LENDINARA (RO) - Palazzo Pretorio degli Este
Si tratta di uno dei più antichi edifici estensi nel Polesine, risalente alla fine del Trecento. Nacque come castello, ricostruito sulle fondazioni di un precedente fortilizio su iniziativa del marchese Alberto d'Este, che lo destinò a residenza dei suoi rappresentanti in Lendinara. Eretto con intenti di difesa, nel corso del tempo, il nucleo originario del castello fu ampliato e divenne quindi sede civile e militare. Posto tra due torri merlate, dotato di logge, terrazze e di un cortile porticato, il palazzo era circondato da antiche mura (crollate nel 1630) e da una fossa. Una scala, costruita originariamente in cotto, conduceva al piano nobile. Esso era composta dall'abitazione del podestà e del cancelliere; dalla camera dell'udienza e da quella destinata alle donne (oltre ad ambienti di servizio come la cucina ed il tinello) comunicanti con la terrazza. Sopra la camera dell'udienza, vi era una stanza con loggetta. Il palazzo era dotato anche di una corte interna. Nella torre erano ubicate le prigioni, dove veniva praticata anche la tortura. Nel 1484 il Sanudo visitò il palazzo vuoto, appena restaurato per accogliere il marchese Ercole I d'Este. L'altra torre, ricordata dal Sanudo, in prossimità alla porta di accesso alla piazza, rovinò nel 1689 a seguito di un terremoto. Il Palazzo Pretorio subì nel corso dei secoli ripetute trasformazioni, distruzioni e ricostruzioni ampiamente documentate nelle suppliche dei podestà di Lendinara e nelle perizie delle maestranze da loro interpellate. Venne utilizzato in tempi più recenti come carcere, tanto da essere spesso chiamato dai cittadini col termine “'e presón”. Forse tale destinazione della torre annessa al Palazzo Pretorio, indusse il Senato Veneto a provvedere malvolentieri a periodiche manutenzioni del fatiscente complesso architettonico. Non sempre però gli esigui stanziamenti erano sufficienti a tamponare la precaria condizione dello stabile, aggravata talora da terremoti, trombe d'aria, incendi. Tanto che sul finire della dominazione veneta, alcuni pretori manifestarono l'idea di risiedere in un altro edificio più sicuro e in migliori condizioni. Fu solo verso la fine del '700 che si manifestarono nelle autorità veneziane le intenzioni di un sistematico restauro del palazzo, ma la caduta della Serenissima paralizzò ogni piano di recupero dell'ormai fatiscente fabbricato. Fu la comunità cittadina nel 1791 ad inoltrare domanda alla Regia Commissione Camerale per l'autorizzazione alla demolizione delle parti pericolanti del complesso e all'uso del suo materiale. Con il passaggio dei francesi, il palazzo subì altri notevoli danni, che indussero la rappresentanza cittadina nel 1801 a demolire il muro di cinta. Nel giugno 1802 il Boraso annotò che "fu restaurata la torrazza di piazza, cioè quella della piazza bassa, e questa a ponente fu alzata al livello delle altre tre parti, e poi le fu fatto il coperto e quattro acque, e restaurato li quattro lati con cassalene da Filippo Donà e Gaspare Zorzetto era capo mistro". Nel 1803 si sistemarono le prigioni tanto che nel 1816 per comodità, salubrità e sicurezza erano considerate le migliori della provincia. Dal 1832 al 1838 vennero affittate. Nel biennio 1851-'52 l'impresa edile di Vincenzo Boraso, realizzò nuovi lavori di restauro e trasformazione degli ambienti delle carceri, sul progetto dell'ingegnere civile Ferro. Si prevedevano: la demolizione della scala vecchia e di muri, l'apertura di finestre per favorire l'aerazione degli ambienti del carcere Belvedere, la pavimentazione delle due carceri denominate rispettivamente S. Pietro e S. Paolo, la costruzione del camino. Tuttavia nella relazione inviata alla deputazione amministrativa di Lendinara il 12 agosto 1853, venne evidenziato lo stato di degrado delle carceri, e la proposta di costruire un nuovo edificio carcerario. Il Palazzo Pretorio fu oggetto di un ultimo restauro nel 1930. Oggi si presenta composto dalla torre Maistra, alta 25 metri, e da un edificio più basso dotato di merli e di un grande portale. Da alcuni anni è sede dell'annuale mostra di presepi che attira appassionati e devoti della zona e non solo. Al suo interno, in quella che probabilmente era la cappella del palazzo, si trova un interessante affresco raffigurante la Madonna in trono col Bambino (1509) attribuito a Boccaccio Boccaccini.
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