venerdì 17 luglio 2015

Il castello di venerdì 17 luglio




GENGA (AN) – Castello in frazione Pierosara

Sorge su un colle a 394 m s.l.m., che domina a sud-ovest la Gola di Frasassi dove scorre il fiume Sentino e a nord-est la Gola della Rossa attraversata dal fiume Esino. Fu un importante castello medievale che ebbe vasta sovranità sul territorio circostante. Le origini di Castrum Petrosum, questo l’antico nome volgarizzato con il passare dei secoli in Plarosara, Plerosaria, Perosara e poi nell’attuale Pierosara, sono difficilmente ricostruibili. Vista la posizione strategica su di un colle a ridosso di due gole, da cui era facile il controllo delle vallate del Sentino e dell’Esino, non è da escludere che gli abitanti di Tuficum (una delle quattro città di epoca romana  dell’alta valle dell’Esino, situata nei pressi della frazione Albacina di Fabriano), cominciarono a costruirvi le prime strutture difensive e di avvistamento. Dopo la colonizzazione romana e il periodo buio delle invasioni barbariche, i Longobardi con la costituzione del Ducato di Spoleto posero come punto nevralgico di confine il Castello di Pierosara. Le prima memoria certa si ricava da un diploma imperiale di Ottone II del 3 febbraio 981, che concesse al castello  sovranità feudale su un ampio  territorio circostante comprendente anche il fabrianese. Nuova memoria ne fa il figlio Ottone III con diploma del 996. I feudatari longobardi, convertiti al cristianesimo favoriscono, fin da prima dell'anno 1000, l'insediamento dei Benedettini e lo sviluppo delle abbazie. I feudatari del Castello di Pierosara, che sono chiamati  "milites longobardi" e che si attengono alle leggi longobarde fino al XII secolo, si appoggiarono alla Chiesa nella persona degli abati dell’importante abbazia di San Vittore delle Chiuse. Grazie a questa politica, riuscirono a conservare autonomia e privilegi sino all'avvento dell'età comunale. L’abbazia di San Vittore, non riuscendo più ad opporsi all’ormai fiorente Comune di Fabriano, per una pacifica convivenza, nel 1212 assogettò ad esso il castello. Fabriano assunse così il diritto "di fare la pace e la guerra usando il castrum, le terre ed il borgo". Lo stesso Comune di Fabriano, interessato evidentemente alla posizione strategica e con la volontà di creare confini più sicuri verso la Vallesina,  nel 1298 acquisterà definitivamente il castello e nei secoli successivi ne conserverà con cura le mura, il "palatium" del feudatario e la torre. La successiva decadenza del potere comunale, nonchè dell’Abbazia di San Vittore, provocò un forte indebolimento della struttura sociale ed economica. Nel XVII secolo era uno dei castelli più poveri di Fabriano. Tuttavia Pierosara conservò una propria autonomia fino all’avvento del Regno d’Italia, ciò confermato anche dall’uso di un proprio sigillo: una croce latina che si eleva su una linea orrizzontale con sotto scritto S.P.S. (Sebastianus Protector Sanctus). Lo statuto del Castello doveva essere ratificato ogni tre anni dalla magistratura fabrianese e il governo era affidato ai  "Capoquattro", quattro uomini eletti ogni due mesi per estrazione dal bussolo. Con la costituzione del Regno d’Italia Pierosara venne accorpata al Comune di Genga, perdendo ogni autonomia amministrativa. Si narra che il Conte di Rovellone, feudatario del Castello di Rotorscio, conobbe una fanciulla di nome Sara abitante a Castel Petroso. Affascinato dalla bellezza della giovane, s'innamorò di lei, ma decise di rapirla poiché era promessa sposa ad un altro castellano di nome Piero. Una notte, il feudatario s'introdusse all'interno del castello e riuscì nel suo intento. Tuttavia gli abitanti del luogo si accorsero subito del misfatto e per evitare il peggio chiusero le porte di accesso e iniziarono una violenta battaglia contro i cavalieri seguaci del conte di Rovellone. Durante la rissa, il conte, vistosi alla resa, uccise la bella Sara che teneva fra le braccia. Piero piombò addosso al crudele conte, il quale con una spada colpì anche lo sfortunato giovane che cadde morente vicino alla sua giovane amata e con un ultimo abbraccio le spirò accanto. Per ricordare questo triste avvenimento, Castel Petroso, da quel giorno, assunse il nome di  Pierosara. Dell'antico "Castrum Petrosum"  rimangono oggi le due cinte murarie con le relative porte e la torre di difesa. Si giunge all’interno del borgo murato attraverso una porta,  iauna castri, che conduce all’unica stradina che aggira il cassero sovrastante. La porta è costituita da un arco a tutto sesto, voltata a botte, in pietra arenaria. Su uno sperone di roccia calcarea sorge la torre che domina il paese e che doveva avere funzione di torre di avvistamento, ma anche di difesa. Costruita con conci ben squadrati, è alta 15 metri, presenta sul lato nord un’apertura a poco più di 6 metri da terra che doveva costituire l’ingresso ed a cui si accedeva per mezzo di una scala a pioli che veniva ritratta in caso di pericolo. Sul lato occidentale si evidenzia una feritoia di cui è difficile ipotizzare la funzione. Munita in passato di merlature (come testimoniato da una foto del 1945), viene fatta risalire ad un periodo che va dal X all’XI secolo. Se il piccolo borgo conserva ancora intatto il suo fascino antico, dall’alto del castello in un incantevole panorama è possibile distinguere la Gola della Rossa, la Gola di Frasassi e l’alta Valle dell’Esino. Per approfondire, segnalo il seguente link: http://www.federarcheo.it/wp-content/uploads/Il-Gastaldato-di-Pierosara.pdf .


Foto: di Turismomarche su https://www.flickr.com/photos/turismomarche/14978187434 e da http://www.iluoghidelsilenzio.it/wp-content/uploads/2015/05/pierosara_18-332x249.jpg

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