OPPIDO LUCANO (PZ) – Castello normanno
Il paese ha origini medioevali e mantiene il suo aspetto originale nel centro storico, dominato dai ruderi del Castello, noto nel periodo medioevale come "Magnum Castrum". Con la costruzione del castello di Oppido si voleva raggiungere un duplice scopo, da una parte presidiare le vie di comunicazione tra il Melfese e le zone interne della Basilicata e dall'altra sfruttare il territorio per la sopravvivenza. Infatti esso era destinato sia ad ospitare cavalieri sia ad attirare i coltivatori della terra e nello stesso tempo proteggere il fiume Bradano. Il castello venne costruito, molto probabilmente, tra il 1047 e il 1051, durante le lotte tra il conte di Acerenza Riccardo Quarel figlio di Asclittino, e Drogone uno dei figli di Tancredi d'Altavilla. Il conflitto fu vinto da Drogone i cui figli rimasero padroni di Oppido fino agli albori del secolo successivo, quando uno di essi, di nome Giovanni, uomo di notevole cultura, musicologo e musicista, affascinato dalla confessione ebraica, abbracciò la fede israelitica per concludere i suoi giorni in Egitto, dopo aver girovagato per quasi tutto il Mediterraneo. Il castello non fu mai stabile dimora per i baroni, forse perché appartenuto quasi sempre alla Corona. I primi padroni, comunque, risultano i francesi Pietro de Sonmerouse (1269), Roberto de Drois (1306) e Pietro de Glaix (1309); la fortezza fu quindi ceduta a principi angioini e durazzeschi, finché, sotto, il regno di Giovanna I d’Angiò (ivi uccisa nel 1382 per ordine di Carlo III di Durazzo) e sotto i primi re Aragonesi, venne in possesso della famiglia Zurlo, che ne fu proprietaria sino al 1480. Per più di due secoli, quindi (1500-1721) fu degli Orsini, principi di Taranto. L'abbandono definitivo del castello avvenne con l’estinzione della Casa Orsini, dovuta ai debiti assai ingenti prodotti dalla cattiva amministrazione di alcuni suoi membri, per cui il feudo venne sequestrato. Se si eccettua la permanenza saltuaria di alcuni Orsini, il castello non fu mai realmente abitato dai suoi padroni, spesso neanche dai loro amministratori. Certamente non fu abitato dai De Marinis, marchesi di Genzano, ultimi feudatari di Oppido. Gli eredi di costoro lo vendettero, intorno al 1880, all'avvocato Gaetano De Pilato il quale in parte lo demolì e in parte lo trasformò fino a rendere pressoché irriconoscibile la primitiva configurazione. Oggi l'ala est del castello, quella abitata dai signori, aggredita da deturpanti abitazioni, s'eleva ancora con la maestà delle sue muraglie. In origine la pianta del castello raffigurava quasi un trapezio, sul cui lato oblungo sorgeva il grandioso prospetto esterno, fronteggiato in origine da quattro torri merlate: due angolari, quadrate e due mediane, cilindriche, poste a guardia della grande porta d’ingresso.
Oggi, al suo interno, ci sono solo poche tracce dell’antica ed imponente struttura, di cui rimane il portale d'ingresso, sormontato dallo stemma degli Orsini. Delle due delle torri cilindriche una non esiste più, l'altra fa bella mostra di sé ancora in una foto del 1915. Vi è una sorta di leggenda sul castello di Oppido, secondo la quale un compratore, mentre faceva apportare delle modifiche edilizie, trovò un plico ancora suggellato, con lo stemma degli Orsini, principi di Taranto. Incuriosito subito lo aprì per leggerlo. Il documento, poiché era scritto in latino, non fu tradotto dall’ignorante compratore, che per l’occasione si recò da un vecchio prete pregandolo di tradurgli il contenuto del plico. Il prete tradusse: "Poiché lo hanno fatto a me, io lo farò anche a te. Non so chi sarai né quando leggerai, ma sono sicuro che ci cascherai. Te lo dico: è una bugia; ma se scavi per tre metri, dove ora c'è la stalla, qualche cosa troverai. Or vediam come la metti: sì o no. Cosa farai? Forse ci cascherai!". Il prete manifestò che era chiaro fosse una burla, ma il compratore la pensò diversamente, e comunque non avrebbe fatto nulla. La notte seguente invece, da solo, iniziò a scavare; solo che non riuscendo in una sola notte proseguì nelle successive. Ogni notte, il compratore si alzava dal letto per andare a scavare forsennatamente, sino a quando, dopo tanta fatica, una cassetta. La prese, ma era pesante, perciò prima di aprirla, volle aspettare dopo un piccolo riposo; intanto pensava a sè ricco e padrone di un castello meraviglioso, che avrebbe oscurato la fama del Magnum Castrum che aveva acquistato. La storia, accanto al nome, dei grandi feudatari di Oppido avrebbe ricordato anche il suo! Tremando, aprì la cassetta, ma niente, nè oro, né gemme; ma solo ancora un plico. Lo srotolò con mano febbrile e lesse soltanto una parola: "Blennus!". Non sapeva il latino, ma dovette certamente comprenderne il significato; anzi si arrabbiò così tanto che si allontanò per sempre da Oppido, dopo aver rivenduto il castello.
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