CASTELGRANDE (PZ) - Ruderi castello angioino
Il primo riferimento a Castelgrande risale al 1239, in quella fase in cui
l’Imperatore Federico II impartì disposizioni rispetto alla manutenzione dei
castelli. Questo ameno borgo, messo a guardia dei confini fra la provincia di
Avellino e la Basilicata, per l'altitudine della sua posizione fu in origine un
castello legato al nome di potenti famiglie. Dapprima dovette appartenere ad
una famiglia de Grandis, e come molti castelli prese il nome dai baroni che li
possedettero al tempo dell’inizio dei cognomi, ma dai registri angioini appare
che suoi feudatari erano gli Anibaldi di Roma, quegli stessi che rifulsero alla
battaglia di Benevento col valore di Teobaldo degli Anibaldi, morto accanto a
Re Manfredi. Fu dominata poi dai Pipino di Barletta e dai Sanseverino, e
facendo parte della dote di Margherita Sanseverino, madre di Re Carlo III di
Durazzo, insieme a Muro ed altri feudi fu patrimonio della Regia Corte. Un
Antonio di Castelgrande nell’imperversare della fazione avversa alla Corona,
dopo la fine infelice della Regina Giovanna I nel vicino castello di Muro
Lucano (1381), seppe talmente meritarsi la fiducia di Re Carlo di Durazzo da
ottenere un diploma di esenzione delle imposte per se ed i suoi discendenti. Il
Re Ferrante, avuto ragione dei baroni con tradimenti e confische, si assicuro
un’effimera pace dell’agitato regno. Dalla confisca degli Alemagna passò
Castelgrande ai Carafa, e durò così fino alla famosa Donn’Anna Carafa,
viceregina di Napoli. Proprio in quel tempo nasceva in Castelgrande Matteo
Cristiano, che fu dottore in legge, e governatore generale delle armi del Duca
di Guisa, combatté con grande ardimento a favore del popolo di Napoli (nel 1648
fu lui a guidare gli insorti durante la rivolta anti spagnola), finché nel
castello di Torricella, cospirando con altri nobili abruzzesi, fu preso dagli
spagnoli. Condotto in Napoli trovò la morte in piazza del Mercato insieme al
marchese Pietro Concublet e a Damiano Tauro, emissario dell’ambasciatore
francese a Roma. Le vicende dell’eroe lucano e della marchesa di Torricella,
fiera amazzone abruzzese, che mantenne vivo il fuoco della rivolta fra i
baluardi naturali della montuosa sua regione, furono trascritte da documenti
dal chiaro magistrato Barone Nicola Cianci di Sanseverino (nato a Castelgrande
nel 1835 morto in Napoli nel 1908) e fu merito del Sindaco di Castelgrande,
Comm. Potito de Sanctis, di far murare una lapide nel 14 settembre 1913 a
memoria delle gesta dell’eroe lucano, intitolando al di lui nome la maggior piazza
del paese. Nel 1657 la peste colpì anche Castelgrande: dei 1850 abitanti,
stando ai registri parrocchiali, ne morirono circa 1200. Alla fine del XIX
secolo, Nicola Cianci di Sanseverino scriveva:
“…appena la strada, uscendo
dal bosco demaniale di Castelgrande, costeggia le ultime diramazioni del
Subappennino, a guardare le alte mura di quella fortezza longobarda e le torri
quadrangolari, che ancora si tengono in piedi, la impressione, che se ne
riceve, è grandissima…”. Oggi le alte mura non ci sono più e le torri
quadrangolari sono meno che rovine. Altri link suggeriti: http://www.michelesantarsiere.it/castelgrande/
Fonti: http://www.basilicataturistica.it/territori/castelgrande/?lang=it, http://lucania1.altervista.org/chiese/castelgrande/Tscritto/chiesaM.htm,
http://www.castelgrande.gov.it/castelgrande/storia.php
Foto: è di ik8shl su http://mapio.net/a/88317401/
Nessun commento:
Posta un commento