SAN POLO MATESE (CB) - Castello longobardo
San Polo Matese deve la sua
origine alla posizione di controllo di una delle vie che, inerpicandosi tra i
contrafforti del Matese, permette di raggiungere il cuore del massiccio.
Posizionato su un colle dalle caratteristiche non particolarmente aspre anche
se sufficientemente scoscese per attrezzare un sistema murario, ha perso la
buona parte dell’impianto difensivo antico e quello che rimane è appena
sufficiente per farci capire il disegno complessivo del piccolo nucleo
fortificato. San Polo ha sofferto non solo delle medesime vicende
accadute a tutti i centri che non hanno avuto il privilegio di particolari
condizioni economiche o la fortuna di far parte di un organico sistema
stradale, ma anche delle sventure naturali tra le quali il disastroso terremoto
del 1805 che, secondo la cronache, fece almeno 130 vittime (A. SPINA, S.
Polo Matese, un paese molisano, Campobasso 1992.
). Si aggiunga che l’analisi della stratigrafia urbana diventa oltremodo
difficile per il quasi totale silenzio dei documenti più antichi dai quali
ricavare significative notizie per collocare storicamente la sua origine.
Mettendo da parte la fantasiosa ipotesi creata da Alfonso Perrella in occasione
di una recita letteraria su una improbabile e indimostrabile origine del paese
in conseguenza dei Vespri Siciliani del 1282 ed una successiva migrazione di
siciliani nel territorio matesino, più interessante è la concessione di Rodolfo
di Molise con la quale, nel 1080, concede al vescovo di Boiano i quattro feudi
di S. Paolo (S. Polo Matese), di S. Stefano, di S. Pietro nei pressi di
Vinchiaturo e di Tremonti presso Guardiaregia (A. PERRELLA, L’Antico Sannio, Isernia 1889, p. 466.). San Paolo, che poi per corruzione
popolare, come è accaduto in altre parti d’Italia, si è modificata in una intitolazione
ad un inesistente San Polo, già esisteva nel 1080 e la sua storia deve
inquadrarsi in una serie di avvenimenti che videro come interlocutori i conti
di Molise e l’abate Desiderio di Montecassino nel quadro più ampio
dell’espansione del potere normanno nel territorio molisano. Più interessante per capire quale fosse la funzione
militare di S. Polo in epoca sveva è il successivo documento del 1241 (G. DE BENEDITTIS (a cura di ), I Registri Gallucci
– Documenti per la storia di Boiano e del suo territorio dal 1000 al 1600,
Ercolano 1990, p. 103.) relativo alla
ricognizione dei beni della diocesi di Boiano (Codice Latino 8222). Tra gli altri
viene citata la chiesa di S. Polo: item de ecclesia castri Sancti Poli
planetam unam de purpura, et panno de zendato rubeo, pro tarenis aureis duobus.
Si tratta di una definizione che certamente deve riferirsi ad una situazione
precedente alle iniziative federiciane di potenziamento solo dei castelli
imperiali. Nell’elenco dei nuclei abitati che sono tenuti a contribuire
alla riparazione del castrum Boiani non appare il nome di S. Polo che,
evidentemente, è compreso nelle cosiddette baronie domini Thomasii de
Molisio forse per la poca importanza del suo nucleo urbano: Item
castrum Boyani reparari debet per homines ipsius terre, Montis
Viridis, Castelli Vecclis, baronie Castri Pignani, Campi bassi, Ysernie, Rocce
Madelunie, Cantalupi et baronie domini Thomasii de Molisio. Tuttavia la precedente definizione di castrum
attesta la dotazione di mura urbane ed il carattere difensivo del suo impianto
in epoca normanna, probabilmente in seguito alla sua aggregazione alla diocesi
di Boiano. S. Polo (o S. Paolo) non appare nell’elenco delle chiese
della diocesi di Boiano che pagavano le decime nella prima metà del XIV secolo
anche se nelle Rationes Decimarum sono citati gli altri paesi
contermini insieme a luoghi di cui non è facile trovare il riferimento attuale.
Fino alla metà del XV secolo il feudo di S. Polo fu dipendente della
mensa vescovile di Boiano, ma tra l’1 e il 18 maggio del 1457 (un anno dopo il
disastroso terremoto del 1456) Alfonso I d’Aragona delegava il commissario
Gregorio di Campitello a raccogliere il giuramento di fedeltà degli eredi di
Francesco Pandone i quali accettavano che a Scipione venissero assegnati la
città e le terre di Venafro, il castello di S. Pietro Infine, di Ailano, di
Mastrati, il castello diruto di Rocca S. Vito, la baronia di Prata, la città di
Boiano (… propter terremotum totaliter ruinata…), i castelli di
Guardaregia e di Rocchetta a Volturno, la capitaneria di S. Polo Matese, le
terre di Pratella, Ciorlano, Capriati, Fossaceca, Gallo e Letino (G. MORRA, Una dinastia feudale: i Pandone di
Venafro, Campobasso 1985, p.18. ).
La notizia è utile per capire che S. Polo in quell’epoca aveva la funzione di
capitaneria e che, quindi, comunque avesse un castello in cui il capitano
doveva risiedere (A.S.N. (Archivio di
Stato di Napoli) Camera della Sommaria – Petizioni e significatorie dei
relevi, vol. I cc.47 r. e v. (da G. Morra)).
La funzione di capitaneria risulta confermata nel 1492 quando, con privilegio
di Ferrante I d’Aragona, Carlo Pandone, erede di Scipione, si vede confermati i
titoli e le concessioni attribuite a suo padre e nel castello di S. Polo il
capitano risulta abilitato ad esercitare il mero e misto imperio (C. CAETANI, Regesta chartarum, VI, doc. 2988,
Sancasciano Val di Pesa 1928, p. 163 (da G. Morra)) che era un jus che si riferiva non solo
alle vertenze civili ed amministrative, ma anche alle cause penali. Il titolare
di tale diritto applicava, a seconda del reato, pene variabili che potevano
prevedere anche l’amputazione di arti, fino alla condanna a morte. Nel 1531 la
terra di S. Polo è citata in un rilievo dei beni appartenuti a Enrico Pandone
prima della confisca seguita alla sua decapitazione per alto tradimento quando
lasciò Carlo V per schierarsi con i Francesi. E’ interessante notare che in
quell’anno S. Polo avesse una popolazione di 70 fuochi ed una rendita di 118
ducati, 50 dei quali Enrico era tenuto a versarli per censo al vescovo di
Boiano e 60 a sua madre che vantava
crediti per le garanzie prestate per l’assegno dotale (G. MORRA, Una dinastia ecc, op. cit. , p.85.). Dalla
documentazione sopravvissuta sappiamo che i Pandone possedevano nel territorio
di S. Polo quattro molini ed una scuderia di 50 cavalli. Dopo la confisca i
beni furono venduti dalla Regia Corte, S. Polo fu acquistato da Camillo Gaetani
e tenuto dal 1531 al 1532. Il feudo sicuramente subì la stessa sorte di altri
feudi dei Pandone passando nelle mani di Francesca Mombel, vedova del vicerè di
Napoli Carlo Lannoy, che lo aveva acquistato, e successivamente al figlio
Filippo nel 1552 e al nipote Carlo nel 1553 e infine al di lui fratello Orazio
nel 1568. Masciotta, riprendendo da Lorenzo Giustiniani (L. GIUSTINIANI, Dizionario geografico ragionato
del Regno di Napoli, Vol. VIII. Napoli 1797, p. 216), attribuisce
successivamente il feudo di S. Polo ai Mormile e poi ai Filomarino, succeduti
ai di Costanzo che erano stati signori di Boiano. In altri termini S. Polo,
proprio per il suo carattere di assoggettamento alla cattedrale, ha subito le
stesse sorti feudali di Boiano con l’obbligo dei suoi feudatari di
corrispondere annualmente alla mensa vescovile una sorta di risarcimento
disposto da Alfonso d’Aragona a far data dall’usurpazione fatta da Francesco
Pandone. In tal modo il pagamento di un canone garantiva al vescovo la
conservazione dei diritti dominicali e del titolo baronale. Masciotta riferisce
che dai documenti del 1738 risulta che il Principe di Colledanchise, feudatario
di Boiano, pagava al vescovo il canone annuo di 50 ducati (G.B. MASCIOTTA, Il Molise ecc., op. cit,
vol. III, p. 482-483). Oggi del castello di San Polo rimangono pochi
ruderi ormai inglobati negli edifici che nel tempo si sono impiantati sulle
strutture murarie sopravvissute. Non è facile capire da quel poco che rimane
quale fosse il suo sviluppo planimetrico. Sul lato nord orientale del paese
rimane una torre circolare nella cui base, mediante una breccia di epoca
relativamente recente, è stato ricavato un passaggio. Sembra però che non si
tratti di una torre del castello vero e proprio quanto piuttosto uno degli
elementi di raccordo della cinta muraria urbana realizzata in quella parte del
paese che era più vulnerabile. Ad essa dovevano attaccarsi, da un lato e
dall’altro, due tratti di muro che costituivano parte della difesa che
probabilmente conteneva una delle due porte. Quella che in genere viene
definita come porta da capo, presumibilmente posta nelle adiacenze della chiesa
di S. Nicola che, per essere dedicata al patrono della comunità, certamente è
la chiesa più antica del nucleo. Una seconda torre, invece, per essere stata
trasformata in campanile della contigua chiesa di S. Pietro in Vincoli,
probabilmente era parte del castello. Ciò che rimane di una base di torre
circolare, sul lato sud occidentale, può in qualche modo farci ritenere che una
delle facce del quadrilatero del castello corrispondesse in linea di massima
all’allineamento dell’attuale facciata della chiesa di S. Pietro in Vincoli
che, ovviamente, nel XIV secolo ancora non esisteva. Non solo le fonti, ma
anche le sopravvivenze murarie sono avare di informazioni, sicché non rimane
che limitarci a congetture per capire cosa sia accaduto al castello di S. Polo.
Fino all’epoca di Enrico Pandone e dei suoi immediati successori, ovvero fino
alla metà del XVI secolo una struttura di una certa consistenza doveva ancora
sopravvivere se è vero che era sede di una capitaneria in cui si esercitava il
mero e misto imperio, ovvero vi si amministrava la giustizia del suo
territorio. All’epoca dei Pandone (fine XV e inizio XVI secolo) non sembra
siano state effettuate trasformazioni particolari. I conti venafrani avevano
trovato una struttura quadrangolare munita di almeno tre torri circolari la cui
epoca di costruzione certamente non è anteriore al XIV secolo. Dunque
l’impianto originario, o comunque la struttura dell’XI secolo, era sicuramente
molto più semplice. Poco più di un quadrilatero privo di torri negli angoli. Non
conosciamo l’epoca di fondazione della chiesa che oggi è attaccata ad una delle
due torri sopravvissute, ma è lecito supporre che sia di epoca successiva al
terremoto del 1456, e, presumibilmente, dopo il dominio dei Pandone che, come
sappiamo, terminò nel 1528 con la condanna a morte di Enrico.
Fonti: http://www.francovalente.it/?p=193
- da Franco
Valente, “Castelli, rocche e cinte
fortificate del Molise” (Volume
in preparazione)
Foto: da http://www.fotoeweb.it/molise/SanPoloMatese/Torre_civica%20di%20SanPoloMatese.jpg
e http://www.fotoeweb.it/molise/SanPoloMatese/Chiesa%20di%20SanPoloMatese.jpg
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