MACCHIA D’ISERNIA (IS) – Castello normanno-aragonese
Poggia le sue fondamenta su una fortezza, costruita in epoca
normanna a scopo di difesa. La notizia trova conferma nel fatto che esso fu
residenza di Clementina, figlia di Ruggero II il Normanno re di Sicilia
(1130-1154), andata in sposa ad Ugone di Molise. Nel 1187 Guglielmo II, re
di Sicilia, chiese ai titolari dei suoi feudi e suffeudi di partecipare alla
III Crociata, promossa da papa Gregorio VIII: Macchia, come suffeudo, contribuì
con cavalieri e armi. Il feudo quindi esisteva già, ma era dipendente da feudi
più importanti. Nel 1269 l’Università di Macchia fu
affidata ad Amerigo de Sus. Nella prima metà del XIV secolo, dopo il 1336, il
feudo passò ad Aldemario di Scalea. Il possesso degli Scalea durò solo pochi anni: già
nel 1343 Aldemario fu cacciato per essersi ribellato alla corte di Roberto
d’Angiò, il quale assegnò il feudo direttamente alla sua consorte, la regina
Sancia. Nel 1348, alla morte della regina, Macchia passò ad Andrea d’Isernia,
figlio di Landolfo, per volontà della regina Giovanna I. Nel 1464 Macchia
apparteneva a Nicola Gaetano, che l’aveva ricevuta dal re Ferdinando assieme a
Monteroduni. Le sorti feudali dei due comuni furono simili fino al 1564, anno
in cui Macchia e il suo castello furono acquistati da Giovanni Donato della
Marra con il titolo di Conte. I proprietari del feudo e del suo castello
si alternarono con molta frequenza. Molto spesso i debiti, soprattutto nei
confronti del fisco, portarono alla vendita all’asta della proprietà. Nel
1748 il feudo, appartenente alla baronessa Maria Grazia Rotondi, fu ceduto
proprio a causa dei debiti al barone Nicola d’Alena. Con Celeste d’Alena,
il nome della famiglia si è estinto e il titolo di barone di Macchia, in
seguito al matrimonio della baronessa Celeste, è passato alla famiglia Frisari.
Il castello sorge nel cuore del centro storico di Macchia
dominando con la sua base scarpata l'intera piazza principale. Nel 1480 il
complesso fu completato fino ad assumere l'aspetto attuale. Esso presenta le
tipiche pareti massicce delle fortezze medievali, anche se nel tempo ha perso
il suo ruolo principale per trasformarsi gradualmente in una dimora
residenziale, risultato dalla fusione di volumi diversi, accorpati in più fasi
e in parte ancora riconoscibili. Il prospetto dell'edificio che domina la
piazza è stato abbellito dalla loggia con archi a tutto sesto, in tutto sette
arcate. La prima di queste fu ornata in periodo aragonese da una piccola loggia
la cui copertura poggia rispettivamente su cinque piccoli archi. Caratteristica la torretta
angolare, anch’essa loggiata, posta su una delle antiche porte che immettevano
nel complesso chiesa-castello del piccolo borgo. Su di essa si conserva uno dei
tre stemmi in pietra che la sovrastavano in origine. All'ingresso
principale si giunge attraverso un imponente portale che conserva i sostegni in
legno sui quali in passato si reggeva il meccanismo del ponte levatoio. Nel
lato occidentale vi è una torre quadrangolare che secondo alcuni studiosi è
uno degli elementi rinascimentali aggiuntivi. Il mastio, per le dimensioni e
per la tecnica costruttiva ricorda il castello di Venafro. La torre si eleva su
cinque livelli e sulla sua sommità vi è un rosone in laterizi. Il resto della
struttura invece è sviluppata su tre livelli di cui il più alto rappresenta una
mansarda. Molto apprezzato è il cortile interno, di forma trapezoidale e
lastricato con pietra di fiume, dal quale si accede agli ambienti del primo
piano, con uno scalone rinascimentale che immette al piano nobile, riservato
alla baronessa. Lo scalone presenta, nella copertura, il decoro della
romanella, un tipico elemento architettonico composta a scacchiera. Tra le
stanze presenti al piano superiore di particolare importanza è la cappella
patronale, nella quale vengono ancora conservate reliquie di santi e documenti
di notevole valore storico. Il piano basso, invece, presenta una serie di
locali alcuni dei quali sono attualmente adibiti a cantine mentre un tempo
erano le stanze di servizio. A seguito dei danni riportati dal sisma del 1984
il maniero è stato interessato da lavori di consolidamento delle strutture
murarie e rifacimento delle coperture. Attualmente la proprietà principale del
castello, che si presenta in buono stato di conservazione, è della famiglia de
Iorio-Frisari, che detiene il titolo di Conte di Bisceglie e Patrizio di San
Vincenzo al Volturno. I proprietari ne permettono la visita e consentono
all'interno di esso lo svolgimento di attività culturali.
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