NUS (AO) - Castello dei Baroni di Nus
Sorge isolato su una prominenza rocciosa nella zona collinare a nord-ovest
del borgo di Nus. Dalla sua altura (a 683 metri d'altitudine) domina l'intero
paese ed un tempo permetteva di esercitare un controllo diretto del transito
nella valle di Saint-Barthélémy. Il maniero è sempre stato in possesso dei Baroni
di Nus, che ne realizzarono il nucleo più antico a partire dal XIII secolo,
come suggeriscono la sua forma e l'antichità delle sue pietre. Inoltre alcuni
documenti storici citano Guglielmo di Nus nel 1287 e dunque confermano che in
quest'epoca esisteva già il nucleo primitivo del castello, costituito dalla
torre quadrangolare che si trova all'estremità orientale del complesso e che è
ora ridotta a rudere. In quell'anno, nel mese di dicembre, il castello fu
ceduto ai rappresentanti inviati dal conte di Savoia in occasione delle udienze
generali. Secondo la tradizione infatti, nel periodo in cui il conte si recava
in Valle d'Aosta per amministrare la giustizia, tutti i signori locali dovevano
cedere le loro fortificazioni. Questo obbligo nasceva probabilmente
dall'esigenza di proteggere il conte impedendo ai vari signori di rappresentare
un eventuale pericolo (senza il loro castello essi non potevano infatti
rappresentare una grande minaccia). Il castello a quel tempo doveva avere la
conformazione di un recinto fortificato, dotato di una torre quadrangolare
circondata dalle mura perimetrali e da altri corpi minori non più
identificabili. Con il passare del tempo i Signori di Nus, al pari degli altri
nobili, cominciarono a sentire l'esigenza di condurre una vita meno spartana:
le primitive residenze, edificate a scopo prettamente difensivo, furono
progressivamente abbandonate e sostituite da dimore residenziali meno isolate e
più confortevoli. La stessa sorte toccò al castello di Nus, poiché i
proprietari si trasferirono nella casaforte detta "Castello di
Pilato". Il maniero è citato più volte in altri documenti (1337, 1430) ed
è presumibile che il suo nucleo originario non abbia subito grossi interventi
fino alla fine del XVI secolo, quando venne ricostruito, ampliato ed adattato a
nuova dimora signorile della famiglia, qui trasferitasi in seguito all'incendio
che distrusse la residenza in paese, il Castello di Pilato. Una preziosa
testimonianza è costituita dal portale d'entrata al castello, ad arco acuto e
rivolto verso valle, sulla cui architrave è infatti scolpito il motto
"FORTITUDO MEA DEUS" e la data del 1595. Tali lavori consentirono l'unione
dei singoli edifici esistenti in un unico corpo presumibilmente a forma di
"T",
cui venne aggiunto un
torrione circolare, dotato di scala elicoidale interna, per permettere
l'innesto nel corpo principale di un corpo secondario quadrangolare,
attualmente diroccata. I Baroni di Nus rimasero sempre legati al castello,
infatti (come testimoniato dallo storico De Tillier) anche nell'epoca in cui
avrebbero potuto dimorare nel palazzo aostano, lo scelsero come residenza per
lunghi periodi. In alcuni documenti del XVII-XVIII secolo l'edificio viene
descritto come dimora confortevole e ingentilita da giardini: sul cortile
interno si affacciava un loggiato di cui si intravedono ancora oggi le
tamponature. Vi era una grande sala di rappresentanza, detta sale rouge, forse
identificabile con la sala affrescata, intorno al 1680, da scene mitologiche
alternate a stemmi araldici dei signori di Nus. Vi sono poi due piccoli
ambienti decorati da affreschi, probabilmente ottocenteschi, raffiguranti scene
religiose e vedute architettonico-prospettiche. Il castello possedeva anche una
cappella dedicata a san Michele, a uso esclusivo del signore, di cui si ha
notizia negli atti di visita pastorale fino al 1786, dove tuttavia già dal 1745
non venivano più celebrate le funzioni. Al suo interno la torre cilindrica, in
buono stato di conservazione, culmina in una stanza centrale di forma
cilindrica, ricoperta da un tetto uniforme; la porta di accesso alla torre e'
di notevole eleganza, realizzata a chiglia rovesciata. Nel corso del XIX secolo
l'edificio venne abbandonato dai loro discendenti, trasferitisi in Piemonte, e
venne venduto a diversi proprietari che non furono però in grado di impedire il
degrado del castello, adibito a deposito agricolo e caduto ben presto in
rovina. Il maniero degradato divenne un luogo ideale per chiunque desiderasse
un rifugio appartato. Infatti, pare che un celebre falsario dell'epoca (molto
conosciuto soprattutto nel vallese) Joseph-Samuel Farinet l'abbia utilizzato
come covo per la fabbricazione di monete false. Farinet, valdostano di origine,
era nato a Saint-Rhémy en Bosses ed era molto amato dalla povera gente perché
donava loro le sue monete. Nel 1873 però il nascondiglio fu scoperto e in
seguito ad un sopralluogo vennero sequestrati degli utensili ed il materiale
utilizzato per coniare le monete. Farinet però, dopo un rocambolesco
inseguimento riuscì a fuggire beffandosi delle guardie. La sua fuga miracolosa
venne tramandata di generazione in generazione tanto che oggi si narra ancora
la leggenda di Farinet, il falsario buono.
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