BORGO VAL DI TARO (PR) - Castello
Tra il VIII e il X secolo anche nell'area dell'alta valle del Taro, così
come in molte zone di transito, sorsero i monasteri
colombaniani detti
regi perché beneficiavano delle donazioni imperiali. Questi monasteri avevano
giurisdizione su vasti territori e proprio dall'abbazia di San Colombano di
Bobbio, fondato da San Colombano, dipendeva Torresana, antico nome di Borgo Val
di Taro. La corte di Torresana era uno dei più vasti e redditizi possessi del
monastero bobbiense e fu divisa dai frati in 47 livellari dai quali la comunità
colombaniana riscuoteva redditi non solo dalle attività agricole e pastorali,
ma anche dal transito di merci e persone tra la pianura padana e le città di
Genova e Lucca. Intorno all'anno mille i Platoni e i Lusardi (Luxiardus de
Platis), tra i più potenti livellari dell'Alta Valle del Taro, mal sorvegliati
dal monastero di Bobbio, cominciarono a considerare le terre e i proventi
affidati loro in gestione come beni propri e a suddividerli tra gli eredi, dai
quali ebbero origine nuove famiglie che fecero la storia di Borgo Val di Taro e
dintorni. Un probabile imparentamento dei Platoni con i Malaspina favorì
l'espandersi di questa potente famiglia nel valtarese. I Platoni,
impossibilitati a controllare le terre di cui erano signori, nella prima metà
del XII secolo, giurarono fedeltà e vassallaggio al Comune di Piacenza
adottandone leggi e statuti che regolarono la vita della comunità borgotarese
anche nei secoli successivi. Burgus Vallistari, di parte guelfa, rimase
nell'orbita di Piacenza, anch'essa guelfa, fino al 1317, quando Galeazzo I
Visconti divenne signore di tutto il vescovado piacentino. Da quel momento fu
tutto un susseguirsi di signorie che esercitarono il loro potere in nome del
Duca di Milano o contro di lui: la Chiesa di Giovanni XXII, Francesco Scotti, Azzo
Visconti, Borromeo dei Borromei, i Piccinini, i Landi. Nel XIII secolo fece la
sua comparsa nel valtarese la potente famiglia genovese dei Fieschi, che per
tutto il Quattrocento e il Cinquecento contese alla famiglia piacentina dei
Landi il potere sulla Repubblica di Borgo Val di Taro, lasciando evidenti segni
di buon governo come attestano i numerosi capitoli tra i Fieschi e la Comunità
di Borgo Val di Taro. I Fieschi abbandonarono definitivamente il Borgo nel
1547, dopo la fallita congiura di Gianluigi Fieschi contro la Repubblica di
Genova (per la verità contro Andrea Doria), alla quale parteciparono molti
borgotaresi e pontremolesi. Con i Fieschi fuori gioco, i Landi rientrarono in
Borgo Val di Taro assumendo verso la nobiltà locale e la popolazione un
atteggiamento vessatorio che portò alla loro cacciata il 23 febbraio 1578. Del
fatto approfittò il duca Ottavio Farnese che occupò il Borgo in aperto
contrasto con l'imperatore. Nel 1636 truppe imperiali entrarono in Borgo Val di
Taro e restituirono il borgo al Doria marito di Polissena Landi, ultima erede
della famiglia. Su iniziativa del papa Urbano VIII il Doria-Landi dovette
restituire il borgo al duca Farnese nel 1646 e, da quell'anno, Borgo Val di
Taro entrò nel Ducato farnesiano. I Farnese lasciarono a Borgo Val di Taro un
buon grado di autonomia e, nonostante la perdita dell'aureola di principato
posseduta con i Landi ed i Fieschi, la società borgotarese continuò a ben
svilupparsi considerata la natura montuosa e poco accessibile del luogo.
Continuarono a fiorire le arti meccaniche e liberali e si rafforzò una
componente di nobiltà da sempre esistente, una nobiltà civica strettamente
connessa con la detenzione e l'esercizio del potere cittadino. Nacque così
quell'élite cittadina che costituì una classe sociale separata dalle altre,
selezionata per prestigio e ricchezza e che comprendeva le famiglie dei
Bertucci, Boveri, Capredasca, Cassio, Celio, Costamezzana, Costaerbosa,
Fenaroli, Ena (o Hena), Leonardi, Lusardi, Manara, Menaglioto, Misuracchi,
Piccenardi, Platoni, Rugali, Ruinaglia, Tardiani. Nel 1802 con la morte del Duca
Ferdinando e passando suo figlio Ludovico a governare l'Etruria, il Governo del
ducato restò vacante. Ne approfittò Napoleone che introdusse le leggi francesi,
pose il ducato nel dipartimento degli Appennini, sotto la prefettura di Chiavari
e la sottoprefettura di Pontremoli. Edificato originariamente nel XII secolo
probabilmente dal Comune di Piacenza, il castello passò nel 1243 ai Fieschi, ma
nel 1257 fu conquistato dai Landi, che ne mantennero quasi ininterrottamente il
possesso fino al 1414, quando i Fieschi se ne riappropriarono; espugnato nel
1429 dalle truppe di Filippo Maria Visconti, fu concesso a Niccolò Piccinino,
che lo ampliò e rinforzò; riassegnato a Obietto Fieschi nel 1444, nel 1477 fu
occupato da Manfredo Landi col favore di Galeazzo Maria Sforza; riconquistato
dai Fieschi nel 1488, fu completamente ricostruito e notevolmente rinforzato su
progetto del maestro Martino da Lugano. Espugnato da Pier Luigi Farnese in
seguito al fallimento della congiura di Gianluigi Fieschi del 1547, dopo
l'uccisione del Duca fu occupato dalle truppe imperiali guidate da Ferrante I
Gonzaga e assegnato nel 1551 ad Agostino Landi, che fece abbattere la cinta
muraria del paese danneggiando anche il castello; espugnato nel 1578 da Ottavio
Farnese chiamato dai borghigiani ribellatisi ai Landi, fu rinforzato nel 1610
ma nuovamente occupato per alcuni mesi nel 1636 da Giovanni Andrea II Doria,
marito di Maria Polissena Landi. Perse nel tempo le originarie funzioni
difensive, il maniero fu più volte modificato e adibito prima a sede carceraria
e successivamente a palazzo comunale; demolito nel 1926 nella porzione
orientale per consentire la realizzazione della strada di circonvallazione del
centro storico, nel 1936 fu parzialmente abbattuto con lo scopo di costruire
sulle sue macerie la casa del Fascio di Borgotaro, ma i lavori furono
interrotti dallo scoppio della seconda guerra mondiale e riavviati solo nel
1952, con l'edificazione sulle macerie della nuova "Casa del
Fanciullo" completata nel 1970. Oggi dell'antico castello a pianta
quadrangolare restano soltanto due lati e parte del terzo della torre posta
accanto alla chiesa di Sant'Antonino. Rivestita interamente in pietra, la
costruzione mozza, inglobata nell'edificio scolastico, è caratterizzata dalla
presenza di due sole aperture in facciata, tra cui la finestra ad arco ogivale
al centro. La torre, prospiciente piazza XI Febbraio, è stata riportata alla
luce da pochi anni, ed ora aiuta visivamente a comprendere l’immagine che fu
del castello di Borgotaro. Ci restano anche alcune interessanti descrizioni,
come per esempio quella del castello ai tempi dei Fieschi: “Era cinto di assai
bella muraria, con rivellino e fossa ed aveva numero di torri attorno in modo
che per battaglia non aveva da temere un mediocre esercito ed avrebbe
rovesciato per molti giorni ogni impeto.”. Altro link suggerito: http://geo.regione.emilia-romagna.it/schede/castelli/index.jsp?id=2722
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Borgo_Val_di_Taro, https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Borgo_Val_di_Taro,
http://www.comune.borgo-val-di-taro.pr.it/la-citt%C3%A0/arte-e-cultura/punti-di-interesse-storico-artistico-nel-centro-storico
Foto: la prima è presa da http://www.mondimedievali.net/Castelli/Emilia/parma/borgovdtkast02.jpg
, la seconda (che mostra l'aspetto originario del castello prima della
demolizione), è di Plato Platoni su https://it.wikipedia.org/wiki/Castello_di_Borgo_Val_di_Taro#/media/File:Medievale_Catello_Borgo_Val_di_Taro.jpg
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