LICUSATI (SA) - Castello di Montelmo
Quali furono le antiche origini di Castelluccio (Castello di Montelmo) nessuno è riuscito mai a conoscere, così come il motivo del suo abbandono. Però nelle “Notizie storiche su Policastro Bussentino” del Sac. Don Giuseppe Cataldo, a pag. 19. si legge che nel 1079, con il nome di Castellum De Mondelmo quella comunità era già stata elevata al grado di parrocchia alle dipendenze della diocesi di Policastro. Nell’anno 1840 nel libro “Calabria – Sicilia” di Asthur Johan Strutt a proposito della descrizione del costone ove sorgeva Castelluccio, si legge: “…alcune abitazioni, mezze fortificate fattorie mostrano, qua e là, le loro malinconiche torri”. Ciò conferma che molto prima del 1800 la popolazione di Castelluccio si era già trasferita altrove. Oggi, a chi, lungo la tortuosa e panoramica strada del “ciglioto” percorra il tratto che dalla “sellata” scende fino al fiume Mingardo, si presentano allo sguardo i vecchi e diroccati ruderi di questo antico paese come braccia bruciate e monche, protese verso il cielo, in una invocazione di giustizia e di vendetta. Un masso solitario, staccato dal fianco roccioso del monte, a picco sul fiume Mingardo, con uno strapiombo di oltre 200 metri, conserva gelosamente le testimonianze di una vita laboriosa distrutta da una crudeltà devastatrice tipicamente medioevale. Vi è ancora la porta fortificata e merlata. la stradetta di svincolo per le case, la cisterna pubblica e la terrazza panoramica nonchè la chiesetta parrocchiale con tutte le mura perimetrali. Se ti arrischi a salire lassù ricevi un’emozione straordinaria. Ti sembrerà di esserti staccato dalla terra ed essere rimasto sospeso, a mezz’aria, tra mare e cielo, in compagnia di uomini pietrificati, in un mondo fermatosi nel tempo. Nell’incanto del luogo, all’ora del tramonto, ti sembra sentire ancora lo stridere del ponte levatoio, calato per far passare le gioiose giovanette che vanno ad attingere l’acqua alla vicina sorgente di acqua fredda e la rumorosa operosità di quanti son rimasti in paese, mentre, a poco a poco, sembra anche di vedere lungo la strada e nei vani vuoti delle sgangherate finestre, uomini e donne, fissi a guardare l’intruso con espressioni di curiosità, quasi di ostilità, di esseri che non conoscono e che considerano a loro estranei. Le case riprendono l’aspetto normale e la vita a Castelluccio, ricreata dalla fantasia, ripopola quei ruderi altrimenti abbandonati da secoli. L’azzurro del cielo va sempre più intensificandosi mentre, giù all’orizzonte il sole ed il mare si tingono di rosso ed i costoni rocciosi che fiancheggiano il Mingardo, man mano che l’astro tramonta, si tingono del dolore del corallo ed una musica soave e giuliva fatta di trilli e gorgheggi saluta l’inizio dell’imminente nottata e la fine di un sogno ad occhi aperti sognato.
Fonti: http://raffaelegalato.wordpress.com/castelluccio/, http://lnx.walterweb.info/cusatis/img/13/gall.php
Foto: da www.camerotamuvip.eu
e da http://web.tiscali.it/giacomociociano/ESCURSIONE%20n%203.htm
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