INVERIGO (CO) - Castello Crivelli
Per cogliere l’importanza del Castello di Inverigo è utile
ripercorrere la sua storia millenaria, correlata a quella dei suoi nobili
“inquilini”: si scoprirà così che Inverigo con il suo Castello ebbe un ruolo di
primo piano nell’ancora vaga storia dell’Alto Milanese. La fondazione del
complesso risale probabilmente al X secolo, tempo nel quale ci fu
l’autorizzazione a fortificare gli abitati per difendersi dalle ricorrenti
scorrerie degli Ungari, periodo nel quale certamente il sito esisteva. Ma il luogo
possiede pure un’importanza strategica data dalla sua posizione elevata dalla
quale si domina la sottostante pianura Brianzola e dell’alto milanese (nel 1818
Stendhal nel suo ‘Viaggio’ scrisse estasiato ‘dal panorama della
pianura lombarda simile ad un vasto mare’); infatti, da tale posto si può
controllare un ampio tratto della Valle del Lambro con i sottostanti suoi
sentieri, guadi e traffici rivolti all’ultra Lambrum. La prima
menzione del castrum potrebbe rinvenirsi in una donazione che l’arcivescovo
Ariberto d’Intimiano fece nel 1026 o 27 al Capitolo della chiesa di San Dionigi
di Milano; fra i luoghi viene citato un castro ed una località detta «Invenigo
». Il castro ricompare tre secoli dopo, in una transazione del 20 febbraio 1348
con la quale l’arcivescovo di Milano Giovanni Visconti (1342-1354) permutava le
proprietà di Groppello d’Adda e dintorni delle monache del Monastero di
Lambrugo con quelle del “mediolanensis Brumaxii de Manziago” siti ad
Inverigo, tra cui un edificio in rovina con corte nel castro d’Inverigo.
Era il 26 ottobre 1411, quando il nobile Anrigoto de Gluxiano
acquistò il Castrum, ancora ridotto a rudere (questa condizione comune a
molti altri edifici, come testimoniano documenti coevi, rileva un’instabilità
sociale e una crisi sociale di lungo corso), da Antoniolo de Schotis,
entrambi notai ed abitanti d’Inverigo. È un documento importante poiché vi è la
descrizione dell’immobile con la sua torre, il magazzino, le case in stato
cadente, il pozzo, il torchio, il forno, il colombaio ed il fossato castellano.
La descrizione corrisponde sostanzialmente alla struttura attuale, nonostante
le trasformazioni d’uso successive. Da una pergamena del 1277 si evince che
membri della famiglia Scotti erano già presenti fra i notabili d’Inverigo. I
Giussani o de Gluxiano, i nuovi proprietari, facevano parte della più
antica nobiltà milanese, i cui diversi rami furono i dominus di vari loci,
da Giussano a Lurago d’Erba, passando da Inverigo e Arosio; è nota la loro
partecipazione alle attività del Monastero Maggiore di Milano. Da documenti
dell’XII e XIII secolo si rileva quanto i de Gluxiano siano stati
numerosi e potenti nell’antica pieve di Mariano. Vari esponenti di questo clan
ricoprirono cariche civili nel Comune di Milano; si ricordano, ad esempio la
tesoreria del Comune di Piacenza ma sopratutto la gestione generazionale
dell’amministrazione della neonata Fabbrica del Duomo. In entrambi casi con
l’adozione del «Liber tabulae rationum» si
anticipava, a metà del 1300, l’uso della cosi detta “Partita doppia”. I
Giussani “inverighesi” ebbero una progressiva espansione economica con continue
acquisizioni di immobili e terreni, sia ad Inverigo che nei paesi circostanti.
Le carte del XV secolo riferiscono che già a quell’epoca il Castello d’Inverigo
era il centro amministrativo di una miriade di cascine (quasi tutte quelle
presenti oggi ad Inverigo risalgono almeno al XIV secolo), di proprietà dei de
Gluxiano. A fine ‘400 essi misero mano al complesso e vi crearono una
piccola corte dove conducevano uno stile di vita sfarzoso. Ne sono la riprova
la scoperta di documenti per l’acquisto di seta e il ritrovamento di pregevoli
affreschi coevi, durante recenti lavori di restauro all’interno della Villa. In
seguito fu ancora la famiglia Crivelli a creare la sistemazione che ancora oggi
si vede. I beni dei Giussani inverighesi, fra cui il castello, confluirono
nella famiglia Crivelli nel 1580 quando Tiberio Giussani nominò suo erede il
nipote Flaminio Crivelli, figlio di Giovan Battista Crivelli e di sua figlia
Aurelia Giussani. I Crivelli già a quei tempi erano ricchi possidenti terrieri
in molte parti del Ducato di Milano. In particolare i Crivelli d’Inverigo
appartenevano al ramo detto “linea dei Marchesi d’Agliate”. Infatti, nel 1654
il re di Spagna Filippo IV, per riconoscimento dei suoi meriti militari e
amministrativi, nominò Flaminio Crivelli marchese d’Agliate (da cui appunto
prese nome questa linea di casato) e delle terre della pieve omonima; il titolo
era trasmissibile ai discendenti. I Crivelli ebbero l’opportunità di affermarsi
politicamente con l’acquisto di feudi, e quindi di incrementare ulteriormente
il loro potere economico nel Ducato di Milano. Tra il 1647 ed il 1689 i
Crivelli (prima Tiberio, poi i fratelli Flaminio, questore del Ducato di
Milano, ed Enea, ambasciatore presso i Grigioni) acquistarono i diritti di
governo feudale su un vasto territorio comprendente quasi tutta la Brianza
(Canzo, Caslino, Castelmarte, Longone, Incino, Inverigo, Carugo, Paina, Varedo,
Masciago, Galliano, Rovellasca, Agliate, Besana e altri per un totale di 52
località) e la Lomellina. Nel frattempo essi trasferirono nel Castello d’Inverigo
la residenza regolamentare del governo feudale. Nel Seicento, i Crivelli
adattarono gli edifici adiacenti a nord del Castrum in “casa da nobile”
cioè in villa signorile. Nel Settecento completarono il loro sistema di potere
con il trasferimento della Pretura ad Inverigo nella sede del ‘castro
pretorio’ (edificio dalle forme tardo-gotico che in passato era stato una
residenza signorile), quindi con la trasformazione del castrum in
carcere e in abitazione delle guardie. La giurisdizione feudale su Inverigo fu
acquistata dal questore Flaminio nel 1683. Tra l’altro il diritto feudale
prevedeva che l’amministrazione della giustizia per i reati civili e penali
(criminali, si diceva allora) non gravi fosse esercitata dal pretore, nominato
direttamente dal feudatario. Ed infatti ancor oggi nella Villa o nelle
adiacenze vi sono il ‘castro pretorio’, cioè il tribunale, e la torre
delle carceri. Tutte le celle hanno uno stretto pertugio di luce rivolto verso
il campanile, affinché ci fosse ispirazione di pentimento e catarsi. Le carceri
con la garitta ottagonale di guardia sono collegate al ‘castro pretorio’
da un ponticello che attraversa la pubblica via. Nel Seicento e nel Settecento Inverigo
si configurò come una delle più rilevanti sedi di potere dell’intera Brianza,
tanto da far dire all’abate Annoni che ‘Inverigo fu chiamato la capitale
della Brianza’. I Crivelli avevano una loro piccola corte con
amministratori, servi, lacchè, ecc. e delegavano l’amministrazione dei loro
possessi a sub agenti che esercitavano la conduzione agricola sui coloni e le
loro famiglie praticando il comando con il rigore dei tempi. La giurisdizione
dei Crivelli cessò nel 1797 con l’abolizione dei privilegi feudali ad opera del
governo napoleonico. I lavori di ristrutturazione effettuati a cavallo fra
Settecento e Ottocento chiusero a quadrilatero la Villa, aggiungendo il
loggiato neoclassico. Il progetto si ritiene affidato all’architetto Leopold
Pollack (1751-1806), tra l’altro progettista di Villa Reale a Milano. Questo
intervento (1805) sancì la definitiva trasformazione del complesso da sede
feudale a villa di delizia. Nella circostanza furono anche creati due giardini
pensili affacciati sul Viale dei Cipressi e posti simmetricamente ai lati dello
stesso, per fare posto ai quali furono demoliti edifici della vecchia Inverigo.
Interessante fu l’utilizzo dell’abside (ancora visibile) dell’antica chiesa
romanica di S. Silvestro come parete di sostegno di uno dei terrapieni. Dopo la
caduta di Napoleone, i Crivelli aderirono gradualmente alle istanze
risorgimentali e poi nazionali, con l’Unità d’Italia. Essi spostarono la loro
dimora abituale a Milano, in Via Pontaccio. La Villa, quindi, venne in qualche
modo declassata a centro amministrativo delle pertinenti tenute agricole ed a
Villa di campagna, una delle molte dei Crivelli. Dopo la seconda guerra
mondiale Inverigo e la Brianza assistettero al collasso della propria
millenaria civiltà contadina, come conseguenza delle grandi trasformazioni
sociali. Fu l’inizio del rapido declino della Villa, del sistema delle cascine
che ruotavano intorno ad essa e della Casata dei Crivelli. Alla morte
dell’ultimo marchese, Uberto Crivelli, avvenuta alla fine anni ’50 del secolo
scorso, gli eredi vendettero le proprietà di Inverigo, senza peraltro offrire
la possibilità di prelazione agli affittuari delle corti circostanti la Villa,
il che innesca una contesa giudiziaria. Gli eredi dell’ultimo marchese
cedettero la proprietà a un’immobiliare e a privati. I loro beni immediatamente
vendibili finirono all’incanto, i cospicui beni immobiliari, come la Villa
d’Inverigo, conobbero un degrado inarrestabile ed i loro archivi con la loro
testimonianza storica andarono al macero. La parte più antica del complesso è
il Castrum, la cui fondazione risale almeno al X secolo e fu
rimaneggiato nel ‘400. Salendo lungo il viale d’ingresso, in Via Privata
Crivelli, lo si incontra sulla destra, a partire dalla tozza torre d’angolo che
costituiva la sede del carcere. Altri riferimenti che delimitano il Castrum
sono la torre di guardia e, sul lato opposto, la garitta di guardia al ponte;
poi il grande edificio che conserva tracce di finiture signorili e che potrebbe
essere l’originaria sede nobiliare. Un ponticello in mattoni collega il Castrum
al ‘castro pretorio’, edificio già esistente a metà Quattrocento con
bella monofora in puro stile gotico/lombardo ed un primo esempio di camino a
canna fumaria. Nel Castrum si entra nel portone ligneo situato tra la
torre del carcere e la torre di guardia. All’interno vi sono magazzini,
abitazioni, stalle, un portico sorretto da colonne di mattoni circolari, il
pozzo ed il basamento del torchio medievale. Il cortile ha una bella rizzàda,
pavimentazione in acciottolato. È un microcosmo feudale, sicuramente
rimaneggiato nei secoli ma ancora completo delle strutture di residenza, di
servizio e di governo: la torre di guardia, i magazzini, la torre del carcere,
l’infermeria, le abitazioni delle guardie, la garitta e il ponte che porta al
Pretorio, il pozzo, il torchio, il palazzo signorile. Un insieme sistematico di
eccezionale valore culturale nel territorio lombardo. La sua importanza e
rarità però è stata finora misconosciuta. Questo luogo ospitò spesso funzioni
pubbliche come il già ricordato magistrato feudale nel XVIII secolo (con
annesso carcere) e come distaccamento dell’Esercito che faceva presidio
militare (avvistamento aereo e funzioni antincendio) della zona fino al
settembre 1943. Altre informazioni qui: http://www.viagginellastoria.it/articoli/inverigocastello.htm,
articolo di S.Cat. r.foglia su http://www.laprovinciadicomo.it/stories/Cronaca/inverigonbspcastello-crivellitorna-al-vecchio-splendore_2427_11/
Fonti: http://www.lecontrade.it/a4_pgt_3.htmlFoto: da http://www.lombardiabeniculturali.it/architetture/schede/CO180-00204/ e su http://www.quelvialepercorso.it/percorso/villa-crivelli/
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