martedì 13 novembre 2012

Il castello di martedì 13 novembre




BOTRUGNO (LE) – Palazzo Castriota-Scanderberg

I Maramonte o Maramonti erano i padroni di Botrugno sin dal XIII secolo, e furono loro a far edificare nel 1400 un maestoso palazzo simbolo della storia e del prestigio della famiglia feudale. Il palazzo fu eretto nella zona più alta del paese, in una pianura circoscritta dalla Serra Salentina. L'illustre e nobile casato annoverava famosi e prodi condottieri, come Raffaele Maramonte, al quale fu dedicato un sepolcro nella Chiesa del Convento, ancora oggi visitabile e attaccata al palazzo marchesale. Un dato certo è che nel 1651 i Maramonte vendettero ai Castriota Granai - precisamente a Carlo Castriota, barone di Melpignano - la terra di Botrugno insieme "con suo castello seu fortellezza", e il riferimento non può essere che al palazzo in questione. Da allora in poi i Castriota risiedettero a Botrugno, almeno fino all'inizio del 1800. Durante la signoria dei Castriota-Scanderberg, il palazzo marchesale cessò di avere le funzioni di piccola fortezza di difesa, e venne trasformato in una residenza lussuosa e nobiliare sino ad assumere le fattezze odierne che lo rendono uno dei palazzi più imponenti e prestigiosi della provincia di Lecce. Le modifiche strutturali e architettoniche vennero eseguite durante i primi decenni del 1700, allorquando fu elevato il lungo balcone su mensoloni di chiara ispirazione barocca, mentre nella seconda parte del secolo pittori "ornamentisti" (come quel Ludovico Giordani il cui nome è leggibile ancora oggi nel salone centrale del palazzo) ne cambiarono l'aspetto decorativo, con interventi di ornamento e affreschi. Durante il regno dei Castriota-Scanderberg, Botrugno visse il momento di maggior splendore e lustro, grazie al prestigio della casata e alle ricchezze prodotte mediante scambi commerciali. Nel 1817 l'ultimo dei Castriota (e ultimo marchese di Botrugno), Francesco Maria, donò il feudo alla famiglia dei Guarini, nella persona di Oronzo. Allo stato attuale, l'immobile comprende al piano terra un vasto cortile e un totale di 77 vani, tra cui cantine e depositi; il primo piano si compone di 46 vani, tra cui due grandi saloni oltre alle ampie terrazze che cingono il palazzo. L'edificio presenta un’impostazione planimetrica a “elle” e si articola intorno ad un cortile a pianta rettangolare. L’accesso avviene attraverso due portoni che recano inquartato lo stemma dei Castriota e dei Maramonte da una parte e quello dei Castriota con i Guarini dall’altra; essi si aprono su un ampio fronte che si conclude con gli spigoli arrotondati del tutto simili e che sorregge una balaustra lunga l’intera facciata con mensoloni di chiara ispirazione barocca. Da uno di questi portoni si accede all’atrio che, tramite uno scalone monumentale, porta ad una prima sala dove il soffitto recava dipinti lo stemma dei Castriota, mentre sulle pareti era possibile ammirare a colori gli stemmi di altre diciotto famiglie leccesi, tutte imparentate con i Castriota. La pietra leccese è l'elemento dominante sia nella struttura portante dell' opera, che è in muratura massiccia, sia nella decorazione esterna: sagomati in pietra leccese sono i cornicioni di coronamento, i balconi, le balaustre e le cornici delle finestre. All'interno troviamo una varietà di coperture a volta, del tipo a botte a piano terra, a padiglione ed a spigolo al primo piano "tutte di discreto valore architettonico per la loro soluzione strutturale e per gli affreschi presenti al primo piano". Da lastre di pietra leccese sono anche ricoperti i pavimenti del piano terra, mentre al primo piano prevale il mosaico. Già da tempo alcune di queste soluzioni sono andate distrutte, come la copertura in legno di uno dei due saloni. Oggi una parte del palazzo è stata riaperta al pubblico per ospitare l' Aula consiliare, la biblioteca, una sala polifunzionale, il locale Ecomuseo urbano, con la Mappa di comunità, realizzata in collaborazione con l'Università degli studi del Salento.


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