CASTRO DEI VOLSCI (FR) – Rocca Colonna di San Pietro
Il territorio di Castro fu abitato sin dall’antichità, come
dimostra l’insediamento di Montenero, oggi abbandonato ma risalente ad epoche
remote, che appare circondato da un’ampia cerchia muraria composta da blocchi
di pietra molto grandi e sovrapposti con la ben nota tecnica diffusa
anticamente nella zona ciociara, ovvero collocati di taglio senza l’uso di
malta. La presenza di questa cinta ha fatto nascere la leggenda, tramandata di
generazione in generazione, della presenza di una popolazione di giganti. In
realtà si tratta di un insediamento eretto dai Volsci (si è anche ipotizzato,
senza alcun fondamento, l’identità con l’antico centro volsco di Castriminium),
consolidatosi con la distruzione delle città romane dell’area: Fregellae e
Fabrateria. In epoca romana furono edificate lungo l’antica strada alcune ville
rustiche: in particolare a Casale è stato portato alla luce un vasto complesso
edilizio. Una delle ville fa parte di un grande impianto termale, nelle
vicinanze di una sorgente di acqua sulfurea. E stata scoperta anche la
necropoli di una popolazione germanica, fatto questo singolare che può fornire
informazioni su un periodo quasi del tutto sconosciuto della storia laziale.
Dopo l’anno Mille, la posizione strategica di Castro fece sì che il villaggio
diventasse proprietà dello stato pontificio. Nel 1151 papa Eugenio III consacrò
la rurale Chiesa di Santa Croce e lo stesso anno donò al monastero cistercense
di Casamari vasti possedimenti e due chiese nel territorio di Castro. La Chiesa
gestì il feudo di Castro con molto rigore, e nei momenti critici, durante le
lotte con gli svevi e lo stato siciliano, nominò rappresentanti della curia
papale, a capo della guarnigione castrese. Per questo troviamo diversi anagnini
tra i balivi e ciò determinò stretti rapporti fra Anagni e Castro, resi ancora
più saldi dalla comune venerazione per Santa Oliva, divenuta patrona di
entrambi i villaggi. Nel 1165 Castro fu conquistato dalle truppe di Federico
Barbarossa, guidate dall’arcivescovo Cristiano di Magonza, mentre i rapporti
con i vicini signori di Ceccano non furono mai ostili. Il governo pontificio, a
partire dal Duecento, spesso designò rettori e vicari al governo di città e
paesi con l’evidente intenzione di legare a sé potenti famiglie. La
costituzione del feudo di Castro ebbe origine dalle burrascose vicende che
accompagnarono lo scisma d'Occidente (1378-1417). Secondo il parere unanime
degli storici, la prima investitura sarebbe stata opera di Alessandro V, papa
conciliare osteggiato da Ladislao di Napoli. Mentre i Colonnesi di Palestrina
aderirono a Ladislao re di Napoli, il pontefice Alessandro V (1409-1410)
procurò di avere a sè devoti i Colonna di Genazzano quindi appena eletto, nel
1409, concesse a Giordano e Lorenzo i castelli di Castro e Ripi nella provincia
di Campagna. Questa concessione simultanea di Castro e Ripi fu certamente il
riconoscimento di uno stato di fatto, o la conferma di concessioni più vecchie,
infatti Ripi era già terra colonnese nel 1408, quando Ladislao di Napoli esentò
dalle imposte gli abitanti del castello come vassalli del suo fedele cavaliere
Giordano Colonna. Occorre ricordare che il sovrano napoletano attraverso
un'accorta politica di appoggio ai papi romani ottenne, fin dal 1404, il governo
della provincia di Campagna e, almeno dal 1406, la facoltà di nominarvi rettori
e vicari. Tenendo conto che, in quegli anni, Giordano Colonna fu uno dei più
attivi sostenitori di Ladislao, appare verosimile che la originaria concessione
di Castro e Ripi risalga proprio al periodo della dominazione napoletana in
Campagna. É naturale che poi Alessandro V, nell'indurre i Colonna di Genazzano
ad abbandonare il sovrano di Napoli, offrì loro, in contropartita, il
riconoscimento del possesso di questi castelli. Questa conferma di Alessandro V
venne formalizzata solo nel 1410, dal successore Giovanni XXIII. Nei documenti
Castro e Ripi furono assegnati in vicariato ai fratelli Giordano e Lorenzo
Colonna usque ad tertiam generationem, sub annuo censu vigintiquinque librarum
cerae in lesto omnium Sanctorum 31. Questo vicariato-signoria assicurò ai
Colonna una posizione sovrana, analoga a quella dei precedenti castellani
papali. Secondo fonti di epoche diverse, ai Colonna competevano:
l'amministrazione della giustizia criminale e civile, la baleca, il plateatico,
la fida dei bestiami forestieri sui terreni pubblici, nonché le privative dei
molini, dei frantoi, dei forni, del macello, della pizzicheria e dell'osteria.
Si tratta di tipici diritti baronali, che configuravano una situazione assai
simile a quella dei territori vicini. Ancora nel secolo XVIII, alla signoria di
Castro è legato il possesso della Rocca delle torri della cinta muraria, di
vari fabbricati siti nel castello, di una mola sul Sacco e di un complesso terriero
che supera i 1.100 ettari, cioè un quinto del territorio castrese. Per contro,
la comunità condivideva, con i signori, i diritti sui pascoli e possiede boschi
che, nel Seicento, sono stimati in 732 ettari. Occorre fare qualche
osservazione circa le più antiche successioni nella signoria di Castro. Dei
primi due investiti, solamente Lorenzo ebbe figli: Antonio e Odoardo, dai quali
proseguì la stirpe, e Prospero, cardinale. Nel 1427 Martino V divise il
patrimonio colonnese e assegnò Castro al nipote Antonio, ma costui non ne entrò
in possesso perché il castello spettava in pegno dotale alla madre Sveva
Gaetani. Poi come dimostra un rescritto di Alfonso l d'Aragona, del 1449,
l'universitas Castri passò sotto il dominio del cardinale Prospero, forse in
compenso degli aiuti prestati ad Antonio per far fronte alle vessazioni
anticolonnese di Eugenio IV (1431 -1447). Nel 1481, ormai scomparsi il
cardinale (1463) e i suoi fratelli, il castello risultava del signor duca
Columna et fratelli, cioè di Fabrizio, figlio di Odoardo e duca dei Marsi, e
dei suoi fratelli. Questa situazione di condominio ebbe breve durata, perchè
poi, nel corso del secolo XVI, le fonti indicano quali esclusivi signori di
Castro i discendenti di Fabrizio: prima il figlio Ascanio (1557) e poi il nipote
Marcantonio (1535-1584), il celebre ammiraglio pontificio della battaglia di
Lepanto. Dal momento dell'attribuzione di Castro ai Colonnesi del ramo di
Genazzano, le vicende del castello furono strettamente legate alle alterne
fortune di questa famiglia. Martino V favorì l'esaltazione della potenza del
casato, cui concesse fra l'altro Pattano, nuovo centro dei domini familiari, e
una generale esenzione dai tributi, applicata certamente anche al castello e ai
vassalli di Castro. Poi, come noto, cicliche persecuzioni si abbatterono sui
Colonnesi ad opera di molti papi. Particolarmente feroci le proscrizioni di
Alessandro VI (dal 1501 al 1503), di Paolo III (dal 1541 al 1549) e di Paolo IV
(dal 1556 al 1559), durante le quali Castro venne confiscata ai Colonna.
Tuttavia queste vicissitudini furono eventi privi di reale incidenza storica e,
anzi, la facilità del recupero che puntualmente avvenne alla morte dei papi
ostili, palesa la solidità dell'edificio politico colonnese. Al riguardo è
significativo ciò che accadde all'indomani della confisca manu militari di
Paolo IV: appena scoppiò la guerra fra Spagna e Santa Sede, i Castresi,
"per l'affettione che hanno a loro antichi signori", non esitarono a
schierarsi con gli Spagnoli del duca d'Alba, che furono condotti dall'esule
Marcantonio Colonna (settembre 1556). Dopo il breve allontanamento seguito alla
pace di Cave (1557) Marcantonio Colonna recuperò definitivamente tutti i suoi
stati (1559), venne pienamente riabilitato da Pio IV (1562) e, con la
strepitosa vittoria di Lepanto (1571), guadagnò al suo casato il perpetuo
favore dei pontefici. Da allora, fino alla repubblica del 1798, il feudo di
Castro, ormai legato alla primogenitura della famiglia, rimase in pacifico
godimento dei Colonna, fino alla rinuncia alla giurisdizione baronale (5
settembre 1816). Dagli spalti dell'antica Rocca colonnese, dove la
tradizione popolare addita la grotta in cui si rifugiarono la leggendaria
regina Camilla e suo padre Metabo, è sempre possibile ammirare uno spettacolo
vario e suggestivo. Nelle giornate nebbiose, sembra di trovarsi sulla tolda di
una nave pronta a salpare in un mare grigio e tempestoso sul quale affiorano,
come isolette baciate dal sole, le cime dei colli sparse nella pianura; quando
il cielo è limpido e sereno, par d'essere sul proscenio d'un teatro sconfinato:
da Palestrina a Cassino, sui monti lontani, come su ciclopiche gradinate,
siedono i paesetti e le cittadine della valle; nelle notti estive, il paesaggio
diventa incantevole e si ha l'impressione che l'ampio cielo stellato,
piegandosi dolcemente all'orizzonte, si distenda ai vostri piedi come un
immenso tappeto. L'abitato, sul pendio meridionale del colle, conserva ancora
intatto, con archi, torri e muri di nudo sasso, l'aspetto del borgo medievale,
stretto intorno alla fortezza. L'osservatore che curioso s'addentra
nell'abitato, ha l'impressione che qui il tempo si sia fermato; vede casette di
pietra grigia, addossate l'una all'altra come per sorreggersi a vicenda e
riscaldarsi, viuzze strette e tortuose pavimentate di cotto e una piazza cosi'
piccola da sembrare un salotto e, dappertutto, un silenzio e una calma che
niente minaccia di turbare. L'ingresso principale del Paese è in Porta della
Valle, sino al 1960 raggiunta per alcuni gradini da cui si distacca una rampa
tesa a raggiungere la Rocca con salite rettilinee e svolte a gomito, ardite e
ripide, che sventra gruppi di case, si lascia sormontare da altre porte, da
altri archi ogivali, di continuo intersecati da altre rampe più o meno brevi o
strette. Man mano che procede, la rampa prende il nome di Via della Porta della
Valle, Via dell'Orologio (a sinistra della quale si ammira un solido portale
cinquecentesco con bugnatura a cunei e cilindri) e Via Civita. Sullo spiazzo
terminale sono i ruderi della Rocca colonnese (sec. XVI) ed il monumento alla
Mamma Ciociara, inaugurato il 3 giugno 1964, eretto a perenne testimonianza
dell'eroico e mirabile sacrificio che, durante la seconda guerra mondiale, le
madri di Castro e dei comuni limitrofi misero in atto dinanzi al turpe scempio,
che le famigerate truppe del generale Juin riservarono alle loro figliole.
Fonti: https://it.wikipedia.org/wiki/Castro_dei_Volsci,
http://www.castrodeivolsci.it/descr_intro.htm,
http://www.comune.castrodeivolsci.fr.it/oc/oc_p_elenco_nofoto.php?x=
Foto: di Andrea Selvini su http://www.icastelli.it/castle-1298812783-rocca_di_san_pietro_a_castro_dei_volsci-it.php
e da http://www.castrodeivolsci.it/assets/images/Rocca%20alto1-2.gif
Nessun commento:
Posta un commento