno dell'anno. La storia di questa fortificazione corre parallela a quella della Basilicata medievale: le origini longobarde, la conquista normanna, il passaggio a Federico II eppoi agli Angioini, del cui controllo rimane traccia nel mastio cilindrico, che emerge dalla massiccia mole, e nella semitorre circolare, situata al centro della cinta muraria per interrompere l’uniformità della cortina e assicurare una più efficace difesa. I Caracciolo la acquistarono nel XV secolo e più di altri si prodigarono per la crescita del loro feudo. A loro si devono i successivi ampliamenti e la singolare forma, quasi triangolare, su tre piani. L’ultimo vero feudatario fu, nel 1700, Litterio Caracciolo che si adoperò molto per il paese: arricchì il castello di numerose opere d’arte, e rifondò, nel 1788, il “Monte del S.S. Rosario di Brienza”, istituzione benefica che aveva lo scopo di assistere i poveri del luogo, cui forniva medicamenti gratuiti, assicurando quattro maritaggi all’anno. Istituì altresì la Scuola Normale per l’insegnamento ai bambini di ogni ceto sociale. I Caracciolo, con alterne vicende, rimasero proprietari dei feudo e del castello fino al 1857, anno in cui l'ultima esponente della famiglia, Maria Giulia, lo lasciò in eredità al nipote Luigi Barracco. Iniziò da questo momento la lenta decadenza del maniero; infatti, alla morte del Barracco, il feudo passò a vari feudatari e amministratori che smantellarono progressivamente il castello e lo lasciarono in completo abbandono. L'ultimo proprietario, il De Luca, lo donò, infine, a Francesco Mastroberti, il quale cominciò a vendere quanto di vendibile rimaneva nell'antica costruzione per mantenere i suoi 18 figli in un paese che non aveva ormai più niente altro da offrire. Il maniero, che all'inizio dei 1900 era stato dichiarato di interesse storico, subì, in seguito al terremoto del 1980, il crollo della parete est e della parete sud. A seguito di lavori di restauro, sono stati portate alla luce e recuperate le originarie pavimentazioni di numerosi ambienti e ritrovate varie statue, in pietra dura locale. Durante l'estate, il borgo antico e il Castello sono lo scenario e i soggetti principali di numerose manifestazioni e rievocazioni, tra le più importanti della regione, che continuano ad attrarre migliaia di visitatori.

martedì 8 febbraio 2011

Il castello di martedì 8 febbraio



GAVIGNANO (RM) - Castello Aldobrandini

Situato nel punto più alto della collina gavignanese, con ogni probabilità venne realizzato dai Conti di Segni, proprietari di vasti possedimenti territoriali. Uno dei loro discendenti, nato in questo stesso palazzo nel 1160, diventerà il celebre Pontefice Innocenzo III. Dopo la distruzione avvenuta nel 1495, il castello subì notevoli trasformazioni che hanno lasciato solo una minima traccia della struttura originaria. Una generale ristrutturazione dell’edificio fu avviata alla fine del XV secolo ad opera del nuovo feudatario, il Cardinale Pietro Aldobrandini. In particolare è da segnalare l’inversione della facciata principale, con l’ingresso del palazzo in posizione più elevata rispetto al livello della piazza. Superata definitivamente per l’avvento dell’artiglieria, la concezione del Castello come estremo baluardo di difesa e dimora protetta del signore, l’edificio venne dunque trasformato in palazzo baronale. Nel giardino interno al castello, sul quale si affacciava il primitivo ingresso, vi è tuttora una loggia del Banditore affiancata ad una finestra in pietra finemente lavorata risalente al ‘500. Nell’attuale ingresso, invece, si nota un portale in tufo intitolato al Cardinale Pietro Aldobrandini. Gli interventi più recenti vengono effettuati nel XX secolo con lo scopo di restituire al palazzo l’antico aspetto medievale: innalzamento della torretta e realizzazione della merlatura. Nel 1920, il Palazzo Baronale divenne la Casa-madre delle Pie Operaie e centro propulsore di molte attività. Nel 1990, dopo il suo abbandono da parte delle suore, il castello è rimasto disabitato e solo di recente è stato riutilizzato per lo svolgimento di alcune attività, quali: prove teatrali, congressi, prove musicali e altre manifestazioni socio-culturali. Dal Giugno 2007 quattro delle sue stanze ospitano il Museo della Civiltà Contadina.

domenica 6 febbraio 2011

Il castello di lunedì 7 febbraio



CAMPOLATTARO (BN) - CASTELLO NORMANNO

Costruito intorno al XIII sec., intorno ad una preesistente torre normanna eretta a difesa del feudo da invasioni ed incursioni esterne, domina ancora oggi il borgo medievale. La sua pianta di base quadrata è circondata da mura spesse, rinforzate da bastioni, torrette e barbacani (ovvero scarpate). Successivamente gli Angioini e gli Aragonesi perfezionarono questa architettura fortificata costruendo "cortine" ricche di merlature e torri circolari. Con il passare dei secoli il Castello perse la sua funzione tipica di luogo di difesa per trasformarsi in luogo di residenza. Tra le famiglie che ne sono state proprietarie ricordiamo i Di Capua e i Blanch, mentre attualmente appartiene ai Ciannella e ai de Agostini. L'accesso è attraverso un arco in pietra che conduce in un cortile sul quale si affacciano la loggetta, utilizzata una volta come piazza d’armi, la Cappella Palatina del 1500 ( riconsacrata a san Martino nel 1717 dal Cardinale Vincenzo Maria Orsini, Arcivescovo di Benevento, eletto, poi, Papa con il nome di Benedetto XIII) e le stanze dei nobili. Degni di menzione sono i simboli della Triplice Cinta lasciati dagli antichi cavalieri dell’Ordine dei Templari, durante i loro pellegrinaggi diretti o provenienti da Gerusalemme. Questi graffiti sono incisi sui gradini d'ingresso ad uno degli appartamenti. Il castello di Campolattaro si presenta come un complesso architettato in modo che verso valle, a Sud, con la facciata delle Torrette, assume un aspetto severo e difensivo, mentre verso il paese, a Nord, con la facciata a barbacani, assume un aspetto più ospitale. L'edificio si sviluppa su una pianta rettangolare di 350 mq attorno ad un Cortile centrale. Consta di sei appartamenti per circa quaranta stanze, alcune delle quali sono oggi messe a disposizione dei visitatori per il pernottamento con formula bed & breakfast. Altre attrazioni nel castello sono: un laboratorio artistico-artigianale di famiglia, uno "stanzino" da spionaggio ed un "trabocchetto" mortale, un Trapeto originale del 1600 con macina e torchio in pietra, una mangiatoia originale dell'antica Scuderia, la cisterna pluviale della Torre. Per approfondimenti si può visitare il sito www.gerardociannella.it

sabato 5 febbraio 2011

bella collaborazione

per esempio....non è vero che poi mi dilungo spesso su un solo argomento

Il castello di domenica 6 febbraio



AVISE (AO) - CASTELLO

La costruzione venne innalzata da Bonifacio d’Avise nel 1492 ed è ancora oggi in buono stato di conservazione. Il poderoso edificio, a tre piani, è fiancheggiato da una torre quadrata ornata in alto da eleganti caditoie che ripropongono il motivo gotico detto a “goccia rovesciata”. Sulla porta d’entrata sono scolpite le armi della famiglia con il motto “Qui tost Avise tart se repent”. Sul lato sud è rilevante una bella serie di finestre geminate con motivo a chiglia rovesciata.
Entrando nel castello, al piano terreno vi è la grande sala con il camino e i due grandi mobili destinati ad esporre la collezione di peltri. Al piano superiore vi è la “camera della cassaforte”, eloquente testimonianza delle abitudini e del tenore di vita della borghesia medio-alta in Valle d’Aosta nella seconda metà del XIX secolo. Sempre al primo piano c'è la “sala delle mensole”, composta da 14 mensole di legno scolpite con figure di animali, mostri e personaggi in vesti quattrocentesche. Vi sono tracce di diverse fasi architettoniche nella struttura del castello (porte murate, inserimenti di finestre e murature), nonché la presenza di elementi lapidei antichi (architravi, cornici di finestra), frammenti di dipinti, decorazioni, graffiti. Tutto ciò testimonia la reale complessità di sovrapposizioni della sua storia. Verso il 1800, ad estinzione dei d'Avise, il castello passò di proprietà in proprietà sino ad essere adibito oggi a civile abitazione.

Il castello di sabato 5 febbraio



VARSI (PR) - CASTELLO DI GOLASO

Fu costruito in diverse riprese, e nel tempo ha progressivamente perso il carattere di maniero che aveva alle origini per assumere quello di una fastosa dimora gentilizia del tardo rinascimento. Per le sue caratteristiche strutturali questa “casa forte” si può porre a metà strada tra l’opera di difesa e la fattoria. Detto luogo appartenne ai Conti Rugarli e poi alla famiglia Corsini che ne è l'attuale proprietaria. Ha pianta quadrilatera con quattro torri che spiccano agli angoli: le due che guardano la valle sono quadrate mentre quelle a monte sono cilindriche. Il complesso fortificato copre circa 5000 mq. e presenta due cortili interni. Il primo cortile, di forma quadrata, è cinto da ovest da una costruzione che contiene la cappella, e ad est da un altro corpo di fabbrica in cui si trova il pozzo. Di fronte, sul lato nord, è costruito il massiccio edificio detto il “Palazzo” attraversato, all’estremità orientale, da un androne che immette nel secondo cortile, che ha l’accesso verso la campagna, è rettangolare e si prolunga alle due estremità. L'ingresso del castello è costituito da un portone ad arco con colonne, capitelli e architrave in pietra. La parte centrale del Castello, il Palazzo, è la più imponente per altezza, vastità, eleganza di linee. Agli altri lati vi sono invece costruzioni più basse, utilizzate sia come abitazioni sia come scuderie.
La tradizione vuole che nel castello di Golaso vi siano 12 scale quanti sono i mesi, 30 porte quanti sono i giorni del mese e 365 finestre quanti i giorni dell’anno.
Si dice che sia un castello “senza storia”, per una certa carenza di documentazione, ma non è certamente così. Oggi è proprietà privata, ma facilmente visibile all’esterno dal fondovalle.

giovedì 3 febbraio 2011

Il castello di venerdì 4 febbraio



TAGLIOLO MONFERRATO (AL) - CASTELLO PINELLI GENTILE

Tuttora abitato dai Marchesi Pinelli Gentile, che ne sono proprietari dal 1498, è uno dei meglio conservati dell'Alto Monferrato. Inserito nel circuito dei "Castelli Aperti" del Basso Piemonte, si caratterizza per una torre di forma quadrata, la cui base costituisce la parte più antica, risalente al X secolo, utilizzata per avvistare il possibile arrivo di invasioni saracene. La torre, sopraelevata nel Quattrocento, affianca parti realizzate tra il XVI e XVII secolo. Le prime notizie relative al sito di Tagliolo risalgono al 976, quando Ottone I concesse il Monferrato in feudo al marchese Aleramo I. Nel corso dei secoli le vicende del borgo sono state intrinsecamente legate a quelle del suo castello, di proprietà degli Oberdendo, dei Del Bosco, dei Malaspina, dei Doria e della Repubblica di Genova, che se ne servirono come punto strategico per la loro presenza in Piemonte. L'edificio ha subìto numerosi rimaneggiamenti e restauri tra cui gli interventi ottocenteschi di restauro del D’Andrade, secondo il gusto neogotico, e in seguito le trasformazioni del 1931 che ne hanno accresciuto l’impatto scenografico.
Al suo interno si trovano saloni impreziositi da quadri antichi e arredamenti originali, mentre nelle sue cantine da 500 anni vengono prodotti e conservati pregiati vini. Il castello svolge dunque oggi un ruolo poliedrico: è contemporaneamente attrazione turistica e testimonianza storico-culturale, ma anche abitazione, museo ed enoteca di grande valore. Vi si organizzano matrimoni, pranzi di gala, giornate enogastronomiche. Per approfondire si può visitare il sito www.castelloditagliolo.com

Il castello di giovedì 3 febbraio



CASTELLAZZO NOVARESE (NO) - ROCCA DEI CACCIA

Sorge sull'antica fortificazione dei Da Camodeia, illustre e potente famiglia che diede il nome al borgo abitato e che si distinse nel periodo tra il Duecento e il Trecento. Nei primi anni del Quattrocento il complesso fortificato e i vasti territori circostanti furono acquistati dalla ricca e potente famiglia novarese dei Caccia da Mandello che verso la fine di quel secolo vi innalzarono nell'angolo sud-ovest una rocca a pianta quadrata. L'aspetto attuale è il risultato dei tanti interventi di ristrutturazione e ampliamenti seguiti nel tempo. Le modifiche più rilevanti risalgono al periodo che va dal XV al XVII secolo. Al centro della facciata meridionale spicca lo stemma dei Caccia. Il complesso del castello comprende, oltre alla rocca, altri edifici di epoca rinascimentale e barocca, tra i quali la chiesa privata e un palazzo quattrocentesco denominato "Vescovado", che nel Seicento fu trasformato in una aristocratica residenza di campagna. Nel lato occidentale si trova un imponente muraglione trecentesco, coronato da eleganti merlature e da fregi in cotto; al di sotto di esso rimane il fossato protettivo che prevedeva un ponte levatoio pedonale. Appena sotto le caditoie si notano sette grandi aperture circolari, quattro sulla facciata sud e tre sulla facciata est, che erano utili in caso di battaglia per difendersi dagli invasori sparando con le bombardiere. Tra i merli e le caditoie, invece, è collocata una serie di piccoli fori circolari probabilmente destinati agli archibugi. La rocca, che possedeva anticamente un fossato difensivo, disponeva di un ponte levatoio. Verso nord essa si salda con la parte trecentesca del castello, caratterizzata dalle ampie cortine murarie, appena ingentilite da alcune finestre con decorazioni in cotto e da una lieve cornice, sempre realizzata in cotto, lungo la linea di gronda. La rocca ha all'interno un cortile sul quale si affacciavano due piani di ballatoi in legno, oggi non più esistenti.

martedì 1 febbraio 2011

Il castello di mercoledì 2 febbraio



CALENDASCO (PC) - CASTELLO ARCELLI-CONFALONIERI

L'edificio, realizzato in laterizio, si presenta piuttosto ben conservato all'esterno e mostra tutta la sua imponenza di maniero difensivo. Dalla linea delle cortine che sono coronate da merlature, si elevano quattro torri circolari. La facciata, che conserva ancora una parte del profondo fossato, comprende una torre cilindrica, un ingresso con ponte (un tempo levatoio come testimoniano gli incassi del rivellino); è ancora ben evidente anche la pusterla, la porta più piccola, ad accesso levatoio. Il castello assieme al recetto, alla chiesa e all'hospitale dei pellegrini formava un tempo il Borgo di Calendasco. Indicato nel 1187 in un documento di Papa Urbano II, appartenne inizialmente al Vescovo di Piacenza. Nel 1346, venne distrutto da fuorusciti piacentini e nel 1372 fu ricostruito dai guelfi come caposaldo della resistenza anti-viscontea. Ai primi del 1400, quando il duca di Milano, Filippo Maria Visconti, creò gli Arcelli conti della Val Tidone, assegnò loro anche il castello di Calendasco. Questi feudatari lo trasformarono in un avamposto di appoggio al fortilizio di Somaglia situato sulla sponda lombarda del Po. Il maniero, situato a pochissime centinaia di metri dal fiume Po, era infatti strategicamente importante per la difesa della città di Piacenza, come punto d'osservazione sulla pianura posta al nord-ovest della città. Oltretutto, in quest'area erano situati ben tre importanti porti e tutti facenti capo al feudo calendaschese. Al tramonto della potenza arcellesca il castello passò prima ai Confalonieri poi ai Visconti, per tornare di nuovo ai Confalonieri. Proprio alla dinastia dei Confalonieri sono legati alcuni avvenimenti di rilievo accaduti nelle mura del castello, come ad esempio la nascita nel 1290 del nobile Corrado Confalonieri, destinato poi alla santità. Un altro data importante è quella del 14 gennaio 1482 in cui, dopo vari giorni di assedio, le truppe di Ludovico il Moro, Signore di Milano, strapparono il castello di Calendasco al capitano Antonio Confalonieri. Nella notte del 13 settembre 1572 Lodovico Confalonieri fu ucciso a stilettate da Antonello De Rossi, amante della moglie della vittima, Camilla, ritenuta l'istigatrice del delitto. L'ultimo feudatario di Calendasco fu Fabio Perletti, giureconsulto e ambasciatore farnesiano alla corte imperiale, il quale ne era stato investito (il 6 luglio 1690) con il titolo di conte da Ranuccio II Farnese, riconoscente per avere il Perletti condotto a termine magistralmente le pratiche relative alle nozze di Odoardo Farnese (primogenito del duca) con Dorotea Sofia di Neoburgo. Nei locali interni sono visibili alcuni soffitti lignei a cassettoni: sotto il voltone d'ingresso si conservano -assai deteriorate- interessanti decorazioni ad affresco del '500. Degni di citazione sono anche una loggia d'accesso e due grandissime sale con camino, denominate "caminata magna superiore" e "caminata magna inferiore" per la loro struttura molto estesa. Attualmente il castello appartiene in parte al Comune di Calendasco e in parte a privati che ne hanno ricavato abitazioni.