di Mimmo Ciurlia
FUMONE (FR) - Castello Longhi-De
Paolis
E' uno dei
luoghi più suggestivi, misteriosi e affascinanti del basso Lazio. Fu un vero e
proprio punto di guardia nato come fortezza militare: dalla Rocca infatti si
possono ammirare ben 45 comuni, dai Castelli Romani verso nord, alla pianura di
Cassino e ai Monti Aurunci, verso sud. La storia del castello di Fumone
ha origini oscure e antichissime. Sin dagli albori Fumone fu importante vedetta
e luogo di comunicazione. L’altura di 800 mt ove è
collocato si trova in una posizione di straordinaria importanza strategica, una
posizione geografica a dominio sull’intera valle del Sacco e della strada maestra che collegava Roma e
Napoli: la via Latina. Il nome è dovuto al fatto che il
castello, posto sulla sommità del monte, fu usato per oltre 500 anni come punto
di avvistamento. Le fumate che fuoriuscivano dalla torre avevano il compito di
comunicare che i nemici si erano immessi sulla via Consilina e avvertivano quindi
la popolazione dell'imminente pericolo. Eretta tra il IX e il X secolo e
più volte rimaneggiata, la
Rocca Longhi-De Paolis è famosa non soltanto per essere stata
la prigione di Celestino V, nonché luogo della sua morte, ma anche per ospitare
uno straordinario giardino pensile (il più alto d’Europa, con i suoi 800 metri s.l.m.) da
sempre conosciuto come la “terrazza della Ciociaria”. L’Arx Fumonis fu sin
dall’Alto Medioevo un’imprendibile fortezza e respinse, fra gli altri, anche
gli assedi degli imperatori Federico Barbarossa ed Enrico VI e venne conteso
tra le maggiori famiglie nobiliari laziali. A partire dal X secolo la storia di Fumone è strettamente legata a
quella della Chiesa. Il primo documento ufficiale in
cui compare il nome di Fumone è la “ Donazione Ottoniana” quando nell’anno 962 l'imperatore di Germania,
Ottone I° di Sassonia, donò alla Santa Sede e al suo Pontefice Giovanni XII,
le città di Teramo, Rieti, Norcia, Amiterno e l'Arx Fumonis. Questa importante
donazione dimostra come il Castello di
Fumone era allora degno di essere donato ad un Papa al pari di notevoli
città, e che nel X secolo la fortezza era già famosa e collaudata. Dalla documentazione storica
esistente, risulta come primo feudatario della Rocca un tale Leo de Fumonis nel
1111. Molteplici furono le Castellanie, Signorie e Custodie che occuparono
la rocca sotto i vari pontificati, mentre nel Medioevo era amaramente nota per
le condizioni crudeli in cui vi erano tenuti i carcerati e per le torture che
vi si eseguivano. Nel 1116, durante la controversia
delle investiture e la lotta in Roma tra fazione dell’imperatore Enrico V e quella papale di Pasquale II, vi
fu rinchiuso il Prefetto di Roma Pietro Corsi ( per importanza la seconda
carica dopo il Papa) che aveva stretto alleanza con l’Impero. Nel 1118 fu fatto rinchiudere in
Fumone, come prigioniero di Stato, Maurice Bourdin, un monaco francese Vescovo
di Coimbra e poi Arcivescovo di Braga in Portogallo, divenuto poi antipapa con
il nome di Gregorio VIII, anteposto dall’Imperatore Enrico V ai papi Pasquale
II e Gelasio II. Dopo sette anni, però, venne sconfitto a Sutri e condotto in catene
da papa Callisto II a Fumone dove fu rinchiuso. Alla sua morte, il corpo
dell’antipapa fu sepolto nel castello e non venne mai più ritrovato. Il castello nel 1155 venne
assediato invano da Federico Barbarossa, e nel 1186 Fumone fu l’unica Rocca che
riuscì a resistere all’opera devastatrice di Enrico VI, fondatore in Sicilia
della dinastia degli Svevi. Il prestigio della Rocca fu motivo di mire
autonomistiche e di possesso da parte dei baroni e dei conti ai quali veniva
affidata, e questo richiese numerosi interventi da parte dei papi Innocenzo
III, Onorio III e Gregorio IX per ristabilire la sottomissione del Castello
di Fumone. Tuttavia l’episodio più
importante avvenuto nel castello di Fumone, motivo per cui il nome della
rocca si ritrova inserito in tutti i
libri di storia, avvenne nel 1295 quando
vi fu rinchiuso papa Celestino V, che vi
morì dopo dieci mesi di dura prigionia. Celestino V (l’eremita Pietro da
Morrone) fu eletto papa all’età di 86 anni dopo 30 mesi di conclavi andati a
vuoto. Il suo nome fu scelto per via della santa vita, per la fama che godeva come dispensatore di miracoli, e
soprattutto per ragioni politiche, vista la impossibilità per le famiglie
cardinalizie dominanti, i Colonna e gli Orsini di trovare un accordo. Ma la
scelta dei cardinali di puntare su di lui si rivelò un errore. Celestino V, apparentemente
ingenuo e facilmente manipolabile, agì senza tenere in nessun conto gli
interessi dei suoi elettori e compì una serie di azioni (spostò la sede del
papato da Roma a Napoli, creò 10 nuovi cardinali, dimezzando così il potere di
quelli già esistenti, tolse dall’abbazia di Montecassino i monaci Benedettini
sostituendoli con i Celestini) che gli portarono l’avversione della Curia
romana. Il pontificato di Celestino durò
pochi mesi, il suo animo puro entrò
presto in contrasto di coscienza con le decisioni politiche che spesso dovevano
essere fatte nell’interesse della Chiesa, e dopo un tormentoso travaglio
Celestino V rinunciò alla tiara abdicando. Al suo posto venne eletto papa
Bonifacio VIII. Il nuovo pontefice resosi presto
conto della illegittimità della sua elezione (Celestino V rimane l’unico papa
ad aver abdicato) decise di recluderlo in una prigione pontificia di massima
sicurezza. Fu così che il sant’uomo venne rinchiuso nel Castello di Fumone e vi
morì il 19 maggio del 1296 compiendo nel luogo dove visse 10 mesi, il suo primo
miracolo da morto. Le cronache del tempo raccontano
che poche ore prima del suo decesso si
verificò nel castello di Fumone uno straordinario prodigio, che fu interpretato
come il presagio della morte del santo: apparve infatti una croce luminosa, che
rimase sospesa in aria innanzi alla porta della cella ove egli era rinchiuso e
scomparve non appena il corpo venne portato fuori per essere condotto alla
sepoltura. Successivamente, nel corso del processo di canonizzazione di
Celestino ordinato da Clemente V nel 1313, a testimoniare il prodigio sarebbero
accorsi in molti, tra i quali i due cavalieri, originari di Ferentino, che lo tenevano in custodia. Era
l’estremo tentativo di riparare ai torti subiti da questo grande papa, la cui
vita, per molti versi, rimane avvolta nel mistero. Secondo la tradizione popolare
poi, si crede che nella sala principale siano stati murati vivi monaci, per le
loro clandestine relazioni amorose o per proteggere chissà quale arcano segreto
custodito tra i tantissimi documenti delle librerie. Nel corso del XVI secolo il
castello di Fumone perse la sua importanza militare e senza più lavori di manutenzione andò decadendo. Fu così che nel 1584 papa Sisto V
decise che, essendovi morto Celestino V, il castello andava conservato come memoria
storica, e lo affidò ad una famiglia aristocratica romana: i marchesi Longhi
de Paolis. Le ragioni della scelta di Sisto V su questa famiglia furono legate
al fatto che il loro antenato Guglielmo, nominato cardinale da Celestino V,
iniziò a crearne il culto (prese sotto propria protezione tutte le chiese,
cenobi, abbazie celestiniane, e soprattutto protesse e foraggiò l’ordine dei Celestini creato da Pietro del
Morrone a metà del 1200). Appena entrati nel castello, sul
lato sinistro di una ripida rampa di scale è ancora visibile il cosiddetto
"Pozzo delle Vergini", un pozzo stretto e molto profondo
sul cui fondo erano collocate delle lame affilate, dove venivano gettate le donne
appena sposate che non giungevano vergini al letto del proprietario del
castello. Secondo l'antica pratica del "jus primae noctis" infatti
tutte le ragazze che prendevano marito dovevano trascorrere la prima notte dopo
le nozze nel letto del signore del luogo e se costui non ne constatava la
purezza le gettava nel pozzo dove le poverette trovavano una morte atroce
accompagnata dalle urla strazianti che risuonavano per tutto il borgo. Questa
“tradizione” è talmente barbara da sembrare assurda! Eppure, il ritrovamento di
ossa umane femminili in fondo al pozzo, è stata una conferma che il fatto
avvenisse realmente. Procedendo in un corridoio
pitturato di rosa, si può osservare, inglobata nel muro di destra, una porzione
di lapide funeraria con iscrizioni e decorazioni amorose risalenti all'epoca
romana; sul muro di fronte è posta una lapide scritta in latino che ricorda
l'antipapa francese Gregorio VIII. Da questo corridoio, tramite una
porta, si accede alla prima delle sale lussuose che compongono il piano nobile
del castello. La prima, chiamata "sala degli Antenati", è arricchita
con arredi sfarzosi, statue romane, numerosi busti ed un grande camino;
superando un'altra porta si accede alla "sala dei Cesari",
caratterizzata da busti originali del I secolo dopo Cristo che raffigurano
Imperatori Romani, pareti arricchite da pitture rinascimentali e una grande
urna cineraria in marmo dal valore inestimabile che, data la sua grandezza, si
presume abbia dovuto contenere le ceneri di qualche persona illustre
dell'antichità; risulta tuttavia difficile riuscire a capirlo visto che nei
secoli è andata persa la targhetta
laterale con un nome posta al suo fianco. Successivamente si giunge ad una
piccola cappella con reliquie, ove sono custodite numerose reliquie dei Santi,
donate dalla Santa Sede attraverso pontefici e cardinali nei secoli e fatta
erigere dai Marchesi Longhi nel Settecento nei pressi dell'angusta cella dove
venne rinchiuso e morì, dopo mesi di torture e di stenti il Papa Celestino V. Dalla cappella si esce su di un
cortiletto all'aperto; una volta oltrepassatolo si giunge nella saletta dell'archivio,
dove si trovano antichi libri e documenti, un quadro della Marchesa Emilia
Caetani Longhi, e sulla destra, una piccola credenza che al suo interno
conserva la testimonianza di una toccante vicenda accaduta proprio tra le mura
del castello nel corso del XIX secolo. All'interno di una teca di vetro, la
salma del marchesino Francesco Longhi, imbalsamata e perfettamente conservata
nella cera. Francesco era l’unico erede
maschio della famiglia Longhi e avrebbe quindi acquisito l’intera eredità,
secondo la regola della primogenitura maschile. La madre aveva dato alla luce ben
sette figlie femmine che, crescendo, non si rassegnarono ai privilegi di
Francesco e misero in atto un tremendo piano di vendetta. Giorno dopo giorno misero dei
pezzetti di vetro nel cibo del bambino che ben presto cominciò ad accusare
tremendi dolori che lo portarono alla morte, dopo una lenta agonia, all'età di
soli 5 anni. Le spoglie furono imbalsamate con
la cera, per ordine della madre disperata, che non lo volle seppellire nel tentativo
di tenerlo per sempre accanto a sé. Il corpo del piccolo è esposto in una teca
conservata nel castello ed è visibile al pubblico. La tecnica che fu utilizzata
per conservare il corpo del bimbo non è ben chiara, ed il medico che la eseguì
morì subito dopo in circostanze misteriose. La madre non seppe mai la verità,
e morì nella convinzione che il suo figlio prediletto fosse morto di polmonite.
Ad appesantire l’atmosfera del castello fu una decisione presa dalla donna
stessa, di far ridipingere tutti i ritratti presenti, allo scopo di eliminare
ogni scena di felicità e serenità. Un ritratto nel quale la donna
portava un vestito bianco, per esempio, venne modificato. L’abito fu dipinto di
nero e fu coperta la collana. Fra le mani comparve una piccola
culla con dentro l’effige del suo amato bambino. Soltanto dopo la morte di quest’ultima,
una delle figlie confessò il misfatto. Ma vi è anche un’altra storia
legata alla morte del piccolo Francesco Longhi. Si narra, infatti, che il fantasma
di sua madre si aggiri ancora, senza pace, nella sale e nelle camere del
castello di Fumone. Ogni notte la donna si recherebbe nella
stanza dov’è conservata la teca con il corpo di suo figlio per abbracciarlo. E,
ogni notte, riecheggiano nel castello i passi del fantasma, si odono le nenie e
singhiozzi provenire dalla stanza dove è custodito il corpo. Inoltre lo stesso
marchesino, ogni notte, si diletterebbe a spostare oggetti e fare scherzi. Altra
leggenda vuole che il fantasma dell'antipapa Gregorio XIII, murato vivo in una
delle mura della fortezza (non si sa quale, il corpo non è mai stato
rinvenuto), talvolta si diverta nel battere colpi contro le pareti
dell'edificio. Stando all'attuale proprietario,
il 26° marchese, ci sarebbero ben 18 spiriti nel castello. La visita nel maniero procede poi nelle antiche cisterne che raccoglievano l'acqua, dove
sono conservate appese due tinozze ed un gigantesco calderone di rame il quale veniva
anticamente riempito di liquidi bollenti (acqua, olio o pece) che venivano riversati
sui nemici come difesa piombante dall'alto delle mura del fortilizio. Successivamente si accede,
salendo un'angusta scaletta, sullo spettacolare giardino pensile (3500 mq),
ricavato dalla ristrutturazione del cammino di ronda e dall’abbattimento di
alcune torri in età moderna. Da quassù si possono ammirare più
di quaranta dei novantuno paesi di cui è composta la provincia di Frosinone; si
notano molto bene Alatri, Collepardo, Vico Nel Lazio, Frosinone, Veroli e
Torrice. Questo tipico esempio di giardino
pensile all'italiana, è suddiviso in due livelli. Nel primo livello si trova un
giardino ricco di arbusti, piante e slanciati cipressi secolari, tra i quali
spicca "l'albero degli amanti": questo cipresso,
"dall'alto" dei suoi 400 anni è il più antico di tutti ed è inoltre il
frutto di un'unione di due alberi anticamente distinti, dei quali la leggenda
narra che rappresentino la trasformazione di due amanti. Altro punto saliente del primo
livello del giardino è la pietra sommitale degli 800 metri, che si trova
al centro del giardino stesso posta in uno dei vialetti; vuole la leggenda che
sfregare questa pietra porti fortuna. Il secondo livello del giardino pensile
si trova poco più in basso e non è visitabile. Dopo aver visitato il bellissimo
giardino, si ritorna all'interno del fortilizio ed una volta scesa la scala
adiacente il "pozzo delle vergini", si va a visitare l'ultima delle
stanze del piano nobile, la "sala degli stemmi". Anticamente
adoperata dai nobili del castello come sala da ricevimento degli ospiti a
tavola, conserva un antico forno a legna dominato dalla gigantesca cappa di un
camino sormontata da un grande stemma, le bianche pareti della sala sono ornate
dagli stemmi delle famiglie che hanno dominato la rocca durante i secoli,
mentre il pavimento, in cotto, dona eleganza ed austerità alla sala. Nel 1990, Stefano e Fabio de
Paolis, gli attuali proprietari del castello, lo hanno aperto al pubblico: si effettuano
visite guidate nella prigione di papa Celestino V, nel giardino pensile e nel
piano nobile del Castello.
http://www.ilpatrimonioartistico.it/il-castello-di-fumone/
http://oubliettemagazine.com/2013/09/12/castello-di-fumone-in-lazio-tra-antiche-leggende-e-storie-di-fantasmi/
http://www.ciociariaturismo.it/index.php?option=com_content&view=article&id=409:il-castello-di-fumone&Itemid=1613&lang=it
http://www.icastelli.it/castle-1237743870-castello_longhi_de_paolis_di_fumone-it.php
http://www.goticomania.it/mete-gotiche/il-castello-di-fumone-e-i-suoi-misteri.html
http://illaziodeimisteri.wordpress.com/2013/02/08/il-castello-di-fumone-e-la-tragica-storia-del-marchesino/
http://darkgothiclolita.forumcommunity.net/?t=53663333
http://www.sulletraccedelmistero.it/107-il-castello-di-fumone.php
http://www.visitlazio.com/borghi-e-citta?title=fumone-l%E2%80%99antica-fortezza&articleId=60421
http://www.castellodifumone.it/storia.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Castello_Longhi
http://www.comunedifumone.it/turismo/il-castello-longhi.html
Foto: una cartolina della mia collezione e un'immagine da www.tripadvisor.it
1 commento:
L'ultimo marchese fu il prof Giuseppe Marchetti Longhi . Con lui il titolo marchionale è estinto .
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