BARZANO' (LC) - Castello
Del castello di Barzanò, di quando sia stato costruito e di
quali avvenimenti sia stato teatro, non si hanno che congetture poiché mancano
dati e testimonianze sicure. Si ha solo notizia che nel 1222 l'esercito
popolare milanese agli ordini del podestà Ardigozzo Marcellino, fra gli altri
castelli, avrebbe distrutto anche quello di Barzanò, del quale è giunto a noi
solo il vecchio, imponente avanzo di torrione, rimasto nella villa già dei
nobili Nava, passato successivamente in proprietà dei Moizzi. Nel 1860 si
rinvennero i resti delle antiche mura dallo spessore di due braccia e mezzo che
avevano una doppia porta, l'esterna era a ponte levatoio. Si dice che il
castello fosse fiancheggiato da 15 robuste torri e da formidabili spalti, e
sicuramente occupava tutto lo spazio della collina, inglobando anche l'antica
chiesa di S. Salvatore. Comunque, si può ritenere che Barzanò medievale consistesse
nel castello signorile con poche casupole attorno ad altre sparse nel
territorio della corte. Nessun documento è giunto a noi per dirci quando e da
chi fosse stato costruito il castello. Si crede eretto da un certo Rothfurt
scudiero di Astolfo penultimo re dei Longobardi, da questi creato conte perché
nella battaglia della Chiusa delle Alpi contro Re Pipino, ferito, fu da lui
sottratto alla mischia ed a morte certa. L'unica notizia sicura, è che alla
fine del X secolo il conte Sigifredo, ricchissimo e potentissimo signore, di
discendenza franco-borgognona, sceso in Italia dopo la caduta del regno
longobardo, oltre a molti beni nel varesotto e fuori del milanese, possedeva
anche la corte di Barzanò, ma in quale anno egli fosse venuto in possesso della
corte e perché è del tutto ignoto. Si ritiene probabile che la sua morte sia
avvenuta alla fine del X secolo, lasciando la successione ai figli Ugo, conte,
e Berengario prete fautori di Re Arduino. Questi furono spodestati e cacciati
in esilio dall'imperatore tedesco Enrico II nominatosi re d'Italia nel 965.
Alberico Vescovo di Como, elettore di Enrico II, pensò bene di appropriarsi del
feudo dei profughi, perciò recatosi a Maresburg, ottenne dall'imperatore
l'investitura con diritto di vendere, alienare ecc. la corte di Barzanò, con
diploma del 4 novembre 1015: cosa che Alberico non tardò a fare, dato che negli
archivi non c'è traccia di alcuno suo atto di autorità. Possiamo dire che con
questa carta Barzanò entra nella storia della Brianza ufficialmente, con tutto
il suo vasto e fertile territorio, composto di terre colte e incolte, vigne,
campi, pascoli, selve, mansi, masserizi, acque, mulini, case, servi e aldi,
tutti elencati nel diploma. Ciò che si sa è che tutto l'insieme patrimoniale di
Barzanò costituiva, allora, un unico complesso, la "longobarda corte"
la cui economia era costituita dai possedimenti terrieri e dal lavoro servile
vincolato. In quell'epoca feudale "la corte", scrive il Beretta,
"volgeva la sua vita in un regime chiuso. Ogni corte era come un piccolo
mondo che bastava a se stesso, producendo quel tanto che era necessario al
consumo interno. In tal regime economico, non poteva esserci posto per una vera
industria ed un commercio; i pochi scambi occorrenti si svolgevano per lo più
col baratto dei prodotti in natura e manufatti casalinghi e raramente in moneta.
Di grande importanza, perciò, erano allora le grandi proprietà terriere laiche,
ecclesiastiche e monastiche". Con l'avvento dei liberi Comuni Lombardi,
che daranno vita ad un'economia più aperta ed espansiva, scrive ancora il
Beretta "verranno di riflesso spezzandosi a poco a poco anche nelle
campagne le barriere curtensi (da corte o cortile, spazio cintato intorno alla
casa padronale); ad un'economia naturale a mercato chiuso, subentrerà ben più
largamente di prima, quella monetaria". Anche per Barzanò, il vasto podere
con la casa padronale e le annesse proprietà, avrebbe assunto il significato di
"villaggio". Dopo la distruzione del castello avvenuta nel 1222,
l'area occupata dallo stesso venne forse acquistata da un nobile milanese della
famiglia dei Pirovano, già proprietaria di fondi in Barzanò. Delle antiche
famiglie della Barzanò medievale sono da ricordare, principalmente, quelle dei
Nava e degli Origo di Torricella. I Nava provenivano dal villaggio di Nava,
situato sul colle di Brianza, e diedero luogo a due casate: quella di Barzanò e
l'altra di Monticello. Quella di Barzanò durò più a lungo, tanto da essere
presente ancora nello scorcio del secolo XV, per estinguersi poi nei conti
Lurani alla prima metà del XIX secolo. Sin dalla prima metà del Cinquecento era
presente in Barzanò la famiglia Origo di Torricella, proveniente da Paderno
Robbiate, che verso la metà del secolo XVIII sarebbe risultata la maggiore
proprietaria terriera del comune di Barzanò. Compresa nel contado della Martesana,
agli inizi del Quattrocento, Barzanò divenne sede del Capitanato. Concessa in
feudo ai Pozzo, nel 1650 riscattò la prima libertà dalla infeudazione, ma nel 1732
ne vennero ancora investiti i Nava. Come detto, del castello permane la torre.
Fronti in pietra in parte lavorata e aperture con arco a tutto sesto. Altro
link utile: http://www.circulturaledonberetta.it/opera_omnia/05_opera/01_libri/08_barza/barza.html
Fonti: http://www.comune.barzano.lc.it/index.php/territorio/la-storia?start=1,
http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/1A050-00273/
Foto: la prima è presa da http://www.circulturaledonberetta.it/opera_omnia/05_opera/01_libri/08_barza/barza.html,
la seconda è presa da http://www.lakecomo.it/sites/default/files/comuni/immagini/Castello.JPG
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