MONCALVO (AT) – Castello Marchesi del Monferrato
Di origine romana, Moncalvo fu nei secoli proprietà della Chiesa di Asti, della famiglia Graffagni, dei Marchesi del Monferrato, che ne fecero la propria capitale, per poi passare ai Marchesi di Saluzzo (1306) e quindi nuovamente ai Paleologi (1309). Subì varie occupazioni straniere, divenendo, da ultimo, dominio dei Gonzaga di Mantova a metà del XVI secolo. Terra di frontiera, Moncalvo fu al centro di lunghe e sofferte guerre a cominciare da quella per la successione in Monferrato (1627-1630), che portò con sé una violentissima epidemia di peste. Nel 1691 fu occupata dalle truppe imperiali del principe Eugenio di Savoia. Nel 1704 perse i territori di Penango, Cioccaro e Patro; l'anno successivo perse anche il cantone di Castellino. A parziale indennizzo, Ferdinando Carlo di Gonzaga le concesse il titolo di Città, riconfermato nel 1774 dal re Vittorio Amedeo III di Savoia. Di un'opera fortificata, tenuta da signori locali, si ha notizia fin dal 1133; alla fine del secolo questa passò interamente in mano ai Marchesi di Monferrato che ne fecero la loro principale residenza per buona parte del sec. XIII. Dopo il 1309 i Paleologi si trasferirono a Chivasso, ma il castello di Moncalvo continuò ad essere abitato dai famigliari, e rimase comunque una delle più importanti opere difensive del marchesato per ancora due secoli. L'abbandono e la progressiva demolizione iniziarono nella seconda metà del '600, in seguito agli attacchi subiti da francesi, spagnoli e sabaudi che ridussero il castello a rudere. Dell’antico complesso rimangono i possenti bastioni del XII secolo in parte coronati da beccatelli. Sul luogo ove sorgeva il castello fu poi realizzata una piazza porticata. Nonostante esistano molte attestazioni circa la grandiosità di questo complesso, non rimangono in concreto che poche e tardive descrizioni, un incisione dei primi anni dell'800 di cui sembra perso l'originale e i frettolosi schizzi del Rovere eseguiti nel 1849. A queste fonti iconografiche possono essere affiancate le descrizioni scritte del Saletta e del Casalis; mentre numerosi accenni contenuti in documenti medievali e nelle storie più antiche si riferiscono a vari ambienti degli edifici residenziali o ai particolari del sistema difensivo. Il nucleo originario dell'intero complesso dovrebbe localizzarsi lungo il lato orientale della cortina, sull'area che una carta del 1878 indica col termine "masso"; in realtà la parte emergente della grande massa rocciosa che fa da base al castello. Essa costituisce la caratteristica fondamentale di quest'opera fortificata, giacché tutti gli ampliamenti successivi si sono avvalsi di questo elemento naturale sia per formare il terrapieno che per riempire la muratura della cinta difensiva. L'assetto finale del complesso aveva definito uno sperone roccioso, separato dalla città con un taglio nella roccia davanti al lato sud, organizzato in due alti gradoni di cui l'inferiore era collegato con le mura urbiche (a questo livello erano la chiesa e la porta del soccorso), mentre il superiore era chiuso da ogni lato da mura con torri angolari. Scomparsi da tempo tutti gli edifici costruiti sui due terrapieni, e riempito il fosso del ponte levatoio non rimangono che parti delle due cinte. Tuttavia anche i pochi resti visibili fuori terra rivestono un grande interesse documentario per l'eccezionale, qualità del manufatto, nonchè per le ben più numerose informazioni che potrebbe fornire se solo potesse essere studiato coi metodi dell'archeologia.
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